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Autore: Ireth Anarion    02/04/2017    8 recensioni
CONTIENE SPOILER DI THROUGH SHADOWS FALLING.
Sono 1000 parole tonde tonde. Non ho riletto perché mi seccava (apprezzate la sincerità, grz), quindi onestamente non so come sia nel complesso, Probabilmente ridondante, ma avevo voglia di pubblicare qualcosa.
Stiles e Derek in questa scena (estrapolata da una long che non ho mai concluso [altrimenti non sarei Ireth Anarion]) hanno apparentemente 18 e 24 anni. In realtà, Derek ne ha altrettanti in più, ma essendo entrambi creature immortali la cosa non si percepisce. Sono innamorati, ma qualcosa gioca a loro sfavore. Ed è qualcosa di molto grande.
Spero vi piaccia.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A volte mi viene in mente di pubblicare qualcosina, giusto per far vedere che non sono morta. Mi dispiace che non sia un aggiornamento di altri lavori precedenti, ma l'ispirazione rasenta lo zero cosmico.
MI AUGURO ABBIATE LETTO L'INTRO CUZ ALTRIMENTI NON CAPIRETE UN'H DI COSA STA SUCCEDENDO QUI (anche se penso che non lo capirete comunque hihi D:).
Perdonate aventuali errori, se possibile vi chiederei di segnalarli così correggerò tempestivamente. Se avete domande chiedete pure ^^ 
Buona lettura! 
Ireth. 



 
OUT OF MEMORY AND TIME


 
«Stiles».
            «Vattene via, Derek».
            Sospira, poggiandosi contro lo stipite della porta. Sente, anche senza vederlo, che lui sta piangendo. Non sopporta l’odore delle sue lacrime, è… amaro.
            Stiles continua a pelare le patate, le dita tremanti per il nervosismo. Sta preparando il minestrone, perché è una fredda giornata di novembre e un bel piatto di verdure calde e colorate è quel che ci vuole. Vede con la coda dell’occhio che l’altro lo sta osservando, ma finge nonchalance e getta un pezzo di buccia nella busta che ha messo nel lavandino.
            «Mi dispiace. Non volevo».
            «Oh, sì. Lo volevi. Lo volevi eccome».
            Derek sospira un’altra volta. Ha ragione. Voleva. Voleva ferirlo, perché non sa come altro potrebbe fare per… per farlo smettere. Smettere di amarlo nel modo in cui lo ama, nel modo sbagliato. Sospirare durante la notte, da solo nella sua stanza, muovendosi piano sotto le lenzuola. Dovrebbe smetterla, Stiles, di fare tutto quello. Perché tra loro non potrà, non dovrà mai esserci nulla.
            «Mi dispiace», ripete. Dio solo sa quanto vorrebbe percorrere la poca distanza che li separa e abbracciarlo forte, fargli posare la testa sulla sua spalla come quando era solo un neonato. Quando tutto era più facile e a lui bastava fargli le boccacce per farlo sorridere, per farlo stare bene. Il suo piccolo Stiles. Il suo piccolo, meraviglioso Stiles.
            La luce del sole si sta alzando sempre di più, tra poco raggiungerà l’apice della sua altezza. È quasi mezzogiorno e il pulviscolo leggero danza nell’aria dorata come tanti minuscoli fiocchi di neve. La sagoma di Stiles è illuminata da quella luce, i suoi capelli sembrano quasi biondi e la pelle bianca come latte.
            «Vuoi che ti aiuti?», gli chiede con delicatezza.
            «No».
            «Va bene».
            Non può smettere di guardarlo. Sembra un angelo.
            Stiles sciacqua le patate per ripulirle dal terriccio che non è riuscito a togliere bene in precedenza. Vorrebbe urlare e lanciare l’intera pentola contro il licantropo, ma non lo fa. Odia che lo guardi in quel modo, che lo tenga d’occhio, come se fosse ancora lo stupido bambino che ha generosamente adottato dopo la morte dell’intero branco. Che gesto nobile, Derek Hale, vorrebbe dirgli. E poi vorrebbe ridere amaramente, perché è davvero nobile, è davvero la sua salvezza. Ti sto pregando. Ti sto supplicando di accettarmi. Lo vedo che mi ami. Lo vedo. Probabilmente è Derek a non riuscire a vederlo.
            Continua ad affettare le verdure, quattro carote, tre gambi di sedano, una cipolla grande. I suoi gesti sono così agitati che qualche pezzetto cade qua e là, e poi Derek avanza piano nella stanza e a lui sfugge il coltello e si taglia. Osserva il sangue affiorare lento dalla piccola ferita, mentre il maggiore gli prende dolcemente la mano tra le sue.
            «Non è disgustoso», sussurra Derek. «Quello che provi», si affretta a chiarire. «Mi dispiace di averlo detto, io- mi dispiace tanto». Guarda la piccola goccia di sangue e gliela lecca piano, pentendosene subito dopo perché, cazzo, ora ha voglia di baciarlo. «Chiunque si sentirebbe onorato di avere il tuo amore, Stiles. Chiunque».
            «Ma non tu», mormora con una risata priva d’allegria.
            Lo guarda con quei suoi enormi occhi ambrati e tutto perde senso. È così bello e neanche se ne rende conto. È così buono, meriterebbe tutto ciò che di più bello c’è al mondo.
            Ma non possono stare insieme. È come se fosse suo figlio, come se stesse tradendo John e Claudia. Si sente in colpa per il solo fatto di guardarlo, certe volte, e di pensare a quanto sia perfetto.
            Vorrebbe così disperatamente infilarsi sotto le sue coperte e sospirare sulla sua pelle, intrecciare le gambe alle sue, lasciarsi andare come non ha mai fatto con nessuno. Vorrebbe poter avere il diritto di chiamarlo “suo”, di non sentirsi sporco perché si stanno baciando. Quella in cui si trovano è una condanna che non augurerebbe a nessuno.
            «Io sono onorato, Stiles».  
            Sono così vicini. Inondati dalla luce del sole, sembrano quasi due statue. Nessuno dei due invecchierà mai, saranno sempre giovani e belli. Sempre condannati a vivere a metà. Basterebbe così poco per conquistare la felicità; un solo piccolo passo, distendere la mano e prenderla. Ma i volti di John e Claudia, quelli della sua famiglia, lo stanno giudicando. Gli promettono un posto all’inferno, nel girone peggiore, da cui non troverà mai la redenzione.
            Stiles si sporge lentamente, gli occhi fissi nei suoi. È come se fosse ipnotizzato, ma non lo è sul serio. Non potrebbe, dal momento che l’ipnosi è un’arte di sua appartenenza.
            «Solo uno», supplica.
            Non ha bisogno di dire cosa, Derek ha capito. È ciò che vorrebbe anche lui, così tanto da far male. Per un istante pensa che potrebbe cedere, infischiarsene dell’inferno e premere le labbra sulle sue. Lo bacerebbe con così tanta devozione che il cuore gli scoppierebbe in petto. Con lenti movimenti della lingua, piano, perché Stiles merita di essere trattato con riserbo.
            Ma se lo facesse, macchierebbe di quel peccato anche lui. Così, scuote piano la testa, desolato, sentendosi al tempo stesso la più forte e la più orrenda creatura di questo mondo.
            Stiles china il capo. Derek sente una sua lacrima cadergli sul dorso della mano, tra il pollice e l’indice. È bollente, fa più male di uno schiaffo.
            «Mi dispiace», ripete ancora. Sembra non sappia dire altro. È inutile anche quando si tratta di consolare.
            «Non importa», mormora il ragazzo. «Dimentichiamo tutto quanto. Oggi è stata una giornata da non ripetere».
            Stiles sa, dentro al suo cuore, che non lo farà. Che si ritroverà a pensare alla lingua di Derek sulla sua pelle, a come dolcemente gli abbia ripulito il sangue. Sa che ci penserà con un brivido, e non potrà evitare di toccarsi e maledirsi a mezza voce, perché ogni cosa di lui lo fa impazzire, lo fa ribollire di desiderio. Sa che non sarà mai abbastanza forte da togliersi il cuore dal petto e amare qualcun altro. Qualcuno di “giusto”.
 Neanche Derek sarà mai in grado di farlo.









 
   
 
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