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Autore: SoltantoUnaFenice    19/04/2017    3 recensioni
Marte è cambiato, e molto: l'ha vista rinascere un pezzo alla volta. Le periferie non sono più così povere, c'è tanto da lavorare e tanto da costruire. Sembrano tutti pervasi da un fuoco fatto di speranza e fiducia.
Ma quell'angolo brullo è rimasto esattamente com'era, e la lapide che onora i caduti di Tekkadan si affaccia ancora sulla vallata di roccia e terra rossa. Forse è per questo che ogni tanto fugge lì. Quel posto gli somiglia: come lui, è troppo arido e troppo lontano da tutto il resto per poter rifiorire.
Ambientata tre anni dopo l'ultima puntata di Gundam Iron Blooded Orphans.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai è praticamente giorno. Ha sbagliato strada un paio di volte – è tutto un po' diverso da come lo ricordava – ma finalmente ha trovato il negozio. Anche quello è cambiato: gli infissi sembrano verniciati di fresco, e forse l'insegna è nuova. Prova ad entrare, ma la porta è chiusa.
Una voce risuona da dietro il legno.
“Apriamo tra una mezz'ora. Passi più tardi.”
“Signora, per favore, mi occorre soltanto un'informazione... Può aprire per un attimo? Per favore...”
Sente armeggiare con la serratura, e la porta si scosta di un palmo. La proprietaria lo squadra con sospetto.
“Chi sei? Cosa stai cercando?”
“Signora, si ricorda di me? Sono uno degli amici di Atra... Facevo parte di...”
Lei non lo lascia finire, aprendo di più la porta e tirandolo dentro con un unico gesto brusco.
“Zitto! - Lo ammonisce. - Non dire quel nome.”
Lui si acciglia. Come temeva, Tekkadan è divenuta una parola da non pronunciare.
La donna lo osserva di nuovo, soffermandosi sulle cicatrici che risalgono da sotto la giacca, per poi percorrergli il collo e la mascella. Forse ce ne sono altre, ma lui tiene il cappuccio calato sul capo e la giacca ben chiusa.
“Sì, mi sa che mi ricordo di te. Da dove diamine spunti fuori?

 

L'edificio è circondato da un muro di pietra grigia, interrotto da un largo cancello di acciaio. Di fianco al cancello luccica una targa con incisa la scritta “Orfanotrofio di Chrise”. Potrebbe sembrare un luogo austero, ma le voci di bambini che giungono dal cortile smentiscono la prima impressione.
La signora del negozio non ha saputo dargli molti dettagli. Atra sta bene, ha avuto un bambino – non gli ha spiegato chi sia il padre – e va a trovarla spesso. Ma non parlano quasi mai dei ragazzi di Tekkadan. Sembra che, dopo la battaglia, i sopravvissuti abbiano dovuto nascondere la loro appartenenza al gruppo, ed ognuno abbia iniziato una nuova vita. E non è troppo prudente fare nomi o rivangare il passato, nemmeno con le persone di cui ci si fida.
L'unica indicazione che gli ha dato la donna per provare a rintracciare i suoi ex-compagni è stato proprio l'orfanotrofio: Atra le ha accennato che qualcuno di loro lavora lì, e così lui ci si è praticamente precipitato.
Sta pensando a come entrare, quando arriva un mezzo per una consegna. Il cancello si apre e lui si infila dentro con uno scatto. Segue le voci, e trova un nugolo di bambini e ragazzetti che giocano sotto all'ombra di tre alberi alti e frondosi. In mezzo alla confusione, lo sguardo accigliato e le braccia puntate sui fianchi, un volto familiare.
“Derma!” Chiama, mentre sente che l'emozione gli stringe la voce quanto basta da farla uscire un po' strozzata.
Almeno uno, ne ha trovato almeno uno.
Vorrebbe che la sua immaginazione non avesse già cominciato a correre verso cose che non è prudente sperare.
Il ragazzo solleva lo sguardo, e per un attimo lo fissa come se fosse un fantasma. Poi, invece di avvicinarsi o almeno rispondergli, si gira e corre via.
“Accidenti...” Mormora lui, confuso. Guarda i bambini, cercando di capire cosa dovrebbe fare a quel punto, quando sente due voci concitate avvicinarsi da dentro l'edificio.
“...ti dico che è lui! Non mi credi?”
“No, è solo che... Accidenti, mi sembra impossibile!”
Le due figure sbucano dal portone, e lui non riesce a trattenere un largo sorriso.
“Ciao, Dante.”
“Shino?”

 

E' come ricostruire una mappa un pezzetto alla volta. Dante e Derma per fortuna sanno molte più cose della signora della negozio. Sanno sostanzialmente tutto, e pian piano gli raccontano di ognuno dei suoi compagni, di cosa ne è stato e di cosa fa. Seduto ad un tavolo di legno sotto gli alberi, dove di solito viene distribuita la merenda ai bimbi, Shino racconta la sua storia, ma soprattutto ascolta.
Di Eugene e Chad che lavorano per Kudelia, del bimbo di Atra che in realtà è il figlio di Mikazuki, di Ride che è cambiato moltissimo ed ora sembra sparito nel nulla... Sono così tante notizie da sentire tutte assieme, che è come essere ubriaco.
E' strano: gli è bastato sedere ad un tavolo con i suoi vecchi compagni per cominciare a sperare che tutti i ragazzi di Tekkadan stiano bene. E anche se è stato convinto per tre interi anni che fossero tutti morti, sentire di coloro che non ce l'hanno fatta è un dolore tutto nuovo, come se la vecchia consapevolezza fosse stata spazzata via in un istante. Per fortuna gli hanno detto quasi subito che Yamagi è vivo, perché lui non aveva quasi il coraggio di chiedere. Gli hanno spiegato che lavora con Dane e Zack in una piccola fabbrica fondata da Kassapa, e Shino sa già quale sarà la sua prossima tappa. Non appena si saranno detti tutto ciò che resta da sapere, andrà lì.

 

Il capannone è grande, e fuori, nel cortile, ci sono un gran numero di mezzi in costruzione o in rodaggio. Shino è così stordito che sta cominciando ad avere la forte sensazione di star sognando tutto. E' su Marte da poco più di dodici ore e sono già successe così tante cose che gli sembra di non riuscire più a gestire tutte le informazioni e le emozioni che gli si sono riversate nel cervello come una tempesta.
Incrocia Dane e Zack: anche loro lo guardano come se fosse stato risputato direttamente dall'inferno, e magari meriterebbero un po' di attenzione in più, ma la sua pazienza si è esaurita. Non si era reso conto di essere arrivato a quel punto, ma ora tutto ciò che gli importa è vedere con i propri occhi Yamagi. E' come se non riuscisse a credere davvero che sia vivo, finché non ce l'ha di fronte. Così li liquida con poche parole e punta verso Kassapa.
“Vecchio!” Grida, sorridendo e percorrendo a larghi passi la distanza che li separa.
“Shino! - Si passa una mano sul capo, chiaramente emozionato. - Non hai nessun rispetto per il cuore di una persona anziana?! Fortuna che Dante mi ha appena chiamato per avvertirmi di tutto, o mi sarebbe venuto un colpo!”
Shino ride, un po' nervoso.
“Ma se sei in gran forma! - Poi si fa più serio, guardandosi attorno. - Kassapa, dov'è Yamagi?”
“Mh. Non c'è, oggi non è venuto a lavorare.”
“Non è venuto?”
“No.”
“Perchè? Cosa ha detto?”
“Non ha detto nulla. Non è venuto e basta. - Guarda Shino come se stesse decidendo cosa sia giusto raccontare. - In realtà non è strano. Succede sempre in questo periodo.”
“Questo... periodo?”
“Sì, beh... Oggi sono tre anni. Tre anni da quando sei morto. - Sospira, osservando il viso di Shino impallidire. - Ogni anno, in questa data, Yamagi sparisce. Poi uno o due giorni dopo ritorna, come se niente fosse.”
Shino si passa una mano sugli occhi. Non sa se è più forte il senso di straniamento per essere tornato proprio in questo giorno o il dolore di dover immaginare Yamagi che si comporta così.
“Kassapa, dove posso trovarlo? Dov'è casa sua?”
“Ti darò l'indirizzo, ma non sono sicuro che sia lì. Anzi, facciamo così: ora lo chiamo. Così almeno gli dico che c'è qualcuno che deve vedere.”
“D'accordo. Grazie.” Si guarda attorno, nervoso, mentre l'altro inoltra la chiamata dal piccolo tablet collegato alla postazione di lavoro. Non sa perché, ma ha una brutta sensazione. Come una specie di presentimento.
Quando Kassapa chiude la chiamata senza aver ricevuto risposta, Shino sa che deve trovare Yamagi.
“Dimmi dove abita. Per favore.”
"Va bene, va bene. Però cerca di non fargli venire un accidente, d'accordo? E prendi uno dei nostri mezzi, farai prima.”
“Grazie.”

 

Shino poggia la testa all'indietro, allungandosi sul sedile. Sono giorni che praticamente dorme una o due ore quando può: è dovuto restare sul chi vive per tutta la traversata fino a Marte. Poi ha passato la notte ad aspettare, ed ora tutto questo girare da un posto all'altro gli sta dando il colpo di grazia. Non sarebbe niente di tragico, se fosse arrivato a destinazione. Ma Yamagi non era a casa, e nessuno sa dov'è, quindi lui si sente lontanissimo dall'aver finito di vagare.
E' tornato alla Kassapa Factory ed è riuscito a convincere il vecchio e gli altri che devono assolutamente trovarlo al più presto. Dopo un po' di ipotesi e qualche telefonata ai ragazzi del gruppo, sono arrivati alla conclusione che potrebbe essere andato alla lapide di Tekkadan.
Il capomeccanico ha deciso di accompagnarlo là: forse è preoccupato come lui, o forse non gli è sembrato in grado di andarci da solo.
“Stanco?” Gli chiede quando gli vede socchiudere gli occhi.
“Un po'. E preoccupato.”
“Yamagi sa badare a sé stesso.”
“Può darsi. Ma Chad ha detto che l'ha sentito ieri sera e stava uscendo. E se ha passato la notte qua? E poi ormai è giorno da diverse ore, perché non è ancora rientrato?”
“Non lo so. - Sospira. - In ogni caso, siamo praticamente arrivati.”
Il fuoristrada svolta a sinistra ed imbocca una ripida salita polverosa.
La lapide di pietra è l'unico oggetto a stagliarsi lungo la linea del crepaccio. Ai suoi piedi, steso in una posa scomposta, c'è qualcuno.
Shino apre la portiera senza aspettare che l'auto si fermi del tutto.
“Yamagi!” Chiama.
Lo raggiunge in un paio di passi e lo solleva. Il viso è pallido, ma le guance sono arrossate. I capelli sono sporchi di terra e le labbra spaccate.
“Accidenti Yamagi, ma che cavolo hai combinato?” Mormora, mentre controlla il battito che sembra un po' accelerato.
Kassapa si allontana di due passi e scosta con il piede la bottiglia che è rotolata poco distante.
“Se avessi saputo a cosa gli serviva, - borbotta – non gliel'avrei lasciata prendere.”
“Ha la febbre. - Shino solleva Yamagi per caricarlo nel fuoristrada. - Stanotte è stato molto freddo, accidenti a lui. Prima si è congelato e poi è rimasto a cuocersi sotto al sole*. Stupido ragazzino!”
“Andiamo. - Sospira l'altro. - Portiamolo a casa.”

 

*Nella mia idea, dedotta da quello che si vede nella serie, Marte ha un clima semidesertico, con un'escursione termica di molti gradi tra la notte ed il giorno.

  
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