Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: PULLA68    05/04/2017    1 recensioni
Un nuovo mondo con nuovi personaggi. La ricerca disperata di un figlio e di un identità. Una guerra da vincere e un amore da salvare. Molto verrà perduto e molto trovato. L'amore in tutte le sue forme, l'amicizia, l'onore, il sudore, il sangue e il dolore saranno i veri protagonisti di quest'avventura che vi condurrà dalle fitte foreste alla pietra gelida e forse... solo forse ad un lieto fine.
Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prologo.


Stavo sognando di volare alto nel cielo, libero come un falco, con tutto il mondo ai miei piedi. Tutti i colori erano vividi e caldi con il sole giallo alto e splendente che illuminava il paesaggio dolcemente con i suoi potenti raggi. Salivo sempre di più avvicinandomi a quella palla di luce, sempre più in alto, sempre più su... quando all'improvviso aprii gli occhi. Mi passai la mano sulla fronte sudata rendendomi conto che era solo un sogno, solo l'illusione di poter finalmente guardare il mondo illuminato dai raggi del sole. Sole che normalmente avrebbe bruciato la mia vista e la mia pelle fino a ridurmi in cenere e polvere. Con un sospiro mi alzai dal mio frugale letto rabbrividendo nella fresca aria del nuovo giorno e mi avviai verso l'uscita della grotta che altro non era che la mia casa. Un guaito e un naso umido contro il palmo della mia mano richiamò la mia attenzione costringendomi ad abbassare lo sguardo su di lui. “Buongiorno Lupo” salutai il mio compagno di vita, l'unico con cui dividessi il mio rifugio e il mio affetto. Lui, un lupo dei boschi grigio e bianco, era il migliore amico e la mia guardia personale. Lo avevo salvato da cucciolo, liberandolo da una tagliola che lo aveva quasi ucciso dissanguandolo e adesso non si staccava mai da me pronto a difendermi fino alla morte se fosse stato necessario. Una leccata sulla mano e un sordo mugolio furono il suo saluto e assieme fianco a fianco uscimmo sotto gli ultimi raggi morenti del sole. Il sole giallo, il nemico mortale del mio popolo era ormai calato dietro i monti lasciando al suo posto una calda luminescenza che andava sparendo dietro l'orizzonte. Di lui era rimasto solo il chiaro bagliore ormai innocuo per tutti noi. Esporci ai suoi raggi significava ustionarsi irrimediabilmente e iniziare il lungo cammino del dolore che avrebbe condotto a una morte sicura. Per questo io e il mio popolo uscivamo al suo calare quando al suo posto si alzava alto nel cielo il Sole Rosso. I suoi raggi dolci illuminavano la nostra terra assieme alla sua sorella Luna, permettendo di muoverci in assoluta sicurezza e svolgere la nostra vita tranquillamente. Il rosso e il bianco dei due Astri si fondevano assieme illuminando tutto il mondo circostante di un chiaro e caldo arancione che scaldava il nostro cuore e illuminava la buia foresta che si estendeva ai miei piedi. Il nostro popolo li venerava da sempre e in questa giorno, come ogni anno, il Popolo degli Alberi avrebbe festeggiato la loro luce benedetta con canti e danze e banchetti. E al termine della festa, al tramonto degli Astri e prima che il sole Giallo sorgesse nuovamente, le coppie consacrate si sarebbero appartate nel buio della foresta e lì avrebbero rinnovato il voto di eterna fedeltà prestato, unendo i loro corpi e il loro spirito in una danza antica come la razza, scambiandosi parole d'amore e baci al chiarore del grande falò. Mentre i giovani fidanzati ne avrebbero approfittato per suggellare la propria unione davanti agli Dei del Cielo, per unire ciò che di fatto non lo era ancora, richiedendo, il giorno dopo, a fronte dell'impegno preso, alle proprie famiglie la benedizione sulla nuova coppia nata. Sorrisi al pensiero di quanti giovani bruciati dal desiderio e ansiosi di unirsi per sempre al compagno scelto avrebbero perso la propria innocenza quella notte con il muto consenso dei genitori. L'amore e la vita era il centro della festa, l'evento da esaltare nella notte dedicata agli Astri che dall'alto del cielo ci permettevano la vita sulla nostra terra. Sospirai e spinsi la mia vista più a Nord, dove l'enorme foresta arrivava alla sua fine lasciando il posto alle pianure e alla distesa desertica e infine alla fredda pietra. Un brivido mi scese lungo la schiena. In fondo all'orizzonte s'innalzava la Montagna di Pietra dove sorgeva la Rocca, il palazzo reale dal quale governava tutti noi con il suo terribile potere il Signore di Ancara. La sua potenza ci preservava dai pericoli provenienti dai confini a Nord del paese, dove il popolo dei Barbari premeva costantemente. Per questo il nome del nostro Signore era pronunciato con rispetto, ma anche con paura. La mia gente, abitante nella antica foresta, prosperava da centinaia d'anni sotto la sua guida convinta di potersi dimenticare del mondo esterno. Ma il tempo aveva accresciuto le brame del Signore di Ancara e ora la paura delle sue Guardie serpeggiava fra di noi portata dai racconti dei forestieri, accresciuta da sinistre leggende che parlavano di rapimenti e morte, torture e strani poteri. I racconti dei profughi e dei viaggiatori, dicevano che il potere di Ancara si stava ammalando e che il suo esercito diventava sempre più forte e sempre più arrogante, gettando su tutto il regno un ombra di paura. Poiché se per noi la pace e l'amore era uno stile di vita e il nostro fermo principio, per Ancara questi sentimenti stavano diventando solo un intralcio al suo potere. Potere che si stava allargando, potere a cui sembrava difficile porre freni. E il popolo della foresta stava iniziando a guardare alla Montagna di Pietra e ai suoi occupanti con diffidenza e terrore mentre cercava di vivere secondo le sue usanze. Lupo ululò pigramente alzando il naso e fiutando l'aria mentre con le zampe raspava la terra ai miei piedi. Lui non sapeva nulla di politica, regni o potere ma poteva percepire nell'aria l'aroma del terrore che si stava diffondendo nell'aria come una malattia. Lo sentivo anch'io, potevo percepire anch'io nella brezza della nuova notte il mutare degli eventi, la tempesta che stava per scatenarsi su di noi e ancora una volta chiusi gli occhi a cercare di vedere il futuro. Non riuscivo a capire come e quando ma ogni fibra del mio corpo urlava che il fato avrebbe mosso le sue maglie, avrebbe teso i fili del destino, ma malgrado il mio potere di “vedere” il futuro gli eventi che sarebbero capitati erano per me ancora chiusi. Troppe decisioni dovevano essere prese, troppi destini erano ancora in bilico. Un lampo attraversò il cielo limpido sfiorando un giovane falco che volava alla ricerca della sua preda. Lo vidi cadere frastornato, perdere quota e precipitare verso terra fino a quando... a pochi metri dal terreno si tirò su con una poderosa spinta delle potenti ali, librandosi poi nel buio della notte con un grido di vittoria. Un presagio! Pensai assorto fissando l'intrepido falco e poi sorrisi, era giunta l'ora... nulla sarebbe più stato come prima.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: PULLA68