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Autore: nymeria214    03/04/2017    1 recensioni
[Tarjei/Henrik]
Lo dicevano tutti che loro due sembravano troppo reali, che chiunque li guardasse non riuscisse a distinguere la finzione dalla realtà, che i baci che si scambiavano, le carezze, gli sguardi, i sentimenti non si possono fingere in quel modo, che non potevano essere di scena.
Avevano tutti ragione.
[titolo tratto da FOOLS - Troye Sivan]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Had my first kiss on a Friday night

 

Tarjei lo guardava ad occhi sgranati, poi guardava la chiave che aveva sul palmo della mano e poi di nuovo lui. Le sue guance raggiunsero una sfumatura di rosso totalmente nuova e lo zaino che aveva su una spalla si accasciò sul pavimento con un tonfo, che entrambi ignorarono.

Tarjei portava ordine, e luce, e calore, ed Henrik non ne aveva mai abbastanza.

Mai abbastanza delle sue risate che riempivano le stanze.

Mai abbastanza del sarcasmo con cui lo rimproverava del suo disordine cronico, per poi convincerlo a pulire l’appartamento da cima a fondo insieme a lui, operazione che si concludeva quotidianamente con lui che gli faceva il solletico sul divano appena spolverato, così forte da farlo piangere per le risate.

Mai abbastanza dei suoi piedi freddi che gli facevano venire i brividi durante la notte e delle coperte che gli venivano costantemente rubate.

Mai abbastanza dei post-it sotto la tazza ogni mattina quando usciva presto per andare a scuola e voleva comunque salutarlo con più che un bacio sulla guancia mentre ancora dormiva.

Mai abbastanza di vederlo girare per casa con una delle sue magliette che gli andavano grandi ma che continuava a mettere perché ‘hanno un buon odore’.

Mai abbastanza delle notti passate a preoccuparsi se dormisse o meno perché tornava a casa (a volte, Henrik si ricordava che quella non era casa sua e si bloccava, come se si fosse appena ricordato di essere uscito con il fornello acceso e tutto sarebbe potuto saltare in aria da un momento all’altro) per stare con Martha e non poteva accarezzargli i capelli finché non si addormentava.

Mai abbastanza. Mai, mai, mai.

Quella chiave voleva dire sempre.

“E’ la copia della mia chiave, sai, nel caso la perdessi. Ora è tua.”

Tarjei era ancora sulla soglia della porta, i vestiti che prima lo avevano tenuto al caldo nel tragitto da scuola che ora sembravano soffocarlo, e non riusciva a parlare. Il suo cervello  viaggiava così veloce che nemmeno riusciva ad afferrare i pensieri che gli passavano nella mente, le parole che avrebbe voluto dire erano confuse e mai appropriate e credeva di star per svenire. Henrik sorrise.

“Mentre ti aspettavo ho pensato ‘e che succede se perdi l’originale e rimani chiuso fuori?’, e dopo mi sono detto che non rimarrei chiuso fuori, perché ci saresti tu dall’altra parte ad aprirmi la porta.”

Tarjei socchiuse la bocca e lasciò andare un sospiro spezzato, come se fosse sul punto di piangere, ed Henrik si allarmò immediatamente, sentendo il battito del suo cuore aumentare drasticamente, ed iniziò a farfugliare in fretta frasi sconnesse cercando in fretta una soluzione. Vederlo piangere era l’ultima cosa che desiderava, in assoluto.

“Non devi prenderla se non vuoi, è solo che pensavo che sarebbe stato più comodo per te, come quando la settimana scorsa sei stato ad aspettarmi sui gradini qui fuori per un’ora e quando sono arrivato avevi le dita delle mani blu per il freddo. Cioè, se avessi avuto la chiave non sarebbe successo … è che io non voglio che le tue dita diventino blu per il freddo, mai. Non è che se la prendi devi improvvisamente trasferirti qui ventiquattrore su ventiquattro, non ti costringerei mai a farti fare una cosa del genere anche perché per quanto Martha possa adorarmi non credo la prenderebbe bene se le rubassi il suo bambi-

Mentre parlava, Tarjei aveva buttato il cappello e la sciarpa a terra, poi il cappotto ed infine anche la chiave, e gli aveva circondato il collo con le braccia ed Henrik si era dimenticato come si parla. La voce di Tarjei era sicura, e straordinariamente felice.

“Non voglio che le mie dita diventino blu mentre ti aspetto, voglio guardare fuori dalla finestra, vederti arrivare, e aprirti la porta prima che tu possa tirare fuori la chiave.”

-

I dubbi arrivarono la prima volta che incontrò Mathias, esattamente tre settimane e mezzo dalla ‘quarta notte’ e una da quando gli aveva dato la chiave.

Stava facendo i compiti di inglese, ridacchiando nel sentire Henrik canticchiare sotto la doccia, quando si era presentato alla porta un ragazzino dai capelli biondissimi e un cipiglio furbo che conosceva molto bene.

“Ciao! Io sono Mathias.”

Nello stringere la mano di Mathias, che sembrava fin troppo sveglio rispetto ai suoi coetanei, Tarjei non poté fare a meno che sentirsi nel bel mezzo di un esame. Era il fratello di Henrik che aveva di fronte, e indossava i pantaloni del pigiama e una maglietta bianca di suo fratello maggiore. Che cavolo avrebbe pensato di lui?

Stop.

Primo dubbio.

Perché si stava preoccupando di cosa avrebbe pensato di lui il fratello di un suo amico?

“Tu devi essere Tarjei, Henrik parla sempre di te. Cioè, in realtà non parla d’altro.”

Sorrise al pensiero, guadagnandosi uno sguardo entusiasta da Mathias.

“Sei davvero adorabile come dice.”

La capacità di farlo arrossire doveva essere di famiglia.

“Grazie.”

“Già, dice sempre così, ‘il mio adorabile …’”

Mathias si bloccò, aggrottando le sopracciglia e inclinando la testa di lato.

“Tu sei il suo ragazzo, giusto?”

Tarjei deglutì a fatica, tossendo leggermente a causa della gola che si era improvvisamente prosciugata.

“N-no, non sono il suo ragazzo …”

“Oh,” Mathias ci pensò su qualche secondo, “cosa sei tu, allora?”

Cos’era lui per Henrik?

Più cercava una risposta a quella domanda, più il suo cervell0 sembrava andare in tilt.

La risposta era ‘un amico’. Vero?

Ma gli amici dormono abbracciati nello stesso letto?

Gli amici sentono un vuoto al centro del petto quando l’altro non c’è?

Gli amici aspettano per tutto il giorno il momento in cui saranno di nuovo insieme?

Gli amici si parlano, si accarezzano, si comportano come fanno loro?

La risposta era no. Ma allora loro cos’erano?

Mathias lo guardava con il suo sguardo furbo e le sopracciglia alzate, e Tarjei si sentì come se riuscisse a leggere i suoi pensieri. Provò l’impulso di chiedergli se almeno lui ci capisse qualcosa.

“Tarjei?”

Henrik apparve alle sue spalle, i capelli bagnati che gocciolavano, bagnandogli la maglietta e facendo risplendere il suo collo e la parte delle clavicole non coperte dalla stoffa. Il ragazzo si aprì in un enorme sorriso alla vista del suo fratellino e lo abbracciò per poi circondare la vita di Tarjei con un braccio e muoverlo cosicché Mathias potesse entrare.

Il suo tocco gli bruciava la pelle e Tarjei si ritrovò a guardarlo in estasi, i brividi che gli scuotevano il corpo mentre continuava a ripetersi la stessa domanda. Cos’erano loro? Henrik ricambiò con lo sguardo dolce che Tarjei realizzò solo in quel momento essere riservato soltanto a lui, e gli baciò la fronte.

Mathias rimase per cena e Tarjei trovò la sua compagnia tanto piacevole quanto quella di Siv, ma non riuscì comunque a godersela appieno, troppo perso nei suoi pensieri. Mathias disse che era stato un piacere, e quando si fu chiuso la porta alle spalle, Henrik gli prese il viso fra le mani.

“Ehi baby, va tutto bene?”

Tarjei sentì che quella parola, concepita come una presa in giro, aveva assunto un altro significato da molto tempo ormai, e nell’accorgersene le gambe gli tremarono, e dovette aggrapparsi alla maglietta di Henrik per essere certo di non cadere in ginocchio. Si sentiva sopraffatto, dai dubbi, dall’incertezza, dai se e dai ma, dal ragazzo di fronte a lui, che lo teneva insieme quando cadeva in pezzi, che in quel momento sentiva essere l’unica cosa e tutto ciò che aveva.

Henrik lo guardava con un espressione preoccupata e gli accarezzava le guance con i pollici. Si ricordò che gli era stata posta una domanda, e l’ultima cosa che voleva era essere la causa delle sue preoccupazioni. Incapace di rispondere a parole annuì, lasciò andare la stoffa che aveva fra le mani e gli circondo la vita con le braccia, posando il viso sul suo petto, venendo cullato dai gentili battiti del suo cuore.

“Letto?”

Annuì di nuovo, consapevole che quella notte non avrebbe chiuso occhio.

-

La mattina dopo, scrisse sul post-it per Henrik che sarebbe stato via tutto il pomeriggio. Nel tragitto verso la scuola, chiamò l’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo, almeno in parte.

“Pronto?”

“Lisa, sono io.”

Non che David non fosse bravo a dare consigli, ma gli serviva un intervento femminile.

“Ehi Tar! Tutto okay?”

“Sei libera oggi pomeriggio dopo scuola?”

“A tua completa disposizione. Come mai? Cioè, non che mi dispiaccia passare del tempo supplementare con il mio migliore amico, ovviamente.”

Tarjei accennò una risata.

“Ovviamente. Ne parliamo più tardi, ti passo a prendere a scuola. Okay?”

“Okay buddy, a più tardi!”

“A più tardi Lis.”

Alle quattro del pomeriggio erano di fronte ad una tazza di caffè e delle questioni in sospeso.

“Tar sono dieci minuti che ti fisso mentre tu fissi il caffè, mi dici che succede?”

Tarjei pensò che gli avevano chiesto più volte ‘che succede’ nell’ultimo mese che in tutta la sua vita. Sospirò e si passò una mano fra i capelli, per poi alzare lo sguardo ed incontrare gli occhi confusi e pieni di domande della sua amica.

“Sono confuso.”

“Okay.”

“Non so cosa siamo.”

“Okay … cosa siete chi?”

“Io ed Henrik.”

Lisa si morse il labbro inferiore e prese un sorso dal suo bicchiere.

“Cosa pensi di essere per lui?”

Tarjei sbatté un paio di volte le palpebre.

“Un amico … credo.”

Lisa alzò un sopracciglio e lo guardò come se avesse appena detto la cavolata più grande del secolo.

“Tu pensi che Henrik ti reputi un amico.”

“Me lo stai chiedendo?”

“Sto cercando di farti capire quanto sia grande la puttanata che hai detto.”

Alzò gli occhi al cielo, arrossendo lievemente.

“Ecco un paio di punti che ti guideranno nella comprensione del perché ciò che hai detto è una cazzata.”

Lisa si aggiustò i capelli dietro le orecchie e si mise ad elencare sulle dita.

“Ha portato te e Martha a cena con la sua famiglia.”

“Non era quello il senso della cena.”

“Non interrompere. Ti guarda come se fossi un’opera d’arte, si illumina ogni volta che ti vede, non è tranquillo finché non è sicuro che tu stia bene, ti ha dato le fottutissime chiavi di casa sua! Anche io sono tua amica, anche David lo è, ma noi non ci comportiamo così con te.”

Tarjei rimase in silenzio per qualche secondo, e Lisa si morse il labbro inferiore, per poi allungare una mano sul tavolo e stringere la sua.

“Dovresti parlarne con lui.”

“E cosa gli direi? Cosa farei se non dovesse …”

Lasciò la frase in sospeso e Lisa gli strinse la mano, costringendolo a guardarla.

“Ricambiare. Ricambiare, Tarjei. Sai che Henrik ti piace, non c’è bisogno che gli altri lo sappiano se non vuoi, ma sii sincero con te stesso.”

Mi piace Henrik.

Si aspettò che quella verità lo avrebbe colpito come un pugno in pieno viso, ma semplicemente si insinuò dolcemente al suo interno e prese posto nel vuoto al centro del suo petto. Sorrise.

“Cosa farei se non dovesse ricambiare?”

“Ricambierà,” la sua sicurezza lo lasciò interdetto per un attimo, “per le ragioni che ti ho detto e per altre mille che conoscete solo voi, ricambierà. Ricambia già adesso. Ha sempre ricambiato.”

Lisa gli sorrise e gli strinse ancora una volta la mano, per poi fare una lunga sorsata e riacquistare la sua aria entusiasta.

“Ora, parliamo di domani.”

Eh, domani. Tarjei nascose il rossore dietro il bicchiere.

“Metti giù quel caffè e guardami. Domani si gira la scena della piscina, sai cosa vuol dire vero?”

Eccome se lo sapeva, non aveva pensato ad altro dall’audizione di Henrik. Ne aveva avuto un assaggio la settimana precedente, quando avevano girato la scena della festa e si era sentito bruciare di desiderio mentre si scambiavano sguardi da una parte all’altra della stanza, e quando Henrik si era avvicinato tanto che aveva sentito le sue ciglia sfiorargli le guance, finché non lo aveva visto allontanarsi di botto e, nonostante sapesse perfettamente che sarebbe successo, nella sua mente aveva bestemmiato in quarantadue lingue diverse.

La voce gli uscì in un sussurro.

“So cosa vuol dire.”

“Andrà bene Tarjei, e pensa che da domani diventerai uno dei ragazzi più invidiati in Norvegia e, se la serie diventa famosa come credo, di mezzo mondo.”

Tarjei non seppe dire il perché, ma quelle avevano tutta l’aria di essere delle parole profetiche.

-

Sentivano i battiti del loro cuore come esplosioni dall’esterno, la pelle d’oca a causa dell’acqua congelata tirarli la pelle, la pressione di avere una telecamera a qualche metro da loro, la vista offuscata dall’acqua, ma riuscivano a vedersi, e sentirono di star annegando nelle loro stesse emozioni.

Sott’acqua Henrik sembrava risplendere di luce propria come il giovane dio qual’era, e Tarjei non era mai stato tanto angelico.

Mentre le loro labbra si avvicinavano sempre di più, si ripeterono che stava per accadere sul serio, che non era uno dei loro numerosi sogni, che stavolta non gli avrebbe interrotti nessuno.

E tutto il mondo parve esplodere alla loro collisione.

E le migliaia di farfalle che abitavano i loro stomaci presero il volo.

E milioni di brividi attraversarono i loro corpi e gli scossero le membra e il sangue venne sostituito da miliardi di scintille e l’acqua sembrò prendere fuoco e il vuoto fu colmato.

E quando finì, fecero in modo che ricominciasse il prima possibile e si aggrapparono a capelli e vestiti fradici e desiderarono di non dover mai lasciare la presa.

E quando si arrampicarono fuori dalla finestra e si distesero sul prato, ansanti e incapaci di frenare i tremiti e le risate causate dall’emozioni che sentivano essere più grandi di loro, ringraziarono le stelle che li osservavano da lontano, fiere che i loro atomi fossero stati capaci di creare qualcosa di tanto perfetto.

I loro occhi si incontrarono e sorrisero, prima di tornare ad affogare l’uno nella bocca dell’altro, e abbracciarsi così forte da avere paura di spezzarsi nell’impeto dei loro sentimenti.
   
 
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