- Ti prego
Okaa-san1), solo cinque minuti, una corta corta! – implorò,
afferrando il polso della madre e allargando gli occhi scuri come sapeva facesse
effetto sulla donna.
Mikoto sbuffò
bonaria, riaccendendo la piccola luce sul comodino e sedendosi con grazia sul
letto del figlio.
- E sia, -
dichiarò, sorridendo.
Sasuke esplose
di gioia, agitandosi tra le coperte appena
rimboccate.
- Ma sarà una
storia breve e dopo non voglio sentire più lagne. – aggiunse, cercando di
placare l’agitazione del bambino e risistemare le lenzuola ormai
disfatte.
Il figlio annuì
serio e si dispose nella posizione più comoda per
ascoltare.
- Dunque, -
iniziò la donna, vagando con la memoria alla ricerca di un racconto di quelli
che parecchi anni prima anche lei
adorava ascoltare.
- Questa storia,
Sasuke caro, è ambientata in un epoca molto, molto lontana, quando il nostro bel
villaggio ancora non esisteva, in un periodo di pace e prosperità per tutte le
Terre. –
Sasuke, seduto
dritto con la schiena contro il cuscino, sembrò accigliarsi un po’
indispettito.
- Neanche una
guerra? Neppure una piccola? Ma non è divertente... – brontolò incrociando le
braccia al petto. Mikoto rise piano, dando un leggero buffetto alla sua
guancia.
- Lasciami
raccontare tesoro, - lo rimbeccò divertita, - Questa storia, dopotutto, parla
anche di una guerra. –
Quando vide che
il figlio si rilassava e accennava un piccolo sorriso prima di chiudere gli
occhi, riprese a narrare.
- Tutto,
infatti, ha origine con una guerra, che sempre nella storia ha preceduto un
periodo di lunga pace. In questa enorme battaglia parteciparono tutti i più
grandi Imperi e nessun imperatore si sottrasse al campo di battaglia. Ce n’era,
in particolare, tra loro uno di nome Takao2) che oltre ad un vasto
impero aveva un coraggio ed un’intelligenza invidiabili. L’imperatore Takao si
distinse nella battaglia per la sua grande abilità e grazie a lui la vittoria
degli alleati sembrava sempre più vicina. Alla fine, fu il suo grande coraggio a
porre fine alla cruenta guerra, ma a costo della sua stessa vita.
-
Mikoto fece una
breve pausa, controllando che Sasuke stesse dormendo, scoraggiandosi quando
questi aprì un occhio scuro, fervente ed in attesa.
- Quando la
notizia della sua morte giunse nel suo regno, - riprese, - la moglie, la giovane
Kimiko, soffrì tanto per la perdita dell’amato che si ammalò e morì nel giro di
pochi mesi. Takao e Kimiko avevano però un figlio, che poteva avere più o meno
la tua età, forse qualche anno in più, di nome
Masahiko.
Il giovane
principe patì molto per la perdita dei genitori, tanto che smise di sorridere ed
il suo sguardo di bambino si indurì fino a divenire
impenetrabile.
La leggenda
narra che Masahiko fosse in grado di gelare le persone che lo guardassero dritto
negli occhi, così che nessuno volle più avvicinarsi a lui, lasciandolo sempre
più solo...
Gli occhi del
principe
Sasuke lisciò il
kimono elegante, di un nero tanto scuro da abbagliare.
Passando di fronte
al grosso specchio del salone si arrestò, alzandosi lievemente sulle punte,
controllando velocemente che lo stemma alle sue spalle non fosse coperto e che
il suo aspetto fosse impeccabile come si addiceva alla sua
persona.
Spostò stizzito un
ciuffo corvino dalla fronte e senza più voltarsi uscì.
La cesta che
stringeva nelle mani pallide picchiettava sulle sue gambe mentre la trasportava
senza sforzo attraverso il quartiere Uchiha, in quella mattina né calda né
fredda, illuminata appena un po’ da un cereo sole dall’aria
stanca.
Il rumore dei suoi
passi echeggiava nelle strade vuote e tra le abitazioni abbandonate, lieve e
composto, accompagnando quella camminata fiera cui Sasuke non avrebbe mai fatto
a meno.
La luce strana
faceva sembrare il colore della sua pelle ancora più chiaro, quasi perlaceo,
giocando con le ombre di quei lineamenti da giovane uomo, scivolando
sull’espressione contrita e quell’aria da adulto.
Poco lontano dalla
sua silenziosa abitazione risaltava con la sua austera eleganza il tempio della
famiglia Uchiha, decorato con lo stemma ed i colori di quello che per lui
sarebbe stato per sempre il clan più prestigioso di Konoha. Ai lati
dell’ingresso due grossi salici agitavano i loro rami sottili al venticello
leggero.
Ricordava che
quand’era piccolo giocava spesso lì con suo fratello: diceva di essere una
piccola scimmia e adorava arrampicarsi ed appendersi a quelle frasche sottili
sotto lo sguardo severo di sua madre – Questo non è un posto dove giocare
Sasuke, da bravo scendi di lì! – e quello divertito di Itachi –
Otouto3) più che una scimmia sembri un piccolo idiota
–.
Sasuke fece il suo
ingresso con riverenza, sfilò i calzari e li tenne in mano, muovendosi leggero
sul pavimento di legno attraverso la stanza principale e poi infilandosi in una
porticina laterale.
- Pare che per
questa sera tocchi a me l’onere della favola... – Constatò, indeciso se esserne
divertito o estremamente annoiato.
Sasuke annuì,
gli occhi grandi pieni di entusiasmo e ammirazione.
- Itachi
nii-chan4), continui la storia degli occhi del principe, per favore?
– Lo implorò quasi, sapendo che in ogni caso da lui avrebbe accettato qualunque
cosa. Si sistemò più comodo e si preparò ad ascoltare, con un enorme sorriso che
gli attraversava il volto da parte a parte.
Itachi si
picchiettò l’indice sul mento, pensoso.
- Quella storia
è una palla... – Si lamentò, vagamente contrariato dalla scelta della madre, che
finiva sempre per riciclare le stesse vecchie favolette. La morale era scontata,
i personaggi fasulli e l’ambientazione poco realistica. Era pronto a chiedergli
di fare un’altra richiesta, quando vide gli occhi del fratellino pieni di
sconforto ed il visino crucciato in un’espressione da manuale. Soffocò uno
sbuffo e sorrise.
- E va bene
otouto, vediamo di rendere questa favola un po’ più interessante... –
Sasuke ritrovò
il sorriso in un istante, e lo incitò a cominciare.
- Dunque, -
iniziò Itachi, - Devi sapere che tutti gli uomini, anche quelli che pietrificano
la gente, hanno determinate necessità, specialmente ad una certa età. In altre
parole, per Masahiko era giunto il momento di trovarsi una moglie, così da... –
fece una breve pausa, ghignando appena un po’. - crearsi una discendenza,
diciamo. Restava comunque il problema che nessuno poteva guardarlo negli occhi e
lui non è che avesse un caratterino tanto facile per andare a cercarsela da
solo, così i consiglieri dell’Imperatore decisero di emettere un comunicato in
tutto l’impero: la prima donna che fosse riuscita a reggere lo sguardo del
giovane senza rimanere pietrificata sarebbe divenuta sua moglie, quindi
proprietaria per metà dell’impero. Ovviamente, molte risposero all’appello,
principesse e regine da ogni angolo del mondo conosciuto, sperando di
accaparrarsi i favori del bel principe e soprattutto le sue ricchezze. Ma tutte,
una dopo l’altra, abbandonavano spaventate o rimanevano
pietrificate...
Sakura ciondolò sul
posto, spostando dietro l’orecchio un ciuffo impertinente che le solleticava la
fronte.
Non sapeva perché di
tutti i giorni avesse scelto proprio quello.
Forse perché Ino-pig
era impegnata nel negozio di suo padre e non sarebbe venuta a metterle i bastoni
tra le ruote.
Forse perché quel
giorno sapeva dove trovare Sasuke, che ogni anno si recava per qualche
misteriosa ragione in quel grosso tempio dall’aria
inquietante.
Forse perché il
tempo era bello, il sole splendeva e tirava una brezzolina lieve che le faceva
ondeggiare la gonnellina in modo molto carino, mettendo in risalto le gambe di
bambina che promettevano di divenire lunghe e belle gambe di
donna.
Forse perché quello
era esattamente lo scenario che aveva sognato giorno e notte per il momento
della propria dichiarazione, per il giorno in cui il bel Sasuke avrebbe
ricambiato i suoi sentimenti.
Dall’alto dei suoi
nove anni già poteva dirsi certa di chi avrebbe voluto al proprio fianco per il
resto della vita, vantando con una sicurezza tutta sua che un giorno sarebbe
stata la signora Uchiha.
Se chiudeva gli
occhi poteva vedersi, in un lungo kimono bianco, con i capelli raccolti in alto
intrecciati con i fiori più belli e rari del Paese del Fuoco, mentre si muoveva
piano per raggiungere il suo sposo, sotto mille e ancora mille sguardi
invidiosi.
Sarebbe stato il
matrimonio più bello e sfarzoso di tutti i tempi, senza
dubbio.
Sasuke scelse quel
momento per fare la propria comparsa oltre la pesante porta del
tempio.
Sakura si riprese in
fretta dalle proprie fantasie e con il sorriso che aveva provato decine di volte
davanti allo specchio lo raggiunse quasi correndo.
- Sasuke-kun,
Sasuke-kun! – trillò, entusiasta, ubriaca di immaginazione e fervente di un
rinnovato coraggio, decisa a centrare il proprio obbiettivo,
finalmente.
Quando lui non
sembrò averla notata rallentò un po’ il passo, ma non si
fermò.
- Sasuke-kun! –
ripeté, appena un po’ meno sicura.
Lo raggiunse ai
piedi della scalinata di marmo che conduceva al santuario, a meno di un metro da
lui che ancora non alzava lo sguardo.
- Sasuke-kun...? –
tentò più piano, muovendo un ultimo passo nella sua
direzione.
La brezza si alzò e
da lieve che era divenne fastidiosa ed impertinente, incrinando quel momento che
avrebbe dovuto essere perfetto.
Ora la gonnellina di
Sakura non ondeggiava più in modo carino, ma veniva strattonata con malagrazia e
la bambina era costretta al vano tentativo di tenerla a
bada.
Quando il vento si
calmò cercò di ricomporsi per riprendere a parlare, ma prima che se ne
accorgesse Sasuke aveva iniziato ad allontanarsi.
Con un guizzo
dettato solo dall’egoismo delle proprie convinzioni si gettò in avanti e gli
afferrò un braccio, facendolo voltare.
- Sasuke-kun, io
volevo dirti che... –
Se quelle parole
sarebbero state ripetute altre volte, in diverse occasioni, ogni qualvolta
Sakura avesse deciso che forse il momento era giunto, quel giorno la bambina non
disse ciò che avrebbe voluto.
Nello sguardo del
‘Sasuke-kun’ dei suoi sogni non c’era l’amore che avrebbe voluto ricevere, né
l’attenzione che avrebbe meritato la propria confessione, neppure il fastidio o
il disprezzo che forse si sarebbe persino aspettata.
Non
c’era niente.
without
a thought without a voice without a soul
don't let me die here
there must
be something more. […]
Before
I come undone
save me from the nothing I’ve become.
Quando uscì dalla
piccola porta, Sasuke venne investito dal profumo dell’incenso e dei
fiori.
Storse il naso ma
non retrocedette, attraversando l’uscio per trovarsi nuovamente
all’aperto.
Si rimise i calzari
con calma e procedette lungo un sottile sentiero che si ramificava attraverso
quel giardino dall’aria sempre meno curata, che continuava però ad
impressionarlo per l’aura sacrale che trasudava da ogni pianta, ogni fiore, ogni
lapide.
Con la sicurezza di
chi conosce la strada superò alcune grosse lastre di granito finemente
intagliate riportanti i nomi di qualche famigliare che non aveva mai visto o
che, comunque, non avrebbe visto mai più.
L’erba attorno ai
sepolcri, che sfoggiavano tutti con orgoglio il ventaglio Uchiha, iniziava a
diventare un po’ troppo alta, ma Sasuke da solo non sarebbe mai riuscito a
ridare a quel posto l’aspetto che meritava.
Un piccolo
fiumiciattolo attraversava da parte a parte il piccolo parco recintato da mura,
così che a nessuno da fuori fosse concessa la vista del luogo di riposo del
clan.
Attraversando un
ponticello di legno raggiunse la sua meta, fermandosi di fronte a due lapidi
piuttosto simili alle altre, solo meno coperte dalla
polvere.
Come ogni volta si
piegò e strappò via le erbacce insolenti che deturpavano quel luogo di riposo,
con decisione quasi rabbiosa.
Dopodiché raccolse
gli incensi ormai consumati e li sostituì con quelli nuovi che aveva messo nella
cesta, abbandonandosi quindi alla contemplazione di quelle fredde
lapidi.
- Okaa-san,
otou-sama5) – salutò, lasciandosi cadere nell’erba alta di fronte ai
sepolcri vicini dei genitori.
- Il tempo
passava e anno dopo anno il principe ormai non più molto giovane riproponeva
alle donne che si presentavano al suo cospetto quello stesso temibile sguardo,
sperando che, prima o poi, qualcuno riuscisse a sostenerlo. –
Sasuke la
interruppe alzando la piccola mano e agitandola per attirare la sua
attenzione.
- Okaa-san,
Masahiko era triste? – la interrogò limpido, sembrando scosso dalla propria
deduzione.
Mikoto sospirò
piano, raddrizzandosi le pieghe della gonna.
- Un po’, forse.
– rispose, studiando l’espressione del figlio, che si fece più
accigliata.
- E perché? –
chiese ancora questi, grattandosi la punta del naso, solleticata dalle
lenzuola.
La donna sembrò
pensarci un po’, - A nessuno piace essere solo. – rispose poi,
rilassandosi.
Sasuke aprì la
bocca come per ribattere, ma non disse nulla.
Grattò ancora
una volta la punta del naso, quindi borbottò piccato. – Ma lui è antipatico! –
Mikoto si lasciò
andare ad un risolino, afferrando la foto di famiglia appesa sopra il letto del
bambino.
Ritraeva tutta
la famiglia, lei, Fugaku, Itachi e il piccolo Sasuke pressappoco un anno
prima.
La porse a
Sasuke, che la guardò, senza capire.
- Anche le
persone che sembrano le più scontrose, in realtà amano la propria famiglia ed i
propri amici e di certo non potrebbero farne a meno, per quanto pochi siano. –
Il figlio,
dubbioso, tornò a guardare la foto nella piccola cornice di
legno.
Sua madre aveva
la stessa dolce espressione di sempre, Itachi mostrava altero il suo ghigno
migliore e lui sembrava felice circondato dai suoi cari. Poi, al fianco di
Mikoto, con la stessa espressione seria e perfino scontrosa di sempre, suo padre
teneva le braccia conserte al petto, quasi infastidito da quel momento di
gioiosa intimità familiare.
Quando comprese,
Sasuke tornò a guardare la madre, sorridente proprio come il volto nella
cornice.
- Sai Sasuke,
tuo padre ama tutti noi, la sua famiglia, moltissimo. – Disse piano, per poi
assumere un sorrisetto complice ed un’aria divertita. – Certo, a volte, anche
lui è un po’ antipatico... ma non dire in giro che te l’ho detto! – Concluse,
facendo l’occhiolino al piccolo, che sghignazzò
felice.
Quindi,
facendosi più seria, Mikoto aggiunse: - Qualche volta, essere così scontrosi,
significa solamente aver paura di non essere
compresi...
Kakashi rimase
appollaiato sul ramo più alto del salice finché dalla porta del tempio non fece
capolino una testa corvina.
Senza fretta si
lasciò cadere, atterrando di fronte ad un Sasuke minimamente
stupito.
- Yo! – Salutò
l’uomo, stiracchiandosi un po’.
Il ragazzino rispose
con un veloce cenno del capo senza alzare lo sguardo e prese ad
allontanarsi.
Kakashi osservò per
qualche attimo l’andamento composto ed il kimono scuro che svolazzava leggero,
risaltando il colorato stemma sulla schiena del suo futuro
allievo.
Sbuffò, gli Uchiha
dovevano sempre e comunque essere problematici.
Attese ancora un
po’, forse qualche divinità con niente di meglio da fare avrebbe fato
vaporizzare la cocciutaggine Uchiha del giovane Sasuke che, con un enorme
sorriso sulle labbra, si sarebbe voltato verso il suo adorato sensei,
pronto ad ascoltarlo.
No,
eh?
Dodici anni e già
tutta quella boria!
Senza sembrare
minimamente infastidito il ninja-copia cominciò a seguire quel ragazzino,
passeggiando pacatamente alle sue spalle.
- Cosa desidera,
Kakashi-sensei? –
La voce lineare del
giovane lo raggiunse affilata come il più pericoloso dei kunai, ma non se ne
curò.
Sasuke, intanto,
continuava a non voltarsi, procedendo spedito.
- Niente di
particolare, - Rispose, scrollando bonariamente le spalle. – Solo... parlare? –
Approcciarsi agli
altri due allievi era stato decisamente più semplice. Erano bastate un paio di
occhiate alle abitazioni e alle abitudini giornaliere per capire che su di loro
avrebbe dovuto fare un lunghissimo lavoro. Il biondino smargiasso non era
neppure capace di nutrire se stesso, mentre la ragazzina coi capelli rosa era...
beh, una ragazzina.
Ma con Sasuke trarre
un giudizio non sarebbe stato così facile, lo sapeva.
Per questo motivo
aveva deciso di presentarsi lì, quel giorno.
Il ragazzino si
fermò, finalmente.
Questa volta, doveva
ammetterlo, un po’ stupito, si voltò piano verso il futuro insegnante, un
sopracciglio appena un po’ più in alto degli altri, in un impercettibile
mutamento che corresse immediatamente.
- Non ho tempo da
perdere. – dichiarò, lapidario.
Quando incontrò
l’unico occhio di Kakashi, nell’espressione di Sasuke Uchiha, nel suo sguardo,
non c’era più niente.
L’uomo contemplò
quegli occhi cupi per qualche istante.
Come un lampo, la
comprensione accese l’unica iride esposta.
Lievemente turbato,
assunse il miglior sorriso di circostanza che gli
riuscisse.
Un genio come lui
non avrebbe potuto evitare di capire, ma quello, non era affar
suo.
E di lui, rimase
solo qualche sbuffo di fumo e sabbia agitata dal vento.
I’ve
been sleeping a thousand years it seems
got to open my eyes to
everything.
Without a thought, without a voice, without a soul,
don't let
me die here.
There
must be something more
Il vento si alzò
insistente, promettendo pioggia. Probabilmente prima di sera, constatò levando
gli occhi al cielo.
Le frasche dei
vecchi alberi tutt’attorno sembravano intonare un’antica poesia lontana, nel
tempo e nello spazio, solo per le orecchie di qualcuno che, ormai, non avrebbe
più potuto ascoltarla.
Sasuke si stiracchiò
composto, tornando a guardare le lapidi di Fugaku e Mikoto Uchiha, la testa
piena di immagini e lo sguardo vacuo, altrove.
Quindi, il rito ebbe
inizio.
Senza fretta
estrasse dalla cesta una vecchia tovaglietta a scacchi e la stese di fronte a
sé, posandovi poi sopra un bento dall’aria costosa e un paio di
bacchette.
Con gli stessi gesti
di ogni anno aprì la vaschetta di legno scuro finemente intagliato, che rivelò
al suo interno specialità di ogni sorta, preparate con precisione ed attenzione,
incastrate tra loro a formare quasi un’opera d’arte di colori e
forme.
Prima di mangiare,
congiunse le mani al petto in segno di saluto e si inchinò appena di fronte alle
silenziose lastre di granito.
Quel giorno, ancora
una volta, tornava a ricordargli cosa lo avesse reso ciò che era.
Non aveva mai amato
le feste convenzionali e ricordare i propri genitori quando per il villaggio
giravano uomini, donne e bambini festanti, quando le luci ed i colori riempivano
l’aria di una brezzolina gioiosa, certamente non rientrava nelle sue
intenzioni.
Fugaku e Mikoto
Uchiha avevano lasciato quel villaggio in quel giorno, il loro cuore aveva
smesso di battere, loro visi di
salutarlo, i loro sorrisi di rincuorarlo, solo in quel momento dell’anno. Non
quando tutto il resto del mondo festeggiava quella inutile
farsa.6)
-
Itadakimasu.7) – bisbigliò, al vento.
- Ma quindi,
alla fine Masahiko trova qualcuno che resista alla sua maledizione? – Chiese,
drizzandosi sulla schiena e passando emozionato lo sguardo dalla madre al
fratello.
Itachi ghignò,
assumendo l’aria di chi la sapeva lunga, sistemandosi al fianco del fratellino
nel grosso letto.
- Eccome,
otouto, anche due magari. E divennero tutti felici, contenti e peggio dei
conigli! –
Sasuke lo
guardò, confuso.
- Conigli?
–
Mikoto
intervenne prontamente, zittendo il primogenito con una delle migliori occhiate
del repertorio Uchiha.
- Lascia stare,
Sasuke-chan, Itachi stava solo scherzando. – Si intromise, - Il finale della
storia io purtroppo non lo ricordo, ma tu puoi farla finire come preferisci. –
Il secondogenito
sembrò scontento per qualche attimo, per poi assumere l’aria più concentrata che
gli riuscisse.
Itachi ancora
tratteneva le risate, preparando il proprio prossimo
intervento.
- Io credo...
credo che Masahiko la troverà una moglie! – Asserì Sasuke convinto, - Anche se
non ha l’aria molto simpatica... qualcuno di paziente. – Continuò, cercando
l’approvazione nella madre, che gli sorrise condiscendente.
- E poi, -
Aggiunse con aria furbetta, - Poi vivranno felici e contenti, come conigli! –
La porta del tempio
pesava sempre di più al momento di uscire.
Poggiò i palmi
chiari sulla superficie intagliata e spinse, facendo scricchiolare il portone
sui cardini poco oliati.
Un fascio di luce
impertinente fendette la semioscurità dell’edificio, costringendolo ad
assottigliare lo sguardo.
Una volta fuori,
tirò un sospiro.
Il quartiere Uchiha
lo attendeva, eterno ed immutabile, al suo ritorno, come
sempre.
Rimase per qualche
attimo a vagheggiare con lo sguardo attraverso le vie e le case disabitate,
scivolando silenzioso con gli occhi scuri tra le immagini della sua
memoria.
Né vecchio né nuovo,
quello spaccato di mondo unicamente del suo clan rispondeva alla sua occhiata,
altero ed imperturbabile, traspirando quello che un tempo era stato il fasto e
l’orgoglio di una grandiosa casata.
Sasuke inspirò ed
espirò profondamente, senza riuscire a togliersi dalla testa il profumo
dell’incenso ed il sapore amaro dei ricordi.
Poi, un passo dopo
l’altro, le spalle dritte ed il mento puntato all’orizzonte, l’ultimo degli
Uchiha si allontanò con calma, senza indugiare ne fuggire,
imperturbabile.
Naruto, tra i
trecentosessantacinque a disposizione, scelse quel giorno per fare il suo
rumoroso ingresso nel quartiere desolato.
Strascicando i piedi
sulla sabbia asciutta e sollevando un polverone, il jinchuuriki8)
passeggiava per le vie silenziose, senza ammettere a se stesso di essersi
irrimediabilmente perso.
Senza preoccuparsi
troppo di stare invadendo una proprietà privata continuò a vagheggiare, gettando
ogni tanto una rapida occhiata alle viuzze tutte dannatamente
simili.
Fu dopo qualche
altro giro in tondo che percepì, trascinato dal vento, il chackra dell’unico
abitante del quartiere e avrebbe giurato di riuscire a sentire anche il profumo
delicato di ciliegia di quel bagnoschiuma nuovo che gli aveva scoperto in
bagno.
- Il teme è proprio
una femminuccia, - borbottò al vento, ghignando, prima di seguire la lieve scia
di chackra con rinnovato entusiasmo.
La breve camminata
lo portò in una zona sconosciuta, di fronte ad un grosso tempio dall’aria
vecchiotta e piuttosto inquietante.
Sasuke, di spalle,
si allontanava nella direzione opposta.
Se si fosse accorto
della sua presenza o del suo arrivo non lo sapeva, ma di certo l’accoglienza non
era molto diversa dalla norma.
- Ne, Sas’ke! – Urlò
al vento, portando le mani attorno alla bocca.
L’Uchiha sembrò non
sentirlo, cosa alquanto improbabile, decretò irritandosi.
- Teme! – Lo chiamò
ancora un paio di volte, invano.
A questo punto,
infastidito più che mai e sbuffando come una locomotiva, si decise a
raggiungerlo.
Sasuke, intanto,
procedeva con la stessa andatura, senza sbalzi, facendo ondeggiare un po’ il
kimono ad ogni passo.
Imperterrito non lo
degnava della minima attenzione.
Naruto lo affiancò
camminando in fretta, nervoso, squadrando l’abbigliamento
insolito.
- Ne, teme, non si
usa più nemmeno salutare? – lo rimbeccò, iroso.
Gli riusciva
piuttosto difficile tuttavia, dovette ammettere, evitare di distrarsi quando, al
suo fianco, passeggiava un Sasuke Uchiha tutto in ghingheri in quel kimono nero
dall’aria nobile.
Ovviamente tutto ciò
gli dava solamente un’apparenza più spocchiosa, se possibile, certamente non
attraente, si impose di pensare, senza il minimo
risultato.
Quando, per
l’ennesima volta, il moro non diede segno di averlo sentito il jinchuuriki
sbottò, accelerando il passo e piazzandosi di fronte all’altro, impedendogli di
procedere.
- Teme si può sapere che ti prende?!
Qualche psicopatico pedofilo amico dei serpenti ti ha mangiato la lingua? – Lo
punzecchiò maligno, piantandosi le mani sui fianchi.
Quando Sasuke alzò
lo sguardo per fulminarlo fu, per lo meno, certo che lo avesse
sentito.
- Oh, ma guarda chi
è tra noi! – Esclamò teatrale, alzando le braccia al
cielo.
L’ Uchiha, senza
incrociare il suo sguardo di nuovo, si passò stizzito una mano tra i capelli
corvini e riprese a camminare, valicando il rumoroso
impiccione.
Naruto, indignato,
con uno scatto felino si protese nella sua direzione, afferrando il suo polso un
istante prima che l’altro scomparisse in una nuvola di fumo
grigio.
Ci volle una buona
mezz’ora, almeno una decina di giri a vuoto, una buona dose di imprecazioni non
elencabili poiché indecenti di cui una parte considerevole inventate al momento
giusto per uso e consumo di quella precisa occasione e una quantità di sbuffi
sufficienti a gonfiare un pallone aerostatico, ma alla fine Naruto Uzumaki
riuscì a trovare la strada per la casa di Sasuke.
Quando si scaraventò
all’interno, caracollando fino al salotto, trovò l’ Uchiha che, per l’ennesima
volta quel giorno, gli dava le spalle.
Se ne stava seduto
composto su un grosso cuscino a ridosso di un tavolino basso sicuramente
costoso, rimirando le volute di vapore che si allontanavano dalla tazza di tè
che aveva di fronte.
Si era già cambiato,
constatò Naruto con disappunto, indossando il classico abbigliamento da... beh,
da Sasuke.
Con grande sforzo
riuscì a trattenersi dal chiedergli perché nessuno si fosse mai premurato di
mettere delle indicazioni in quel dannato quartiere, optando per la
diplomazia.
- Ti ho trovato,
teme. – Disse invece a quella schiena che non accennava a
muoversi.
Dal moro giunse un
basso borbottio insieme a qualcosa di simile ad un ringhio, che interpretò con
un ironicissimo ‘che gioia!’.
- Avanti, -
ridacchiò, - Davvero credevi che non ti avrei seguito? – Chiese,
ghignando.
- Forse ci speravo.
– La risposta giunse tanto inattesa che quasi Naruto si spaventò sentendo quel
suo tono tipicamente basso, tagliente ma ugualmente
musicale.
- Forse, - Ribatté
il jinchuuriki, - Non ti ricordi della mia strana indole a seguirti ovunque.
Anche per anni, specialmente se indesiderato. -.
Sasuke borbottò
qualcosa di incomprensibile, afferrando stizzito la tazza e portandosela alle
labbra.
Naruto sorrise,
togliendosi la felpa rigorosamente arancione e abbandonandola sullo schienale
della prima sedia a tiro come sapeva avrebbe fatto infuriare l’
Uchiha.
- Allora, Sas’ke, me
lo vuoi dire che ti succede? – Chiese poi, cercando di mantenere la calma e
domare il suo istinto di strapazzarlo fino ad ottenere
risposta.
Il padrone di casa
scrollò le spalle, posando la tazza con un po’ troppa
irruenza.
- Niente che direi a
te. – Sibilò, tentando di dissuaderlo dall’intento di farlo impazzire a suon di
domande.
Ma il biondo,
ovviamente, non si arrese.
- Questo, in realtà,
non esclude molte cose... – Ribatté questi, meditabondo.
Sasuke grugnì -
Vattene dobe – sbuffando irritato e muovendosi appena per accomodare le gambe
sul cuscino.
Naruto alzò un
sopracciglio, quasi divertito.
Schivando un paio di
oggetti sicuramente troppo costosi per poterli risarcire raggiunse quella figura
composta e stizzita, inginocchiandosi alle sue spalle.
- Non se ne parla, -
disse, sistemandosi in modo da avvolgere l’ Uchiha con le gambe e poggiando il petto
contro la sua schiena. – Resterò qui finché non mi dirai che diavolo ti prende.
– aggiunse, soffiando contro il collo dell’altro, che sentì irrigidirsi
improvvisamente.
Sapeva che questo
non sarebbe bastato a far capitolare lo shinobi più testardo di Konoha –dopo di
lui ovviamente–, ma la sua tortura ancora non era finita.
Ghignando appena un
po’ fece scorrere le mani tra le scapole del moro, segnando con le dita la spina
dorsale, scivolando sempre più giù mentre gli posava dei baci leggeri sul
collo.
Aveva impiegato
qualche anno a perfezionare la sua tecnica, ma ormai poteva dirsi maestro
insuperabile in quella disciplina: poteva ottenere qualunque cosa dall’esemplare
umano più apatico e scontroso dell’universo.
- Allora? – Mormorò
mellifluo e Sasuke dovette impegnarsi per non cedere e lasciarsi andare contro
quel corpo caldo. Si maledì mentalmente, cercando di afferrare con noncuranza la
tazza di tè ormai gelido con la mano evidentemente tremante. Un Uchiha in queste
condizioni per un idiota insistente, pensò, che vergogna!
Tuttavia, mantenne
il controllo ancora per qualche minuto, rinunciando alla sua bevanda ma senza
muoversi di un millimetro, finché Naruto non iniziò a fargli il
solletico.
Irritato sopra ogni
limite, esausto e spossato, alla fine si arrese.
Tirando qualche
gomitata di troppo e cercando di infierire sul biondo, si voltò irritato in
quello che poteva essere considerato un abbraccio scomposto, sistemandosi di
fronte al ragazzo, composto come sempre.
- Dunque? – Lo
incitò Naruto, completamente posseduto dalla curiosità, ma anche parzialmente
preoccupato.
Con un ultimo
sbuffo, con cui riassunse tutti gli improperi che avrebbe voluto rivolgere al
jinchuuriki, alzò lo sguardo, incrociando quello fervente
dell’altro.
E fu come un
fulmine, una scossa elettrica, Naruto si sentì improvvisamente leggero come una
piuma e pesante come un macigno, agitato e tranquillo, boccheggiando senza
riuscire a controllarsi.
Perché, per una
volta, tra lui e Sasuke non c’erano barriere, perché avrebbe potuto sentire con
mano il muro spesso che proteggeva quegli occhi pece cadere e frantumarsi,
mattone dopo mattone.
Perché, in quegli
occhi... c’era tutto.
how
can you see into my eyes like open doors
leading you down into my
core
where I’ve become so numb
without
a soul my spirit sleeping somewhere cold
until you find it there and lead it
back home
now
that I know what I’m without
you can't just leave me
breathe into me and
make me real
bring me to life
frozen
inside without your touch without your love
darling
only you are the life among the dead
Naruto, poi,
sorrise.
Allungando una mano
afferrò rudemente il collo del ragazzo di fronte, avvicinandolo e posando la
fronte contro la sua spalla.
- Grazie. – Mormorò,
allargando il sorriso.
Sasuke rispose con
un breve grugnito, senza spostarsi da quell’intricata posizione, respirando a
pieni polmoni il profumo genuino del biondo.
- Ne, Sas’ke, - lo
chiamò questi, stranamente a bassa voce. – La prossima volta voglio venirci
anch’io a trovarli... -.
L’ Uchiha si tirò
indietro, per regalargli la migliore occhiata scettica del suo
repertorio.
- E lasciarti così
distruggere l’ultima briciola del mio defunto orgoglio? – Chiese, ironico e
stranamente loquace.
Naruto ghignò,
rifilandogli una leggera gomitata nelle costole.
- Sono sicuro che a
loro piacerei! – Asserì, convinto, alzando il mento e arricciando le labbra,
saputo.
Sasuke alzò un
sopracciglio, indeciso se ripagarlo della gomitata o baciare quelle stupide
labbra impertinenti.
Alla fine, delle due
opzioni, le scelse entrambe.
- Ma certo, - Lo
assecondò condiscendente, urtandolo casualmente con una spallata mentre
si sistemava più comodo. – Specialmente a mio padre. – Concluse, strattonandolo
per le spalle e facendo scontrare in un attimo le loro
labbra.
Quando si separarono
Naruto aveva stampato in volto un’espressione magnificamente
maliziosa.
- Se è gelido,
odioso e bastardo come te, di sicuro! -
Epilogo
La madre
ridacchiò guardando il figlio che festeggiava con giubilo il finale della
storia, saltellando sul letto irrimediabilmente
disfatto.
- Evviva
Okaa-san! – Esclamò il piccolo, lasciandosi poi cadere sul materasso, accaldato
e disordinato come solo un bambino poteva essere.
Kimiko, senza
smettere di sorridere, passò velocemente una mano nel castano dei capelli arruffati del figlio, cercando
di sistemarli il possibile.
- Su, Masahiko,
cerca di darti una calmata! – lo richiamò bonaria, scuotendo il capo
rassegnata.
Il bambino
sembrò calmarsi un po’, risistemandosi sotto le coperte
pesanti.
- Ne, Okaa-san,
ma Sasuke ora è felice? – Chiese Masahiko, tirandosi le coperte al mento e
reprimendo un piccolo sbadiglio.
La donna annuì
allegra, carezzandogli la fronte.
- Certo. –
Rispose, rimboccando le lenzuola e alzandosi composta dal
letto.
- E... –
Continuò il figlio, ancora non stanco abbastanza perché la sua curiosità si
assopisse, - Resterà ancora così antipatico? – La interrogò, ghignando
leggermente.
Kimiko gettò una
rapida occhiata alla cornice appesa alla parete ed alla foto che conteneva,
regalando un piccolo sorriso all’occhiata imbronciata che suo marito le
rivolgeva da oltre il vetro.
- Io... io credo
di si. –
Fine
Glossario
1) Okaa-san = madre,
mamma
2) Per i personaggi
del racconto ho voluto scegliere dei nomi che avessero anche un significato
consono, così come spesso accade nella mitologia. Di seguito i
significati:
- Takao =
rispettabile eroe/uomo
- Kimiko =
ragazza/donna imperatrice
- Masahiko = Masa
(corretto/elegante/splendido) + Hiko (principe)
3) Otouto = fratello
minore, fratellino
4) Nii-chan =
fratello maggiore, fratellone (anche onii-chan, onii-san)
5) Otou-sama =
padre, papà. Sasuke utilizza un suffisso diverso per il padre, per indicare il
rapporto diverso, più distaccato e rispettoso rispetto a quello con la
madre.
6) Si riferisce
all’Obon, la festa dei defunti per il Giappone.
7) Itadakimasu =
qualcosa di simile a ‘buon appetito’ detto da chi sta per
mangiare.
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Quindi eccola qui, la storia con cui mi sono piazzata seconda (*.*) al contest di Hikaru_Zani, che non finirò mai di ringraziare (anche per lo splendido banner *.*)!
Qui il commento e il meraviglioso bannerino che provvederò ad aggiungere non appena sarò meno negata: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8507359&p=27
Ne approfitto per fare i complimenti a tutte le altre partecipanti, le podiste, la mia compagna di posizione Steste86 e la vincitrice, Meg89! Altro che questa, leggete le loro di storie!
Questo lavoro mi è costato, ad
essere sincera, una gran faticaccia ed ancora non credo sia riuscito esattamente
come avrei voluto.
Spero almeno che la fic sia chiara,
comprensibile - ho molti dubbi a riguardo, in realtà - e che sia riuscita a
piacervi almeno un pò, senza annoiarvi troppo!
Il giudizio lo lascio a voi, fatemi sapere che ne pensate (mi fareste oltremodo felice)!^^
Miki