Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: CHOU    07/06/2009    6 recensioni
“Oh smettila! Sarà tuo! È costato tanto quindi vedi di farlo sfruttare. Così ho deciso” lo interruppe brusco per poi voltarsi e ritirarsi nelle proprie stanze. “Signore a lei.” I nerboruti uomini che avevano scortato il padre stavano tendendo la corda col quale era legato lo schiavo a Nicias. -. I personaggi sono inseriti in un contesto di una Roma antica immaginaria, per questo troverete alcune discordanze con la Roma che si legge nei documenti storici!-
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Il vento continuava a soffiare leggero. Nicias guardava le nuvole e il cielo oscurarsi mentre il sole diventava sempre più basso e i suoi raggi più pallidi. Erano diverse ore che se ne stava seduto all’ombra di un albero in quel giardino oramai praticamente deserto. Gli faceva un po’ male la gola, aveva passato ore a raccontare tutti i miti che conosceva ad Ajakan finchè il giovane schiavo non si era addormentato cullato dalla sua voce. Sentiva distintamente il peso del corpo del biondo abbandonato sul suo torace, non aveva avuto cuore a svegliarlo. O più semplicemente gli piaceva stare a guardarlo mentre dormiva così vicino a lui. Oramai era tardi e sarebbero dovuti rientrare a breve. Piano sollevò il corpo inerme dello schiavo appoggiandolo affianco a se, alzandosi. Si stirò le menbra intorpidite dalla troppa inerzia.

Non riuscirò a portarlo in braccio fino alla domus. Ma non mi va di svegliarlo.

Sistemandosi  una piccola ciocca ribelle si chinò sul ragazzo ,prendendolo in braccio. Pesava poco, come sempre. Dette un ultimo sguardo al suo viso e alle nubi scure per poi incamminarsi verso casa, rallentato nel passo dal fagotto tra le sue braccia. Aveva quasi perscorso metà strada quando sentì Ajakan muoversi. Abbassò lo sguardo su di lui e vide che si era svegliato.

“Ben svegliato” lo salutò posandogli un bacio, non ricambiato, sulle labbra prima di metterlo giù.

Lo schiavo barcollò un po’, prima di seguire il patrizio.

Si sentiva stordito. Aveva appena passato l’intera giornata con Nicias e gli aveva anche raccontato delle storie...miti gli aveva chiamati. Represse uno sbadiglio. A furia di ascoltare tutti quei racconti e sentire la voce calma del moro si era addormentato. Arrossì.

Non doveva prendermi in braccio.

Alzò lo sguardo puntatndolo sulla schiena del patrizio che avvanzava a passo sicuro.

Non gli permetterò di giocare così con me. Cosa vuole? Mi tiene solo per raccontarmi storie? E i suoi baci? Sono aumentati dall’inizio...non mi piace...padre quanto vorrei essere lì con te.

Sospirò tristemente. Stava per perdersi nei dolorosi ricordi quando una domanda assillante gli entrò prepotentemente in testa. Si sentì stupido a pensare una cosa del genere...

“Ma perchè Teti ha solo...” iniziò a voce bassa Ajakan arrossendo per le parole che gli uscivano.

Nicias si girò fissando con le sopraciglia alzate il biondo incespicare sulle parole. Vedendo che lo schiavo non continuava intervenne:

“Continua”

Il biondo si morse un labbro per poi continuare la frase lasciata in soispeso.

“...perchè ha tenuto fuori il tallone...Achille?...perchè non l’ha bagnato tutto?”

Ecco...è lui che ha insistito perchè io parlassi...

Nicias sorrise, intimamente contento che Ajakan fosse stato attento alle sue parole...l’aveva ascoltato davvero.

Forse ho trovato un punto d’accordo con lui...

Il patrizio si avvicinò allo schiavo iniziando a parlare. Le due figure si allontanarono nella penombra della sera, per una volta, camminando al fianco. Come due pari. Senza padroni e schiavi. Ma quella catena di corda che costringeva i polsi del più piccolo erano ancora lì, sotto gli occhi di chi avesse voluto guardare. Pronte a sottolineare il suo essere inferiore, e questo Ajakan non poteva sopportarlo.

 

La domus era avvolta dal silenzio più totale, benchè fosse ora di cena. Raicus gli venne incontro portandogli una lettera. Nicias prese il pezzo di carta iniziando ad aprirlo. La calligrafia elegante del padre vergava in poche righe la carta gialloniola.

La mia presenza è richiesta con urgenza altrove. Rientrerò tra qualche giorno.

Questa si che è una buona notizia.

Il ghigno che gli si delineò sulle labbra incuriosì Raicus che piegò la testa di lato aspettando nuove istruzioni.

“Bene, preparate pure la cena per me e per il mio servo “ ordinò lasciando scivolare la corda nella mani dell’uomo.

“Rendetelo presentabile” continuò per poi dirigersi verso il suo cubiculum.

Mio padre non c’è, quindi posso cenare con Ajakan.

Girò gli occhi verdi per tutta la stanza cercando di schiarirsi le idee sulla giornata appena trascorsa.  Forse era riusccito ad istaurare un contatto con quello schiavo...però era ancora sulla difensiva e sembrava non volerne sapere di tranquillizzarsi. Nicias si sdraiò sul letto chiudendo gli occhi. Ma chi glielo faceva fare di interstardirsi così su uno schiavo?! Gli sembrò quasi di scorgere l’ombra sfuggente di Kratos. Sorrise. Che bugiardo che era, se era così fissato con quel biondino era certamente solo colpa di se stesso. Di quella strana sensazione che lo avvolgeva quando stava con lui e  si sentiva curioso, per la prima volta dopo tempo, di conoscere veramente una persona. Di capirla.

Nicias scese con  passo strascicato le scale che lo separavano dal triclinium. Sui tricliniare c’era sdraiato Ajakan con indosso una tunica di lino appena sopra le ginocchie e i lunghi capelli biondi erano stati raccolti in una coda alta tenuta insieme da un fermaglio-gioiello. La corda logora era stata sostituita da una nuova e , dal legero odore che emanava, la sua pelle era stata cosparsa di unguenti. Era bellissimo, la pelle leggermente ambrata si posava alla perfezione con il candore della tunica e il biondo cenere dei capelli armonizzavano con le pietre rosse del fermaglio. Solo l’espressione estremamente spaventata e persa rovinava la sensazione di pace e tranquillità che aveva pervaso il patrizio non appena varcata la soglia.

Tendo a dimenticarmene...questa sala non rappresenta dei bei ricordi per lui.

“Mio padre non c’è , quindi possiamo cenare in assoluta tranquillità” proferì  Nicias notando che l’espressione di angoscia del servo andava man mano ad attenuarsi.

Un leggero bussare alla porta fece sbuffare Nicias. Pochi attimi dopo Mayus entrava nel triclinium con un espressione dubbiosa.

“Signore, alla porta c’è il signor Sabrio Julio...”

Per poco il moro non si strozzò con il vino che stava sorseggiando.

Sabrio...

Si diresse svelto alla porta, inorridendo. Sabrio se ne stava sulla soglia con un enorme sorriso, alle sue spalle una decina di uomini e il doppio di servi e schiave.

“Cosa mai dovrebbe significare per me questo, amico mio?” fece duro Nicias.

“Ho saputo che il vecchio Mario Tulio non c’era e tu avevi dato il permesso per spostare la prossima festa in casa tua. Stasera abbiamo deciso di fare la festa”

“Penso che pretendere un po’ di anticipo sia fuori luogo?” chiese con sarcasmo velenoso.

“Oh, via Nicias. Non vorrai deludere così i nostri ospiti?”

Qualcosa nell’espressione del moro fece traballare il sorriso di Sabrio.

“Avevamo la tua parola, Nicias Rione” proferì grave l’amico .

Il giovane patrizio chiuse gli occhi maledicendo , per l’ennesima volta, gli dei.

“Vi lascio la domus a disposizione non più di un paio di clessidre”

Un mormorio eccitato serpeggiò tra la folla che si era andata a creare davanti alla porta di Nicias. Sabrio entrò nella domus dirigendosi al triclinium.

“Per tutti gli dei”

L’esclamazione soffocata di Sabrio, seguita dalle occhiate cariche d’apprezzamento degli altri patrizio fecero mordere la lingua a Nicias.

Dannazione, mi ero dimenticato di Ajakan.

Il biondo osservava con gli occhi azzurri spalancati quella marea di gente.

Possibile che...

Un amico di Sabrio si avvicinò all schiavo accarezzandogli la lunga coda dorata.

“Mi sa proprio che questa sera ci divertiremo ancora di più. Ma Nicias, dovevi dircelo che avevi preparato questa sorpresa per noi”

Ajakan sentiva le lacrime pungergli gli occhi.

Quel bastardo...ora capiva perchè aveva ordinato di vestirlo a festa. Non sapeva il motivo ma si sentiva ferito doppiamente. Era stato ingannato ...anzi si era ingannato da solo.

Nicias attraversò la stanza andando alle spalle di Ajakan.

“Mi spiace. Ma questa è proprietà privata” rispose gelido fissando con gli occhi verdi taglienti tutti i presenti nella stanza. Non gli piaceva per nulla quella situazione. Poteva quasi sentire i commenti che giravano nelle menti di tutti quei patrizi che ora stavano comodamente seduti a bere e a mangiare il suo vino e le sue cibarie. Per tutta la sera avrebbe dovuto stare vicino ad Ajakan, l’alcohol faceva diventare dei lupi anche le più innocenti e blande pecorelle.

Ajakan si guardò intorno a occhi bassi. Non capiva più quello che gli stava accadendo attorno. Volti sconosciuti si alternavano alla sua vista, persone che bevevano e mangiavano con tranquillità...ignorando palesemente l’espressione scocciata del padrone della domus. Nicias se ne stava seduto a gambe incrociate sorsegiando un boccale di vino. L’ebrezza magica della bevanda rossa che molta gente va ricercando non sembrava sortire alcun effetto sull’espressione serie e corrucciata del moro. I pensieri cupi del patrizio vorticavano ininterrottamente nella sua mente annebbiandogli la vista degli ospiti che danzavano e bevevano, ignari dello sguardo verde minaccioso che ogni tanto si posava su di loro.

Nicias non riusciva ancora a capacitarsi della sfacciataggine di Sabrio. Portare una trentina di gente a casa sua –a quell’ora- e senza avvisarlo gli sembrava un gesto altamente irresponsabile. Non che non gli piacessero le feste improvvisate, ma le feste improvvisate che gli rovinavano i piani di passare una serata finalmente libero dalla presenza di suo padre con Ajakan...quelle si che le trovava alquanto fastidiose.

“Nicias, ritrai gli artigli!”

“Sabrio...deduco che tu ti stia divertendo molto” rispose laconico.

“Bhè il buon vino c’è”

“ E considerando lo stato dei tuoi amici , ce n’è in abbondanza” fece sarcastico il moro gettando un ‘occhiata alla gente già ubriaca che si muoveva barcollando, reggendosi a stento sulle gambe tremolanti, e che iniziava a tampinare le schiave più belle. Ben presto il triclinium si sarebbe trasformato in una sala da orgia. Nicias rabbrividì al pensiero. La cosa non lo infastidiva...se avveniva nella sala di Sabrio dove lui se ne poteva andare nella propria domus e lasciare che quello spettacolo degradante- e alquanto inadatto a patrizi di quel rango-  si svolgesse lontano dai suoi occhi. Forse, tutta la sua repulsione per quel genere di cose lo doveva a quel maledetto dono degli dei, visto che a quanto pare era l’unico patrizio in tutta Roma a voltar le spalle a quelle orge insensate...possibile che dovevano concludere così ogni festa?

 Un uomo particolarmente ubriaco si avvicinò sorridente a Nicias.

“Grazie per l’ospitabilità, Nicias” ringraziò con una piccola pacca sulla spalla. Gesto che non sortì alcun effetto poichè l’alcohol aveva crudelmente cancellato i riflessei dell’uomo che mancò pateticamente la spalla del moro, rifacendosi però colpendo con assoluta mira la toga candida con il bicchiere stracolmo. Liquido cremisi macchiò la pregiata stoffa. Nicias scattò all’indietro, inutilmente, imprecando. Sabrio rise e lo rimproverò con lo sguardo per aver offeso le divinità.

L’ubriaco si portò una mano alla tempia scusandosi. Nicias preferì ignorare entrambi e girando in fretta su se stesso si allontanò dalla stanza.

“Senti Sabrio, controlla tu qui per me. Ho un disastro da rimediare”

Degli occhi cerulei avevano seguito attentamente la scena. Ajakan dovette sforzarsi per trattenere un sorriso. Se avesse avuto le mani libere avrebbe datoi lui una pacca sulle spalle  a quell’uomo che aveva avuto la sfortunata occasione di irritare Nicias. La scena era stata così divertente che per un attimo si sentì parte di quelle parsone. Dovunque posasse gli occhi la gente si divertiva. Esagerava. Il biondo si ritraeva ogni volta che qualcuno si avvicinava troppo alla sua postazione e cercava di mimitizzarsi quando notava che qualcuno lo stava guardando. Aveva ancora paura di tutti quei patrizi che sembrava non avessero altri desideri se non quelli ludici.

Una mano si posò con decisione sulla spalla di Ajakan afferrando la stoffa.

“Vieni” la voce era perentoria e il biondo si girò per capire da chi provenisse. Un patrizio con dei cortissimi capelli scuri lo stava trascinando fuori dalla sala.

“Lasciami!”

Maledizione ,lasciami  bastardo

Si sentì tirare per la veste senza che potesse fare nulla. Aprì la bocca per urlare ma le lacrime e lo spavento gli avevano prosciugato la gola e non riusciva a emettere fiato. Sgomentato inghiottì della saliva scalciando nel contempo. Il patrizio gli assestò una pacca sul viso che, per quanto poco forte era stata, ebbe il potere di immobilizzare Ajakan. Quasi non avvertì il pavimento sotto la schiena e la vicinanza dell’uomo. Le voci degli altri patrizi erano affievolite ma si sentivano ancora nettamente e questo fece capire allo schiavo che si trovavano a poica distanza dal triclinium. Avrebbe potuto urlare e l’avrebbe fatto se non avesse sentito quelle mani calde sfilargli la tunica. Quel contatto gli causò un conato di vomito.

Sto male....lo stomaco...vattene via...NON VOGLIO...mmhg

Si portò le mani legate alla bocca cercando di trattenere i conati chiudendo gli occhi. Sentiva sempre più le forze venirgli a meno man mano che il patrizio lo toccava, era quasi sicuro di essere arrivato all’estremo quando sentì uno spostamento d’aria sopra di sè. Le mani viscide si allontanarono e una voce conosciuta sibilò:

“Non avevo detto di non toccarlo? Lui è mio.” Nicias parlava con un tono di voce particolarmente basso. Benchè sentisse le vene pulsargli furiosamente e la rabbia esplodergli in petto, controllò le parole e le sue azioni. Era pur sempre un patrizio rispettabile.

L’uomo rimase ad osservarlo per qualche istante interdetto e con la mente rallentata dai fumi dell’alcohol. Boffochiò qualcosa per poi allontanarsi verso il triclinium.

Nicias socchiuse gli occhi cercando di calmarsi. Si girò verso Ajakan. Lo schiavo aveva la tunica slacciata e se ne stava immobile con le spalle che gli tremavano. Gli occhi azzurri schoccati. Il moro si chinò per prenderlo in braccio.

È sotto shock ...non reagisce neanche. Maledetto, maledetti tutti loro.

Cercando di mantenere il controllo strinse tra le braccia il ragazzo pirtandolo  nel cubiculum. Aprì a fatica la porta e depose Ajakan sul letto a baldacchino. Il biondo non si era ancora mosso e sembrava perso in un altra dimensione. Dimensone dalla quale Nicias era escluso.

Il patrizio provò un doloroso crampo allo stomaco vedendo il ragazzo in quello stato. La rabbia era tale, l’impotenza e il senso di colpa non gli davano tregua. Sapeva com’erano...non avrebbe mai dovuto lasciarlo da solo. Sentì gli occhi pizzicare fastidiosamente.

Si avvicinò piano al letto sedendosi affianco al servo. Allungò una mano ad accarezzargli i capelli. Piano sollevò il ragazzo facendogli appoggiare la testa sul suo petto e iniziando a cullarlo piano tra le braccia. Ajakan non reagiva. Se ne stava lì, immobile a lasciarsi maneggiaire senza volontà. A Nicias si strinse il cuore. Tutto il dolore...tutto il male che aveva dovuto subire quel ragazzo...le umiliazioni, la punizione..la...la violenza...erano tutte colpe sue. Gli dei gli avevano dato la possibilità di stare con un angelo e lui non aveva fatto altro che ferirlo. Ajakan che aveva così paura...così orgoglioso, bello e dolce.

Un leggero singhiozzo distrasse il patrizio dai suoi cupi pensieri. Puntò gli occhi verdi su Ajakan. Stava reagendo.

Bene.

“Mi dispiace...mi dispiace”Nicias cercava di usare un tono di voce morbido, rassicurante. Continuava a ripetere quelle aprole come una mantra cullandolo con tenerezza.

Ajakan si faceva cullare senza dire o fare nulla. Era terrorizzato...aveva la nausea...sentiva ancora le mani di quel’uomo. Ma il peggio è che si rendeva conto che in quei terribili momenti non faceva altro che pensare- sperare- che qualcuno lo salvasse...che Nicias lo salvasse. Quei baci erano così diversi...erano violenti e puzzavano di vino... quelle mani gli davano fastidio. Non riusciva a smettere di pensare che voleva che ci fosse Nicias al suo posto. Che se proprio doveva accadere avrebbe preferito che succedesse con quel patrizio dagli incredibili occhi verdi. E quando Nicias finalmente era arrivato e l’aveva portato via era stato sopraffatto dalle emozioni. Sentiva la paura e il disgusto attanagliairli il cuore. Però...contro ogni sua aspettative le carezze di Nicias lo calmavano e lo facevano sentire protetto...proprio lui che per primo l’aveva privato della libertà.

Grazie.

“Di cosa ti dispiace?” riuscì a sillabare Ajakan guardando nel vuoto.

Quelle parole colpiro in pieno il patrizio...già...di che cosa gli dispiaceva realmente?

“Mi dispiace che ti sia capitato tutto questo per colpa mia” rispose a voce talmente bassa che il biondo fece fatica a sentirlo.

“Perchè?” più che una domanda sembrò un rantolo soffocato.

Nicias rimase in silenzio...non voleva rispondere. Non c’era una risposta.

O forse c’è e io voglio semplicemente ignorarla.

Sentendo che non giungeva la risposta Ajakan ritornò a guardare nel vuoto con l’espressione triste.

Un  tremito lo scosse.

“Shhh calmati...- sussurrò Nicias cercando di calmarlo-...non ti succederà più nulla...te lo prometto, non lascerò che ti facciano ancora del male”

Il patrizio non credeva alle sue stesse parole però non si pentiva di averle dette. Ci credeva fermamente. L’avrebbe protetto. Sarebbe stato al suo fianco. Sempre.

Ajakan voltò la testa fissandolo con gli occhi celesti pieni di dubbi.

“perchè?” ripetè quasi incapace di credere alla parole del moro.

Perchè uno come lui dovrebbe proteggermi? Perchè dovrebbe importargli di me...

Nicias non seppe mai se fu l’espressione sconsolata e ferita di Ajakan o la strana atmosfera che si era venuto a creare... se la rabbia e il dolore che aveva provato quando aveva visto Ajakan sottoomesso così a quell’uomo o semplicemente la voglia di lasciarsi andare , ma quando aprì bocca disse solamente:

“Perchè non lascerò che fiacciano del male alla persona che amo”

Ad Ajakan parve che qualcuno l’avesse spinto dentro un ruscello ghiacciato. Lo sguardo di Nicias, i gesti di Nicias...le sue parole...gli avevano procurato una morsa allo stomaco.

Sentì i muscoli sciogliersi  man mano che le aprole penetravano nella sua mente. I ricordi della sua cattura, il primo incontro con quellos trano patrizio...la sabbia, i baci, le storie...tutti gli avvenimenti di quei giorni  lo investirono con forza dirompente. Le sue parole l’aveva toccato nel profondo....forse solamente perchè , in quel momento, era l’unica cosa che voleva sentirsi dire. Alzò il viso fino a far combaciare i suoi occhi con quelli del moro e poi, senza pensare a nulla fece coincidere le loro labbra in un bacio casto...

il mio primo vero bacio si potrebbe dire...

Nicias rispose quasi subito al bacio, baciandolo con lentezza. Quando si sentì avvolgere dalle braccia del moro calde lacrime scesero dai suoi occhi chiusi. In quel momento, per la prima volta, si sentì al sicuro. Abbracciato a quel patrizio che gli aveva tolto tutto per la prima volta dopo tanto si sentì a casa.

 

ECCO un altro capitolo...e pure lungo...ma non ho avuto cuore di stroncarlo a metà. Spero che l’attesa non vi sia pesata più di tanto (chiedo umilmente perdono per i miei continui ritardi ma l’ispirazione viene  e va...çç). spero che vi piaccia e che commentiate in tanti =^^=. Un bacio vegi^^

 

 

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: CHOU