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Autore: Jules_Kennedy    25/04/2017    2 recensioni
"Non riusciva a smettere di ansimare, di sbuffare, di premere su quel cazzo di acceleratore che non faceva camminare abbastanza la macchina. Stava sfiorando i centotrenta in una zona abitata, ma per una volta Law mandò a fanculo le norme della strada per infilarsi quanto più velocemente possibile in quel dedalo di vie che conosceva a memoria, per arrivare in quella casa che ormai considerava sua.
E nonostante odiasse ammetterlo, nonostante si rendesse conto della mastodontica cazzata che stava facendo, sperò nel profondo del suo cuore di arrivare il prima possibile.
Prima che fosse troppo tardi."
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"Chiuse gli occhi, sperando con tutto se stesso che quelle porte non si richiudessero.
Dopo interminabili secondi, sentì alla fine il familiare suono metallico dell’ascensore rimettersi in moto con un suono secco che lo fece sobbalzare.
E fu in quel momento che un’unica, solitaria lacrima gli rigò la guancia.
Era finita."
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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From the ground
 
 


“I can't see because I'm staring at a blank wall,
I can't breathe because my fucking thoughts are choking me now,
I can't grieve for the souls that are so lost,
I can't leave because my fucking self is holding me down..”
 
 
 
 
 
Sbattè violentemente la portiera della macchina, infilando la chiave frettolosamente nel quadrante. Cercò di ignorare il bussare incessante di Pen sul finestrino del lato passeggero, infilandosi rabbiosamente la cintura e azzeccando finalmente la fessura della chiave.

Era fuori di se. Ansimando rimase per qualche secondo con gli occhi fissi sul parabrezza, udendo appena la voce del suo coinquilino che cercava di farsi sentire al di la del vetro. Abbassò di poco il finestrino senza voltarsi, asserragliando il volante in una presa ferrea. -Che stai facendo Law? Sono le tre del mattino porca miseria! Che è successo?!- chiese il giovane, sporgendosi verso la fessura per permettere alla sua voce di raggiungere le orecchie del suo migliore amico.

Era sconvolto. Law non era mai stato un tipo impulsivo, specialmente in vista di eventi così importanti, per cui vederlo scattare in giro a quell’ora per fiondarsi in macchina come un pazzo aveva sconvolto Pen più di quanto non desse a vedere. Non cercò nemmeno di aprire la portiera, sapeva già che Law sarebbe andato dove voleva senza sentire ragioni. Infatti, senza ricevere una risposta, il giovane si distaccò alla fine dalla macchina, osservando il proprio coinquilino mettere in moto rabbiosamente e sfrecciare in strada ad una velocità folle.

-Fa attenzione maledizione. Domani ti laurei…- si limitò a sussurrare, gli occhi ancora fissi sul punto in cui Law era scomparso, portandosi dietro il fumo della sgommata. Gettò un’ultima occhiata alla strada deserta, schiudendo l’uscio di casa per poi scomparire all’interno dell’abitazione.
 
 
 


“Imagine cold hands holding your heart,
The thought alone can only tear you apart,
I know you wish it would end, it's sad it's only the start,
These memories they only mean my soul is empty and dark..”
 
 
 
 
 
Non riusciva a smettere di ansimare, di sbuffare, di premere su quel cazzo di acceleratore che non faceva camminare abbastanza la macchina. Stava sfiorando i centotrenta in una zona abitata, ma per una volta Law mandò a fanculo le norme della strada per infilarsi quanto più velocemente possibile in quel dedalo di vie che conosceva a memoria, per arrivare in quella casa che ormai considerava sua.

E nonostante odiasse ammetterlo, nonostante si rendesse conto della mastodontica cazzata che stava facendo, sperò nel profondo del suo cuore di arrivare il prima possibile.

Prima che fosse troppo tardi.

Parcheggiò alla bell’e meglio di fronte l’anonimo condominio, chiudendo la macchina quasi senza accorgersene per correre spasmodicamente verso l’ingresso del palazzo. Tirò fuori un mazzo di chiavi non suo, combattendo con l’evidente agitazione che gli impediva di far smettere alle mani di tremare. Trovò quella giusta, infilandosi nell’androne buio imboccando immediatamente le scale. Corse a perdifiato, fregandosene dei polmoni che bruciavano, delle gambe che si appesantivano ogni scalino di più. Non c’era tempo per soffermarsi a riflettere, per riprendere fiato. Doveva fermarlo prima che facesse la cazzata che gli aveva assicurato avrebbe fatto, lasciandolo da solo a chiedersi come sarebbe stato se lui fosse arrivato in tempo per fermarlo.

Dopo un’infinità di rampe arrivò finalmente di fronte alla porta che così tante volte aveva sbattuto, andandosene furente per qualche discussione idiota. Quella porta contro cui si era così tante volte visto sbattere violentemente, ghignando perché quell’idiota non riusciva nemmeno ad aspettare di essere a letto per spogliarlo e farlo suo.
Riprese in mano le chiavi, reprimendo nuovamente l’istinto di buttare tutto all’aria e tornare a casa, a riposare in vista della giornata sfiancante che lo
aspettava. Fregandosene in modo assurdo di qualsiasi cosa, della sua laurea, del suo futuro, di ogni cosa.

Di ogni cosa che non fosse Kid la sua testa di cazzo.

Quando riuscì ad aprire la porta, nel vedere l’appartamento al buio perse un battito. Nessun rumore riempiva il silenzio assordante che Law si stava costringendo ad affrontare. Strinse i denti, ripetendo come una nenia nella sua testa la stessa richiesta che aveva fatto a quel Dio che non sapeva nemmeno se esistesse.

“Fa che non sia troppo tardi.”

Si chiuse il pesante portone alle spalle, introducendosi in casa a passo deciso. Se era ancora li, poteva trovarsi solo in un posto. Si avviò verso la camera da letto, schivando per un nonnulla la chitarra già chiusa nella sua custodia e tutto l’insieme di valigie che ingombravano il corridoio. Se i bagagli erano ancora li, significava che..

-Esci da casa mia. O ti lancio fuori dalla finestra e me ne fotto se ti rompi l’osso del collo.-

Law riprese a respirare quando sentì quella voce ringhiare contro di lui. Strinse i denti, cercando di ignorare l’impulso di rispondergli a tono come era solito fare in quelle occasioni. Fece un passo all’interno della stanza, fermandosi solo per osservare la figura imponente che si stagliava contro la luce della luna che entrava dalla finestra aperta. -Se mi hai sentito entrare potevi farmi accomodare fuori prima di farmi arrivare qui, non credi Eustass-ya?- ribattè sarcastico con un pizzico di malcelato sollievo nel constatare che effettivamente Kid era ancora a casa sua.

Non se ne era ancora andato.

-Non che mi aspettassi di trovarti ancora qui.- proseguì Law, facendo un altro passo verso il giovane che ancora se ne stava alla finestra. -Per quello non devi preoccuparti. Sto aspettando un taxi, me ne vado. Come ti avevo detto.- scandì con esasperante tranquillità Kid, voltandosi finalmente verso il moro per incrociare i suoi occhi grigi nella penombra. Law sostenne lo sguardo, deciso ad ottenere quello che voleva.

-Non puoi andartene. Non dopo settimane che non ti fai sentire. Non pensare che ti basti inviarmi un penoso messaggio su whatsapp per chiudermi fuori dalla tua vita.- sibilò iroso. Era riuscito a recuperare la sua lucidità, e ora la paura che aveva provato nel vagliare la possibilità che Kid era veramente partito per sempre scomparendo dalla sua vita si era trasformata in rabbia, una rabbia cieca e folle.
Non aveva fatto niente di male, lui. E quell’imbecille non poteva piantarlo in asso solo perché nell’ultimo periodo era stato quasi completamente assente per via degli ultimi preparativi per la laurea. Si era spaccato la schiena per arrivare dov’era, e nessuno, Eustass Kid compreso, avrebbe rovinato i suoi sforzi.

-Credimi Trafalgar , ti sei chiuso fuori da solo. E ora levati, devo andarmene.- si limitò a rispondere il rosso, scostandolo con una spallata per raggiungere i bagagli nel corridoio, diretto verso la porta. -Sei solo un codardo.- lo apostrofò Law, osservandolo suo malgrado con il cuore in gola infilarsi lo zaino, imboccare la chitarra e trascinarsi tutto dietro in direzione del pianerottolo. Si sentiva un’idiota, e odiava il senso di impotenza che Kid riusciva a scatenare in lui quando si imponeva di ignorarlo. -Un codardo che non ha nemmeno un cazzo di cervello per capire che periodo di merda sia stato per me, e che pensa solamente a scappare invece di risolvere i suoi problemi.- proseguì, gli occhi taglienti fissi su Kid, il groppo in gola sempre più pressante.  -E’ tutto qui quello che sei? Un coniglio che scappa quando le cose si fanno difficili? Complimenti Kid, spero tu sia fiero di te!- gli sputò in faccia con voce roca, sibilando il suo nome con disprezzo, al limite della rabbia. Lo osservò alzare lo sguardo dai bagagli, per posarlo furente su di lui.-Tu hai passato un periodo di merda?- chiese quasi in un sussurro, gli occhi spasmodicamente spalancati.

-TU?!- sbraitò, fiondandosi con un balzo su di lui per inchiodarlo al muro con un pugno stretto sul colletto della maglia gialla. -Ma che cazzo ne sai tu di quello che ho passato IO?- sputò, stringendo la presa sul suo collo. -So benissimo quanto per te questa cosa della laurea sia importante, anche se non sembra, io ti ascolto molto di più di quanto tu non possa pensare! Ma ehi, mai che mister “la mia vita è più importante di quella del resto del mondo” in questi tre mesi si sia anche solo sprecato nel chiedere a ME come stessero andando le cose! Se non c’ero, era semplicemente perché anche io mi sto impegnando per raggiungere i miei traguardi, anche io sbatto la testa contro le difficoltà, ma non volevo che i miei problemi ti pesassero! E tutto semplicemente perché sapevo che ti avrei distratto! Ecco perché sono scomparso!- gli urlò in faccia, le fauci strette in una spasmodica morsa di furente collera ormai impossibile da arginare. Law non riusciva a staccare gli occhi da quelli del proprio ragazzo, il fiato di lui caldo e potente sul collo, il respiro appena ansante. -Ma di che stai parlando?- riuscì ad articolare dopo qualche secondo, ancora artigliato nella presa ferrea del suo pugno contro la sua gola. Il rosso non gli rispose subito, si limitò a squadrarlo con delusione, rabbia, tristezza, furia.

-Quando l’altra sera due settimane fa sono venuto da te dopo tutto quel tempo, non era per romperti i coglioni. Ti ricordi come mi hai sbattuto la porta in faccia?! Aspetta, cos’è che hai detto? “Con che coraggio ti presenti qui? Non ho tempo per ascoltare i tuoi deliri di onnipotenza, ho da fare.” Sai cosa Law? Anche io adesso ho da fare.- lo stupì Kid, lasciandolo interdetto.
-Sono anni che mi rompo il culo per diventare un musicista, sai bene quanto io ci tenga, tu lo sai! Non pensare di essere l’unico qui che vuole fare qualcosa nella vita, anche io ho il mio sogno! Sono state delle settimane di merda, ho dovuto provare come se non avessi altro da fare nella vita, non ho quasi chiuso occhio per montare e mandare tutte le demo, e non credere che sia una cosa da dieci minuti e via, ci ho passato giornate intere sullo stesso merda di pezzo per renderlo perfetto!-  sbraitò, il petto imponente che si alzava e si abbassava come un mantice. -Credevo che avresti capito. Coglione io che speravo che di me ti fregasse si e no un cazzo per poterti mettere nei panni di qualcuno che non fossi tu o il tuo fottuto studio.- articolò a fatica Kid, le iridi dorate tremolanti per lo sforzo con cui stava pronunciando quelle parole.

Rimase in silenzio, a fissarlo con un disprezzo che questa volta faceva più male del solito. -Mi hanno proposto un posto come chitarrista in una band, parecchio lontano da qui. Quella sera ero venuto per parlarne con te, volevo farti una sorpresa. E, cazzo, avevo addirittura intenzione di scusarmi per essere scomparso per tutto quel tempo! Pensa te che testa di cazzo! Ma mai che tu riesca ad uscire dalla tua bolla di indifferenza, eh?- lo additò assottigliando gli occhi.
-Non esisti solo tu al mondo Trafalgar, mettitelo bene in testa. E credimi, adesso so esattamente quanto tu ci tenga a me. Coglione io che ho pure avuto la decenza di avvisarti che me ne stavo andando.- concluse, incurvando gli angoli della bocca irrazionalmente larga all’ingiù, in viso un’espressione grave.

Law spalancò gli occhi, incredulo. Non riusciva a razionalizzare nessun pensiero di senso compiuto, nessuna risposta, nessuna domanda. Le cose iniziavano a sembrargli freddamente più chiare, e le conseguenze delle sue azioni sempre più concreto.
Era come se una valanga di mattoni gli fosse caduta tra capo e collo, abbattendolo con il peso di ciò che era stato troppo cieco e troppo concentrato su di se per vedere.

Si chiese da quanto Kid stava cercando di fargli capire nel suo modo contorto che aveva bisogno di lui, ma che non avrebbe mai trovato il coraggio di andare oltre il proprio orgoglio per chiederglielo. Riguardò nella sua mente la scena del rosso sul ciglio della porta, la sua espressione quasi felice che si era improvvisamente incupita per lo sguardo ghiacciato che gli aveva rifilato, le parole taglienti con cui lo aveva liquidato. Rimase immobile, il respiro mozzato. Non sapeva con quale forza di volontà non aveva distolto lo sguardo da quello di quel giovane che non gli sembrava nemmeno di riconoscere. Quel viso che segretamente amava come niente al mondo trasfigurato in quella maschera di furia e dolore che gli faceva male.

Un male che non avrebbe mai voluto provare, ma che si rese conto essere molto più reale di quanto gli andasse di ammettere.

Sebbene Law non fosse mai stato a corto di parole quando necessario, in quel momento rimase muto, muto di fronte alla possibilità concreta di vedere sparire Kid dalla sua vita senza poter fare niente per evitarlo.
E potente come una pressa meccanica, il senso di colpa gli attanagliò le viscere in una morsa amara.

-Come pensavo. Tu ed il tuo fottuto orgoglio.- sussurrò con amarezza il rosso dopo qualche secondo di silenzio, sciogliendo la presa sulla felpa per allontanarsi di qualche passo. Glielo si leggeva in faccia che di andarsene non andava nemmeno a lui, ma Kid non riusciva a pensare ad una soluzione diversa da quella.

Andarsene perché gli sembrava di aver sbagliato tutto.

Andarsene perché non aveva intenzione di farsi vedere debole da nessuno, men che meno da Law.

Andarsene perché non avrebbe permesso a nessuno di mettersi fra lui ed il suo sogno.

Lanciò un ultimo sguardo verso Law, che ancora se ne stava con gli occhi sbarrati fissi di fronte a se, paralizzato. Si impose la calma, distruggere l’appartamento picchiandolo a morte non avrebbe giovato alla sua causa ne al suo portafogli già abbastanza vuoto, per cui si limitò a grugnire, avviandosi finalmente verso il portone, il cuore stretto in una presa ferrea.
Non doveva cedere, non doveva assolutamente dargliela vinta.

Non avrebbe mandato tutto a fanculo solo perché la sola idea di lasciare Law gli rigirava lo stomaco e gli mozzava il fiato.

Non stavolta.

Nel silenzio del pianerottolo schiacciò con violenza il tasto dell’ascensore, sbuffando pesantemente. Quanto cazzo ci metteva ad arrivare?
Quando lo vide finalmente sistemarsi sul piano sospirò, infilandosi insieme a tutta la sua roba nell’angusto cubicolo. Premette il tasto del piano terra, ma qualcosa impedì all’ascensore di chiudersi. Piuttosto incazzato osservò le ante riaprirsi, spalancando gli occhi quando vide di fronte a se Law, gli occhi allucinati, una mano infilata nello spiraglio lasciato dalle porte. Lo fissava come se fosse li li per scoppiare, il fiato grosso nonostante avesse fatto appena tre metri.

-NON PUOI ANDARTENE!-  gli urlò in faccia, facendolo rabbrividire. Da che lo conosceva, non lo aveva mai, mai visto perdere così la calma, nemmeno nelle discussioni più accese, nemmeno nelle situazioni più assurde.
-Non puoi andartene Kid, e non te ne andrai!  Sai perché? Perché se tu te ne vai, il castello crolla! IO CROLLO, PORCA PUTTANA!- continuò a sbraitare Law, ignorando il tremendo desiderio di piangere. Lui non piangeva, non lo avrebbe fatto di fronte a nessuno, figuriamoci di fronte a Kid.
Ma mentre si liberava di quelle parole che gli erano sempre sembrate così difficili da pronunciare, il potente senso liberatorio che le lacrime gli avrebbero concesso lo tentò più volte, sempre ricacciato indietro con forza.

-Mi dispiace, non c’ero quando avrei dovuto. Sono stato un idiota, me ne rendo perfettamente conto. Ma sappi che non posso presentarmi domani sapendo che non ci sarai tu a ridere di me per come sarò vestito, e non riesco minimamente ad immaginare ne domani ne tutta la mia vita senza di te che mi rompi costantemente il cazzo.- confessò, ormai incapace di trattenere le parole. Abbassò lo sguardo, cercando in tutti i modi di regolarizzare il respiro.

Si sentiva una merda, una merda per come aveva trattato Kid, per come si era messo a nudo, per la consapevolezza che probabilmente nemmeno quello sarebbe bastato.

-Io ti amo.- riuscì solo a dire, ripiombando nel silenzio.

Chiuse gli occhi, sperando con tutto se stesso che quelle porte non si richiudessero.
Dopo interminabili secondi, sentì alla fine il familiare suono metallico dell’ascensore rimettersi in moto con un suono secco che lo fece sobbalzare.
E fu in quel momento che un’unica, solitaria lacrima gli rigò la guancia.

Era finita.
 
 
 
 
“As I look up from the ground,
I see darkness all around,
And I'm lost but can be found inside my mind,
Goodbye..”
 
 
 
 
 
-Ed è questo il motivo per cui nella prognosi della stadiazione della leucemia linfoide cronica, una particolare attenzione va ai test di Kanti Rai e a quello proposto in contrapposizione da Jacques-Louis Binet.- procedette nella spiegazione, indicando lo schermo alle sue spalle con il puntatore laser.

Perfettamente concentrato e lanciato, Law stava esponendo in maniera fluida il contenuto della sua tesi, a cui aveva dedicato anima e corpo, lavorandoci su per quasi un anno e mezzo. Di tanto in tanto, tra una slide e l’altra, lanciava qualche sguardo alla platea, incrociando qualche viso familiare, alla ricerca di qualcuno in particolare.

-I trattamenti proposti per il campione di pazienti si sono rivelati quindi estremamente efficaci, ed una ricerca in tal senso potrà nel futuro ridurre notevolmente l’incidenza di questa patologia in età precoce, e sicuramente apre ampi spiragli per una più specializzata terapia anche nei casi terminali. Con ciò ho concluso, grazie per l’attenzione.- completò, rivolgendo un’occhiata alla commissione, che disposta di fianco a se lo fissava con espressioni miste di ammirazione ed estremo orgoglio.

L’intera aula magna esplose in un applauso, e sorridendo appena Law si soffermò su tutti i visi che lo osservavano allegri. Vide suo padre, che si ribaltò sul seggiolino prendendo velocemente fuoco e destando il panico nella sala. Fece una rapida panoramica su Lamy, Koala, Pen, Sabo, Ace, Rufy e i suoi amici, persino suo zio Doflamingo ed il suo compagno Crocodile erano riusciti a raggiungerlo. Gli scaldò il cuore il solo pensiero che tutti loro fossero li per lui, per festeggiare insieme quel traguardo così faticato e sudato.

Scese lentamente verso la prima fila, pronto ad accomodarsi per lasciare la parola al collega dopo di lui, e quasi per inerzia lanciò un ultimo sguardo verso il fondo dell’aula, in alto.

E alla fine, lo vide.

Il cuore gli si fermò di botto nel momento stesso in cui individuò una zazzera rosso sangue fare capolino dalla porta dell’aula, un corpo enorme e muscoloso che inguainato in un abito parecchio elegante si stagliava sulla soglia. Rimase in piedi, gli occhi grigi fissi su Kid, che con una spalla appoggiata allo stipite della porta lo fissava a sua volta, le labbra scure aperte in un ghigno che però di derisorio non aveva nulla.

Non seppe quantificare il tempo che perse immerso in quelle pozze ambrate, senza avvicinarsi ne parlare. Si riscosse solo quando il presidente di commissione lo chiamò preoccupato, chiedendogli se ci fosse qualche problema.

-Assolutamente no signore, va tutto benissimo.- si affrettò a rispondere Law, prendendo posto sulla propria sedia senza riuscire a smettere di sorridere.
Sollevò nuovamente lo sguardo, e nel vedere Kid che prendeva posto accanto a Cora in attesa della sua proclamazione, salutando Lamy e Pen ed ignorando vistosamente le provocazioni di Doflamingo, sentì la pressione sul cuore allentarsi, fino quasi a scomparire.

Forse non l’avrebbe mai più detto ad alta voce, ma lui amava Kid.

E al solo ricordo di quello che era successo appena la notte prima, riconobbe che senza di lui, quel giorno non sarebbe mai stato così bello.
 
 
 
 
 
“It's a red night, and I don't see any light
And then a flat line, I'm fucking ready to die!
It's a red night, if it's wrong or it's right
And if I don't fight it's like being buried alive!”
 
 
 
 
 
 
-Io ti amo.- riuscì solo a dire, ripiombando nel silenzio.

Chiuse gli occhi, sperando con tutto se stesso che quelle porte non si richiudessero.
Dopo interminabili secondi, sentì alla fine il familiare suono metallico dell’ascensore rimettersi in moto con un suono secco che lo fece sobbalzare.
E fu in quel momento che un’unica, solitaria lacrima gli rigò la guancia.

Era finita.

Sollevò gli occhi lucidi, incrociando inaspettatamente, al posto del vuoto che immaginava, le iridi dorate di Kid che lo osservavano intensamente, prive di rabbia o risentimento. -Ti amo anche io.- disse solamente prima di stringerlo a se in un bacio violento, infuocato, primo di inibizione.

Con il cervello ancora in confusione, Law capì dopo parecchio che l’ascensore se ne effettivamente era andato, ma senza Kid dentro. Gli sembrava quasi un miraggio sentire le sue mani bianche scorrergli avidamente al di sotto della maglietta, percepire il suo tocco irruento e tremendamente eccitante.

Oh, se gli era mancato.

Si lasciò trasportare dentro casa, le gambe lunghe strettamente avvinghiate al bacino del rosso. Non avrebbe saputo dire per quanto erano rimasti così, incastrati l’uno all’altro, le lingue perse  in un gioco straziante. Si staccò di malavoglia dal corpo bollente che gli si stringeva accanto solo per vederlo sparire momentaneamente fuori, per poi rientrare in tutta fretta con i bagagli che aveva lasciato in corridoio al seguito. Senza nemmeno far caso a dove mise le valigie, Kid richiuse con un calcio la porta, fiondandosi nuovamente sulla bocca di Law che lo accolse più che volentieri. Lo spogliò con forza, imprimendo in ogni gesto il terrore e la paura che entrambi avevano provato alla sola idea di vivere l’uno senza l’altro.

E mentre affondava finalmente in lui, ascoltando i suoi gemiti, sentendolo sotto di se, attorno a se, e tremendamente vicino a se, Kid ringraziò silenziosamente  il coraggio di Law nell’affrontare il suo orgoglio, la sua freddezza, impedendogli di fare una enorme cazzata.
Gli aveva detto finalmente la verità, e anche se sembravano niente di più di un sussurro, nel sentire quelle ultime tre semplici parole, a Kid era bastato meno di un secondo per decidere il da farsi.

E sapeva che decidere di restare li con lui era la scelta giusta.

Perché in fondo, anche lui amava Law.

E sentirgli pronunciare quella frase, insieme ai gemiti che in quel momento riempivano la stanza mentre entrambi venivano l’uno stretto all’altro, era quanto di più bello le sue orecchie avessero mai ascoltato.
 
 


 
***
 
 
 

-Ora che farai?- chiese Law con voce stanca, il viso affossato nell’incavo del suo collo. Le prime luci dell’alba iniziavano a fare capolino dalla finestra della camera da letto, e non senza una certa dose di disperazione, il moro si accorse di quanto avesse fatto tardi.

Eppure, nel sentire le braccia di Kid che lo stringevano portandoselo sul petto, non gliene importava poi un granchè.

-Non lo so.- gli rispose Kid, il timbro impastato dal sonno. -Continuerò a mandare demo, e nel frattempo penso che studierò ancora. E poi quella band non era poi niente di che. Posso aspirare a molto di più.- ghignò, incrociando lo sguardo mezzo abbioccato di Law che faceva capolino da sotto gli spettinati capelli neri.
-Si, lo so. Sei un gran musicista.- gli disse senza malizia o sarcasmo il moro, poggiandogli un bacio leggero sulle labbra per poi mettersi seduto sul bordo del letto, pronto a tornare a casa e dormire giusto quella mezz’ora che gli avrebbe concesso di non crollare come un imbecille durante la proclamazione.

Rimise a fatica i pantaloni, cercando la felpa con passi lenti e stanchi. Non appena fu sulla porta, sentì la voce di Kid chiamarlo, e anche se a fatica si voltò verso di lui, un sopracciglio alzato.
-A che ora è oggi?- chiese con finto disinteresse il rosso stiracchiandosi, facendolo involontariamente ghignare. -Alle dieci Eustass-ya. E vieni vestito bene, che Cora-san ci tiene.- gli rispose, scuotendo la testa per le sonore proteste che Kid gli aveva rivolto contro al sentire quella richiesta.

-Beh, in ogni caso, se mi dovessi svegliare, avvicinerò. E ora vattene, ho sonno.- lo liquidò alla fine, esaurendo la sua scorta di romanticismo probabilmente per i prossimi diecimila anni.
Forse complice la stanchezza, forse il sollievo per il constatare che effettivamente non l’aveva perso, Law non ribattè alle parole acide di Kid, avviandosi semplicemente verso la porta diretto finalmente a casa.

Seduto scompostamente sul sedile della macchina, Law non riusciva a sentire niente che non fosse sollievo, o stanchezza. Si stranì abbastanza nel non provare ciò che si aspettava: vergogna.

Vergogna per ciò che aveva detto, per il modo in cui si era esposto.

Ma alla fine, riconobbe con disarmante semplicità che se il prezzo da pagare per mantenere integri i suoi muri, le sue barriere, il suo orgoglio, era perdere Kid, sarebbe andato anche contro se stesso, mandando tutto a fanculo pur di riaverlo con se come effettivamente aveva fatto.

Rientrò silenziosamente in casa, buttandosi sul proprio letto e sentendo il sonno avvolgerlo pesantemente. Senza nemmeno accorgersene si ritrovò a sorridere, sorridere per davvero.

Perché lui amava Eustass Kid, e di quella scelta, ne era certo, non se ne sarebbe mai pentito.

Socchiuse gli occhi, teso all’idea che entro poche ore avrebbe realizzato il suo più grande sogno. Eppure, immaginandosi insieme a Kid, riascoltando la sua voce nella testa, ogni ansia spariva.

Con quel pensiero fisso in mente, Law cadde finalmente in un sonno profondo e senza sogni, pronto come non mai ad iniziare un nuovo capitolo della sua vita.
E come sempre, al fianco dell’unico uomo che avrebbe mai amato.

 
 
 
 
 
 
“Cause I, I wanna feel anything
And I know that we all think we can't be wrong
Soon we'll all be gone
And I, I don't know what this means
But if I knew anything, I'd know for sure
I want you all alone..”
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE


Ehilà! *^*
Buongiorno a tutti!
Cosa? Sto ripubblicando in così poco tempo dall’ultima storia? Ma siamo pazzi?!
Ebbene si, grazie all’aiuto della mitica __Page, finalmente questa pazzia ha preso vita. Grazie per il tuo sostegno, non so che fine avrebbe fatto questa OS senza di te! ❤
 
Beh, che dire? Nata da un’ispirazione a caso mentre ascoltavo gli Hollywood Undead. Spero vivamente che questa storia a cui tengo molto vi piaccia, e se vi andasse di farmi sapere cosa ne pensate ci vediamo nell’angolino delle recensioni! ^^
 
P.s, la canzone citata negli intermezzi è “From the ground” (che fantasia), proprio degli HU.
 
Detto ciò vi mando un bacione e a presto,
 
Jules
   
 
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