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Autore: EcateC    26/04/2017    3 recensioni
La vera storia di Harleen Frances Quinzel, la rigida dottoressa newyorkese che si lasciò sedurre da Joker per diventare la famigerata Harley Quinn, la pagliaccetta bella e simpatica che tutti conosciamo.
Ma da lasciarsi alle spalle una vita di privazioni a conquistare il cuore del super criminale di Gotham c'è una bella differenza, ed è qui che riposa la vera inversione dei ruoli. Provare per credere.
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Gangsta

 

 

 

“Jeannie, Joker cronaca nera”  

“Joker e Jeannie"

“Joker uccide Jeannie"

 

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Era l’una di notte e Harleen ancora non dormiva. Distesa sopra le coperte sgualcite, erano ore che stava facendo ricerche sui variegati crimini commessi dal clown, sia quelli che lui aveva rivendicato che quelli che gli avevano affibbiato più o meno ingiustamente, attraverso il riesame di tutto il materiale che nel tempo aveva racimolato su di lui. 

Aveva grossi faldoni sul copriletto, fogli volanti, raccoglitori per terra e qualche foto segnaletica, ma in tutto quello non aveva trovato riferimenti, nemmeno accenni, sulla misteriosa Jeannie.

Harleen era una psichiatra, sapeva meglio di chiunque altro cosa succedeva quando riaffioravano i grandi dolori del passato, quelli che i pazienti si rifiutano di affrontare e che, archiviati in un cassetto dell’inconscio, costituiscono la chiave di volta per la guarigione mentale.

Jeannie, forse, avrebbe guarito Mr. J, ma Harleen non era del tutto sicura di volerlo curare. 

Insomma, lui era perfetto così. Sempre sorridente, sempre allegro, simpatico, corteggiatore al punto giusto… Certo era un criminale ed era pure violento, ma con lei non lo era mai stato, o no?

No, certo che no. Lui era l’unico che l’aveva capita, l’unico che aveva conquistato il suo cuore intirizzito.

Però

Sì, nel suo ragionamento c’era un grande però. Non era compito suo salvarlo dai suoi incubi? Non era compito suo permettergli di iniziare una nuova vita, senza l’orrore della morte, degli sbirri alle calcagna e delle fughe continue? Lui le aveva migliorato la vita senza neanche rendersene conto, e lei cosa gli aveva dato in cambio? Niente. Anzi, per colpa sua era stato malmenato diverse volte, per non parlare di tutte le angherie che doveva subire quando lei non c’era. Magari stava succedendo anche in questo momento, magari lo stavano picchiando, o affamando…

No, si disse, non ci doveva pensare. Lei lo avrebbe salvato e gli avrebbe dato tutto l’amore di cui aveva bisogno, ma per riuscirci doveva assolutamente farlo uscire da lì. E capire chi fosse Jeannie, possibilmente.

Magari era sua madre, magari sua sorella… Molti uomini cercano nella loro compagna le caratteristiche della figura materna o le tenerezze dell’infanzia, assomigliare a loro sarebbe stato di ottimo auspicio. 

Ma se Jeannie fosse una sua ex? E se fosse ancora viva? Sarebbe un bel problema, perché significherebbe che “lui è ancora innamorato di lei, e se è innamorato di lei non può anche esserlo di me, a meno che non soffra di una strana forma di fragilità emotivo-sentimentale, tale per cui sarebbe minata in radice la sua capacità di scelta di un partner. Ciò spiegherebbe anche il ricorso alla prostituzione e il desiderio di… Di…”

Harleen si prese il cuscino e se lo premette in faccia. Tutta questa psicanalisi avrebbe finito per darle alla testa, prima o poi. 

Senza pensarci due volte, prese il cellulare dal comodino.

“Ciao, Mr. J…” digitò nello schermo dello smartphone “Dormi?”

“Sono Gaggy, genio. E sì, dormivo”

Harleen per poco non gettò il cellulare contro al muro. Pur sapendo che quello non era il vero numero di Joker, continuava imperterrita ad usarlo come se lo fosse. Ma dopo cinque minuti le arrivò un altro messaggio dal contenuto decisamente bizzarro…

“La follia è come la gravità, Harleen Quinzel, basta solo una piccola spinta!”

La ragazza rimase a guardare lo schermo a bocca aperta, e il cuore iniziò a batterle all’impazzata.

“Che vuoi dire?” scrisse velocemente, mentre un barlume di speranza iniziò a farsi strada in lei.

Voglio dire che la spinta posso dartela io. Ti piace l’altalena? Va su e giù, su e giù…

“Mr. J, sei tu??” scrisse subito colma di emozione, e già il sorriso le era riaffiorato sulle labbra.

“No, Pumpkin pie, sono Gaggy”

Harleen fece un urletto eccitato e si alzò a sedere con le ginocchia sul letto. Era lui! Non sapeva come fosse possibile, ma era lui, lui! Proprio lui.

“Invece sei tu!”

Non sono io…”

“Sì!”

“No”

“Sì!!!”

“Nein ù_ù”

“Sì, sì e ancora sì!” scrisse Harleen, piena di entusiasmo “Ti amo da morire. Vorrei tanto essere lì con te”

Ma dopo quel messaggio, l’interlocutore non le rispose più.

“Mr. J? Ci sei ancora?” gli scrisse la ragazza, preoccupata “Perché non mi rispondi?”

Passarono altri dieci minuti, ma non comparve alcuna risposta.

“Mr. J? Ho detto qualcosa di sbagliato?

1:45:  Ti prego, mi dici qualcosa?”

1:58:  Ok, allora ci vediamo martedì… Io non vedo l’ora.

2:01:  Ma sei arrabbiato?

2:05:  Ok, non ti disturbo più, buonanotte.

2:20:   :(

2:23 ….Vuoi che ti porti qualcosa da mangiare? 

2.29  Non sei simpatico. Se non mi rispondi, scriverò nel referto che sei antipatico e che non hai senso dell’umorismo.

2:30  BANG! Morta.

2:30  <3 <3 <3 <3

 

Chiunque fosse questa fantomatica Jeannie, doveva rimanere dov’era: nel dimenticatoio.

Peccato che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.

 

 

 

 

 

 

Gotham City è una città magica. Ciò che accade di notte tra le sue vie rimane sigillato nella notte, e di giorno è come se niente fosse successo.

La vita riprende il suo corso, gli uomini vanno a lavorare, i bambini vanno a scuola, i bar sono affollati e la metropolitana ritarda. Tutto nella norma, insomma.

Peccato solo che quello stato di apparente normalità sia solo uno schermo, una tenda che cela il reale palcoscenico. Perché la notte ritorna, e con lei tutti i mostri e le loro atrocità. Il teatro degli orrori si riapre, si leva il sipario e la famigerata macelleria notturna riprende il suo corso.

Amanda Waller lo sa bene, e non si stupisce del fatto che la microcriminalità sia rifiorita da quando non c’è più Joker a dirigere la compagine delinquenziale. Con Joker i ladruncoli non esistono: muoiono ancora prima di varcare i confini dell’isola. Ironia della sorte, anche lui contribuisce a mantenere l’ordine.

Ma se nel teatro di guerra manca il registra, il caos è una conseguenza inevitabile.

Lo sa bene anche Harleen, che sul far della sera era tornata a casa, più confusa che mai. Dopo che Mr J. aveva pronunciato il nome di quella donna, le cose fra loro erano leggermente cambiate. Lui sorrideva sempre e scherzava, ma la sua mente era diventata un muro insondabile, più enigmatica del solito.

Harleen aveva chiesto a Gaggy chi fosse Jeannie, ma costui di tutta risposta le disse che non l’aveva mai sentita nominare e aggiunse una frase che la dottoressa avrebbe preferito non sentire “Chiedi a Irina, la sua puttana. Sa più cose lei di Joker che il Pentagono e la CIA messi insieme”.

Altra cosa che fece letteralmente imbestialire Harleen. Che Joker andasse a puttane ormai l’aveva accettato, per quanto dolore -e ansia- la cosa le procurasse. Ma che ne avesse una preferita con la quale si confidava non poteva sopportarlo. Lei doveva essere la sua unica confidente e la sua unica donna, e presto lo sarebbe diventata.

 

Dopo averci pensato più e più volte, parcheggiò la macchina difronte a un gruppo di ragazze ferme sul marciapiede. Sembravano vivacemente allegre ed erano variopinte, nessuna di loro aveva lo stesso colore di capelli o gli stessi vestiti. Harleen aveva sentito spesso parlare di loro e del loro lavoro, ma era uno di quegli argomenti scomodi che aveva sempre cercato di evitare. 

Quelle classiche cose che tutti sanno ma che fingono di non sapere per comodità morale e per non sentirsi in colpa, come la fame nel mondo, la corruzione e la condizione della donna in certi paesi.

E quello era già il terzo gruppo di ragazze con cui si apprestava a parlare. Si avvicinò loro cautamente, perché un’altra cosa che bisogna sapere su Gotham City è che le sue prostitute, per un motivo o per un altro, sono più armate di un esercito di contrabbandieri russi. Massima cautela sempre, se non vuoi ritrovarti con un buco in testa prima ancora di affacciarti dall’auto.

La ragazza uscì quindi dalla sua macchina e si avvicinò a quel gruppetto chiacchiericcio. Appena la videro, le donzelle smisero subito di parlare e le puntarono gli occhi addosso, squadrandola dall’alto al basso.

-E questa chi è?- domandò una, con un’espressione disgustata.

-Sembra mia nonna- disse un’altra, una transessuale a giudicare dal fisico imponente.

-Tesoro, se sei qui per un servizio va bene, ma se vuoi aprire la tua attività, mi dispiace ma siamo al completo-

-No, io…- Harleen inspirò, si sentiva come se fosse tornata al liceo -Volevo sapere se fra voi c’era una ragazza di nome Irina-

-Irina… Conosci una certa Irina, Ramona?- 

-Irina, Irina… No, Cindy, forse questo caso umano si è sbagliato. Prova in convento, cocca, sicuramente la tua amica sarà lì-

-E Joker?- sparò Harleen, in un impeto di coraggio dato dall'indignazione - Conoscete il Joker o neanche lui avete mai sentito nominare!?-

Come Harleen pronunciò il suo nome, accadde ciò che era già successo con i primi due gruppi: le prostitute tacquero subito, i loro visi si fecero allarmati e un gelo generale scese sul marciapiede. Ma questa volta Harleen non fu scacciata, perché fra di loro si fece largo una donna minuta e di media bellezza, con le lenti a contatto gialle e due micro codini sulla testa mora. Indossava con disinvoltura un paio di pantaloncini a scacchi e una maglietta attillata con su scritto Kill the monster, al di sotto la quale si intravedeva tatticamente il tatuaggio di una pistola. Quella pettinatura da bambina era ridicola, ma il look nel complesso appariva agli occhi della psichiatra stranamente bello, tanto che ne rimase affascinata.

-Conosci Jolly?- le chiese, con il viso semi oscurato dal buio.

-Sei tu Irina?- rimbeccò Harleen stringendo lo sguardo, infastidita da quel nomignolo.

-Preferisco Darla, Irina è il mio nome da lavoro- le rispose con voce vellutata, restando ancora semi nascosta -Come conosci il mio Jolly?-

-Il tuo Jolly?

-Il mio ragazzo, sì- la prostituta avanzò fino alla luce del lampione -Come lo conosci?-

Harleen arrossì e ammutolì. Il volto di Irina era completamente sfigurato da cicatrici e bruciature, tanto da rendere la sua bellezza irriconoscibile. “Lui le ha fatto questo!?” pensò subito la psichiatra, inorridita.

-Che ti prende, biondina? Il gatto ti ha mangiato la lingua?-

-Io lavoro per l’Arkham Asylum- cominciò Harleen, riprendendosi -Mi hanno detto che tu lo conosci bene e…-

-Certo che lo conosco bene, è il mio ragazzo-

E due. Harleen la fulminò con lo sguardo, una sensazione sgradevole di rabbia mista ad invidia e frustrazione le pervase il petto.

-Lui non è il tuo ragazzo- le disse solo, con un sorriso forzato.

-Sì, che lo è, gioia. Come scopa con me non lo fa con nessun’altra- la provocò, avvicinandosi spudoratamente -Tu quindi chi saresti? L’infermiera innamorata che vuole darsi al malaffare? Mi basta guardarti per capire che non fa per te. Lascialo perdere, tesoro, te lo consiglio caldamente-

Più che un consiglio, quelle parole suonavano come una minaccia. Anche lo sguardo giallo di Darla aveva un che di inquietante, ma Harleen non si lasciò intimidire. 

-Non sono un’infermiera, sono il suo medico psichiatra- le rispose, inacidita -Ma probabilmente non sai neanche che differenza ci sia-

-Sono una puttana, non sono stupida- 

-Beh, da come parli sembra di sì- ribatté Harleen, sostenendo il suo sguardo -E sappi che abbiamo raggiunto una certa intimità durante le nostre sedute, e senza neanche il bisogno che io mi prostituissi-

Irina le fece un sorriso malevolo, e alle loro spalle si levò un coro beffardo di “Uhhh!” da parte delle altre ragazze. Harleen le ignorò.

-Una certa intimità?- le domandò, alzando un sopracciglio disegnato ad arte.

-Sì, ma prima ho bisogno di sapere una cosa da te. Mr. J ha parlato di una certa Jeannie durante un nostro incontro, ma nessuno sa chi sia né ci sono riferimenti sul suo nome. Se la conosci o sai qualcosa, ti prego di riferirmelo, per il suo bene-

Ma Darla inaspettatamente ridacchiò -Il suo bene? Merda, ti ha fatto proprio il lavaggio del cervello-

-Puoi rispondermi, per cortesia?-

-Se anche sapessi chi fosse, non te lo direi- ghignò, con una vocetta dispettosa.

-Quindi non lo sai?-

-Non ho detto che non lo so. Ho detto che non lo dico a te, che è diverso-

-Non capisci che io lo voglio aiutare? Che sto dalla sua parte!?- 

-E io sto nel suo letto, quale delle due parti è meglio?- le rispose, sempre più odiosa -Ma dimmi una cosa, quante volte te lo sei fatto per asserire di avere avuto un’intimità con lui?- fece le virgolette con le dita alla parola “intimità” -No, perché la cosa mi incuriosisce, non sei esattamente il suo tipo…-

“Non esiste solo l’intimità sessuale” avrebbe voluto rispondere, ma per ovvi motivi preferì non farlo.

-Come immaginavo, niente di niente. Che ingiustizia… C’è chi riceve tutto e chi non prende neanche un dito- 

Le donne dietro ridacchiarono, ma lei cercò con tutta se stessa di mantenere il contatto visivo e di non accogliere l’ennesima umiliazione supinamente, come aveva sempre fatto fino a un mese fa. Se voleva essere davvero la donna di Joker, doveva dimostrare al mondo di esserne degna, ma prima di tutto doveva dimostrarlo a se stessa. Irina aveva una pistola appesa al fianco: sarebbe bastato uno scatto veloce mentre lei era voltata e il gioco era fatto, l’inversione dei ruoli vittima/carnefice compiuta. Sembrava facile, Mr. J ce l’avrebbe fatta sicuramente. 

-Ve lo immaginate Jolly che si fa questa?- continuava la mora, ignara -Me lo immagino meglio con uomo che con questa sfigata-

Con una velocità che non credeva di avere, Harleen le strappò la sottile pistola dalla fondina di pizzo. 

-Ma, ehi!- gridò Darla per la sorpresa, ma non fece in tempo a dire nient’altro. La psichiatra le puntò sulla fronte la revolver e e sparò. Il tonfo fu sordo, Darla cadde pesantemente a terra, a faccia in giù.

Subito si levò il panico, le prostitute gridarono e sfoderarono le loro armi, chi stiletti, chi pistole, ma Harleen fu più furba e le precedette.

-Sparatemi e Joker e i suoi uomini vi verranno a cercare!- gridò loro minacciosa, con una voce che non si riconobbe neanche  -Fatemi del male e ne risponderete a lui-

Le donne si guardarono allarmate, tre di loro abbassarono le armi e Harleen si girò verso la sua prima vittima, che giaceva a terra in una pozza di sangue.

-Così impari a chiamarlo Jolly- sussurrò al cadavere, lanciandogli la rivoltella “Lui è Puddin’ “ pensò con un sorriso soddisfatto, voltandosi con la schiena dritta per tornare alla macchina.

 

Di solito, a Gotham, uno sparo in piena notte non crea scalpore, gli abitanti sono talmente abituati da non farci più caso. Ma questa volta il delitto di Harleen non passò in osservato: nascosto nel buio sopra a un’impalcatura, Gaggy aveva osservato la scena dall’alto. Prese il cellulare, compose il numero e chiamò l’Arkham Asylum.

 

___________________________________

 

 

-Giovane prostituta trovata morta di fianco allo di Starbucks della quarta strada. Gli inquirenti indagano: “Era in rapporti con Joker”. Ancora una volta, il timore che Joker abbia dei contatti con l’esterno si acuisce, l’FBI conferma che la vittima…-

 

Harleen spense subito l’autoradio, irritata. Era incredibile, Gotham pullulava di morti e persone scomparse, ma i casi trattati dai media riguardavano sempre e solo quelli che coinvolgevano il Joker.

-Non è sempre colpa sua!- rimbeccò all’apparecchio -Non è che se accade qualcosa di brutto è sempre e solo colpa di Mr. J, che cavolo-

Mentre parlava così, per poco non sbandò contro l’automobile nella careggiata opposta.

-E stai attento, idiota!- gli gridò dal finestrino, mentre questi suonava il clacson all’impazzata.

“Sto idiota. Questa è una città di idioti, ha ragione Mr. J”

Giunta al parcheggio, Harleen arrivò in ufficio con mezz’ora di ritardo, circostanza mai successa in dieci anni di studio e carriera. Aveva i capelli sciolti e la camicetta fuori dalla gonna, ma malgrado l’aspetto trasandato e la nottata in bianco, non era mai stata così affascinante come ora.

-Sei in ritardo- la salutò Rebecca, ma lei neanche rispose. Si sentiva potente e leggera, come se si fosse appena liberata da un pesante fardello e il sorriso che le aleggiava sulle labbra ne testimoniava l’euforia. 

E il motivo era uno solo: tra poco avrebbe visto lui

-Portami gli archivi su Mr. J- ordinò alla segretaria con tono esigente, sedendosi di fronte al computer -Ho bisogno di vedere una cosa-

-Come, prego?-

-Cosa non capisci di ‘portami gli archivi relativi a Mr. J?’- sbottò all’improvviso -Devo farti lo spelling?-

Rebecca rimase esterrefatta, tanto che Harleen se ne rese conto e corresse il tiro.

-Oh, certo- sorrise, chiudendo gli occhi in segno di sfinimento -Cara Rebecca, saresti così gentile da portarmi l’elenco delle vittime di Joker, per cortesia?-

-Tu stai male, ma veramente male. Volevo solo dirti che oggi la seduta con Joker è annullata-

-Come sarebbe annullata?- domandò la ragazza, scattando in piedi -Ma gli devo parlare, non è opportuno interrompere la cura, ha troppi effetti collaterali!-

-Io riferisco solo le decisioni che vengono prese, se mi dicono...-

Ma Harleen non lasciò terminare, uscì e si precipitò subito nell’ufficio del direttore Arkham.

Oltrepassò Griggs, che le fece l’occhiolino, e spalancò la porta del direttore senza neanche preoccuparsi di bussare, ma seduta al posto di Arkham con le mani incrociate, c’era la Waller.

-Oh, dottoressa Quinzel, qual buon vento- le disse con voce pericolosamente gioviale, accennando perfino un sorriso. Harleen ammutolì per un istante. 

-La vedo piuttosto provata. Nottata difficile?-

-Dov’è il direttore?- le chiese con tono che tradiva un’evidente preoccupazione -Voglio parlare con lui-

-Il direttore oggi non c’è, puoi parlare con me- le rispose sorridendo -Ha qualche recriminazione da fare alla struttura?-

-No, nessuna- rispose Harleen, impassibile -Vorrei solo lavorare in pace-

-Direi che il suo lavoro l’ha già sufficientemente svolto via chat l’altra notte-

La Waller la guardò fissamente sotto le sue palpebre pesanti, talmente ferme che sembrano quelle di un serpente. La ragazza, invece, non ebbe il coraggio di replicare.

-Sa? Quando l’ho conosciuta mi sarei aspettata tutto meno che questo. Amoreggiare con un criminale psicopatico… In quel momento ho provato una forte compassione nei suoi confronti, rasentai perfino il dispiacere, e le garantisco che non sono il tipo che si lascia intenerire, dottoressa. Ma poi questa storia si è protratta, e io mi sono detta: sopporta ancora un po’, Amanda, magari la ragazza scopre qualcosa di interessante, magari quel pazzo è realmente bendisposto verso di lei… Ma alla fine mi sono sbagliata. Ho solo assistito all’ennesima, fosca trovata del Joker-

-Signora…-

-No, lasciami finire, cara. Avrei almeno cinque capi d’accusa per metterti in galera e buttare via la chiave, ma sai cosa c’è? Me ne vergogno. Cosa direbbero di me i giornalisti se sapessero che ho permesso una simile buffonata? Perderei la credibilità che mi sono faticosamente costruita in tutto questo tempo, senza contare che quel delinquente l'avrebbe vinta anche questa volta… No, meglio tenercelo per noi, sarà il nostro piccolo segreto, va bene, dottoressa?-

Harleen non rispose, stava sudando freddo. 

-Non ha niente da dirmi?-

-Io stavo solo facendo il mio lavoro, non credevo che…- ma la ragazza si interruppe. Dalla porta entrò come se niente fosse un uomo imponente e alto quasi due metri, vestito di nero e con il viso parzialmente coperto da una maschera: Batman. 

-Oh, la prego non faccia caso a me- le disse quest’ultimo, leggendo lo sconcerto nel viso di Harleen -Vada pure avanti-

La ragazza cercò di ignorarlo e di continuare a parlare, puntando tutte le sue attenzioni sulla Waller, ma il cavaliere oscuro non era certo un tipo d'uomo che passava in osservato. Si mise di fianco alla Waller, con le braccia conserte e il suo solito contegno austero. A dire il vero la sorpresa di Harleen era più che giustificata, non capita tutti i giorni di vedere soggetti come Batman o come Poison Ivy per la strada. I Meta-umani sono delle autentiche celebrità, visibili solo in televisione o nelle foto di qualche bravo giornalista.

-Sì… Ehm, dicevo… Io non avevo preventivato che, ecco… Raggiungessimo un’intimità tale per cui lui si confidasse realmente con me- continuò Harleen, cercando di mantenere la lucidità -Ma non avete motivo di preoccuparvi. Questo non costituirà per voi alcun pericolo o minaccia-

Batman si piegò e disse due parole alla Waller, la quale annuì con fare pensieroso.

-Io non sono affatto preoccupata dottoressa- precisò quest’ultima- L’unica reale minaccia che c’è qui dentro sono io, non voi. Dico bene, B.?-

Batman forzó un sorriso e annuì, poi aggiunse -Posso scambiare due parole in privato con la dottoressa, per cortesia?-

-Ma certo, tanto poi sai che mi dovrai dire tutto- gli disse con sincera gentilezza, appoggiandogli la mano sul braccio -Ti do cinque minuti, non ho ancora finito con lei-

-Cinque minuti, parola mia- le garantì il supereroe. Doveva esserle molto amico per aver raggiunto una tale confidenza con quel muro di donna, pensò Harleen.

Ma, soprattutto, si diede della pazza per aver accettato un colloquio privato con lui, il nemico giurato del suo aspirante fidanzato. Peccato che non si fosse tenuta la revolver di Darla… 

-Dunque hai fatto amicizia col Joker?- le disse Batman, non appena rimasero soli.

-È un ragazzo socievole- gli rispose gelidamente.

-Certo, e scommetto che mi dirai che è anche molto simpatico, non è vero?- il suo tono era amichevole.

-Cosa vuole da me?

-Intanto che tu mi dia del tu e poi… Null’altro. Voglio solo aiutarti, che tu ci creda o no, non sono tuo nemico né sono venuto qui per minacciarti- le disse, con voce gentile ma sostenuta. 

-Non ho bisogno del tuo aiuto-

-A me sembra di sì, invece. Sai quanti psichiatri ha ucciso il Joker in tutta la sua carriera?-

-Tre- rispose subito Harleen

-Quattordici. E sai quanti ne ha avuti? Sedici. Due sono riuscito a salvarli- le rispose pacatamente Batman -Ma questo nessuno lo sa. Sai, cercare di racimolare informazioni su di lui è fondamentale, e gli psichiatri sono i migliori in questo campo, gli unici che possono farlo… Se sapessero che averlo in cura è una condanna a morte, non accetterebbe più la carica nessuno-

Harleen rimase sgomenta, ma celò bene l’orrore che stava provando.

-Vattene da qui, scappa da questo inferno- continuò Batman, persuasivo -Sei così giovane, meriti di vivere una vita degna di questo nome. Non condannarti con le tue mani, lascia che ti aiuti, potrei non esserci quando avrai bisogno di me-

-Morirei se me ne andassi- ribatté Harleen, sull’orlo delle lacrime -Ho effettivamente bisogno d’aiuto, ma non del tuo. Con permesso-

E detto questo, uscì e si recò nel bagno delle donne più vicino.

 

________________

 

-Lui non è pazzo-

-Questo gliel’ho detto io la prima volta che ci siamo viste. L’unica pazza qui mi sembra lei. Lo sa come tratta le donne? Ha visto dai suoi archivi come le riduce?-

Subito il volto di Irina comparve nella visuale di Harleen, e un brivido di terrore le scivolò sulla schiena.

-Dottoressa, io capisco che qualche volta si ha bisogno anche di… Sognare, ma devi riprenderti, non siamo in una favola. Inizia a preparare le tue cose, consegnerai le tue dimissioni spontanee domani mattina-

-No, la prego!-

-Sono stata fin troppo generosa con te, te lo assicuro-

-Mi ha parlato di una certa Jeannie- le rivelò Harleen angosciata, e la Waller si fermò sulla porta -Sembrava affranto, ho notato per la prima volta un’emozione reale in lui-

-Hai detto Jeannie?-

-Lei sa chi è?-

La Waller la guardò negli occhi prima di risponderle, come a volerla soppesare e intimidire a un tempo.

-Il nome Jack Napier le dice qualcosa, dottoressa?-

Harleen tacque, ma il battito forte del suo cuore parlava per lei, tanto che sentii il bisogno di sedersi.

-No. Come immaginavo- continuò la donna più anziana, tornando indietro a versarsi dello scotch -Brevemente, Jeannie Napier era la moglie di questo Jack Napier. Formavano una coppietta felice, di quelle che si incontrano al college e che si sposano subito dopo, sa, le solite cose… Solo che un bel giorno accadde la tragedia. Jeannie perse la vita a causa di un impensabile incidente domestico, un episodio tragico e comico al tempo stesso- la Waller si fermò, Harleen aveva un’espressione sofferente, come se la disgrazia l’avesse riguardata personalmente -Costei- riprese, guardandola dal basso -Rimase folgorata dall’esplosione di uno scalda biberon mentre stava aspettando il suo primo figlio, durante il settimo mese di gravidanza-

-È uno scherzo?- le chiese la ragazza con un filo di voce, scioccata.

-No-

-E dopo cos’è successo a Jack?-

-È ciò che tutto il mondo vorrebbe sapere, dottoressa- le rispose la Waller, calma -Jack Napier, o altrimenti conosciuto come ‘il Joker’, è diventato qualcosa che nessuno di noi sa spiegarsi. Non è né umano né Meta-umano, perché possiede abilità fisiche e intellettuali largamente superiori a quelle di un uomo, ma allo stesso tempo non ha alcun gene mutante nel suo DNA. Come è possibile, secondo lei?-

Harleen abbassò lo sguardo e istintivamente si portò una ciocca dietro all’orecchio. Lei sapeva come rispondere, lui era il Joker, il suo splendido e meraviglioso Joker, e tanto bastava per giustificare quanto fosse straordinario.

-Non lo so- rispose semplicemente, cercando di mantenersi impassibile.

-Ecco, facciamo un patto. Io ti consento di averlo in cura per un altro paio di settimane a costo che tu mi dica qual è il suo segreto e la sua natura. Che ne dici?-

Harleen non ci dovette pensare neanche un momento.

-Ci sto- disse solo, stringendole la mano.

Avrebbe fatto tutto pur di rivederlo, perfino mentire a una delle figure più potenti degli Stati Uniti d’America.

 

 

_________________

 

 

-Mai cominciare dalla testa, Harley, se no la vittima rimane confusa. La comicità sta anche nei tempi, dov’è il divertimento se la fai fuori subito?-

Seduta di fronte al suo paziente con sguardo sognante, la dottoressa Quinzel sentiva di aver trovato la sua dimensione.

-Pensavo ti saresti arrabbiato per la morte di Irina- gli disse, cercando di guardarlo più dolcemente possibile.

-Nah, non mi sono arrabbiato, mi sono solo rovinosamente eccitato. Il che è ugualmente pericoloso, soprattutto quando ho la camicia di forza… Fa un male… Mi presti una mano?-

La ragazza arrossì e fece una risata argentina -Mr. J, preferisco tenermi le mani attaccate ai polsi, se non ti spiace-

-Zuccherino…-

-Cominciamo? Questa recente perdita che tipo sentimenti ha destato in te?-

-Nessun sentimento. Solo una pazzesca voglia di vodka e di portarti a letto-

La ragazza annuì e fece finta di scrivere, teatrino inscenato per la telecamera. Le mancava il respiro, la testa era pesante e il calore tra le gambe sempre più umido e scomodo.

-E che cosa ne pensa a riguardo, signor Joker?-

-Penso che tra poco mi toglierò questa camicia di forza e ti aprirò in due come un limone- rise della sua stessa battuta.

-Interessante, ma non credo che ne sia capace- 

-Metti alla prova il Joker, signorina?- le domandò, cambiando pericolosamente tono. In quel momento Harleen non sapeva se stesse scherzando o meno.

-No- gli rispose subito.

-Ahi, ahi, ahi, conosco quello sguardo…- ridacchiò, arricciando il naso - Hai tanta paura, vero? Ti sto facendo paura?-

-No- mentì la psichiatra, senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Non aveva paura, era terrorizzata.

 

 

 

 

 

Note

Scusate, scusate, scusate. Non ho parole per descrivere quanto mi dispiaccia di aver tardato così.

Spero che ci sia ancora qualcuno che legga e che abbia voglia di farmi sapere. Un bacio e a presto (ve lo garantisco).

Ecate

   
 
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