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Autore: Kalesh    07/04/2017    1 recensioni
In un futuro prossimo in cui il mondo è controllato da industrie votate ad un progresso commerciale e la tecnologia è diventata solo un mezzo di lucro. Gin, un giovane ingegnere impiegato presso una di queste, incontrerà una strana ragazza, che, sconvolgendo la sua vita lo trascinerà in una fitta trama di intrighi macchinati dalle grandi potenze commerciali.
Genere: Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3 Qualche ora dopo Gin uscì nuovamente dal bagno, questa volta aveva indosso dei lunghi pantaloni neri e una camicia bianca, la barba era ora perfettamente regolata e i suoi capelli in ordine, Soraya, che aveva appena terminato di giocare, lo squadrò per un lungo istante, come se d'un tratto fosse diventato un'altra persona, quindi lui le disse:
«Vedo che ti sei divertita, ora però dobbiamo proprio andare» poi aggiunse fiducioso, non mancando di mostrare un sorriso, «Quando riacquisterai la parola aspettati un interrogatorio» ben sapendo però che se la visita avesse avuto esiti negativi, come minimo alla ragazza sarebbe toccato un intervento, qualora questo fosse stato possibile, però ciò che Gin vedeva era ben diverso dalle realtà che aveva avuto modo di conoscere attraverso le relazioni della CyberLink, lei non stava male e questo lo rassicurava.
Lei, notando che i suoi stivali erano ora asciutti, se li rimise ai piedi, senza però cambiarsi d'abito, i vestiti che aveva rubato le erano talmente comodi, che non ci pensava nemmeno di toglierseli. Gin quindi la schernì dicendo:
«Forse sarebbe il caso di metterti dei vestiti che ti facciano somigliare un po' meno ad un giocatore di basket e un po' di più ad una ragazza!» al che lei stizzita, dopo aver terminato di infilarsi gli stivali, si erse in piedi di fronte a lui, nonostante fosse più bassa di almeno una decina di centimetri, gonfiò il petto, gli fece una smorfia facendo una pernacchia con la lingua e si diresse verso l'uscio.
«Va bene, va bene, non c'è bisogno di scaldarsi, andiamo» si arrese lui, aggiungendo però «poi se qualcuno per strada ti colpisce con una palla da basket non ti lamentare!» concludendo con una silenziosa risata.
Si diressero insieme nell'auto che la notte precedente li aveva scortati prima in ospedale e poi a casa, Gin si mise alla guida dell'autovettura, però non volendo guidare nel traffico comandò:
«Pilota automatico!» al che una voce dall'auto rispose: «Dove vuole andare, signore?». Il ragazzo quindi diede le indicazioni della clinica e l'auto si mise in moto, la ragazza guardava dal finestrino con aria curiosa, quasi come se quello che scorgeva al di fuori fosse affascinante, Gin non la pensava così, lui non aveva mai apprezzato quel mondo, vi si era inserito perfettamente, e non mancava di farsi affascinare da oggetti e persone, ma questo succedeva molto raramente, la sua mente tendeva a schematizzare persone e oggetti, solo poche persone erano veramente dissimili dalle altre, nonostante ognuno pensasse fermamente di essere unico. Il ragazzo alternò lo sguardo da Soraya al proprio finestrino, chiedendosi come poteva una persona che chissà cosa aveva passato la sera precedente, guardare ancora quelle strade e quelle persone con quegli occhi carichi di meraviglia.
Il suo naufragare di pensieri fu interrotto dalla voce del pilota automatico che annunciava l'arrivo alla clinica, Gin quindi comandò all'auto:
«Parcheggiati qui vicino e segnalami la posizione!» molte auto non avevano più bisogno di segnalare la posizione, gli ultimi modelli, infatti, avevano dei piloti automatici talmente tanto evoluti da dirigersi ovunque fosse stato il loro proprietario anche da spente, il suo modello non era però dei più nuovi, e inglobava ancora la guida manuale, che a poco a poco stava svanendo.
Guardò poi la ragazza e vedendo che si era messa il cappuccio della felpa in modo tale che i suoi capelli verdi fossero pienamente nascosti, realizzò che si stava nascondendo da qualcuno, per cui ogni precauzione gli sembrò superflua e le fece cenno di seguirlo.
Salirono una breve gradinata, e si ritrovarono di fronte ad un palazzo enorme, costruito interamente con vetrate oscurate e con una forma alquanto insolita, si diressero dentro e, una volta varcata la porta girevole all'ingresso, si stagliò dinnanzi a loro un grandissimo salone, di fronte a loro c'era la reception e ai lati di questa, scale ed ascensori che portavano ai piani superiori, il passaggio era contornato da piccole piante tropicali, fino al centro del salone, dove, trovando una fontana si apriva un salone. I due, Gin in testa e Soraya che lo seguiva non mancando di guardare con ammirazione tutto ciò che la circondava, si diressero verso la scala di destra, di fronte a loro comparve un ologramma che, chiese loro quale fosse il motivo della loro visita, il ragazzo lo ignorò passandogli attraverso, lei, invece gli passò intorno guardandolo con occhi sgranati, continuando a seguire Gin.
Camminarono per una lunga serie di districati corridoi salendo per almeno una decina di piani, quando, giungendo di fronte ad una porta il ragazzo si arrestò:
«Eccoci arrivati! Ora non ti preoccupare e lascia fare a me, Sasha mi deve diversi favori» sorrise ammiccando, e bussò alla porta.
«Avanti!» una voce femminile rispose dall'altra parte, al che il ragazzo aprì la porta e seduta ad una scrivania videro una donna bionda con gli occhiali, seduta ad una scrivania, che si apprestava a leggere degli appunti proiettati in aria con un ologramma, quando lei alzò lo sguardo di colpo esclamò con tono stizzito:
«Gin! Che diamine ci fai qui?» al che lui rispose non senza difficoltà:
«Ehi Sasha, è passato del tempo eh? Beh vedi, dovrei chiederti un favore...»
«Proprio insolito, non sia mai che ti presenti da me quando non hai bisogno di qualcosa?» ribatté lei con un aspro tono di voce.
«Vedi, questa ragazza, mia sorella, ha avuto un problema con un potenziamento e avrei bisogno che tu le facessi una diagnosi con la scansione tecnometrica» si spiegò lui incurante della frecciata scagliata dalla donna.
Al che la donna palesemente irritata esordì con un:
«E da quando avresti una sorella? So bene che se ti dicessi di no mi rinfacceresti ogni singola volta in cui mi hai prestato aiuto, per cui accomodatevi pure, la stanza è quella accanto a questa, non dovresti avere problemi con la scansione dato che lavoravi qui, giusto?»
«Nessun problema, ricordo tutto perfettamente, ad ogni modo grazie, sono in debito» risposte con cortesia lui.
Sasha fu non poco turbata da quelle parole, non l'aveva mai ringraziata, e ancora meno erano le volte con cui si era rivolto a lei con quel tono, che quella ragazza fosse davvero sua sorella in difficoltà? I due uscirono dalla stanza per entrare in quella accanto e lei si rimise al lavoro tornando ad analizzare i dati presenti sull'ologramma.
Una volta entrati Gin fece cenno a Soraya di sedersi su una grande poltrona bianca con due poggia braccia laterali e un'apposita fessura sullo schienale.
«Credo che dovrai toglierti la felpa» disse il ragazzo con aria maliziosa. Lo sguardo di lei lo fulminò, al che lui ribatté ridendo:
«Prima però non ti sei fatta tanti problemi!» quindi la ragazza lo squadrò con uno sguardo che sembrava dargli del pervertito, sapendo bene quanto quella situazione lo divertisse.
Si sfilò quindi la felpa, i lunghi capelli verdi, che fino a quel momento erano rimasti nascosti dal cappuccio della felpa tornarono a fluire sulle sue spalle lasciando il suo torso, come qualche ora prima, nudo, coperto unicamente da una fascia di stoffa a farle da reggiseno, guardò Gin per un istante e esternò il proprio finto disappunto mostrandogli il dito medio e, come se già sapesse in quale modo funzionasse quel macchinario, si raccolse i capelli in una coda di cavallo per non permettergli di sovrapporsi ai segni degli innesti sulla sua colonna vertebrale e si distese sulla poltrona, lasciandoli affacciare dalla fessura sullo schienale.
Il ragazzo per rassicurarla le disse:
«Tranquilla, non farà male, quando il collegamento sarà stabilito ti addormenterai all'improvviso, ma non ti preoccupare, io resterò qui» lei sorrise, mentre il ragazzo le agganciava una piccola sonda, proprio sotto la nuca, in corrispondenza del primo segno di innesto.
Dopo averla collegata Gin le disse:
«Cominciamo!» nel monitor olografico del macchinario comparve una shell in cui Gin digitò il comando di avvio, di lì a breve iniziò ad addensarsi una fitta coltre di scritte, indicanti lo stato del processo.
Un minuto più tardi, la ragazza era completamente sopita e il collegamento era ora completo. Il ragazzo senza perdere tempo andò subito al punto, dato che, oltre ad aver progettato diversi sistemi di quel tipo aveva lavorato come tirocinante in quella clinica per mesi, conosceva fin troppo bene i comandi. Per prima cosa avviò la sequenza di diagnosi, in questo modo ogni problema relativo agli innesti sarebbe stato rilevato, dopo circa una decina di minuti comparve nel monitor la fonte del problema che impediva a Soraya di parlare: un errore di codice nell'istallazione del chip multilingue, il quale permetteva di capire e parlare diverse lingue senza averle mai imparate, un'invenzione sorprendente, venuta molto prima dell'arrivo del ragazzo alla CyberLink, ma la cosa ancor più sorprendente è che questo chip permetteva di capire intuitivamente differenti linguaggi di programmazione e decrittare codici in maniera istantanea conoscendone la chiave. Un interessante, quanto sorprendente potenziamento su una ragazza come lei. Questo potenziamento andava a formare un alquanto bizzarra combinazione con l'altro che Gin aveva avuto modo di notare la notte precedente. Non si pose comunque domande, far tornare la voce a quella strana ragazza era decisamente più importante, e pensò che una volta riacquistata la parola avrebbe potuto rispondere a tutte le sue domande, quantomeno per sdebitarsi. A quel punto accedette al codice del chip multilingue della ragazza, la riparazione automatica del codice non era in funzione, probabilmente per via della parte danneggiata dello stesso, ma prima che potesse valutarne la gravità righe di codice stranamente sconosciute al ragazzo iniziarono a scriversi da sole, Gin provò ad arrestare più volte il programma, ma la sua tastiera era stata esclusa, il cuore gli batté più forte in petto mentre stava valutando la situazione, il suo sguardo rivolto verso il basso:
"Che diamine sta succedendo?" si chiese con l'ansia e la preoccupazione che lo stavano assalendo come se fossero tigri affamate, mentre stava riflettendo una nuova finestra si aprì sul monitor, questa volta comparve qualcosa di ben diverso dal solito linguaggio di programmazione: nella nuova finestra si avviò, infatti, un video. Il ragazzo alzò lo sguardo e lo fissò attentamente rendendosi conto di non poter fare altro: le immagini mostravano una visione in prima persona, probabilmente di un bambino data l'altezza, apparentemente una famiglia felice composta in totale da quattro persone, non era facile determinare dove vivessero, probabilmente in un piccolo appartamento di una grande città, d'un tratto la loro pace fu bruscamente interrotta, diversi uomini piombarono nella stanza, avevano delle tute militari grigie ed il volto coperto da una maschera con delle lenti gialle, la persona dai cui occhi si vedevano le scene venne presa da uno di questi e portata via, mentre i lunghi capelli neri del bambino offuscavano sempre più la visuale fino a che questa fu completamente offuscata, poi il buio, due rumori sordi che si udirono in lontananza. Gin per un attimo si preoccupò che qualcuno venisse a controllare per i rumori che stavano provenendo dalla stanza, però l'impianto audio era anch'esso in balia dello strano fenomeno che interessava il macchinario e non poté fare nulla.
Quindi riprese la visione, quando gli occhi si riaprirono il ragazzo notò che era avvenuto un cambiamento radicale, ora i capelli della persona che guardava erano più lunghi e visibilmente di un altro colore: verdi, come quelli di Soraya, da lì il giovane intuì che quello doveva essere probabilmente un sogno della ragazza, il tutto aveva ancora meno senso, era una cosa mai successa. Il sogno proseguì, era totalmente ambientato in una struttura i cui interni erano totalmente ricoperti di bianco, la ragazza veniva in continuazione legata ad una sedia al che perdeva i sensi e si risvegliava in delle stanze completamente vuote e bianche, il tutto scandagliato da momenti di buio. Ad un tratto però il sogno si interruppe bruscamente, tutto diventò nero ed i suoni che fino ad un istante prima erano percettibili scomparvero. La finestra del video si chiuse, e al suo posto ricomparve nella linea di comando una nuova scritta:
"Riparazione terminata con successo", il ragazzo terminò il programma il più rapidamente possibile, non appena ebbe scollegato la ragazza dal macchinario, che ancora continuava a dormire, nel monitor comparve un'insolita immagine: su sfondo nero, due occhi verdi ed una bocca, verde anch'essa serrata in un ghigno malefico, e sotto una scritta:
"Grazie".
A Gin non ci volle molto per capire che, nel chip della ragazza era stato impiantato un qualche virus informatico, probabilmente questo si era rimosso dal chip della ragazza, ma doveva fuggire, se lo avessero preso come minimo lo avrebbero arrestato, dato che la clinica aveva collegamenti diretti con tutta la città, tra cui la CyberLink e di conseguenza aveva potenzialmente infettato un quarto dei computer in città, e soprattutto perché in quella città erano i soldi a dettare legge, e farsi nemica anche solo una delle diverse industrie che la popolavano poteva significare una condanna a morte, bene, lui le aveva provocate tutte contemporaneamente.
Prese la ragazza in braccio e si avviò verso l'uscita mentre all'interno della clinica i computer e i macchinari smettevano di funzionare e gli ologrammi impazzivano, in un certo senso fu facile fuggire in quel caos. Posò la ragazza nei sedili posteriori della propria auto, salì a bordo, accese il motore e partì, non mancando però di notare Sasha che era appena uscita dalla clinica e lo stava fissando con uno sguardo accusatorio. I due si fissarono per un breve istante, poi l'auto superò la donna svanendo tra i palazzi.
   
 
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