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Autore: _Pulse_    13/04/2017    4 recensioni
Un regalo... Un regalo per Magnus, per ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto per lui dopo ciò che era successo alla madre di Clary. Il senso di colpa l'aveva quasi fatto a pezzi, ma lo stregone era riuscito a rimetterlo insieme e l'aveva fatto con una facilità disarmante.
Gli aveva confessato di esserci passato in prima persona e sul momento non era riuscito a dire nulla, ma quelle parole l'avevano tormentato nei giorni seguenti: chi l'aveva aiutato ad uscirne? C'era stato qualcuno, tra quei diciassettemila amanti, che si era preoccupato di lenire la sua anima?
[Malec - Missing Moment 2x07]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! :D
Eccomi di nuovo qui per questa piccola scemenza che però ho dovuto scrivere.
Sono tornata un po' più indietro rispetto a "I love you whole", la quale era ambientata dopo la 2x10. Si tratta infatti di un missing moment della 2x07, una delle mie puntate preferite (come tutte quelle in cui Alec e Magnus sono nella stessa stanza), e spero vi piaccia tanto quanto piace a me. Ovviamente ogni commento e/o critica sono ben accette ;)
Ringrazio chi ha commentato e chi ha messo tra le preferite/seguite/ricordate la mia prima ff Malec e anche chi ha semplicemente letto, siete tutti dei tesori.
Come sempre ricordo che i personaggi non mi appartengono e che questo scritto non ha alcuno scopo di lucro.
Vi aspetto sulla mia pagina facebook per le orribili locandine che ogni volta creo, sperando di migliorare, e per sclerare un po' insieme...

Buona lettura!!

Vostra,

_Pulse_


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SOMEONE SPECIAL



Alec sorrise quasi con tenerezza quando con la coda dell'occhio vide Magnus soffermarsi ad accarezzare col dorso della mano il tessuto di una giacca di seta dai motivi stravaganti che tanto erano nel suo stile.
Lo lasciò lì a contrattare col commerciante che gli si era avvicinato, mentre lui si incamminava verso il banchetto dall'altra parte della strada. Non era nulla di appariscente - un semplice carretto coperto da un lenzuolo di lino e circondato da fiori profumati - ma forse era proprio quello ad aver attirato la sua attenzione: tra tutta la folla e i negozi alla moda sembrava un'oasi di tranquillità e modestia, un angolo di semplicità in un mondo di eccentricità.
Lo Shadowhunter aveva sempre detto di disprezzare i Mondani, ma forse in verità li invidiava un poco per la loro cecità, la loro spensieratezza e i loro piccoli problemi di ogni giorno.
Stirò un sorriso quando fu sotto l'ombra della tenda ed incrociò lo sguardo della vecchietta intenta a potare un piccolo bonsai. La salutò con un cenno del capo, chiedendosi quanti anni avesse, poi si concentrò sui ninnoli e gli oggetti appesi davanti ai suoi occhi.
Un regalo... Un regalo per Magnus, per ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto per lui dopo ciò che era successo alla madre di Clary. Il senso di colpa l'aveva quasi fatto a pezzi, ma lo stregone era riuscito a rimetterlo insieme e l'aveva fatto con una facilità disarmante.
Gli aveva confessato di esserci passato in prima persona e sul momento non era riuscito a dire nulla, ma quelle parole l'avevano tormentato nei giorni seguenti: chi l'aveva aiutato ad uscirne? C'era stato qualcuno, tra quei diciassettemila amanti, che si era preoccupato di lenire la sua anima?
Alec non era mai stato bravo con le parole, non se c'era da portare in superficie quello che gli era stato insegnato a celare nell'angolo più profondo del suo cuore: i sentimenti. Per questo voleva fargli un regalo, un piccolo oggetto che potesse aiutarlo in quel compito e che Magnus avrebbe potuto portare sempre con sé.
C'erano anelli con pietre preziose oppure con incisioni fatte a mano che avrebbe visto molto bene sulle dita affusolate del Nascosto, ma non voleva fargli un regalo così impegnativo.
C'erano acchiappasogni con campane tubolari e piccoli soprammobili, ma l'appartamento dello stregone ne era già pieno zeppo e temeva che alla prossima ridecorazione il suo regalo potesse perdersi da qualche parte.
Alec sospirò e gettò un'occhiata dietro di sé per controllare a che punto fosse Magnus con i suoi affari. Dal sorriso affabile che aveva sul volto, era quasi certo che avrebbe portato a casa ciò che voleva e anche di più. Al contrario di lui.
L'anziana donna attirò la sua attenzione chiedendogli qualcosa e Alec le chiese di aspettare un secondo alzando una mano, poi le diede le spalle e si tracciò sull'avambraccio la runa delle lingue. Non l'aveva mai usata, dato che prima di incontrare Magnus non aveva mai lasciato New York, e si chiese se non fosse il caso di renderla permanente. Forse, un giorno...
Quindi si girò nuovamente e si rivolse alla vecchietta: «Mi scusi, può ripetere?».
Per le sue orecchie stava ancora parlando inglese, ma la lingua che aveva appena parlato con la commerciante era giapponese. E viceversa.
La donna, impressionata, gli rivolse un sorriso dicendo: «Questa sì che è una sorpresa. Il tuo accento è perfetto».
«La ringrazio».
«Stavi cercando qualcosa in particolare?».
«No, non direi. Devo fare un regalo».
I tratti della vecchietta si addolcirono ancora di più. «Per qualcuno di speciale?».
Alec guardò di nuovo in direzione di Magnus e un nuovo sorriso si fece spazio sul suo volto. «Penso di sì».
La Mondana seguì il suo sguardo e lo Shadowhunter arrossì e si preparò a ricevere l'ennesimo sguardo di disprezzo, ma non accadde; anzi, la donna sembrò essere quasi contenta, mentre faceva il giro del carretto. (Era così piccola!)
Magari avesse visto quella stessa espressione sul volto di sua madre... Non chiedeva tanto, solo che fosse felice della sua felicità. Perché era così che Magnus lo faceva sentire: felice come mai era stato, come mai avrebbe creduto possibile.
«Che ne pensi di questo?», gli domandò, prendendo da una scatolina quella che sembrava una bustina di té rossa con un fiocchetto bianco e degli ideogrammi dorati.

La scrittura giapponese lo affascinava: sembrava quasi un secondo alfabeto di rune, a dimostrazione che forse il sangue angelico non li rendeva così diversi dagli umani.
«È un omamori, un amuleto», gli spiegò prima che potesse fare domande. «Si regalano alle persone care per dare loro fortuna e protezione».
Fortuna e protezione. Per l'Angelo se ne avevano bisogno in quel momento! Con Valentine che minacciava di distruggere il precario equilibrio tra il mondo degli Shadowhunters e dei Downworlders e non solo.
Alec annuì con un cenno del capo, affermando: «Lo prendo».
L'anziana piegò di lato il capo, soddisfatta, e tornò dietro il suo banchetto per fargli una confezione regalo.
Quando gli porse il sacchettino nero, il Nephilim aveva già tra le mani il portafoglio in attesa di sapere quanto le dovesse.
La vecchietta però scosse il capo e disse: «Te lo regalo».
«Che cosa?», esclamò stupefatto. «No, non posso».
Lei però salì sul proprio sgabello per prendergli le mani tra le sue e guardarlo da più vicino. Aveva gli occhi socchiusi, come la maggior parte degli anziani giapponesi.
«Molti anni fa uno Shadowhunter salvò la mia nipotina da un demone e non ho mai potuto ringraziarlo».
Alec sgranò ancora di più gli occhi: quella Mondana conosceva gli Shadowhunters, nonostante le regole proibissero severamente che i due mondi entrassero in contatto.
«Morì per lei», aggiunse, per poi voltarsi verso una bancarella di frutta e verdura a pochi metri di distanza, dove una ragazza sui vent'anni stava sistemando delle cassette. Una giovane donna dall'altra parte della strada la chiamò per salutarla - il suo nome era Harumi - e lei si alzò per ricambiare, sorridendo felice. Fu allora che, dando le spalle ad Alec, quest'ultimo riuscì a scorgere la coda da volpe che le pendeva tra i lembi del grembiule giallo.
Una Mondana, una Strega e uno Shadowhunter... I mondi erano decisamente entrati in contatto e Alec, mai con così tanta convizione, si ritrovò a pensare che forse ciò che gli avevano sempre insegnato era sbagliato. Erano solo pregiudizi dettati dall'ignoranza.
«Mia figlia mi tenne nascosto di aver dato alla luce una bambina con sangue demoniaco perché temeva il mio giudizio, ma quella notte lo stesso demone che l'aveva messa incinta la trovò e minacciò di ucciderla se non le avesse consegnato Harumi. Lei ovviamente si oppose... Fu allora che arrivò quello Shadowhunter. Provò a salvare entrambe, ma mia figlia non ce la fece e lui stesso riportò una brutta ferita, però riuscì ad uccidere il demone e a portare Harumi da me. La sua runa della guarigione non funzionò e morì nel mio salotto». La donna gli portò una mano rugosa sulla guancia ed Alec, nonostante non fosse un fan del contatto fisico tra estranei, non si ritrasse. Abbozzò addirittura un sorriso, mentre l'anziana concludeva: «Tu me lo ricordi».
«Nonna!».
L'anziana si voltò e lo stesso fece Alec, incrociando gli occhi castani a mandorla della ragazza con la coda di volpe. Li vide abbassarsi sulla runa disegnata sul suo collo e trasalire, per poi unire le mani in grembo ed esibirsi in un profondo inchino.
Alec arrossì, imbarazzato da tanta reverenza. Non era stato lui a salvarla, dopotutto...
«Lei è mia nipote Harumi», la presentò ufficialmente l'anziana. «Posso chiedere il tuo nome?».
«Alexander!», urlò Magnus dal negozio dove finalmente era riuscito a terminare la contrattazione. Sollevò due grandi sacchetti, entusiasta, e con un cenno del capo gli fece segno di raggiungerlo.
Alec nascose frettolosamente il sacchettino in un'altra busta e sorrise a nonna e nipote, senza trovare nulla da dire per congedarsi.
Harumi fece un ulteriore passo verso di lui e con le guance rosse e gli occhi lucidi sussurrò un semplice «Grazie» che riscaldò il cuore del Nephilim. Che importava se aveva sangue demoniaco? In parte era umana e meritava di essere felice come chiunque altro.
«Devo andare. Grazie e, uh, bella coda», disse prima di salutarle con un cenno della mano e correre verso Magnus.
Come se avesse appena usato la runa del coraggio gli avvolse un braccio intorno alle spalle e prima che lo stregone potesse chiedergli perché si fosse trattenuto così a lungo a quel carretto gli strappò un bacio appassionato, fregandosene di essere in mezzo ad una strada affollata da centinaia di persone.
Magnus gli portò le mani sul petto, stringendo i lembi della sua giacca di pelle, e sorrise quando si scostarono l'uno dall'altro. Con la fronte contro la sua, disse: «Ci siamo separati solo per dieci minuti...».
Alec sogghignò e riprese a camminare, chiedendogli se avesse comprato qualcosa di bello.
«La giacca che era esposta. E sono riuscito a farmi includere nel prezzo un raffinato elefante di giada nera che starà benissimo nel salotto!».
Alec fu grato di non avergli preso un altro soprammobile.
«Hai fame?», gli domandò poi il Sommo Stregone di Brooklyn. «È quasi ora di pranzo».
«Qui, non a New York...».
«Ah, non ha importanza! Conosco un ristorantino che fa il miglior sushi di tutta Tokyo!».
Alec si arrese al fatto che, volente o nolente, lo avrebbe portato a mangiare. Pensava che all'Istituto non lo nutrissero abbastanza? O che piuttosto lui non facesse caso ai pasti quando c'erano missioni o problemi da risolvere? Beh, aveva ragione.
«E va bene, andiamo».
Magnus aprì un portale davanti a loro e tenendolo stretto per mano ci saltò dentro. Alec gettò un'ultima occhiata alle sue spalle e sorprese Harumi a fissarlo ancora, scodinzolando. Al modo in cui abbassò il capo, imbarazzata, rispose con un sorrise divertito e poi saltò nel portale. 

***

Un omamori.
Magnus, a causa di tutti i secoli che gli pesavano sulle spalle, aveva smesso di sorprendersi per le piccole cose da moltissimo tempo. Alexander Lightwood però riusciva sempre a coglierlo impreparato, lasciandolo ogni volta con uno strano senso di vuoto sotto i piedi.
Quello che provava in sua compagnia lo spaventava, soprattutto lo spaventava quanto in fretta si fosse affezionato a lui e quello che avrebbe fatto se il Nephilim, finalmente sbloccato, avesse deciso di lasciarlo per carne fresca ed angelica, così da fare contenti - almeno in parte - i genitori.
Quel regalo non se lo aspettava davvero e l'aveva quasi commosso, anche se l'esperienza gli aveva insegnato a celare fin troppo bene i suoi veri pensieri dietro un sorriso ammiccante.
Alec gli aveva regalato un omamori perché era piccolo e poteva portarlo sempre con sé, ricordandosi così di lui ovunque andasse - come se potesse mai dimenticarlo! - e perché sperava lo tenesse al sicuro. Magnus confidava di saper badare a se stesso piuttosto bene, ma il fatto che Alec volesse proteggerlo... Nessuno si era mai posto il problema, prima d'ora. Insomma, lui era Magnus Bane! Il Sommo Stregone di Brooklyn! Erano gli altri ad andare da lui per protezione, non il contrario.
Rapito da quei pensieri, non si era nemmeno accorto che lo Shadowhunter gli aveva tolto il bicchiere di vino rosso dalla mano per posarlo accanto al proprio sul tavolino, davanti alla panca in rattan nero su cui si erano seduti dopo essere stati interrotti dai risolini di Jace e della sua ultima amante occasionale.
Lo stereo in salotto era ancora acceso, ma la musica non riusciva a sovrastare i suoni della città. Magnus distolse lo sguardo dalle stelle che brillavano a stento nel cielo scuro, inghiottite dallo splendore dello skyline newyorkese, ed incrociò quello di Alec, dalle sopracciglia aggrottate.
«A che stai pensando?», gli chiese, senza però dargli il tempo di rispondere. «Se è per il regalo mi dispiace, magari avrei dovuto davvero prenderti un altro soprammobile...».
Magnus gli portò un dito alle labbra, sorridendo quando gli occhi del Nephilim si abbassarono per seguirne i movimenti.
«Lo adoro», sussurrò. «Stavo semplicemente realizzando quanto tu sia speciale, Alexander».
Il Cacciatore sollevò un angolo della bocca, arrossendo. «Speciale, io?».
«Sì, tu. E non te ne rendi nemmeno conto...».
Chinò il capo e strinse la sua mano sinistra nelle sue, facendo pensieri non proprio puritani mentre accarezzava quelle dita lunghe e ruvide per l'eccessivo utilizzo delle armi.
«L'omamori dovrebbe portarmi fortuna, hai detto? Dubito che potrei essere più fortunato di così. Incontrarti è stata la fortuna più grande che mi sia capitata. Tu hai rianimato il mio vecchio cuore e non potrò mai esserti grato abbastanza».
«Per me è lo stesso», disse Alec a bassa voce, quando trovò il coraggio per rispondere. «Senza di te a quest'ora sarei sposato con Lydia e sarei stato infelice per il resto della mia vita. Sono io che dovrei ringraziarti».
Magnus alzò la testa e lo guardò negli occhi, con un sorriso malizioso sul volto. «Ho sempre preferito i fatti alle parole, sai?».
Alec ricambiò il sorriso, ritraendo la mano per posare il braccio sullo schienale della panca, dietro le spalle dello Stregone. Si chinò verso di lui e prima di baciarlo sussurrò: «Anche io».



   
 
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