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Autore: Penny83    13/04/2017    3 recensioni
C’erano giorni in cui avrebbe voluto raggiungerlo, lassù nella torre dove si era asserragliato, ma le sembrava così inaccessibile, tanto più maturo e complicato di lei, da metterle soggezione. Se provava a guardarsi con gli occhi di Jon non vedeva altro che la mocciosa a cui aveva insegnato ad allacciarsi le scarpe.
Così era stato fino a quando era allunata al college. Lontana dalla presenza ingombrante dei suoi genitori – meravigliosi ma impegnativi – dalle sicure e confortevoli mura di casa e con una certa dose di libertà da gestire, Sansa aveva scoperto alcune cose su Joffrey, imparato qualcosa su se stessa ma soprattutto aveva ritrovato Jon.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Potrei mettere il vestito blu.
Avvolta nell’accappatoio di spugna che zia Lysa le aveva regalato per Natale, aprì la valigia dove erano stipati la maggior parte dei suoi vestiti. Durante il fine settimana avrebbe dovuto disfare bagagli e scatoloni.
«Tesoro, aiutami a scegliere… Verde o azzurro?»
May attendeva il responso sulla porta, esibendo soddisfatta il risultato di una severa selezione.
«Verde, puoi metterla con i jeans».
L’amica si lasciò scappare una risatina e le mandò un bacio sulla punta delle dita.
«Sei così divertente Sunny… È un vestito non una maglietta ma seguirò il tuo consiglio».
Le fece l’occhiolino e tornò ai suoi preparativi, lasciando Sansa più divertita che perplessa.
Il filo di trucco e i capelli sciolti richiesero pochissimo impegno e in capo a mezz’ora era pronta. Margery no ovviamente e per ingannare l’attesa cercò di leggere qualche pagina del libro che Jon le aveva prestato – una raccolta di racconti di Carver – ma senza successo. Era nervosa sebbene decisa a non lasciarsi rovinare la serata da Joffrey.
«Ci sono!»
Il “vestito” di Margery era cortissimo ma il colore le donava ed era splendida. Afferrò le chiavi della macchina – una decapottabile rossa fiammante – e la borsetta e con un gesto la esortò a darsi una mossa. Giunte al dormitorio della Phi Delta Tau Sansa si guardò intorno. Non c’era traccia della macchina di Joffrey mentre individuò, dall’altra parte della strada, la vecchia famigliare che Robb aveva estorto al padre dopo una lunga trattativa.
Una volta entrate si fecero strada attraverso la calca di corpi che si muovevano a ritmo di musica fino al bancone dove servivano gli alcolici. May si offrì di andare a prendere qualcosa da bere e Sansa ne approfittò per cercare Jon. Lo individuò quasi subito in un angolo della sala meno affollato e le venne l’idea dispettosa di sorprenderlo alle spalle. Senza riuscirci. Non ci riusciva mai.
Si voltò, salutandola con un sorriso appena accennato. In genere sollevava solo un angolo della bocca e raramente arrivava agli occhi. Quella sera però sembrava più ironico, quasi di buon umore.
Non esisteva ricordo della sua infanzia che non comprendesse Jon. Quelli precedenti alla morte di “zia” Lyanna erano i più felici. Dopo c’era stato il dolore – quello di Jon e quello di suo padre – ma Sansa era troppo piccola per capirlo, così lo aveva fatto suo attraverso di lui. Era stato il momento in cui si era sentita più vicina a lui o almeno quello in cui era riuscita ad avvicinarsi di più.

Jon vuoi sentire un segreto? Ho deciso che saremo amici per sempre.
Non è un segreto San, è una promessa.
Fa niente, giuralo.
Lo giuro.

Le promesse dei bambini sono così delicate e crescere così impietoso con le cose belle e fragili.
Sansa lo aveva capito quando Jon e Robb non avevano più avuto tempo per lei e per i giochi di cavalieri e principesse e lo aveva ricordato quando, sciolte le trecce, aveva fatto il suo ingresso al liceo di Winterfell. Con pazienza e impegno aveva intessuto relazioni, raggiunto risultati, resi orgogliosi i suoi genitori mentre Jon e Robb trascorrevano le loro giornate tra l’ufficio del Preside e la palestra di scherma, simbiotici e bastevoli a loro stessi, distanti anni luce dagli amici popolari e modaioli di Sansa che non nascondevano di disprezzare. Primo tra tutti Joffrey.
Tra lei e Jon c’era un muro e non ricordava più chi l’avesse eretto. L’unica breccia erano i libri che lasciavano l’uno sulla scrivania dell’altro o certe mattine quando si incrociavano in cucina per fare colazione. Lo spiava da dietro il bordo della tazza, contenta di cominciare la giornata con qualcuno che non l’avrebbe costretta a fare conversazione. In quei silenzi non avvertiva imbarazzo o indifferenza ma solo il desiderio – condiviso – di trovare un attimo di pace.
C’erano giorni in cui avrebbe voluto raggiungerlo, lassù nella torre dove si era asserragliato, ma le sembrava così inaccessibile, tanto più maturo e complicato di lei, da metterle soggezione. Se provava a guardarsi con gli occhi di Jon non vedeva altro che la mocciosa a cui aveva insegnato ad allacciarsi le scarpe.
Così era stato fino a quando era allunata al college. Lontana dalla presenza ingombrante dei suoi genitori – meravigliosi ma impegnativi – dalle sicure e confortevoli mura di casa e con una certa dose di libertà da gestire, Sansa aveva scoperto alcune cose su Joffrey, imparato qualcosa su se stessa ma soprattutto aveva ritrovato Jon.
Era come se si fosse preso la briga di essere il suo scudo contro il mondo. Uno scudo di cui Sansa aveva bisogno. Al college le feste tendevano a degenerare e anche i ragazzi più innocui potevano diventare molesti. A Joffrey non dava fastidio se qualcuno mostrava interesse nei suoi confronti. Una volta se n’era uscito dicendo che la sua era la ragazza più bella della festa e che tutti avrebbero voluto farsela. Prima che tutti lo prendessero in parola Sansa aveva chiamato Jon e si era fatta venire a prendere. Era alla King’s Landing solo da qualche settimana e il suo numero era stato il primo che le fosse venuto in mente. L’aveva raggiunta nel giro di pochi minuti e non aveva fatto domande, nemmeno quando era salita in macchina ed era scoppiata a piangere. Le aveva offerto un fazzoletto di cotone bianco con ricamate le iniziali della madre che Sansa doveva ancora restituire e si malediceva ogni volta che dimenticava di riportarglielo.
Quella sera avevano rotto il ghiaccio e quando andava a una festa si ritrovava a sperare che fosse presente anche Jon, il che capitava spesso. Per sua fortuna.
Ad Halloween Joff, ubriaco marcio, aveva cercato di costringerla a salire in macchina con lui per proseguire la serata in modo romantico. L’intenzione di Sansa era quella di caricarlo su un taxi e non rivederlo per una settimana ma Joffrey non sembrava dello stesso parere. Avevano iniziato a litigare davanti a tutti fino a quando non l’aveva afferrata per il polso talmente forte da lasciarle i lividi. Nessuno le aveva mai messo le mani addosso in quel modo e si sarebbe messa a urlare se Jon non si fosse materializzato dal nulla. Aveva detto qualcosa a Joffrey che le era stato impossibile sentire e l’aveva convinto a lasciarla andare prima di allontanarsi. Quando si era offerto di accompagnarla al campus Sansa non se l’era sentita di tornare nella sua stanza – temeva che Joffrey sarebbe venuto a riscuotere la parte “romantica” della serata – così Jon l’aveva portata nel suo appartamento e prima di cederle il letto e dormire sul divano, le aveva fasciato il polso. Mentre lo osservava mettere la crema antinfiammatoria sui lividi, Sansa si era accorta che aveva delle belle mani – le dita affusolate e agili dei musicisti e il tocco leggero – e quando era concentrato dischiudeva appena le labbra.
Dopo tanto tempo lo aveva visto davvero.
Di nuovo.
A una distanza tale da sentirlo vicino.
Così vicino.
Il loro rapporto si era fatto giorno dopo giorno più rilassato, più libero. Avevano iniziato a parlare, a scherzare a condividere un codice nato da e per Robb ma che di fatto lo escludeva perché riguardava lui. Come la faccenda delle scommesse.
«I soliti cinque dollari?»
«San, è praticamente un furto».
San.
«Furto… esagerato».
Minimizzò buttando i capelli dietro le spalle. Era contenta di aver indossato il vestito blu. La faceva sentire a suo agio.
«Al limite possiamo scommettere su chi farà la prima mossa ma l’esito è scritto e non mi lascerò derubare da te».
Sorrise davvero e gli occhi scuri si fermarono per un secondo nei suoi per sfuggire come sempre lontano.
«Mi dispiace per oggi pomeriggio».
Le restituì un’occhiata interrogativa poi tornò a lasciar vagare lo sguardo attraverso la sala. Aspettava qualcuno? L’idea le pizzicò i pensieri come una puntura d’insetto.
«Per i tre piani di scale carico di scatoloni e per Margery. A volte è… »
Le mancarono le parole per descrivere l’amica. Dirompente non sembrava l’aggettivo adatto perché l’avrebbe strangolata volentieri.
Il famoso amico del famoso fratello.
«Ho saputo di Joffrey e Shae. Gilly frequenta il corso di Storia dell’Arte con lei e… ». Gilly, la ragazza di Sam, il suo coinquilino, non era tipo da fare degli stupidi pettegolezzi, così come non lo era Jon. Chissà perchè erano finiti a parlare di lei. «Mi dispiace per come è successo ma non mi dispiace sia successo. Non ti merita San, non l’ha mai fatto».
Batté le palpebre colta alla sprovvista. Le era piaciuta la nota ruvida nella sua voce. A dir la verità la voce di Jon le piaceva moltissimo. Una sera era andata a sentirlo suonare, in un locale vicino al campus dove ogni tanto davano delle serate di musica dal vivo. Cantava bene, la voce calda e bassa, graffiata dal vizio delle sigarette. Quando l’aveva vista tra il pubblico aveva sorriso e alla fine del concerto erano andati a mangiare al cinese sotto casa di Jon e avevano passato il resto della notte a ridere, bere della pessima birra e dire sciocchezze.
Forse aveva bevuto troppa birra e detto troppe sciocchezze.
«Per fortuna me ne sono accorta solo qualche anno troppo tardi».
Sorrise di nuovo e Sansa si domandò se non fosse un po’ brillo. Quando erano arrivate, la festa era iniziata da un pezzo. Margery aveva impiegato una vita a prepararsi e poi – sue testuali parole – voleva fare un’entrata trionfale.
«Meglio tardi che mai… »
Si scostò dallo stipite della porta per lasciar passare una biondissima, molto carina, un po’ più grande di Sansa. La ragazza gli lanciò un’occhiata distratta ma prima di tirare avanti lo guardò una seconda volta e se ne accorse.
Se ne accorgevano tutte. Se ne era accorta anche lei.
Jon era bellissimo.
Per Sansa era più bello di Robb che ne era troppo consapevole, troppo sicuro e sfacciato. Alle ragazze piaceva perché pensavano che fosse tutto lì, in superficie, facile da gestire e conquistare. Si avvicinavano pensando di farlo cadere ai loro piedi mentre era lui che puntualmente le faceva cadere ai suoi. Senza fare troppa fatica e Sansa temeva che la sua amica sarebbe stata la prossima vittima.
Jon era tutta un’altra storia. Irraggiungibile, ombroso, complicato. Silenzioso e schivo. Bocca perfetta – la più bella che Sansa avesse mai visto – ricci neri, occhi scuri. Fisico modellato da tanti anni di sport.
Delle ragazze che lo guardavano e che se lo sarebbero portato volentieri a letto sembrava accorgersi appena. C’era stata qualcuna ma era durata poco e sembrava non aver lasciato segni indelebili. Ogni tanto accennava annoiato e telegrafico a qualche appuntamento. Ygritte era stata menzionata più spesso delle altre ma non ne sentiva parlare da un pezzo e Sansa aveva il sospetto che avesse fatto la fine di quelle che l’avevano preceduta.
«Rilancio con un’altra puntata».
«Sarebbe?»
«Scommetto su di te Jon Snow. La biondissima tra una decina di minuti, il tempo di consultarsi con le amiche. I soliti buoni e vecchi 5 dollari».
«Quale biondissima?»
«Ti accorgi mai di quello che ti circonda? La ragazza passata poco fa… bionda, splendida? Ti ha divorato alla seconda occhiata».
«Non ci ho fatto caso… Ti sta bene questo vestito. Lo hai messo anche al compleanno di Arya».
«Grazie, sì… Jon sei ubriaco?»
«Devo essere ubriaco per farti un complimento?»
«Sì».
Per una frazione di secondo la guardò con un’espressione di completo smarrimento e Sansa si pentì della battuta temendo di averlo offeso. Stava pensando come rimediare quando si accorse che qualcosa aveva catturato la sua attenzione e non le ci volle molto per capire cosa o meglio chi.
«Baratheon sta venendo da questa parte».
Sentì lo stomaco chiudersi. La rottura con Joffrey le aveva causato meno dolore di quanto avrebbe pensato ma non aveva certo voglia di fare quattro chiacchiere con lui.
Jon si staccò dalla porta. Intravide i muscoli degli avambracci tendersi sotto la maglietta e si accorse che aveva stretto i pugni.
«Guarda un po’ chi c’è… Sansa Stark è scesa tra i comuni mortali. A cosa dobbiamo l’onore?». Era ubriaco quindi sarebbe stato molesto oltre che stronzo. «Vedo che abbiamo portato il cane da guardia. Non hai perso tempo, vero Snow
«Perché non cambi aria Joff
Il tono di Jon si era fatto tagliente ed era scivolato tra lei e Joffrey, così vicino che Sansa poteva sentire il profumo dell’ammorbidente e del sapone. Era un buon profumo.
«Altrimenti chiamerai la zietta e mi farai espellere? Togliti dai piedi, devo parlare con la mia ragazza».
«Ex ragazza».
Sansa ci teneva a puntualizzare. Non voleva più avere niente a che fare con lui.
«Tesoro vedrai che questa sera ti faccio cambiare idea».
Cercò di allungare una mano per tirarla a sé ma Jon fu più veloce. Lo afferrò per il polso e lo bloccò a mezz’aria.
«Non ha voglia di parlare con te».
Gli occhi azzurri di Joffrey si riempirono di collera. Si divincolò per liberarsi dalla presa e Jon lo lasciò andare.
«Avevo sentito una certa puzza».
Nonostante la battuta sarcastica Robb non aveva l’aria divertita. Per fortuna Margery era con lui.
«Dimenticavo che vi muovete sempre in branco. Il lupetto è venuto in soccorso al cane da guardia e alla sua… »
«Stai attento a come parli».
Jon le faceva completamente da scudo e di riflesso Sansa posò la mano tra le sue scapole. Non l’aveva mai toccato così e le sembrò stranamente intimo. Sentì i muscoli contrarsi sotto il cotone ruvido della maglietta.
L’immagine mentale di Jon che nuotava, un pomeriggio trascorso l’estate precedente alla loro casa al mare, si sovrappose alla realtà desolante che stava vivendo. Allora aveva pensato che fosse bello da guardare. La schiena, il movimento armonioso delle braccia e delle spalle. Si era domandata oziosamente come ci si dovesse sentire tra quelle braccia e la risposta era nata dal nulla, in un angolo della sua mente che in genere cercava di tenere chiuso a doppia mandata.
Al sicuro.
«Ti conviene dargli retta Joff. Tra i due sono quello più accomodante e la mia pazienza è praticamente esaurita. Non immagino quella di Jon».
Robb si lasciò sfuggire un sorrisetto beffardo convinto di aver avuto la meglio senza sporcarsi le mani.
«Bene bene Stark... Hai finalmente concesso al tuo tirapiedi di scoparsi tua sorella? Lo sanno tutti che sono anni che vuole farlo».
Robb non sarebbe riuscito a fermare Jon nemmeno se lo avesse voluto. Sansa sentì la cartilagine del naso di Joffrey rompersi mentre il sangue gli schizzava sulla camicia immacolata.
«Uomo avvisato, mezzo salvato».
Joffrey imprecava e piagnucolava, allontanando gli amici che si erano avvicinati per soccorrerlo. Non erano i soli: una piccola folla si era radunata intorno a loro, attirata dalla lite.
Sansa era troppo scioccata per reagire. Non tanto perché Joffrey avesse preso un pugno in faccia – nessuno meglio di lei sapeva quanto lo meritasse – ma per quello che gli era uscito dalla bocca. Le parole le ronzavano ancora in testa.
Sono anni che vuole farlo.
E si associarono a immagini che fiorirono nella sua mente e le attorcigliarono le viscere.

La schiena di Jon.
Le mani di Jon.
I capelli di Jon tra le dita.
I suoi tra le dita di Jon.

Margery la guardò, poi guardò Jon e infine sorrise.
«Questa me la paghi Snow. Non ci saranno sempre tua zia e gli Stark a pararti il culo. E quanto a te… »
Joffrey la fissò con tutta la cattiveria di cui era capace. Come aveva potuto provare qualcosa per uno del genere? Permettergli di…
«Pensa bene a quello che stai per dire Joff, a meno che tu non voglia prenderne un altro e ti assicuro che saprò essere altrettanto convincente del mio amico paraculo. Margery perché tu e Sansa non tornate a casa? La festa è finita».
May non se lo fece ripetere due volte, l’afferrò per il braccio e la trascinò via con sé. Sansa fece appena in tempo a lanciare un’occhiata a Jon – ciao grazie scusa – ma lui guardava semplicemente da un’altra parte.
   
 
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