Libri > Il fantasma dell'Opera
Segui la storia  |       
Autore: Elphie94    27/04/2017    1 recensioni
[Modern!AU] Considerato il più grandioso genio del nuovo secolo, Erik Danton vive recluso, nascondendo al mondo la ragione della sua volontaria segregazione. La sua vita cambia quando vi entra a far parte Meg Giry, una ragazza spavalda e apparentemente senza regole, che diverrà la sua nuova (quanto involuta) allieva. Tra i due non scorre buon sangue, ma nessuno, neanche Erik, può prevedere il futuro...
[Edit 2020: lievi correzioni e modifiche al testo.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Erik/Il fantasma
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Scena III.
[ Studio medico. I due personaggi si fronteggiano. Meg divora senza grazia un dolcetto. ]

MEG: È insopportabile. Sono seria! Ora capisco perché passa la vita da eremita — scommetto che nessuno lo vuole.
DOTTORESSA LAURENT: Credo che abbia più a che fare con la sua deformità.
MEG: Quello che è. Poi, con tutti i soldi che ha, non potrebbe permettersi una plastica facciale?
DOTTORESSA LAURENT: Forse la sua malformazione al viso è tanto grave che gli ha reso impossibile anche questa opzione. Potrebbe essere diffusa anche ad altre parti del suo corpo.
MEG: Che schifo.
DOTTORESSA LAURENT: (in tono di rimprovero) Meg.
MEG: (vergognosa) Sì, lo so. Non è il suo aspetto che mi preoccupa, davvero. Ma se continua così commetterò un omicidio. O sarà lui ad uccidermi per primo, chissà.
DOTTORESSA LAURENT: Non hai ancora interrotto le lezioni, però.
MEG: Siete voi a ripetermi che non devo interromperle.
DOTTORESSA LAURENT: E tu sei famosa per dare ascolto agli altri, certo.
MEG: Non so. È che riprendere a suonare il pianoforte dopo tanto tempo… mi ridà vigore. Vita. Gli incubi sono passati — certo, anche grazie alla terapia, ma… In quei momenti, quando suono il piano, ricordo com'era suonarlo con mio padre, e non con quel demente mascherato. E mi viene da piangere, ma non ci riesco — non riesco a versare una lacrima, perché so che devo essere forte, per mia madre e per Dany, ma…
DOTTORESSA LAURENT: Meg, era proprio questo lo scopo delle lezioni: farti riscoprire il rapporto con tuo padre. Ti sentiresti di andare a trovarlo al cimitero, adesso?
MEG: Mia madre lo vorrebbe. Ma… (si irrigidisce) Oh, non so.
DOTTORESSA LAURENT: Troverai in te stessa la risposta. (Meg finisce di mangiare il dolcetto e sospira.)



iii.


Il culmine arriva circa due mesi e mezzo dopo il loro primo incontro. Lavorano su un brano di Mozart da circa tre settimane, ma non esce fuori che un aborto malformato di quella che dovrebbe essere la Marcia Turca. Ed Erik è stanco: non è mai stato una persona paziente, e oggi lo dimostra.
«Ti avevo detto di esercitarti» le ricorda con voce grezza e un indice puntato sul suo viso piccolo e scuro. Le guance di Meg si gonfiano di rabbia e qualcos'altro — vergogna.
«L'ho fatto» mente la spudorata.
«Non è vero.»
«Sì che è vero!»
«Se lo fosse, non saremmo qui a parlarne. Se ti fossi esercitata invece di ascoltare quella oscenità che chiami mus—»
È il turno di lei di alzarsi in piedi. È esasperata, nervosa e piena di risentimento, questo lo può vedere. Erik non lo sa, ma ha una carriera da ballerina da mandare avanti e una figlia piccola di cui occuparsi, e non può perdere tempo con un insegnante fin troppo pedante e scontroso.
«Non è un'oscenità, è heavy metal. E tu sei solo un frustrato» ribatte Meg, e questa volta è lei a puntargli contro un indice. Le cuffie le ballonzolano dalla tasca dei jeans, le stesse con cui ascolta quella roba infernale che lei definisce musica.
«Io sarei cosa
«Sei solo, annoiato e ti serve qualcuno su cui riversare il tuo rancore verso Dio e l’universo intero, ma io non sono una terapista, chiaro? E non sono nemmeno tua allieva. Mia madre mi ha detto che sai la vera ragione per cui sono qui — pensava che ti saresti comportato con delicatezza nei miei riguardi, vista la situazione, e invece ti sei dimostrato lo stronzo che sei. Deve essere questo il motivo per cui lei ti ha abbandonato, alla fine.»
Erik sussulta. I nervi gli si tendono fino allo spasimo. «Cosa?» chiede in un sibilo.
«Sai benissimo di chi parlo. Christine Daaé, la nuova Margherita come è stata definita al suo debutto nel Faust, protetta del Mozart del nuovo secolo… sposa del suo amico d'infanzia e visconte Raoul de Chagny.» Incrocia le braccia al petto; una posa decisamente arrogante e velenosa che lo fa infuriare ancora di più.
«Ho fatto delle ricerche su di te, sai? Mia madre era l'unica a sapere dello scambio morale tra te e la Daaé. Ti faceva riservare il palco numero 5 dalla direzione ad ogni sua esibizione all'Opera. E ora lei è felice in Svezia, la sua terra natia, senza te che le fai da stalker — perché questo eri per lei, vero? Un'ombra maligna. Si è liberata di te, e all'inizio, prima di conoscerti, non mi sembrava concepibile: lui è il più grande musicista del nostro tempo, mi dicevo, come può aver infranto ogni rapporto con lui? E poi ho capito. Sei un bastardo, ecco perché. Non so bene cosa provassi per lei, anche se lo posso immaginare, ma sai che ti dico? Tu non la meritavi!»
Entrambi tremano in un singulto silenzioso: lei di rabbia, lui di dolore e furia e una miscela esplosiva di altre emozioni che non sa decifrare. Quante volte si è ripetuto queste parole tra sé e sé, in quindici anni? Quante volte la sua adorazione per una donna sposata lo ha fatto vacillare sull'orlo della follia?
Christine, Christine…
Neanche il Daroga gli ha mai rivolto una strigliata di tali proporzioni, perlomeno non su di lei, perché sapeva che alla fine lui aveva capito il motivo per cui la pupilla aveva abbandonato il maestro, per cui aveva voluto tornare in Svezia e non rivederlo mai più, se possibile. Un desiderio che Erik le aveva accordato, comprendendolo solo alla fine, e col più grande rimpianto.
E alla fine arriva questa— questa— questa ragazzina a sputargli tutto in faccia, la sua faccia da demonio, come nulla fosse. E lei non sa niente, niente del dolore, della gelosia, della pazzia a cui quell'amore a senso unico per Christine lo stava conducendo…
«Non osare pronunciare il suo nome, tu, mocciosa senza cuore—»
«Non sono una mocciosa! Ho ventiquattro anni e una figlia a cui badare!»
Lui rimane travolto. Questo non lo sapeva, e gli si legge chiaro in viso, anche con la maschera.
Meg sbuffa, sardonica. «Mia madre non te l'ha detto, quando ti ha parlato di me? Ebbene sì, ho una figlia. Io vivo nel mondo reale, Erik, non quello delle fantasie, come fai tu. Non posso crogiolarmi nel ricordo del passato, non più; c'è il presente di cui devo occuparmi.»
É la prima volta che lei pronuncia il suo nome, e rabbrividiscono entrambi.   
«Adesso prendo le mie cuffie e me ne vado. Sei un genio, Erik, ma non nell’ambito sociale. E neanche io. Il comportamento di entrambi è stato… Semplicemente questa stronzata non funziona, e fanculo il ricordo di mio padre, la mia terapista e Maman che mi hanno convinta a farlo.» Meg borbotta mentre raccoglie le sue cose. Lui è ancora di fianco al pianoforte, in piedi, impietrito. Non riesce a muoversi, né a parlare. Vorrebbe dirle di restare, di non andarsene — non come lei, non come Christine — perché non è la stessa cosa, lui non è lo stesso uomo di quindici anni prima, e…
Nulla. Meg ha le lacrime agli occhi quando si chiude con furia malcelata la porta d'ingresso alle spalle, ed Erik è convinto — ode sulla distanza il motore che fa i capricci per accendersi — che non la vedrà mai più. Aspetta, vorrebbe dirle, ma la voce gli è rimasta incastonata tra i polmoni e la trachea. Affonda il viso mascherato tra le mani.
Che cosa ho fatto?
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il fantasma dell'Opera / Vai alla pagina dell'autore: Elphie94