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Autore: A_Typing_Heart    08/04/2017    1 recensioni
Tsunayoshi, Hayato e Mukuro sono tre persone del tutto diverse. Uno impacciato nella sua stessa vita, un altro un piccolo genio stordito dalla perdita di una persona cara, l'altro convinto di avere tutto quello che è desiderabile dall'esistenza; eppure senza saperlo sono tutti spinti sull'orlo del baratro dallo stesso demone chiamato Dipendenza. In un solo giorno il destino li pone di fronte a una scelta: esorcizzare il mostro o morire.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Byakuran, Enma Kozato, Hayato Gokudera, Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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-Mukuro kun?-
Mukuro sentì la voce che lo chiamava da una lunghissima distanza, come un'eco che risuonava da un lato all'altro della vallata. Decise di ignorarla e risprofondò nel luogo da dove veniva, un bizzarro incrocio tra il suo vecchio appartamento a Gifu e l'opulenza mal assortita del Quarto di Luna, dove stava tentando di trovare una scarpa smarrita.
-Mukuro kun? È tardi, dobbiamo andare...-
-Lo so.- bofonchiò lui, convinto di rispondere a una delle sue colleghe.
-Allora alzati... dai...-
Mukuro venne scosso con una certa convinzione, ma lui infastidito tirò la coperta e si girò sull'altro lato, voltando le spalle a quell'individuo molesto. Ancora una volta tentò di immergersi nel misterioso locale frutto di oniriche misture dove aveva uno spettacolo da portare a termine.
-Mukuro...- pigolò di nuovo Tsunayoshi, sospirando sconfitto. -Ti prego...-
-Che cos'è tutto questo chiasso?-
Tsunayoshi abbandonò la salma dormiente di Mukuro e si voltò a guardare sulla porta della stanza, dove Gokudera li guardava con occhi visibilmente assonnati e altrettanto palesemente irritati. Aveva la camicia abbottonata a metà e anche zoppa, le scarpe da ginnastica infilate con i lacci lenti a mo' di ciabatte e armeggiava nel tentativo di infilare la cintura nei passanti. I suoi capelli erano tutti spettinati.
-Non riesco a svegliare Mukuro...-
-Prendilo a calci.- suggerì Hayato con un certo fervore.
-Ma che... ma non posso prenderlo a calci, Gokudera kun.-
-Allora tiralo giù dal letto.-
Tsunayoshi guardò Mukuro, ma francamente data la differenza di altezza e di stazza non era così sicuro di riuscire a tirarlo abbastanza da svegliarlo. Tuttavia non ebbe mai modo di sperimentare la sua forza in quel modo, perchè Hayato entrò nella stanza borbottando insulti, afferrò la gamba del povero addormentato inconsapevole e lo strattonò con tale energia da trascinarlo fuori dalle coperte in un solo tentativo. 
Mukuro si ritrovò disteso per terra nella stanzetta, con la maglietta arrotolata sul petto e le braccia in avanti a reggere inutilmente cuscino e coperta, che lo avevano seguito giù dal materasso.
-Fatto.- annunciò soddisfatto Hayato, pulendosi le mani teatralmente.
-Che... cazzo... che razza di maniera è di trattare la gente?- sbottò Mukuro, rimettendosi lentamente e faticosamente in ginocchio.
-Se mi sono svegliato io a quest'ora ti alzi anche tu, non me ne frega se fai il bonzo sotto l'acqua tutta la notte come un idiota.-
Mukuro gli scoccò un'occhiataccia, poi guardò dalla finestra, fissandola per alcuni secondi di totale silenzio.
-Ma è ancora buio! Ma che ore sono?!-
-Le cinque del mattino...- rispose Tsunayoshi, in parte ansioso di porre fine alla scenetta prima che finisse in rissa e in parte divertito dal disappunto di Mukuro.
-E cosa diavolo facciamo svegli a quest'ora infausta?!-
-Beh... lo hanno detto quelli del centro di alzarsi a quest'ora... per andare a lavorare nell'orto comunitario...-
-A me non l'hanno detto!-
-Certo che no, tu facevi il diavolo a quattro di sotto con quel poveraccio del terapeuta...- intervenne Gokudera, prima di afferrarlo per il braccio. -Ora basta con le lagne, alla tua età, avanti, fila in bagno.-
-Lasciami... non mi toccare, ehi!-
Tsunayoshi non potè fare a meno di ridere alla surrealità della scena.
-Cosa ridi, tu? Traditore! Non c'è da ridere... ahia... ahia, mi stai grattugiando il sedere!-
Era una fortuna che in quel dormitorio non fosse presente nessun altro in quel periodo, o le lamentele di Mukuro avrebbero svegliato tutti. Tsunayoshi seguì con una certa allegria Hayato che trascinava sul pavimento Mukuro fin dentro il bagno, dapprima per il braccio poi per i suoi lunghi capelli. Assistette ridacchando a una breve zuffa che si concluse quando Gokudera riuscì a spingere Mukuro, completamente vestito, sotto il getto della doccia chiudendocelo dentro. Dall'urlo belluino che lanciò questi Tsunayoshi dedusse che il getto doveva essere ancora freddo.
Hayato sospirò e si tirò indietro i capelli ancora più scompigliati, ignorando completamente il flusso di insulti e colpi che venivano da dietro la porta della doccia.
-Che fatica... certo che se bisogna fare così ogni mattina, io mi faccio dare un secchio e lo lavo direttamente nel letto.-
-Che sta succedendo qui...?-
Tsunayoshi si voltò e vide Elena, la coordinatrice del centro, ferma sulla porta. Impacciato cercò qualcosa da dire, gettò un'occhiata ad Hayato, che aveva immediatamente mollato la porta della doccia e sembrava spaventato quanto lui. Un attimo dopo Mukuro aprì la porta, abbrancò Gokudera e lo trascinò nella cabina.
Dalle urla che seguirono Tsunayoshi pensò che l'acqua doveva essere ancora gelida.

Una mezz'ora dopo, Tsunayoshi era inginocchiato in un angolino dell'orto della comune dove, stando alle piccole targhette, crescevano delle piante di pomodori. Stava tentando maldestramente di legare le cime ad alcune cannette piantate nel terreno, ma la pianta stava decisamente vincendo la guerra. Sospirò e alla prima luce dell'alba si girò a guardare gli altri due.
Mukuro, ancora con un'aria decisamente imbronciata per essere stato sgridato da Elena per il "comportamento infantile", era acquattato in un rettangolo di terra più distante, in cui si coltivavano carote, patate e altre radici. Anche lui sembrava aver intrapreso una crociata contro le verdure che stava miserabilmente perdendo.
Del tutto tranquillo, almeno in apparenza, era Gokudera. Ancora più lontano da lì, era intento a stendere sui fili del bucato lenzuoli e federe bianchi. Anche lui era rimasto silenzioso dopo la sgridata di Elena.
Sospirando, Tsunayoshi si arrese all'evidenza di non avere aiuto né distrazioni nella persona di Mukuro o di Gokudera; si accinse dunque a tornare ai suoi tentativi con il filo e i rami di pomodoro. Sobbalzò alla vista di una figura davanti a lui e cadde all'indietro, con un orrendo rumore di fanghiglia smossa sentì i pantaloni inzupparsi.
-Oh, scusami... non volevo spaventarti, pensavo mi avessi sentito arrivare...-
Tsunayoshi, sentendosi arrossire di vergogna, avrebbe preferito non guardare in faccia quella persona, ma suo malgrado ebbe curiosità di associare un viso a quella mano tesa ad aiutarlo.
Il ragazzo che gli aveva parlato aveva corti capelli rosso scuro, occhi rossi dall'aria un po' triste e un sorriso incerto. Portava un cesto di panni grande quanto quello che Hayato si stava impegnando a smaltire e aveva alti stivali di gomma, come quelli che gli avevano dato per lavorare nell'orto.
-Non ti ho mai visto qui... sei arrivato ieri?-
-Ah... io... sì.-
-Lo immaginavo... quelli che arrivano di solito si occupano subito dell'orto.-
Il ragazzo dai capelli rossi pareva saperne molto del centro, doveva essere lì da molto se sapeva qual era la routine della clinica. Tsunayoshi si sollevò con l'aiuto dello sconosciuto, ma non riuscì a esternare i propri pensieri e restò in silenzio.
-Io sono Enma, comunque. Enma Kozato.-
-Io... io mi chiamo Sawada... Tsunayoshi Sawada.-
-Allora benvenuto nel miglior posto della terra, Tsunayoshi Sawada.-
Sentir definire in quel modo quella struttura, che era abbastanza nuova ma ben lungi dall'essere all'avanguardia o bella dal punto di vista architettonico, sorprese molto Tsunayoshi, che tra l'altro non la vedeva in modo dissimile dall'idea che ne aveva Mukuro. Il suo stupore doveva leggerglisi in faccia, perchè Enma sorrise più ampiamente.
-Lo trovi difficile da credere, vero?-
-Beh... io... non so... sono appena arrivato...-
-Sì... è per questo che non mi credi, e capisco che tu abbia tutt'altra opinione adesso.- disse il ragazzo rosso di capelli. -Ma se resterai per un po', penso che arriverai a pensarla come me.-
-Io... dovrei... restare solo novanta giorni.-
-Ah, per la disintossicazione?-
La domanda stranì Tsunayoshi che aveva pensato di trovarsi davanti a una persona ricoverata per il suo stesso motivo. Si chiese se quel centro ospitasse anche altri tipi di persone bisognose, e istintivamente gettò un'occhiata alla facciata del secondo edificio, quasi a cercare un'insegna esplicativa.
-No, io non sono stato ospitato qui per una dipendenza da stupefacenti.- disse Enma, interpretando correttamente le sue incertezze. -Nessuno di quel dormitorio è qui per questo motivo...-
-E per cosa, allora?-
Enma si limitò a stiracchiare un sorriso, ma non rispose. Improvvisamente sembrava molto più triste, nonostante tentasse di non lasciarlo trasparire, e illuminato dai primi raggi del sole il suo viso apparve di una bellezza struggente, che provocò in Tsunayoshi la sensazione insieme gradevole e spiacevole di una stretta al cuore.
-Devo stendere questi... ci vediamo dopo, Tsunayoshi.-
Tsunayoshi non riuscì a far uscire la voce e si limitò a un goffo annuire con la testa. Continuò a guardare Enma raccogliere la sua cesta, scivolare appena nel fango e attraversare poi il prato diretto verso i lunghi fili. Gli ci vollero alcuni minuti per rendersi conto che stava stringendo le pinze davanti al petto con entrambe le mani, tanto era concentrato sul ragazzo. 
Riscuotendosi a fatica dalla bizzarra sensazione, Tsunayoshi si chinò e prese un altro pezzo di filo di ferro per continuare le infinite legature nella pianta successiva. Ne legò una, poi una seconda, prima che un irresistibile magnetismo gli facesse volgere lo sguardo nella direzione dei fili per il bucato.
La luce dorata dell'alba donava ai capelli rosso sangue di Enma un insospettabile riflesso ramato, anche da quella distanza, e quelli ondeggiavano leggermente nel venticello frizzante di quella mattina. Poi, senza alcun apparente motivo, lui si voltò verso l'orto scoprendo di essere osservato. Tsunayoshi avvertì il panico e tentò di sembrare affaccendato intorno alla pianta, interrompendo il contatto visivo con il cuore in gola.
Quasi quindici minuti dopo, quando fu alla fine della fila, azzardò una seconda occhiata, ma vide soltanto Hayato che stava stiracchiandosi, avviandosi verso il fazzoletto di terra dove stava lavorando Mukuro... in cerca dell'ennesima scaramuccia, forse. Il bucato di Enma era steso, ma lui se ne era già andato.
Con una sorta di delusione Tsunayoshi si alzò con gambe doloranti, restio a buttarsi a capofitto sulla seconda fila di piante; ma mentre pensava se fare o no una pausa una potente folata di vento spazzò il cortile. Le piante e gli alberi frusciarono, i lenzuoli e i vestiti appesi si gonfiarono come vele di navi. Dietro uno di quelli fece capolino una figura dai capelli rossi, che stavolta guardava inequivocabilmente verso di lui, e Tsunayoshi non finse di essere impegnato e non guardò altrove.
Enma fece appena qualche passo verso l'orto, riparò gli occhi dal sole con la mano che non reggeva il cesto vuoto e gli sorrise come nessuno, a memoria di Tsunayoshi, gli aveva mai sorriso.
   
 
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