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Autore: Lady_Sticklethwait    19/04/2017    4 recensioni
Per Colin Bekwell quella non era una bella giornata, ma quando era venuto a sapere che la festa organizzata da sua madre non prevedeva che fossero servite bevande alcoliche, aveva trovato un buon motivo per continuare a covare il disappunto.
E così, Colin Bekwell si era defilato come il peggiore dei mascalzoni dalle avances delle sue corteggiatrici per prendere una boccata d’aria all'aperto e calcolare a mente il profitto annuale della sua tenuta quando, con sua immensa sorpresa, un ragazzino cadde dal cielo per atterrare su di lui.
Un ulteriore esame chiarì che il fanciullo in questione non era caduto dal cielo, ma da un grande pino.
«Stramaledizione» fu il suo elegante commento ritrovandosi spiaccicato come un uovo sbattuto.
Il suo grido di dolore si unì all’urlo di sorpresa del ragazzo.
Elisabeth non avrebbe saputo dire quale fosse la sensazione principale in quel frangente:
se il dolore della sua povera schiena o il fatto che fosse caduta su di un uomo o che si trovasse con il sedere in bella vista sul collo dello sconosciuto.
La sua mente, comunque, si rifiutò di trovare altri motivi disdicevoli per i quali flagellarsi una volta ritornata a casa.
Genere: Comico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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                                                                                  Capitolo 2
 
 
 
Elisabeth non aveva alcuna intenzione di cenare da sola col valletto che la fissava come se fosse un topo di fogna.
Contro tutte le aspettative, riuscì nel suo intento: scavalcò il cancello con estrema agilità, avvezza com’era a oltrepassare le staccionate usando una sola mano. In realtà riuscì nell’operazione soprattutto perché indossava un paio di comodi pantaloni maschili.
Un umido silenzio la avvolse, si udiva solo il rintocco dell’acqua che cadeva dalle foglie. Alzò una mano, allorché vide una carrozza pubblica aggirarsi in quella zona.
«Puoi pagare, ragazzino?»
Elisabeth dovette trattenere un urlo di soddisfazione. Annuì, tenendo ben nascosto il viso dalle lanterne della carrozza ed allungò la mano mostrandogli compiaciuta un paio di monete. L’uomo le accettò con avidità e la invitò a salire con un brusco cenno del capo.
Coi capelli tirati in una coppola bassa ben incastrata sulla fronte, una giacca rossa, pantaloni neri, e un paio di stivali di pelle consunta, Elisabeth sentiva il cuore pompare energicamente il sangue lungo tutto il suo esile corpo.
Si aggiustò la coppola, facendo ben attenzione che non sfuggisse nemmeno un ricciolo rosso che potesse tradire la sua identità. Guardò fuori dalla carrozza: l’aria era fresca, le vie illuminate da qualche lanterna pubblica ed ogni tanto incrociava il passaggio di altre carrozze.
Elisabeth si morse un labbro, immaginando la faccia che avrebbe fatto sua madre vedendola con i panni di suo fratello Edward poco prima che partisse per l’università. Passarono dinanzi ad una chiesa e si fece il segno della croce, stringendo il crocifisso che portava sotto la camicia di un bianco sbiadito.
«Dove ti porto, ragazzino?» volle sapere il cocchiere.
Dove andare?
E come poteva mai saperlo, di grazia?
Era uscita in cerca di avventura, quella sera, qualcosa che non la facesse soccombere al tedio di quella lunga nottata.
«Ad un ballo, signore»
Quello grugnì, ed incitò i cavalli alla corsa facendo perdere ad Elisabeth l’equilibrio.
Quando la carrozza sostò, Elisabeth aprì la portiera carica di aspettative, immaginando di ritrovarsi davanti un castello tutto illuminato con un ampio giardino sul davanti ed una fontana con un putto al centro. In realtà, rimase alquanto delusa dalla facciata di casa Bekwell, o quel che diavolo era, si disse stropicciando le labbra alla vista di quel palazzo anonimo e pieno di finestre illuminate.
Il cocchiere ripartì con un colpo di frusta e la carrozza che l’aveva scortata davanti alla strada antistante scomparve nella nebbia della notte.
Elisabeth camminò lungo la piazza, avvicinandosi man mano all’edificio rettangolare senza catturare l’attenzione di nessuno. Non che ci fosse molta gente lì fuori, ammise a malincuore, aspettandosi di trovare dame bardate nei loro abiti migliori. Tuttavia, e dovette ammetterlo, la musica che si sentiva da quella considerevole distanza era parecchio piacevole.
Così piacevole che Elisabeth nutrì il forte desiderio di vedere l’orchestra ma… Guardandosi i calzoni, dubitò che potesse oltrepassare la soglia senza passare inosservata.
Sbuffò, rendendosi conto che come quell’avventura era iniziata, così molto probabilmente sarebbe finita, ed Elisabeth sarebbe ritornata ad essere la solita, patetica, ragazzina di periferia e… Un momento. Quello era un pino?
Strizzò gli occhi per mettere meglio a fuoco: sì, era proprio un pino!  Senza capire bene perché, emozionata dalla semplice assurdità di quell’avventura, corse col fiato in gola fino a raggiungere la corteccia dell’ albero che aveva imparato ad amare ed a scavalcare fin da quando era piccolina, essendo nata in campagna. Se si fosse arrampicata, da lì avrebbe potuto vedere attraverso una delle più grandi porta finestre della sala le dame, l’orchestra, il cibo, perdio, cibo vero, raffinato, non il brodo di pollo che era costretta a mangiare ogni domenica sera!
Raccogliendo tutte le sue forze, carica di adrenalina, iniziò la scalata servendosi di tanto in tanto anche del coltellino che aveva portato con sé nel fodero della giacca, in caso di necessità.
In realtà Elisabeth non ebbe nemmeno il tempo di gongolarsi troppo per quella infantile vittoria; nell’atto della scalata, non rendendosi conto di quanto fosse precario l’equilibrio del piede destro sul primo ramo che pendeva verso destra, sentì questo spezzarsi sotto i suoi piedi ed il suo corpo venire trascinato irrimediabilmente giù.




Per Colin Bekwell quella non era una bella giornata, ma quando era venuto a sapere che la festa organizzata da sua madre non prevedeva che fossero servite bevande alcoliche, aveva trovato un buon motivo per continuare a covare il disappunto. E così, Colin Bekwell si era defilato come il peggiore dei mascalzoni dalle avances delle sue corteggiatrici per prendere una boccata d’aria all'aperto e calcolare a mente il profitto annuale della sua tenuta quando, con sua immensa sorpresa, un ragazzino cadde dal cielo per atterrare su di lui.
Un ulteriore esame chiarì che il fanciullo in questione non era caduto dal cielo, ma da un grande pino.
«Stramaledizione» fu il suo elegante commento ritrovandosi spiaccicato come un uovo sbattuto. Il suo grido di dolore si unì all’urlo di sorpresa del ragazzo. Elisabeth non avrebbe saputo dire quale fosse la sensazione principale in quel frangente. Se il dolore della sua povera schiena o il fatto che fosse caduta su di un uomo o che si trovasse con il sedere in bella vista sul collo dello sconosciuto. La sua mente si rifiutò di trovare altri motivi disdicevoli per i quali flagellarsi una volta ritornata a casa, per cui decise di rimettersi in piedi e con lei anche l’uomo che, nel farlo, aveva snocciolato una lunghissima sfilza di imprecazioni colorite che Elisabeth non aveva mai udito.
«Che dannazione ci facevi lì sopra, moccioso?» le domandò infine, scrollandosi la polvere di dosso.
«Potrei farvi la stessa domanda» rispose  sistemandosi alla meglio la giacca e i calzoni. Il cappello le era caduto e le sue chiome rosse, troppo lunghe per appartenere a un uomo, fecero aggrottare la fronte del duca.
«siete una donna…» mormorò quello con enorme meraviglia.
Elisabeth non riuscì a trattenere un moto di stizza «Certo che lo sono» zuccone, avrebbe voluto aggiungere, ma volle risparmiarlo, quantomeno per averle reso l’atterraggio più morbido del previsto.
Non seppe se l’uomo era scosso per la caduta o per quell’incredibile rivelazione: ad ogni modo, Elisabeth si tenne a distanza di sicurezza per evitare che quello potesse incrociare il suo sguardo, perché davvero non avrebbe saputo cosa fare se lui avesse scoperto che lei lo stava divorando con gli occhi; l’uomo indossava un’elegantissima giacca di broccato blu con una cravatta bianca, calzoni scuri e riccioli castani che rilucevano nel buio della stradetta.
Elisabeth ingoiò una manciata di saliva, nascondendosi nell’ombra «Vi…Vi ho fatto male?»
L’uomo rise. Aveva denti così bianchi e perfetti che Elisabeth dovette domare  impulso di chiedergli se fossero veri.
Elisabeth si stranì «Cosa c’è di così tanto divertente?» domandò guardandolo di sottecchi « Stento a credere che non vi siate ferito.»
L’estraneo liquidò i suoi commenti con un gesto della mano e provò a muovere qualche passo in sua direzione « Sì, be’, noialtri  Bekwell siamo dei duri. Ci vuole ben più di… Dio mio!» ululò.
Elisabeth fece del suo meglio per non apparire compiaciuta quando chiese: «Vi fa male? Volete sedervi?»
Lui strizzò gli occhi azzurri cercando appoggio sul tronco « Siete una donna ben dura e crudele, signora Non-So- Chi, per godere della mia agonia»
Elisabeth fece una risatina divertita «Ma devo protestare, Signor-Machisietevoi, non sono affatto una signora.»


 
 
 
 
Note d’autrice.
Mi scuso se il capitolo è particolarmente breve, nel prossimo approfondirò sicuramente determinate dinamiche!
Comunque sia, abbiamo incontrato il nostro Colin. E’ solo il primo incontro, di lui non sappiamo nulla, tranne quanto sia incredibilmente affascinante. L’accoppiata Colin- Elisabeth, a distanza di anni, sembra faccia ancora scintille.
Non so quando aggiornerò, molto probabilmente pubblicherò un capitolo a Maggio o a Giugno.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo che, devo dire la verità, ho scritto in fretta e furia tra una pausa e l’altra!

A presto,


Lady Sticklethwait.
   
 
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