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Autore: smak978    20/04/2017    5 recensioni
"Succorbentis?" Chiese Malfoy con un filo di voce, coprendo subito il volto con quell'insopportabile maschera. "Hai la Succorbentis?" Silenzio. "Lo sai che è una malattia incredibilmente rara, vero? ...E lo sai che è incurabile, vero?" Silenzio. "Non c'è da stupirsi che ti rifiuti di accettarlo." Ron/Hermione/Grifondoro OOC
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Capitolo 26 – Proteggere ciò che…


 
 
Harry gemette e si rotolò, confuso dall’oscurità. Accidenti, si sentiva come se avesse dormito su un letto di spilli per tutta la notte. Il dolore gli invase la schiena, che protestò per il suo tentativo di mettersi a sedere. Era steso su delle mattonelle? In una… dove si trovava?
 
Si guardò intorno, e scivolò verso la finestra per sbirciare nel buio. Il cielo notturno aveva preso tranquillamente il sopravvento, anche se Harry ricordava che solo pochi minuti prima era ora di pranzo.
 
Un attimo.
 
Dov’erano Zabini e Nott?
 
Un secondo sguardo alla stanza gli rivelò che i due ragazzi non erano lì. Tuttavia, poco prima stavano chiacchierando; si ricordava che Zabini stava ridendo, e anche Nott, che di solito era inespressivo, aveva un sorriso stampato sulla faccia. Nott stava ascoltando una qualunque storiella raccontata da Blaise, poi d’un tratto aveva sfoderato la bacchetta…
 
Cazzo, Nott gli aveva lanciato una fattura!
 
Harry imprecò con rabbia e si tirò immediatamente in piedi. Proprio quando si stava aprendo con loro, avevano deciso di fare un’azione in pieno stile Serpeverde come quella! Affatturarlo dopo che lui aveva confessato di non avere una bacchetta. Quei bastardi.
 
Non riusciva a credere a quanto era stato stupido. Non ci si fidava dei Serpeverde, non era cosa da farsi. Lui non era uno di loro, e quella ne era la prova lampante. Non l’avrebbero mai accettato.
 
Harry si guardò le mani, e tirò un sospiro di sollievo quando vide che non tremavano. Finalmente, la bella notizia che stava aspettando. Adesso non c’erano prove che fosse successo. Non era successo.
 
La cosa gli lasciò l’amaro in bocca.
 
Camminò silenziosamente lungo il corridoio, senza temere di essere scoperto. Sembrava che avere una malattia che tentava di annientarlo avesse i suoi vantaggi; era stato indubbiamente esonerato dal coprifuoco. Non sapeva se prenderla male oppure no; poteva praticamente andare dovunque senza essere richiamato, ma dopotutto gli piaceva sgattaiolare in giro dopo il tramonto.
 
La possibilità di essere beccato era sempre una scossa adrenalinica.
 
Si era sempre creato bei ricordi rompendo il coprifuoco. Come la volta in cui lui e Hermione trascinarono Norberto… Norberta… fino alla Torre di Astronomia. Durante le ore notturne aveva scoperto anche lo Specchio delle Brame, e aveva visitato la libreria più volte di quante se ne potessero contare per leggere i libri della sezione proibita. Il fatto che poteva giustificarsi con ogni professore dicendo che stava semplicemente andando a prendere le sue pozioni rendeva l’esperienza noiosa.
 
Harry sospirò mentre si avvicinava alle porte dell’Infermeria, strofinandosi debolmente gli occhi. Era stancante dover andare lì ogni notte. Dopo tutto il tempo che era passato, non potevano affidargli direttamente tutte le pozioni?
 
Si aspettava una tacita predica quando entrò nella stanza. Non il silenzio. Harry si accigliò, strizzando gli occhi alla ricerca di Madama Chips che andava avanti e indietro come al solito. Non era lì.
 
Sfortunatamente, c’era un altro letto occupato. Harry sperò solamente che l’altro studente stesse dormendo; si ricordava cos’era successo l’ultima volta che aveva trovato lì un altro alunno, e non se n’era più sbarazzato.
 
Harry si accigliò leggermente, riflettendo. Perché Draco era lì quella notte? Anzi, entrambe le notti. Non gliel’aveva mai chiesto, e lui non gliel’aveva mai detto. Invece Harry non gli nascondeva tanti segreti.
 
Scrollando le spalle, Harry si fece strada verso il mobiletto dove si trovavano le sue pozioni. Poteva prenderle da solo, come un adulto. Per quanto ne sapeva quello studente sconosciuto, Harry stava rubando delle pozioni. Preferiva quello, piuttosto che essere beccato da qualche altro studente.
 
Harry rabbrividì mentre mandava giù gli intrugli, faticando ad ingoiarli. Merlino, erano disgustosi. Non potevano aggiungervi del miele o qualcosa del genere per farli diventare meno… nauseabondi?
 
Sembrava che gli esperti di Pozioni creassero solo medicinali in grado di annientare le papille gustative, o peggiorare la malattia del paziente. Quella pozione non poteva essere certamente considerata salutare.
 
Harry fece per chiudere il mobiletto, ma la sua mano glielo impedì. Quella stupida mano che ignorava i suoi comandi. Ma aveva ragione… perché non lasciavano che Harry prendesse le pozioni da solo? Era la sua vita che stava andando a rotoli; non poteva essere lui ad averne il controllo? Harry sorrise fra sé e sé e frugò negli altri armadietti per trovare le boccette. Ne avrebbe prese abbastanza per tutta la settimana, né di più né di meno.
 
Trovarsi di fronte al numero complessivo di pozioni… lo stordì.
 
Sette antidolorifici.
 
Sette Guaritori Interni.
 
Quattordici Stabilizzanti Magici.
 
Ventotto pozioni da prendere, in una settimana.
 
Harry si accigliò, riponendo alcuni antidolorifici. Non avrebbe esaurito la scorta, nel caso qualche altro studente ne avesse avuto bisogno. Non poteva fare a meno del Guaritore Interno per motivi a lui ignoti, ma riusciva gestire il dolore. Ciò nonostante, ventidue pozioni in una sola settimana sembravano un tantino eccessive.
 
Riusciva a malapena a trasportarle.
 
Harry si diresse di nuovo verso la porta d’entrata, cercando di scappare con il suo bottino. Sarebbe stato fantastico. Prendere le pozioni da solo avrebbe significato che poteva riacquistare un po’ di controllo sulla sua vita.
 
E che poteva sgattaiolare per il castello senza un valido motivo.
 
Poteva tornare a divertirsi un po’.
 
Harry sorrise fra sé e sé, guardandosi intorno mentre si dirigeva verso la porta. Non l’avrebbero beccato proprio adesso…
 
Lo studente nel letto era immobile.
 
Completamente immobile.
 
Ma stava respirando?
 
Harry mise lentamente giù le sue pozioni, e si voltò per avvicinarsi al letto. Dove diavolo era Madama Chips proprio adesso che aveva un paziente a cui badare? Cercava di ignorare Harry; questo era comprensibile. Ma chiunque egli fosse di certo non si meritava…
 
Oh, Dio.
 
Harry spalancò la bocca per lo shock o per il disgusto. Oppure per entrambi. Era… una cosa del genere non poteva accadere ad Hogwarts, giusto? Era… disumano.
 
Quel povero studente era stato mutilato.
 
Il suo volto era gonfio e tumefatto, era completamente ricoperto di lividi. Dubitava che sarebbe riuscito ad aprire di nuovo gli occhi, da quanto erano gonfi; il suo petto si muoveva a malapena.
 
Ad ogni respiro, una lacrima rigava il suo volto. E un lamento scappava dalla sua gola. Era privo di sensi, eppure stava piangendo.
 
Cazzo, Harry avrebbe voluto piangere al posto suo.
 
La sua bacchetta spezzata in due era riposta inutilmente sul comodino.
 
Chiunque fosse stato, era stato feroce.
 
Harry deglutì a vuoto, con ancora gli occhi sbarrati. Non aveva mai visto niente del genere, neanche durante la guerra. Morte, sì. Pura violenza? Mai come quella…
 
Indossava una cravatta Serpeverde, allentata sul collo livido.
 
Merlino, Draco doveva essere informato di…
 
Cazzo.
 
.
 
.
 
.
 
Harry bussò alla parete del dormitorio Serpeverde sentendosi stranamente intontito.
 
Non sapeva cosa provare; rabbia, sollievo… qualche sorta di macabra soddisfazione? Si sentiva male, e non era in procinto di sentirsi meglio.
 
Infine la porta si aprì, e un piccolo primino sporse fuori la testa. Il ragazzino biondo guardò Harry, ma non si fece domande. Anzi, aprì la parete e indietreggiò per lasciarlo entrare. Come se Harry appartenesse a quel posto.
 
Ma non era così.
 
A farlo era il ragazzo menomato nell’Infermeria che annaspava per prendere fiato.
 
“Un comportamento disgustoso!” Harry esitò appena mise piede nella Sala Comune, sorpreso di vedere tutta la casa Serpeverde accalcata lì dentro. Lumacorno li stava strigliando per benino, per una volta aveva un’espressione furiosa. “Troveremo i colpevoli, e saranno espulsi! Mi avete sentito? Espulsi!”
 
Nessuno dei volti nella stanza sembrava contento.
 
Tutti i ragazzi, da quelli del primo anno a quelli dell’ottavo, avevano la stessa espressione cupa mentre fronteggiavano Lumacorno. Non battevano ciglio. Nessuno si muoveva.
 
L’intero gruppo emanava puro stoicismo. E Lumacorno lo detestava.
 
“Dovreste essere preoccupati per il vostro compagno di casa!” Urlò, gesticolando vigorosamente. “È un Serpeverde, per la barba di Merlino! Capisco come la pensiate sulla debolezza, un tempo facevo parte anch’io di questa casa! Ma si suppone che sia un vostro amico! Dov’è la vostra rabbia per lui? E le vostre promesse di vendicarlo?!” Camminò avanti e indietro, folgorandoli uno ad uno con lo sguardo. “L’unico motivo che potrebbe spiegare il vostro silenzio sarebbe che sappiate qualcosa! Tutti voi sapete qualcosa e vi rifiutate di aiutare un vostro amico! Incredibile! Un tempo la casa Serpeverde era la più nobile delle case! E invece guardatevi adesso!”
 
Non poteva rendere la sua opinione più evidente neanche sputando sul pavimento per il disgusto.
 
Harry si guardò intorno, prendendo nota dell’inespressività dei Serpeverde. A nessuno sembrava importare niente. A nessuno. Il ragazzino che l’aveva lasciato entrare era in piedi accanto a lui con le braccia conserte e un’educata espressione noncurante sul volto. Aveva undici anni! Doveva pur essere preoccupante che un suo compagno di casa era stato torturato.
 
Invece no, se ne stava lì come se fosse annoiato.
 
Harry scorse immediatamente Draco. Il biondo, naturalmente, lo stava fissando.
 
Oh, il suo volto non era indifferente, o noncurante.
 
I suoi occhi traboccavano di rabbia.
 
Sembrava che martoriare il suo amico non l’avesse appagato.
 
Quindi Harry ricambiò inespressivamente il suo sguardo.
 
“Capisco che nessuno della mia casa sarebbe capace di una simile… brutalità.” Lumacorno cercò di urlare con un tono più basso, ma la sua espressione era furibonda. Quel che era certo, era che in quel momento lui stesso sembrava capace di compiere qualche brutalità. “Ma voi sapete qualcosa. Lo so. Se qualcuno ha qualcosa da dire, adesso è la vostra occasione. Altrimenti potete sempre trovare qualche altro Professore a cui confessare. Se verrà fuori che uno di voi stava nascondendo delle informazioni, sarà sospeso. Sono stato chiaro?”
 
Ancora una volta, nessuno rispose.
 
Sembrava che tutte le altre case fossero state sottoposte alla stessa ramanzina. E, naturalmente, nessuno dei direttori voleva credere che la propria casa fosse colpevole di una tale violenza. Nessuno sarebbe stato beccato, a meno che qualcuno non avesse fatto la spia.
 
“Domani ci vedremo tutti in Sala Grande per la colazione. Dovete esserci, oppure vi sottrarrò cinquanta punti a testa. Per ogni minuto di ritardo che farete, vi sarà inferta una punizione.” Scosse un’ultima volta la testa in segno di disgusto, e si voltò per uscire a grandi passi…
 
Ma i suoi occhi si posarono su Harry.
 
“Harry, cosa ci fai tu qui?” Si accigliò nuovamente per la rabbia, incrociando pericolosamente le braccia. “Non ti è permesso stare qui; non m’importa come ci sei entrato, ma non si ripeterà mai più. Cinquanta punti in meno a-”
 
“È stato invitato.” Disse piano il piccolo ragazzino accanto a lui, senza trasalire sotto lo sguardo furioso del professore. “Giochiamo insieme durante il fine settimana.”
 
“Potter è pessimo a scacchi.” Aggiunse un ragazzino del secondo anno, attirando l’attenzione su di lui. “È divertente vederlo in difficoltà.”
 
Lumacorno rimase di stucco, non riusciva a capacitarsene. Harry si chiedeva perché due ragazzini a cui non aveva mai rivolto la parola lo stavano improvvisamente difendendo.
 
“In ogni caso,” Borbottò infine, “non penso che sia il momento adatto per giocare e divertirsi.”
 
“Perché?” Chiese una ragazza del sesto anno, alzando le sopracciglia. “Non siamo noi quelli sfigurati in Infermeria.”
 
Ouch.
 
Harry non riusciva a credere alla loro faccia tosta; se qualcuno avesse provato a fare la stessa cosa con la McGranitt, sarebbe trasalito sotto il suo sguardo. Quei piccoli…
 
 Non gli importava un fico secco di quello che Lumacorno pensava di loro.
 
Non lo rispettavano abbastanza da prenderlo seriamente.
 
“E questa cos’è, allora?” Lumacorno distolse lo sguardo dalla ragazza, perdendosi il ghigno che questa si scambiò con una sua amica. Indicò invece la scatola che Harry teneva fra le braccia. “Oggetti Proibiti?”
 
Merlino, perché doveva essere così intuitivo proprio quella sera?
 
“Sa cosa sono, Signore.” Finì per borbottare Harry, alzandone una per mostrargli l’etichetta. Cercò di non andare in panico quando alcune teste si mossero per tentare di avere una visuale migliore.
 
Lumacorno la ripose immediatamente nella scatola come se scottasse, pulendosi apertamente la mano sulla veste. Harry lo fissò con freddezza, era indignato. Non era contagioso, dannazione. Non aveva la peste.
 
“Dovresti ritornare alla tua Casa, Harry.” Borbotto comunque, con un misto di rabbia e imbarazzo. “Il posto a cui appartieni.”
 
E con questo, lasciò velocemente la stanza.
 
Silenzio.
 
Nessuno si mosse.
 
Al contrario, fissavano Harry.
 
Ogni. Singolo. Serpeverde.
 
Harry scelse di ignorare le occhiate che gli perforavano in cranio, e si voltò verso Nott e Zabini. Entrambi ricambiarono tranquillamente il suo sguardo, senza un’ombra d’imbarazzo.
 
Nessuno parlò.
 
Quindi volevano combattere tutti insieme, giusto? Bene.
 
Bene. credevano che Harry non riuscisse ad ammetterlo, vero? Era pur sempre un Grifondoro, qualche volta poteva ancora racimolare il suo coraggio. Avrebbe solo dovuto mettere per un attimo l’orgoglio da parte; era gestibile. Non gli dispiaceva ammettere che Goyle gli aveva lanciato una maledizione. Una maledizione era una maledizione; ce lo si poteva aspettare in una scuola di magia.
 
“Bugiardi.” Non dovette urlare; il suo tono basso li raggiunse ugualmente. “Maledettissimi bugiardi.”
 
“Ti abbiamo detto che non gliel’avremmo riferito.” Zabini fu il primo a parlare, e non aveva niente a che vedere con il ragazzo felice e divertente di poche ore prima. I suoi occhi erano freddi. “Non l’abbiamo fatto.”
 
Che risposta Serpeverde! “E cosa ho tralasciato? Qualche minuscolo particolare? Lasciatemi indovinare, non dovevate necessariamente dirlo, l’avete scritto? O l’avete indicato? Che bastardi!” Okay, forse stava urlando. Anche voi avreste urlato se vi foste trovati di fronte a una Sala piena di Serpeverde impassibili.
 
E di fronte a Draco che se ne stava tranquillamente seduto sullo schienale di una poltrona, con il volto inespressivo. Senza proferir parola. Che si limitava a fissare. A fissare furiosamente.
 
“Per niente. Noi abbiamo iniziato. Draco ci ha seguiti.”
 
“Perché?!” Urlò Harry, gesticolando furiosamente. “Dovrebbe essere un vostro amico!” Se riuscivano a fare una cosa del genere a un loro maledettissimo amico, di cos’altro potevano mai essere capaci? E Harry si era addirittura fidato di quei mostri. Era…
 
Era una cosa che solo un Mangiamorte avrebbe potuto fare. Il pensiero gli diede la nausea.
 
“Non è più nostro amico da molto tempo.” Disse Nott con un filo di voce, i suoi occhi erano gelidi mentre squadrava Harry. Tutti loro avevano degli sguardi così freddi. “Perché dovrebbe importare?”
 
“Non l’avevo nemmeno riconosciuto!” Harry spinse la sua scatola fra le braccia del sorpreso primino, anche solo per poter stringere furiosamente i pugni. Aveva bisogno di calmarsi, ma non ci riusciva. Il suo stomaco si stava contorcendo violentemente, era sul punto di vomitare. Quel volto sfigurato… “L’unica cosa che sono riuscito a distinguere è stata la sua cravatta… gli avete spezzato la bacchetta! Avete idea di come-?”
 
“Gli abbiamo rotto la bacchetta così sarebbe rimasto indifeso.” Sussurrò Zabini, “Proprio come lo eri tu.”
 
La temperatura calò di altri venti gradi.
 
“Gli abbiamo spezzato le mani,” Continuò Nott, “così non sarebbe stato in grado di impugnare una bacchetta finché le tue non avessero smesso di tremare.”
 
Harry deglutì a vuoto, stringendo i pugni. “Hanno smesso.” Ringhiò silenziosamente.
 
“L’abbiamo colpito alla gola in modo che non potesse urlare. Come non hai potuto fare tu.” Zabini continuò come se Harry non avesse detto niente. “Se è capace di usare una Maledizione Senza Perdono, è capace di ferire anche gli altri. Stavamo soltanto proteggendo la nostra casa; nemmeno tu puoi biasimarci per questo.”
 
Avrebbero potuto fare qualche altra cosa. Qualunque altra cosa.
 
“Perché sei così arrabbiato?” Chiese Nott, con sincera curiosità. “Non è possibile che ti andasse a genio. Ti ha torturato.”
 
“Mi ha lanciato una maledizione; è diverso!” Ribatté Harry, ignorando gli sguardi increduli che si scambiarono tutti gli altri Serpeverde. “Non avevo una particolare voglia di vedere la sua faccia sfigurata e-”
 
“Non sei arrabbiato per questo. Perché sei così arrabbiato?” Lo interruppe Nott, ignorando il verso indignato di Harry.
 
“Ma a nessuno di voi importa di quello che avete-”
 
“Perché sei così arrabbiato?”
 
“Sapete che potreste essere tutti espulsi o sospesi per-!”
 
“Perché cazzo sei così arrabbiato?!”
 
“Non volevo che lui venisse a saperlo!” Urlò Harry, e trasalì quando le persone più vicine si guardarono nervosamente intorno e indietreggiarono. Merda, stava anche spaventando i Serpeverde adesso. “Cazzo, cosa c’è di così difficile da capire?! Non volevo che lui venisse a…” Harry non riusciva nemmeno a guardarli. Come poteva farlo?
 
Furioso, si voltò di scatto e si diresse verso l’uscita. Avrebbe dormito nella Foresta Proibita se proprio avesse dovut-
 
“Harry,” I suoi piedi lo tradirono, ancorandosi sul posto. “Non ci piace fare questo genere di cose. Mi sento nauseato, crudele e sporco.” Harry deglutì ancora, voltandosi a guardare il biondo.
 
La sua maschera era salda e in posizione. “Ma certe volte è necessario proteggere ciò che… si ritiene importante. Dovevo saperlo.” Infine si alzò in piedi, mettendo le braccia conserte. L’intera stanza trattenne il respiro, i ragazzi si appiattirono lungo le pareti come se non volessero azzardarsi a interrompere il loro contatto visivo. “Avrei maledetto l’intera scuola finché non me l’avessero detto.”
 
Ma perché?
 
Harry deglutì, ignorando la risposta scontata che era proprio di fronte a lui, dall’altra parte della stanza. Non parlarono, si limitarono a fissarsi. L’espressione di Draco non era cambiata da quando aveva messo piede nella stanza. Harry era sicuro che appena si fosse avvicinato, il biondo gli avrebbe tirato uno scapaccione.
 
Non mostravano neanche un briciolo di rimorso.
 
Nessuno di loro.
 
Anche quelli che sapevano, l’intera casa Serpeverde adesso sapeva cos’era successo, ma non mostrava rimorso. Stavano rischiando la sospensione o l’espulsione, eppure si limitavano a malapena a scrollare le spalle.
 
I Grifondoro non avevano quella lealtà.
 
Harry non era nemmeno così arrabbiato, sul serio. Era un po’ nauseato, e un po’ triste che potessero fare una cosa del genere a un altro essere umano. Ma non era arrabbiato.
 
Che diavolo c’era che non andava in lui?
 
Harry sospirò interiormente, consapevole di aver già perdonato il biondo e il suo seguito. Anche se in modo poco ortodosso, l’avevano protetto.
 
Avevano scelto lui, anziché un loro compagno di casa.
 
La cosa non avrebbe dovuto sollevarlo.
 
Harry avanzò lentamente, continuando a ignorare gli spettatori. Che, doveva aggiungere, non avevano nessuna intenzione di andarsene. Sembravano curiosi, divertiti, interessati. Che problemi avevano quei ragazzini?
 
E, com’era prevedibile, appena si avvicinò, Draco non mancò di tirargli uno scappellotto. Quel perfetto idiota.
 
Harry si limito a scuotere con stanchezza la testa, appoggiando la fronte sulla sua spalla. Sapeva che se fosse successo a Draco, anche lui avrebbe polverizzato Goyle, senza magia. L’avrebbe strozzato con le sue stesse mani se avesse cruciato Draco. Dopotutto, dovevi proteggere ciò che ritenevi importante.
 
“Cos’è tutto questo?” Chiese in un sussurro.
 
“È godersi i momenti.”
 
“No, non lo è.”
 
“No, non lo è.” Draco non riuscì nemmeno a mentire.
 
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La Sala Grande era immersa in una totale assenza di suono. Gli studenti mangiavano in silenzio, rivolgendosi a malapena la parola. Soltanto alcuni borbottii qua e là, e alcuni sussurri.
 
Dopo la colazione, li avevano avvertiti che nessuno avrebbe lasciato la stanza fin quando qualcuno non avesse ammesso le proprie colpe. Si erano dimenticati un dettaglio molto importante; i Serpeverde.
 
I Serpeverde se ne stavano seduti con delle espressioni annoiate, e una palese indifferenza. Ma c’era determinazione nello sguardo di ognuno di loro.
 
 
Non li avrebbero beccati, perché non avrebbero permesso che accadesse. Erano tutti uniti; tutti per uno eccetera eccetera. Ecco perché si erano seduti e avevano ricostruito quello che era successo la notte prima. Ecco perché adesso lo guardavano in modo strano, senza i ghigni e gli sguardi divertiti che gli riservavano di solito. Stavano facendo tutto questo solo perché Harry non voleva ammettere ai professori di essersi fatto colpire da una maledizione.
 
Be’, e anche per salvarsi la pelle. Nessuno voleva davvero che i ragazzi dell’ottavo anno fossero espulsi; era strano a dirsi, ma tenevano la casa unita. Erano come i piccoli lord della scuola, e qualunque cosa dicessero, era legge.
 
Harry osservò gli altri tavoli, paragonando le loro espressioni. Non sembravano colpevoli, neanche lontanamente. Be’, perché avrebbero dovuto, giusto? Tuttavia, sembravano… interessati. Volevano sapere chi era stato, e dalle occhiate soddisfatte che lanciavano al tavolo Serpeverde, dovevano pensare che gli studenti in verde fossero semplicemente arrabbiati per l’accaduto. Nessuno avrebbe incolpato i Serpeverde di aver attaccato un altro Serpeverde. L’avrebbero scampata, se nessuno vuotava il sacco.
 
E, da quello che poteva constatare guardando tutti gli altri, era più verosimile che Zabini si mettesse a ballare il tiptap sul tavolo.
 
“Smettila di sembrare così preoccupato, Potter.” Disse a bassa voce Parkinson, ghignando come se stesse spettegolando su qualcosa. “Ci farai scoprire.”
 
Harry la guardò prima di tornare a mordicchiare la sua colazione. Per una volta non era l’unico a non mangiare. “Non vi farei mai scoprire.”
 
Quella semplice frase ebbe il potere di far indurire lo sguardo dell’altra. La ragazza si scambiò uno sguardo d’intesa con Draco prima di schiaffeggiare la mano di Harry. “Non farlo.”
 
“Ho solo detto che non-”
 
“Tu non hai fatto niente. Quindi non fare qualcosa di così orrendamente nobile come costituirti. Se l’è meritato. È… un malato di mente.”
 
“Che intendi?” Se aveva qualche sorta di disabilità, sarebbe stato solo peggio-
 
“…non è più lo stesso dall’anno scorso. Questo non giustifica le sue azioni, certo. È solo che… ha bisogno d’aiuto.” La ragazza sospirò alla vista della sua espressione confusa, sporgendosi verso di lui. “Si godeva le lezioni dei Carrow fin troppo per essere considerato normale. Li citava molto spesso. Come ho detto, è malato di mente. Tuttavia, speravo che qualcuno mi dicesse qualcosa, senza farmi arrivare in ritardo e perder-”
 
“Mettici una pietra sopra, Pans!” Esclamò Zabini, piuttosto rumorosamente. La sua voce riecheggiò per tutta la Sala. “Come se avessimo potuto aspettarti!”
 
“Non è giusto che voi tre ve la siate spassata da soli!” Ribatté, alzando gli occhi al cielo. “Si riusciva a sentire l’odore di testosterone per tutta la stanza.”
 
Il battibecco strappò a Harry un sorriso, prima che si voltasse a guardare Draco. Non aveva parlato molto dalla scorsa notte, né sembrava in procinto di farlo. Se ne stava lì seduto al tavolo con le mani intrecciate davanti alla bocca. Calcolava. Rifletteva.
 
Non disse molto nemmeno la notte prima. Si limitò a voltarsi e andare a letto, aspettandosi che Harry lo seguisse.
 
Cosa che fece immediatamente.
 
Draco aveva tenuto la fronte appoggiata sulla nuca di Harry per tutta la notte; dubitava che avesse dormito, considerando l’immobilità del letto.
 
Erano rimasti lì in silenzio, con l’opprimente sensazione di bisogno che aleggiava nella stanza.
 
Il bisogno di stringersi a Draco.
 
Il suo sorriso svanì. Che c’era che non andava con il biondo? Non si sentiva in colpa, quello era certo. Non si sarebbe mai pentito delle sue azioni. Sembrava semplicemente… vuoto.
 
Che aveva detto la scorsa notte? Che si sentiva nauseato, e sporco?
 
Harry non sarebbe mai riuscito a crederci; il biondo non aveva mai l’apparenza di qualcosa di imperfetto. Non era mai nulla al di fuori della perfezione. “Aiutami con i compiti di pozioni.” Sospirò Harry, tirando fuori lo spesso libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca. La maggior parte degli studenti si era portato i compiti a colazione, anche solo come passatempo da usare mentre aspettavano una confessione che non sarebbe mai arrivata.
 
Draco si limitò a sbattere le palpebre, distogliendo finalmente lo sguardo dal suo piatto. “Tu sì che eccelli nelle richieste d’aiuto.”
 
Be’. Harry deglutì, consapevole che non si riferiva ai compiti. Era ovvio che una delle prime cose che avrebbe detto sarebbe stata una mina pronta ad esplodere. “Non ti stavo chiedendo di aiutarmi, giusto?” Riuscì a dire, e cercò di non trasalire quando lo sguardo del Serpeverde diventò gelido. “Ho bisogno del tuo aiuto.” E lo lasciò constatare la cosa da sé.
 
Harry aprì il libro, ignorò gli sguardi che stava sicuramente ricevendo, e spostò i piatti di lato così che Draco potesse vedere la pagina. “Non capisco perché l’alcalinità di un ingrediente influisca sulla pozione.”
 
Abbocca all’amo. Abbocca.
 
Draco lo fissò per qualche istante, e un minuscolo sorriso si fece pian piano strada sulle sue labbra. Sapeva cosa Harry stava tentando di fare, ma avrebbe fatto comunque finta di niente. Grazie a Merlino.
 
“Non capisco come hai fatto a raggiungere questo livello in Pozioni senza distruggere il laboratorio, Potty.” Sospirò, piegandosi un po’ di più verso il libro. Squadrò la pagina, e sbuffò. “Ignora qualunque idiozia abbia scritto quest’autore incapace; si sbaglia. L’alcalinità e l’acidità sono correlate; determinano la volatilità di una pozione.”
 
Harry dovette trattenere un ghigno quando Zabini e Nott si fiondarono su un pezzo di carta e iniziarono a prendere appunti. Se perfino loro avevano trovato delle difficoltà, significava che non era una domanda semplice.
 
“Si collega per caso al motivo per cui non si devono utilizzare frutti nelle pozioni?”
 
Draco ringhiò, passandosi una mano sul volto. “Usa la testa, Potty. Cerca di fare due più due…”
 
Harry sorrise mentre si impegnava a fare i compiti, e mentre Draco tornava a poco a poco quello di sempre. Quel piccolo incidente non avrebbe influito su di loro. L’opinione che Harry aveva del biondo non sarebbe cambiata. Era un stronzo all’inizio dell’anno, e lo era anche adesso.
 
E Harry aveva ancora le farfalle nello stomaco ogni volta che guardava nella sua direzione.
 
Tre ore dopo, nessuno riuscì più a convincere Draco a farsi aiutare con i compiti. Harry aveva passato l’ultima quarantina di minuti a scrivere una lettera al San Mungo, supplicandoli di inviargli del materiale o di organizzargli un incontro con i parenti di Simon Harvey. Harry sarebbe stato un pazzo a non indagare sul suo caso; era riuscito a sopravvivere tre anni. Perché mai Harry non avrebbe potuto fare lo stesso?
 
Certo, scrivere una lettera circondato da diversi Serpeverde annoiati non era la situazione ideale. Harry dovette lasciare in bianco le parti più specifiche della lettera, decidendo di scriverle in un secondo momento.  Quindi, se avessero sbirciato, avrebbero capito soltanto che Harry stava chiedendo a qualcuno di aiutarlo a trovare qualcun altro. Sorrise per quanto era riuscito ad essere vago.
 
Quando finì, fece un altro tentativo con il cubo di Rubik.
 
E iniziava a capire perché Draco provava un odio così intenso verso quell’oggetto.
 
In qualche modo riuscì a completarlo…
 
Fatta eccezione per i quadrati centrali.
 
Ogni quadratino centrale era di un colore diverso.
 
Il girone più profondo dell’inferno era riservato al creatore di quel cubo.
 
Per sua enorme sorpresa, dopo un po’ anche quell’attività iniziò ad annoiarlo.
 
 
“Be’, sto pensando di ammettere che sono stato io a polverizzare Goyle,” Ringhiò Harry contro il tavolo, “anche solo per salvare tutti dall’immenso calvario che sarebbe restare qui un minuto di più.”
 
“Toccante.” Harry si voltò a guardare Draco, osservandolo in silenzio. Si stava ancora comportando in modo strano. Non era sarcastico o… arrogante come suo solito.
 
A Harry non piaceva quel Draco taciturno.
 
“Metto via il cubo.”
 
“Continuerà pur sempre ad esistere.” Ma lo disse al tavolo, con le mani ancora intrecciate davanti alla bocca. Che gli prendeva? Harry non sapeva come comportarsi con un Draco così vuoto.
 
Harry ringhiò ancora, facendo correre lo sguardo lungo il tavolo…
 
Ma che diavolo?
 
Harry sbatté le palpebre, scuotendo leggermente la testa ma… no, lo stavano ancora facendo. I Serpeverde si stavano massacrando in fondo al tavolo.
 
Sembrava strano, perché alcuni studenti erano già stesi sul tavolo oppure curvati sulla panca, ‘senza vita’. E il fenomeno si diffondeva di studente in studente. Nessuno rideva di quella singolare dimostrazione, ma tutti gli alunni avevano delle espressioni divertite. Chi l’avrebbe mai detto che i Serpeverde sapevano come intrattenersi?
 
Harry osservò un ragazzino del secondo anno spararsi un colpo alla testa, mentre il suo amico si impiccava con la cravatta. Una ragazza iniziò a ridere istericamente… ma i suoi occhi si spalancarono sempre di più, e la sua risata diventò sempre più convulsa. Poi annaspò e crollò sul tavolo. Era letteralmente morta dalle risate.
 
Di posto in posto, i Serpeverde si stavano suicidando pur di non soccombere alla noia.
 
Harry rise, alzandosi in piedi per avere una visuale migliore. Era esilarante!
 
Un ragazzo del quarto anno si strinse il naso finché non morì per soffocamento. Una primina ridacchiò mentre si lanciava ai piedi di un suo amico, beccandosi una maledizione immaginaria destinata a lui, poi si accasciò, il suo cadavere era ancora scosso dalle risate. In qualche modo, la maledizione rimbalzò e colpì il ragazzo che l’aveva lanciata, che cadde al suolo a rallentatore. Poi, il ragazzo che l’altra aveva così valorosamente protetto corse per raggiungerla, ma inciampò e cadde di faccia sul pavimento senza più rialzarsi.
 
Harry sbuffò divertito, voltandosi verso la ragazza successiva. Quest’ultima sobbalzò quando il Barone Sanguinario le fluttuò davanti, spaventandosi a morte. Il suo fidanzato soffocò con le sue stesse lacrime. Il suo migliore amico sfoderò uno stiletto immaginario e si pugnalò diritto al cuore, schiantandosi contro il tavolo.
 
“Niente ripetizioni.” Sussurrò Zabini a Harry, sorridendo. “Ci stai?”
 
“Tu hai già un’idea?”
 
“Certamente.”
 
“Non sei preoccupato che qualcun altro te la rubi?”
 
Zabini si limitò a ridacchiare, osservando la fila di studenti morti che si avvicinava a loro. “Spero che lo facciano.”
 
Un primino finse di mordersi la lingua, riuscendo ad affogare nel suo stesso sangue. Uno del quinto recitò impeccabilmente l’azione di pronunciare male un incantesimo e trasfigurò un bue giocattolo che cadde sulla sua testa, schiacciandolo. Ricevette addirittura degli applausi per la performance.
 
Una del quarto anno si strappò via il cuore. La sua amica lo mangiò e morì di infezione… che cosa macabra.
 
Poi fu il turno di Nott.
 
Non sembrava preoccupato che tutta la casa Serpeverde, viva o morta, lo stava osservando con trepidazione. Non dava l’impressione di voler partecipare al gioco, neanche in quella circostanza. Per questo, fu uno shock quando sospirò, alzò gli occhi al cielo e finse di tagliarsi la gola, con tanto di sangue finto.
 
Quanto era… tipico di Nott.
 
Sbatté sul tavolo con un rumoroso ‘bang’, che riecheggiò nella Sala silenziosa.
 
Harry rimase esterrefatto guardando il liquido rosso che impregnava il tavolo, e quella scena raccapricciante. “È consentito?” Chiese, ma quelli intorno a lui scrollarono le spalle. Erano più interessati a Zabini, che ghignò e sbadigliò esageratamente. Poi poggiò la testa sulla mano, e i suoi occhi si chiusero lentamente finché non iniziò a russare.

 
Poi la sua testa scivolò e finì con la faccia nella ciotola di zuppa.
 
Affogò nella zuppa.
 
Harry rise, finché non realizzò che tutti gli occhi erano ormai puntati su di lui.
 
Merda, non aveva pensato ancora a niente.
 
Si guardò intorno per cercare ispirazione, e si ricordò che nella tasca aveva lo Stabilizzante Magico che doveva prendere a pranzo. Nessuno sapeva cos’era, tranne Draco.  Perfino lui sapeva che era soltanto una pozione che doveva prendere a quell’ora.
 
Poteva fungere da veleno.
 
Harry si frugò le tasche per trovare la pozione, la tirò fuori e la innalzò. Dopo che tutti ebbero visto la scena, esitò, fingendo di essere nervoso. Alla fine, rabbrividì, mandando giù l’intruglio… poi iniziò a soffocare, fingendo di non riuscire a respirare. Era palesemente veleno.
 
Lentamente iniziò ad accasciarsi sul tavolo, chiudendo gli occhi.
 
Draco si piegò verso di lui, e sfiorò le sue labbra con il più delicato dei baci.
 
Harry gelò.
 
Ma Draco poggiò la testa accanto alla sua, gli occhi grigi fissavano attentamente Harry. Aveva rubato il suo veleno.
 
Quell’idiota.
 
Harry si leccò le labbra; stavano formicolando, e non lo aiutava per niente il fatto che Draco lo stava guardando come se volesse divorarlo lì sul posto, al diavolo gli sguardi dell’intera scuola. Non gli interessava molto cosa stesse facendo il resto del tavolo per suicidarsi; non si rese neanche conto di essersi perso la performance di Parkinson.
 
Voleva avvicinarsi e baciare di nuovo Draco.
 
Ma non poteva farlo davvero, giusto? Non mentre tutta la scuola era bloccata lì in punizione. La gente avrebbe pensato che non gli importasse di cosa era successo a Goyle.
 
Così, con la bocca asciutta, Harry allungò il piede per sfiorare quello di Draco.
 
Gli occhi grigi lo guardarono come se niente fosse, e un ghigno si fece strada sulle sue labbra. Doveva essersi tolto la scarpa, chi sa come, riuscendoci senza la goffaggine e l’idiozia che Harry avrebbe sicuramente dimostrato al suo posto, visto che un secondo dopo il suo piede stava accarezzando con delicatezza la gamba di Harry.
 
Harry deglutì all’istante, il suo stomaco si stava già contorcendo. Merlino, erano in una Sala piena zeppa di studenti. Se chiunque dagli altri tavoli avesse notato cosa stava succedendo…
 
O peggio, poteva anche non essere Malfoy.
 
Zabini era il tipo di persona che faceva questo genere di cose. Era decisamente uno scherzo alla Zabini.
 
Harry si voltò verso il ragazzo abbronzato, e per poco non sobbalzò quando l’altro intercettò il suo sguardo e gli fece l’occhiolino. Okay, se era Zabini, avrebbe preso il piede che gli stava accarezzando il polpaccio e gliel’avrebbe ficcato su per il-!
 
Malfoy… perché suonava strano adesso? Era il suo nome, eppure gli sembrava estraneo. Harry si accigliò leggermente, spostandosi immediatamente. Non era possibile che per tutto quel tempo l’avesse chiamato Draco, giusto? Nah, se ne sarebbe accorto.
 
Mal… quando Harry si voltò verso di lui, Draco lo stava fissando in modo strano, aveva un sopracciglio alzato. Merlino, probabilmente sembrava lunatico. Chi diavolo si sarebbe mai voltato, perdendosi nei pensieri mentre un altro ragazzo gli accarezzava lentamente la gamba con un piede?
 
Draco ghignò, le dita dei suoi piedi scivolarono sulle ginocchia di Harry, aleggiando sulle sue gambe…
 
“Be’, spero che vi siate divertiti abbastanza.”
 
La voce della McGranitt non aveva nulla da invidiare a una doccia fredda.
 
Harry sbuffò divertito, e sbatté la testa sul tavolo appena Draco sospirò per l’irritazione, folgorando con lo sguardo la Preside. Come se lei avesse già pianificato quello che aveva da dire.
 
Harry, infine, alzò lo sguardo e si trovò di fronte l’intera casa Serpeverde morta in tutti i modi possibili e immaginabili, l’ultimo si era impalato su un cucchiaio. Nonostante questo, nessuno si mosse. Alcuni primini stavano ancora ridendo, ma tutti gli altri erano dei cadaveri modello.
 
“Sono contenta di sapere che troviate noioso il fatto che c’è un ragazzo malmenato della vostra casa che sta soffrendo in Infermeria!”
 
Draco si spostò in modo da mettere entrambi i piedi sulle ginocchia di Harry, lo stava usando come poggiapiedi. Ignorò palesemente il suo sopracciglio alzato, scegliendo di ghignare contro il tavolo.
 
“Voglio che vi facciate un esame di coscienza, un esame profondo! Se non riuscite a trovare neanche un briciolo di compassione per il vostro compagno di casa, potete anche andare! Ma se trovate della gentilezza dentro di voi… tornate immediatamente a sedervi!
 
Harry si guardò intorno, e si morse le labbra per trattenere una risata. Appena aveva dato loro il permesso di andare, i cadaveri dei Serpeverde erano balzati in piedi, e avevano raccolto le loro cose per fuggire a gambe levate. Se non voleva che gli studenti se ne andassero, non avrebbe dovuto bluffare in quel modo.
 
Erano Serpeverde, per l’amor di Dio.
 
La casa si scambiò degli sguardi, e lentamente tornarono tutti a sedersi.
 
“E il resto di voi altri cadaveri, tiratevi subito su!”
 
Harry sospirò, alzandosi. Poi si aggrottò le sopracciglia, afferrando l’ampolla come per leggerne l’etichetta, e sussultò, ridendo. “Mi sono sbagliato, questo qui era succo di zucca.” Ricevette alcune risatine d’apprezzamento.
 
“Ha qualcosa da dire, Signor Potter?”
 
Harry restò a guardarla a bocca aperta per un momento, poi si guardò con indignazione intorno quando il brusio aumentò. Figuriamoci se non prendeva di mira proprio lui. Era scontato che non gli concedesse neanche un minuto di riposo; Harry non era affatto in difficoltà, proprio per niente. Perché la Preside avrebbe dovuto essere clemente con un alunno a cui non era rimasto più nulla? Dovevano essere equi, dopotutto.
 
Giusti e corretti.
 
Era proprio per questo che aveva preso di mira lui tra centinaia di studenti che bisbigliavano per tutta la Sala.
 
Harry digrignò i denti, un po’ spaventato dalla velocità con cui la rabbia montò dentro di lui. Dannazione, aveva bisogno di darsi una calmata. Sapeva che la donna stava solo cercando di tenere la Sala sotto controllo; e per avere controllo si dovevano porre dei limiti e dare degli esempi. Ma perché toccava sempre a lui?
 
“No, Professoressa.”
 
“Pensi che sia divertente stare qui?”
 
“Nemmeno un po’.”
 
“Pensi che il Signor Goyle si meriti di stare in quel letto in Infermeria?”
 
“Forse.”
 

 
Oh, merda.
 
Harry si guardò intorno quasi con disperazione, e trasalì quando si rese conto che, sì, l’aveva detto. Sarebbe stato più comodo mettere un’insegna al neon sulla sua testa con la scritta ‘sono colpevole!’ che illuminava la stanza.
 
La McGranitt era d’accordo con lui.
 
Il suo sguardo si assottigliò mentre studiava lui, e i ragazzi al suo fianco. Non dovette ritenerli degni della sua rabbia, infatti distolse immediatamente lo sguardo con una smorfia. “È stato un comportamento atroce. Non permetterò che si ripeta una cosa del genere fra le mura del mio castello. Sono stata chiara?”
 
Cercò di fare contatto visivo con ogni studente, come se avesse potuto leggere le loro menti e giudicarli. Tuttavia, Harry notò di essere stato evitato. Il suo sguardo si posò su Draco, e si assottigliò. Si era piegato in avanti per sussurrare qualcosa a Zabini, che ridacchiò. Piuttosto rumorosamente.
 
“Invece lei ha qualcosa da dire, Signor Malfoy?”
 
Draco si voltò a guardarla, alzando un sopracciglio. “Forse dovrebbe smetterla di sprecare il suo tempo a cercare chi abbia fatto cosa a quello scimmione, e passarne di più a riflettere su cosa abbia fatto per meritarselo.” Disse pacatamente, ma dato il silenzio nella Sala, il messaggio la raggiunse facilmente.
 
Harry si accigliò, sferrandogli un calcio allo stinco. Ma il biondo gli rivolse a malapena lo sguardo prima di alzare le sopracciglia verso la McGranitt.
 
“E cos’ha fatto?” Harry si aspettò quasi che Draco rispondesse. Lanciò uno sguardo terrorizzato a Nott, grato di constatare che condividevano gli stessi sentimenti; nessuno voleva essere espulso per quella faccenda, e per di più, nessuno voleva che la colpa ricadesse su Draco. L’aveva fatto per un motivo valido, almeno nella sua testa.
 
Ma Draco scrollò a malapena le spalle. “E io come faccio a saperlo?”
 
Continuarono a fissarsi a vicenda, rendendo chiare le proprie posizioni. La McGranitt, accidenti a lei, sapeva che era stato Draco, e Draco non poteva fregarsene di meno. Le rivolse un ghigno senza emozioni, come per prendersi gioco di lei.
 
Be’, cosa poteva fargli senza lo straccio di una prova?
 
“Potrei vedere la sua bacchetta, Signor Malfoy?”
 
Harry rimase di sasso, e si accigliò. Ma quella non era… invasione della privacy? Era consentito? Harry sapeva che, senza consenso, non potevano usare neanche un pensatoio; questo non rientrava nelle stesse circostanze?
 
La stanza si riempì di brusii, la stessa espressione scioccata e curiosa era stampata sui volti di tutti. Parkinson stava borbottando qualcosa sotto voce, scuotendo la testa per il comportamento di Draco.
 
Solo il biondo sembrava impassibile. Senza esitazione si alzò e si avvicinò alla Preside che ribolliva di rabbia, con lo spettro di un ghigno stampato sulle labbra. Che diavolo stava facendo? Se utilizzava un Incantesimo d’Inversione avrebbe visto, così come tutti gli altri, che era stato lui a mandare Goyle in infermeria! Voleva forse essere espulso?
 
Voleva forse lasciare Harry lì, da solo?!
 
“Che bastardo fortunato.” Borbottò Zabini, con un ghigno che si faceva strada sul suo volto. Come poteva essere così calmo?
 
Fortunato? Scoprirà tutt-!”
 
“No, non lo farà, Potter.” Harry doveva esser sembrato confuso, perché Zabini ghignò ancora una volta. “Non ha usato la bacchetta.”
 
Oh.
 
E infatti, Draco era in piedi di fronte all’intera scuola, e non sembrava turbato mentre i suoi incantesimi utilizzati di recente fluttuavano sotto gli occhi di tutti. Si limitò a starsene lì con le braccia conserte e le sopracciglia alzate quando la McGranitt gli restituì la bacchetta.
 
Palesemente furiosa, la donna non si degnò neanche di guardarlo. “Non appena il Signor Goyle riprenderà i sensi, ci dirà chi è stato il responsabile di tale atrocità. E sarà espulso.” Dopo quell’evidente congedo, tutti gli studenti si alzarono di nuovo in piedi e si affrettarono verso le porte.
 
Harry non si mosse; Draco era tornato al tavolo, poggiando di nuovo i piedi sulle sue ginocchia.
 
“Pensavo che accigliarsi facesse venire le rughe.” Quella di Harry fu un’affermazione piuttosto che una domanda. Poi si piegò in avanti e distese con una mano il solco sulla pallida fronte del ragazzo, proprio come lui stesso aveva fatto il giorno prima. “Smettila con quei pensieri negativi.”
 
Lo spettro di un sorriso apparve sulle sue labbra, ma il solco era ancora lì. I suoi occhi stavano ancora riflettendo, senza lasciare mai quelli di Harry. “Nessuno dirà niente.” Ritentò Harry, che tirò un sospiro di sollievo quando ricevette una risposta.
 
“Certo che non lo faranno. Sono Serpeverde.”
 
“Allora perché sei-”
 
“L’anno scorso…” Iniziò, deglutendo per prendere un po’ di tempo. Sembrava decisamente a disagio; parlare di debolezze non rientrava assolutamente nella normalità per un Malfoy. Alla fine aveva distolto lo sguardo, e si rifiutava di fare contatto visivo.
 
Draco doveva essere mortificato da quello che stava per dire, o per lo meno umiliato.
 
E improvvisamente, Harry non voleva più nessuna spiegazione.
 
“Tieni, trasfiguralo per me; lo voglio più resistente e più affilato.” Lo interruppe Harry, costringendolo a prendere un coltello da burro fra le mani. Se gli sguardi avessero potuto uccidere. “Veloce!”
 
“Un giorno dovrò instillarti il dono del tatto, Potty.”
 
“Dovresti prima trovarlo. Andiamo, sbrigati.”
 
Draco alzò a malapena gli occhi al cielo, agitando la bacchetta verso il coltello. “Sono solo una bacchetta per te.” Disse lentamente, rigirando con facilità il coltello fra le lunghe dita. Harry sbatté le palpebre, alzandosi velocemente in piedi e facendo cenno all’altro di seguirlo. Le sue dita erano corte rispetto a quelle di Draco; Harry non aveva mai considerato attraenti delle dita, fra tutte le parti del corpo che c’erano, tuttavia Malfoy gli stava facendo cambiare idea.
 
“Andiamo, devi fare una cosa per me.”
 
“Cosa ti fa pensare che io voglia fare qualcosa per te?”
 
“Perché sei Draco.” E con questo, lo guidò fino al cortile della scuola, ignorando la strana occhiataccia fissa su di sé. Gli studenti bisbigliavano al loro passaggio, facendo loro strada immediatamente. Forse perché era Harry a guidare Draco per una volta, prendendo con testardaggine il controllo anche se negli ultimi tempi i ruoli erano stati invertiti.
 
Oppure per via del coltello affilato e piuttosto grande che il biondo stava ancora rigirando nella mano, che suscitava lo sgomento dei presenti, increduli che aveva ancora tutte le dita. Chiunque altro al posto suo avrebbe già lasciato una scia di sangue alle spalle.
 
“Allontanarci dagli sguardi critici della gente mentre stringo un gigantesco coltello appuntito? Coraggioso da parte tua.”
 
Harry continuò a fissare con risolutezza la strada davanti a lui, senza guardare il biondo. Quando iniziò a parlare sentì un’occhiata perforargli la schiena. “Ecco perché siamo qui. Tu pensi che, solo perché hai mostrato un po’ di violenza, ogni volta che ti guarderò i miei occhi si poseranno immediatamente sul tuo avambraccio.”
 
Allungò un braccio per afferrare quello di Draco e farlo continuare a camminare; l’altro si era fermato di scatto, e fece un paio di passi solo perché Harry lo costrinse. “Ma non sarà così. Eri uno stronzo allora, come lo sei adesso. A causa di quell’incidente, in qualche modo la tua stronzaggine è diminuita, e per chi sa quale assurdo motivo, mi manca il Draco stronzo. Voglio lo stronzo indietro.”
 
“I tuoi complimenti mi sbalordiscono.” Rispose seccamente Draco, “Tuttavia, ciò non spiega perché stiamo camminando per il cortile con un coltello.”
 
“Conficcherai l’enorme coltello appuntito nel posto a cui appartiene.” Rispose tranquillamente Harry, rivolgendo finalmente lo sguardo al biondo. Lui lo stava fissando, con la testa piegata da un lato e un sorriso quasi impercettibile sulle labbra. “Nel tronco del Platano Picchiatore.”
 
“Stai cercando di farmi uccidere?”
 
“Ti sto sfidando a essere fantastico come me.” Harry tirò un sospiro di sollievo quando Draco alzò gli occhi al cielo, il suo sorriso si allargò ancora un po’. “Incidi il tuo nome sul tronco. Sii uno stronzo.”
“Stai cercando di trasformarmi in un dannatissimo Grifondoro.”
 
“Quel che è giusto è giusto; tu mi hai trasformato in un Serpeverde.”
 
Draco non sembrava più vuoto; stava fissando il coltello, considerando le sue opzioni. Guardò anche l’albero, prendendo nota della sua immobilità. Quasi come se si aspettasse un suo attacco. “Spero tu sappia che questa è un’azione completamente sconsiderata.” Disse con flemma, ghignando. “E che non ha la minima connessione con gli avvenimenti degli ultimi giorni.”
 
“No, non ce l’ha,” convenne Harry, “Finché non lo fai.”
 
Davvero non si aspettava che Draco accettasse; qualunque cosa potesse potenzialmente ferirlo o distruggere la sua faccia, andava evitata a tutti i costi. Era un bluff.
 
Uno stupido bluff, per cercare di indurre il biondo a reagire a qualche provocazione; per cercare di farlo tornare a sogghignare e ad essere sé stesso.
 
Per questo motivo, gli venne un colpo quando l’altro iniziò a correre verso l’albero.
 
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Harry sorrise mentre se ne stava seduto accanto al letto nell’infermeria, e cercò di trattenere le risate quando Madama Chips fece una ramanzina a Draco dandogli del folle. Bellicoso. Senza alcun rispetto per la sua vita.
 
Draco alzò gli occhi al cielo, rivolgendo a Harry un ghigno esasperato. Il suo braccio sinistro si era rotto, fratturandosi in due punti. Aveva anche un orribile taglio sulla guancia, ma niente di più. Considerando quello che aveva fatto, era lodevole che si fosse procurato solo quelle ferite.
 
“Be’,” Harry si sforzò di parlare con un’espressione seria, si sforzò davvero. “Ci siamo leggermente scambiati i ruoli.”
 
“Quante cose che faccio per te.” Disse lentamente Draco, che ghignò quando Harry sbuffò divertito.
 
“Non era previsto che lo facessi sul serio.”
 
“Tu mi hai sfidato.”
 
“Era un bluff!”
 
“Devi imparare a farlo meglio.”
 
Harry sorrise ancora, schivando la boccetta vuota che Malfoy gli tirò alla testa. Non c’era nessun’ombra di indifferenza nella sua voce, non sembrava più depresso; lo stronzo era tornato.
 
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Draco ghignò quando Potter scoppiò a ridere, costringendosi a non sobbalzare per il dolore al braccio. Maledetto albero, l’aveva pestato a sangue. Se Potter non l’avesse calciato dall’altra parte, gli avrebbe di sicuro inferto un colpo mortale.
 
Tutto per incidere sciattamente il suo nome sulla corteccia.
 
Le sue mani avevano iniziato a tremare così tanto; non riusciva a credere di essere stato così nervoso.
   
O che sarebbe stato così elettrizzante. Sapere che in ogni momento l’albero avrebbe potuto colpirlo senza farlo più rialzare. Sapere che Potter lo osservava da lontano con gli occhi sbarrati per shock.
 
Aveva appena iniziato ad incidere il ghirigoro della ‘y’ quando l’albero era finalmente riuscito a colpirlo con un paio di rami, gettandolo appena fuori dal suo campo d’azione. Grazie a Merlino.
 
Tuttavia, Potter non aveva smesso di ridere. Sorrideva come un lunatico, e quando Madama Chips era arrivata, era dovuto perfino uscire perché era costantemente sul punto di fare risatine inopportune e, Merlino ce ne scampasse, di scoppiare a ridere.
 
Ne era valsa la pena. Vedere Potter felice soltanto perché lui era contento.
 
Draco sorrise mentre Harry continuava a ridere, poi spostò il suo sguardo sul letto dall’altra parte della stanza. Sembrava che fosse ancora privo di sensi. Bene.
 
L’altro non avrebbe mai voluto risvegliarsi.
 
La prossima volta, Draco non avrebbe esitato a sfoderare la bacchetta.
 
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