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Autore: nymeria214    01/04/2017    1 recensioni
[Tarjei/Henrik]
Lo dicevano tutti che loro due sembravano troppo reali, che chiunque li guardasse non riuscisse a distinguere la finzione dalla realtà, che i baci che si scambiavano, le carezze, gli sguardi, i sentimenti non si possono fingere in quel modo, che non potevano essere di scena.
Avevano tutti ragione.
[titolo tratto da FOOLS - Troye Sivan]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Can’t sleep

 

Tarjei non dormiva da tre giorni.

La prima notte rimase sveglio a fissare il soffitto, scoprendosi e tirandosi le coperte fin sopra le orecchie ad intermittenza, chiedendo al suo cervello perché non lo facesse dormire. Perché? Cosa c’è stavolta? Cosa c’è di sbagliato? E’ tutto normale, niente sussurri nei corridoi, niente vergogna quando mi guardo allo specchio, niente corse all’ospedale nel mezzo della notte, perché non mi lasci dormire?

A Tarjei sembrava tutto normale, ma il materasso era fatto di pietre e poi lo risucchiava all’interno per quanto era morbido e la luce dei lampioni era troppo forte e poi la stanza era troppo scura e le auto che passavano sulla strada erano troppo rumorose e poi c’era troppo silenzio e i suoi occhi non riuscivano a chiudersi e sentiva prurito ovunque e … e non era giusto. Non era giust0 che non potesse dormire, andava tutto bene, tutto splendidamente, tutto era al suo posto, tutto era … tutto era … tutto era così tremendamente vuoto. Vuoto, vuoto, vuoto.

Il suo letto era vuoto, il suo petto era vuoto. Il suo letto era freddo e fatto di pietre ed era vuoto.

La seconda notte respirò a fondo, e cercò delle risposte. Perché non riusciva a dormire? Il suo letto era vuoto. Lo era anche prima? No … sì, ma non se n’era mai accorto. Perché non se n’era mai accorto? Perché nessuno l’aveva mai riempito. Cos’era cambiato? Che adesso sapeva cosa si provava a dormire in un letto che non era vuoto. Come avrebbe potuto riempirlo? Come … non sapeva la risposta.

No, la sapeva.

Eh.

La terza notte ne aveva abbastanza. Erano tre giorni che non dormiva, che non faceva nulla, tranne camminare in giro con le palpebre pesanti e le borse viola sotto gli occhi che gli chiedevano se avesse fatto a botte e rispondeva che il cuscino era fatto di pietre e probabilmente ci aveva sbattuto la faccia. Aveva le risposte, ne aveva abbastanza, le aveva tutte.

Nemmeno sapeva cosa aveva infilato nello zaino che si mise sulle spalle. Un paio di magliette, dei jeans, i libri per scuola, lo spazzolino. Un biglietto sotto la tazzina da caffè di sua madre, il cappuccio della felpa tirato sui capelli, la porta di casa chiusa alle sue spalle. L’autobus era vuoto, il conducente assonnato, la notte buia, il vento freddo. Il suo cervello non riusciva a formare frasi di senso compiuto da più di tre parole ciascuna e gli andava bene così.

“Tarjei?”

“Non riesco a dormire.”

Il cervello di Tarjei non riusciva a formare frasi compiute da più di tre parole ciascuna, ma per descrivere Henrik ne usò almeno dieci al secondo. Capelli arruffati, sguardo allarmato, mani calde, braccia accoglienti, brividi.

Il suo letto non era fatto di pietre, non era freddo, non era vuoto.

La quarta notte, dormì.

Quando si svegliò, Henrik gli stava accarezzando i capelli. Tarjei sorrise, pensò che era davvero un bel modo per svegliarsi dopo tre giorni senza aver dormito. Strofinò il naso contro il suo collo, strinse la sua maglietta fra i pugni chiusi. Henrik affondò le dita fra i suoi capelli.

“Che è successo, baby boy?”

Tarjei mugolò.

Non lo sapeva.

“Il mio letto è fatto di pietre.”

“Hai controllato?”

Tarjei annuì: la prima notte, aveva alzato le coperte. Il suo materasso era fatto di pietre a forma di piume, della consistenza delle piume. Ma erano pietre.

“Il mio letto è freddo.”

Henrik gli sfiorò la fronte con le labbra.

“Il mio letto è vuoto.”

Henrik, inaspettatamente, sorrise.

“Anche il mio.”

-

Tarjei non si reggeva in piedi. Julie non ne fu molto contenta.

“Dobbiamo iniziare a girare oggi, mi spieghi come facciamo se l’attore protagonista non riesce a tenere gli occhi aperti?”

Erano tutti seduti attorno a lei nel soggiorno del Kollektivet, e si scambiavano sguardi che volevano dire tutto o niente. Tranne Tarjei, che seduto fra le gambe di Henrik sonnecchiava con la testa appoggiata contro il suo petto.

Quando quella notte si era presentato alla sua porta, Henrik aveva avuto paura. L’aveva avuta nel notare gli occhi lividi e la pelle pallida. L’aveva avuta mentre lo aiutava a svestirsi e mentre lo stringeva sotto le coperte. L’aveva avuta mentre vegliava sul suo sonno. L’aveva avuta quando riusciva a malapena a mangiare la colazione, farfugliando ‘allora sai cucinare sul serio’. L’aveva avuta quando aveva chiamato Martha e lei gli aveva risposto che era tranquilla perché Tarjei era con lui, al sicuro con lui. Allora aveva smesso di avere paura, perché se c’era una cosa che sapeva per certo, è che Tarjei sarebbe stato al sicuro con lui.

Adesso, mentre lo teneva per la vita fra le sue gambe, dopo aver guardato male Hermann che aveva scherzato sulle attività che avevano potuto tenerlo sveglio per poi scusarsi immediatamente e borbottare che gli aveva rubato il posto di più attraente del cast, non aveva paura, perché Tarjei era con lui, al sicuro, e dormiva.

Julie aveva le mani sui fianchi e lo guardava in attesa di una risposta.

“Non è colpa sua, ha quattro ore di sonno in tre giorni.”

David e Lisa si guardarono allarmati. Erano i suoi migliori amici, Henrik era certo che sapessero molto di più di ciò che sapeva lui.

“Credevo che non avesse più problemi a dormire.”

“Non ne ha più avuti da quando suo padre …”

Henrik posò istintivamente un bacio fra i capelli di Tarjei, e nonostante tutto più di qualcuno sorrise. Julie no, ma sospirò.

“Questa sera dobbiamo iniziare, o saremo fuori dalla tabella di marcia.”

Quando la donna lasciò la stanza insieme alla troupe, i ragazzi si strinsero attorno a loro.

“Che è successo, Henrik?”

Strinse più fermamente Tarjei a sé e disse che aveva dormito da lui quella notte, perché a casa sua non ci riusciva, e non gli aveva saputo dire il perché. Josephine gli strinse un braccio per dargli conforto ed Henrik le sorrise debolmente. In quel momento Tarjei aprì gli occhi sbattendo un paio di volte le palpebre ed Henrik avvertì tutti i muscoli tendersi e i sensi diventare vigili, ed iniziò ad accarezzargli i capelli. Il ragazzo si sfregò gli occhi e gli sorrise, aggiustandosi meglio fra le sue gambe, per poi arrossire fino alla punta dei capelli nel notare il pubblico attorno a loro.

“Buongiorno …”

I ragazzi gli sorrisero ed Ulrikke gli baciò una guancia. Tarjei sembro rimpicciolirsi nella sua felpa.

“Che succede amico?”

Tarjei guardò Marlon, mordendosi l’interno della guancia.

“Non riesco a dormire.”

“Va tutto bene?”

“Sì, credo, solo un po’ di insonnia, niente di che.”

Non sembrò convincere nessuno. Henrik gli sussurrò nell’orecchio.

“Julie dice che stasera dobbiamo iniziare a girare o sarà un bel casino, dormi ancora un po’. Okay?”

Tarjei si morse il labbro, ma dopo qualche attimo annuì ed Henrik gli sorrise, e un minuto dopo lo lasciarono a riposare in soggiorno trasferendosi tutti in cucina.

Henrik si passò una mano sul viso, trattenendo senza successo uno sbadiglio. Iman gli si avvicinò.

“Dovresti riposare anche tu.”

“Le mie scene le giriamo domani, dormirò stanotte.”

“No, rimarrai di nuovo sveglio a vegliare su di lui.”

Henrik la guardò stupito, e lei alzò gli occhi al cielo.

“Indovina cosa abbiamo in comune io ed il mio personaggio.”

Henrik alzò un angolo della bocca.

“Sapete sempre tutto prima degli altri, non è così?”

“Ragazzo intelligente.”

Henrik rise e le sfiorò la spalla con la sua, mimando una spallata amichevole, e lei sorrise, per poi tornare seria l’attimo dopo.

“Va a riposare Henrik, non sono nemmeno sicura che Tarjei riuscirà a farlo se tu non sei con lui, e se non si rimette in piedi entro stasera Julie andrà fuori di sé.”

Henrik sospirò ed annuì, poi le baciò una guancia sussurrando un ‘grazie’ (Ina la vide arrossire, ma Iman giurò che se mai l’avesse detto a qualcuno le avrebbe incollato le labbra l’una alla’altra), e tornò nel soggiorno. Tarjei era nel dormiveglia, ma Henrik riuscì ugualmente a farsi spazio sul divano accanto a lui, il suo petto contro la sua schiena, e gli sussurrò che era al sicuro.

Tarjei rispose che lo sapeva.


   
 
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