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Autore: pseudowords    25/04/2017    1 recensioni
[WAS ON HIATUS]
Non ne poteva più di quella situazione snervante, sperava solo che tutto finisse e tornasse alla normalità, anche se in cuor suo sapeva che nulla sarebbe stato come prima; non dopo essere precipitata sul freddo terreno del campo di battaglia.
[TestaBruta centric]
Long che è collocata durante la battaglia contro Drago, vi siete mai immaginati cosa sarebbe successo se Bruta non fosse stata presa al volo?
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astrid, Hiccup Horrendous Haddock III, Moccicoso, Testa Bruta, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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5. Du er ikke alene



Ancora una volta, Bruta si svegliò circondata da persone indaffarate sul lettino della casa di Gothi.
Sbuffò, preparandosi all’ennesima antifona nel quale Astrid le avrebbe ricordato in tutti i modi possibili la sua inutilità al momento.
Era stato un brutto attacco, quello della sera prima, lo poteva notare dalla moltitudine di vichinghi che stavano entrando e uscendo dalla casa di Gothi.
Aguzzò la vista e l’udito, speranzosa di captare qualcosa che le segnalasse la presenza di suo fratello.
Nulla.
Una sensazione di angoscia le pervase le membra.
Dov’era finito?
 
 
 
 
Aprì gli occhi lentamente, cercando di riconnettere gli avvenimenti della sera prima.
Intorno a lui, una fitta nebbia incupiva la foresta.
Sperava che non fosse finito lì in mezzo dopo aver scommesso qualche cosa con Moccicoso durante la sbronza, ma non aveva né il tipico mal di testa né la nausea, il che lo preoccupò.
Strinse le iridi azzurre con fare investigatore.

“Dev’essere qualcosa di serio allora.”  

Pensò il giovane ragazzo, meravigliandosi della parola “serio”, non  la usava quasi mai, né gli capitava di essere giudicato tale e quindi gli sembrava così estranea, quasi in un’altra lingua.
Fece per alzarsi, ma qualcosa lo tenne inchiodato a terra.
Il suo sguardo vagò per la foresta, di cui si riconosceva quasi nulla, in cerca di una possibile trappola che potesse averlo preso in ostaggio.
Quando, spostando lo sguardo verso il basso, vide una folta chioma nera sul suo petto tutto gli si fece più chiaro.
Gli avvenimenti della sera prima gli balenarono nella mente e tutto sembrò farsi più tetro e cupo.
L’attacco al villaggio, le scariche elettriche, la confusione.
E ancora più chiaro si fece il fatto che il suo primo pensiero, per la prima volta nella sua vita,  non fosse andato alla sorella, da poco mutilata, da sola in mezzo ad un’orda di guerrieri sanguinari ma a lei, Grimhilda Bergstrom.
La stessa ragazza che aveva portato in spalla per miglia e miglia dopo che una freccia le aveva colpito la gamba, non sapendo cosa fare.
Gli ricordava Heather, più fisicamente,  che caratterialmente.
In verità, il ragazzo sperava che non si rivelasse come lei.
Heather era stato un punto dolente nella vita del ragazzo: con i suoi lunghi capelli neri e gli  occhi smeraldo dalla forma vagamente felina aveva risvegliato qualcosa in lui che neanche con Astrid, a differenza della maggior parte dei ragazzi a Berk, era scattata.
Era così felice, che per una volta qualcuno stesse ad ascoltarlo per ore senza alzare gli occhi al cielo o dubitare di lui.
Si sentiva capito.
L’euforia però, durò poco, tutto si era rivelato solo uno stupido tranello, che, fatto in buona fede o meno, Tufo non riusciva proprio a perdonare.
Ma la cosa che lo faceva andare in bestia era che tutti l’avessero compatita e ci fossero passati sopra come niente, passando così anche sopra i pezzi del suo cuore.
Capitava spesso che gli dessero dello stupido, ma poche volte si era sentito tale.
Quella era una delle poche volte.
E, per aggiungere il danno alla beffa, Heather aveva cominciato a presentarsi spesso a Berk e ad avere un certo interesse verso Gambedipesce, lasciandolo in un angolo a mangiarsi le mani bollendo d’invidia.
Era per questo che sperava con tutto lui stesso che la sorella rivolgesse la propria attenzione a Moccicoso o a Gambedipesce –preferendo comunque il primo- piuttosto che a quell’Eret figlio di Eret.
Vederla soffrire lo distruggeva sempre, che fosse per Eret o per il suo desiderio di essere come Astrid o per qualsiasi altro motivo.
Le lacrime di sua sorella facevano più male a lui che a lei.
Avrebbe solo voluto vederla felice.

“Mh, Tufo?” la voce tremante di Grimhilda lo distrasse da suoi pensieri, e ne fu anche grato, odiava pensare.
 
“Si?” rispose flebilmente, notando che la ragazza non aveva una bella cera.

“Ho freddo…” mormorò lei, accoccolandosi ancora di più contro il suo petto.
Tufo lottò contro il rossore che si stava propagando per la sua faccia, cercando di agire come al solito.
“Avrò molte cose da spiegarti, Gallina”  sussurrò il ragazzo con tono affranto, pensando alla sua amica pennuta.
“Hai detto qualcosa?”  chiese la ragazza in un sussurro.
Grimhilda non aveva per nulla l’aria di stare bene, era pallida ed emaciata, le labbra tendenti al viola e  la gamba colpita, visibilmente infettata.
Tufo non sapeva cosa fare.
Lui non era un uomo d’azione, non era un esperto né era dotato di grandi capacità di sopravvivenza.
Lui era solamente Tufo.
 
 
 
 
 
“Adesso riposto TOTALE, mi sono spiegata?”  tuonò la giovane Hofferson.
Bruta si accigliò, sbuffando.

“Ma Gothi ha bisogno di me! C’è la metà del villaggio che ha bisogno di cure mediche, non può farcela da sola!” Astrid la guardò, e Bruta sembrò intercettare quello che era in procinto di dire e l’avvisò con un’occhiata di fuoco.
Astrid sospirò, pensando a quanto fossero diversi i gemelli se presi singolarmente.
“Permesso! Scusatemi… Oh, Bucket ciao ehm si ci parlerò, permesso!”
Hiccup si fece strada fra la moltitudine di gente che gremiva la casa di Gothi, ignorando le imprecazioni e le lamentele che i Berkiani gli rivolgevano e scusandosi di tanto in tanto.
Sperava solo qualcuno non lo fermasse per lamentargli chissà quale problema, ora che era il nuovo Capo di Berk.
Si fermò davanti alle due ragazze, col suo solito sorriso sghembo e portò una mano dietro la nuca.
“Ho qualcosa per te” disse poi, rivolgendo lo sguardo verso Bruta.

“Ci ho lavorato sopra tre giorni, è stato un lavoro complicato, ma te lo meriti.” Dalla tasca della veste tirò fuori un aggeggio in ferro e cuoio, accuratamente rifinito e dai tratti delicati.

“Woa, grazie!”  esclamò la ragazza, poi reclinò la testa da un lato e strinse gli occhi a due fessure  “Ma, che cos’è?”  finì poi.
Hiccup la guardò per un secondo, indeciso sul come reagire.
“Dammi il braccio.” Disse con fare rassicurante. “Quello che ti è cadutola scimmiottò, ricordando con una risatina come i gemelli inventassero strane teorie su come gli fosse caduta la gamba.
Bruta, allungò il moncherino titubante, finché non si tranquillizzò quando il ragazzo le strinse una delle fibbie di cuoio attorno all’inizio dell’amputazione.
Ne legò altre due, una a metà del braccio e l’altra poco più su.
Improvvisamente il braccio si fece più pesante e la ragazza non poté fare a meno di guardare la protesti estasiata.

“Non è un uncino!” esclamò euforica. “Non è un uncino!” ripeté poi.
Era la prima volta che un sorriso, per lo meno spontaneo, le illuminava il volto.

“Tirando la cordicella, si contrae.” Le spiegò Hiccup, meravigliato di essere riuscito ad avere l’attenzione del gemelli per più di 7 secondi.

“Grazie!” esclamò con fare da bambina.
Bruta guardò sorniona Astrid, che era rimasta zitta per tutto il tempo.

“Ora che ho due braccia, posso rendermi utile!” disse, prima di dirigersi verso Gothi.
Astrid sospirò, non sarebbe mai cambiata.

Gothi era visibilmente corrucciata, mentre si barcamenava fra tutti i feriti con una maestria invidiabile. Il vociare andava via via aumentando, e se avesse potuto, si sarebbe sicuramente messa a gridare.
La puzza di unguenti era più forte che mai, alcuni stavano addirittura lacrimando.
La giovane Thorsthon la picchiettò su una spalla.
“Serve una mano? Perché io ne ho appena acquistata una nuova di zecca!” il viso di Gothi si rilassò finalmente, lasciandosi scappare un mezzo sorriso.
La vecchia indico con la punta del bastone un angolo buio, dove doveva stare uno dei tanti pazienti.
Si diresse nella direzione indicata da Gothi.
Nella penombra riuscì a riconoscere lo stemma di Drago di un colore rosastro e il suo cuore perse un battito.
Eret.
Era ridotto parecchio male, ed era, colpa sua.
La porta si aprì e andò a sbattere contro la parete con un fragoroso tonfo.
Quello che vide, o meglio, chi vide, la rincuorò tantissimo.

Tufo.
Portava sulle spalle quella che doveva essere la ragazza descritta da uno dei feriti, il ragazzo si guardò un po’ intorno prima di esclamare.

“Che fate lì impalati? Muovetevi!”

 
 
Angolo Autrice.

Hey hey!
Dopo una settimana precisa torno ad aggiornare, vi prego di scusarmi per un eventuale OOC che continuo a temere come la peste, ma non sapevo proprio come caratterizzare Tufo di fronte ad una situazione del genere.
In ogni caso, sono contenta che la storia continui a piacervi.
Sono riuscita a trovare il tempo di aggiornare fra le varie materie da studiare che mi uccidono sempre di più.
Vi lascio i miei social, in caso voleste darmi il vostro parere anche lì.
Bacini
L.


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