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Autore: mikichan17    08/06/2009    5 recensioni
- Ti prego Okaa-san, solo cinque minuti, una corta corta! –
implorò, afferrando il polso della madre e allargando gli occhi scuri come sapeva facesse effetto sulla donna.
Mikoto sbuffò bonaria, riaccendendo la piccola luce sul comodino e sedendosi con grazia sul letto del figlio.
- E sia, - dichiarò, sorridendo.
Sasuke esplose di gioia, agitandosi tra le coperte appena rimboccate. - Ma sarà una storia breve e dopo non voglio sentire più lagne. –

La storia di un principe, anzi, di due.
SECONDA classificata a parimerito nel contest "How can you see into my eyes like open doors" di Hikaru_Zani
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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occhi

 

Questa fic ha partecipato al contest "How can you see into my eyes like open doors" di Hikaru_Zani, classificandosi Seconda a parimerito con Steste86 

 

Note: Solitamente preferisco che le mie fic si spieghino da sé, ma questa in particolare è stato per me un lavoro impegnativo per cercare di rendere la matassa informe di idee che pullulavano nel mio cervello comprensibile ad altri. Quindi mi permetto qualche precisazione o piccola informazione, per essere sicuri che almeno la lettura risulti possibile: le parti scritte normali sono ambientate nel presente, quelle spostate più a destra sono stralci di passato, separati dal resto dalle linee continue (che rappresentano salti temporali, avanti e indietro); la parte in corsivo è la cornice se così si può definire, ambientata anche questa in un tempo diverso; alcuni spezzoni del testo della canzone sono stati inseriti nel corso della fic, mescolando liberamente i versi. Ho dato molta importanza al layout in questo lavoro (stranamente per me) perché si tratta di un complicato sovrapporsi di scene, tempi e immagini che confonde me per prima.  Spero di essere stata chiara, ma soprattutto che sia chiara la fic, cosa che dubito. In fondo alla storia c’è un breve glossario, magari inutile, ma melius abundare. In ogni caso, buona lettura! Per il resto, rimando al fondo!

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- Ti prego Okaa-san1), solo cinque minuti, una corta corta! – implorò, afferrando il polso della madre e allargando gli occhi scuri come sapeva facesse effetto sulla donna.

Mikoto sbuffò bonaria, riaccendendo la piccola luce sul comodino e sedendosi con grazia sul letto del figlio.

- E sia, - dichiarò, sorridendo.

Sasuke esplose di gioia, agitandosi tra le coperte appena rimboccate.

- Ma sarà una storia breve e dopo non voglio sentire più lagne. – aggiunse, cercando di placare l’agitazione del bambino e risistemare le lenzuola ormai disfatte.

Il figlio annuì serio e si dispose nella posizione più comoda per ascoltare.

- Dunque, - iniziò la donna, vagando con la memoria alla ricerca di un racconto di quelli che parecchi anni  prima anche lei adorava ascoltare.

- Questa storia, Sasuke caro, è ambientata in un epoca molto, molto lontana, quando il nostro bel villaggio ancora non esisteva, in un periodo di pace e prosperità per tutte le Terre. –

Sasuke, seduto dritto con la schiena contro il cuscino, sembrò accigliarsi un po’ indispettito.

- Neanche una guerra? Neppure una piccola? Ma non è divertente... – brontolò incrociando le braccia al petto. Mikoto rise piano, dando un leggero buffetto alla sua guancia.

- Lasciami raccontare tesoro, - lo rimbeccò divertita, - Questa storia, dopotutto, parla anche di una guerra. –

Quando vide che il figlio si rilassava e accennava un piccolo sorriso prima di chiudere gli occhi, riprese a narrare.

- Tutto, infatti, ha origine con una guerra, che sempre nella storia ha preceduto un periodo di lunga pace. In questa enorme battaglia parteciparono tutti i più grandi Imperi e nessun imperatore si sottrasse al campo di battaglia. Ce n’era, in particolare, tra loro uno di nome Takao2) che oltre ad un vasto impero aveva un coraggio ed un’intelligenza invidiabili. L’imperatore Takao si distinse nella battaglia per la sua grande abilità e grazie a lui la vittoria degli alleati sembrava sempre più vicina. Alla fine, fu il suo grande coraggio a porre fine alla cruenta guerra, ma a costo della sua stessa vita. -

Mikoto fece una breve pausa, controllando che Sasuke stesse dormendo, scoraggiandosi quando questi aprì un occhio scuro, fervente ed in attesa.

- Quando la notizia della sua morte giunse nel suo regno, - riprese, - la moglie, la giovane Kimiko, soffrì tanto per la perdita dell’amato che si ammalò e morì nel giro di pochi mesi. Takao e Kimiko avevano però un figlio, che poteva avere più o meno la tua età, forse qualche anno in più, di nome Masahiko.

Il giovane principe patì molto per la perdita dei genitori, tanto che smise di sorridere ed il suo sguardo di bambino si indurì fino a divenire impenetrabile.

La leggenda narra che Masahiko fosse in grado di gelare le persone che lo guardassero dritto negli occhi, così che nessuno volle più avvicinarsi a lui, lasciandolo sempre più solo...

 

 

 

 

Gli occhi del principe

 

 

 

 

Sasuke lisciò il kimono elegante, di un nero tanto scuro da abbagliare.

Passando di fronte al grosso specchio del salone si arrestò, alzandosi lievemente sulle punte, controllando velocemente che lo stemma alle sue spalle non fosse coperto e che il suo aspetto fosse impeccabile come si addiceva alla sua persona.

Spostò stizzito un ciuffo corvino dalla fronte e senza più voltarsi uscì.

La cesta che stringeva nelle mani pallide picchiettava sulle sue gambe mentre la trasportava senza sforzo attraverso il quartiere Uchiha, in quella mattina né calda né fredda, illuminata appena un po’ da un cereo sole dall’aria stanca.

Il rumore dei suoi passi echeggiava nelle strade vuote e tra le abitazioni abbandonate, lieve e composto, accompagnando quella camminata fiera cui Sasuke non avrebbe mai fatto a meno.

La luce strana faceva sembrare il colore della sua pelle ancora più chiaro, quasi perlaceo, giocando con le ombre di quei lineamenti da giovane uomo, scivolando sull’espressione contrita e quell’aria da adulto.

Poco lontano dalla sua silenziosa abitazione risaltava con la sua austera eleganza il tempio della famiglia Uchiha, decorato con lo stemma ed i colori di quello che per lui sarebbe stato per sempre il clan più prestigioso di Konoha. Ai lati dell’ingresso due grossi salici agitavano i loro rami sottili al venticello leggero.

Ricordava che quand’era piccolo giocava spesso lì con suo fratello: diceva di essere una piccola scimmia e adorava arrampicarsi ed appendersi a quelle frasche sottili sotto lo sguardo severo di sua madre – Questo non è un posto dove giocare Sasuke, da bravo scendi di lì! – e quello divertito di Itachi – Otouto3) più che una scimmia sembri un piccolo idiota –.

Sasuke fece il suo ingresso con riverenza, sfilò i calzari e li tenne in mano, muovendosi leggero sul pavimento di legno attraverso la stanza principale e poi infilandosi in una porticina laterale.

 

 

 

 

 

 

- Pare che per questa sera tocchi a me l’onere della favola... – Constatò, indeciso se esserne divertito o estremamente annoiato.

Sasuke annuì, gli occhi grandi pieni di entusiasmo e ammirazione.

- Itachi nii-chan4), continui la storia degli occhi del principe, per favore? – Lo implorò quasi, sapendo che in ogni caso da lui avrebbe accettato qualunque cosa. Si sistemò più comodo e si preparò ad ascoltare, con un enorme sorriso che gli attraversava il volto da parte a parte.

Itachi si picchiettò l’indice sul mento, pensoso.

- Quella storia è una palla... – Si lamentò, vagamente contrariato dalla scelta della madre, che finiva sempre per riciclare le stesse vecchie favolette. La morale era scontata, i personaggi fasulli e l’ambientazione poco realistica. Era pronto a chiedergli di fare un’altra richiesta, quando vide gli occhi del fratellino pieni di sconforto ed il visino crucciato in un’espressione da manuale. Soffocò uno sbuffo e sorrise.

- E va bene otouto, vediamo di rendere questa favola un po’ più interessante... –

Sasuke ritrovò il sorriso in un istante, e lo incitò a cominciare.

- Dunque, - iniziò Itachi, - Devi sapere che tutti gli uomini, anche quelli che pietrificano la gente, hanno determinate necessità, specialmente ad una certa età. In altre parole, per Masahiko era giunto il momento di trovarsi una moglie, così da... – fece una breve pausa, ghignando appena un po’. - crearsi una discendenza, diciamo. Restava comunque il problema che nessuno poteva guardarlo negli occhi e lui non è che avesse un caratterino tanto facile per andare a cercarsela da solo, così i consiglieri dell’Imperatore decisero di emettere un comunicato in tutto l’impero: la prima donna che fosse riuscita a reggere lo sguardo del giovane senza rimanere pietrificata sarebbe divenuta sua moglie, quindi proprietaria per metà dell’impero. Ovviamente, molte risposero all’appello, principesse e regine da ogni angolo del mondo conosciuto, sperando di accaparrarsi i favori del bel principe e soprattutto le sue ricchezze. Ma tutte, una dopo l’altra, abbandonavano spaventate o rimanevano pietrificate...

 

 

 

Sakura ciondolò sul posto, spostando dietro l’orecchio un ciuffo impertinente che le solleticava la fronte.

Non sapeva perché di tutti i giorni avesse scelto proprio quello.

Forse perché Ino-pig era impegnata nel negozio di suo padre e non sarebbe venuta a metterle i bastoni tra le ruote.

Forse perché quel giorno sapeva dove trovare Sasuke, che ogni anno si recava per qualche misteriosa ragione in quel grosso tempio dall’aria inquietante.

Forse perché il tempo era bello, il sole splendeva e tirava una brezzolina lieve che le faceva ondeggiare la gonnellina in modo molto carino, mettendo in risalto le gambe di bambina che promettevano di divenire lunghe e belle gambe di donna.

Forse perché quello era esattamente lo scenario che aveva sognato giorno e notte per il momento della propria dichiarazione, per il giorno in cui il bel Sasuke avrebbe ricambiato i suoi sentimenti.

Dall’alto dei suoi nove anni già poteva dirsi certa di chi avrebbe voluto al proprio fianco per il resto della vita, vantando con una sicurezza tutta sua che un giorno sarebbe stata la signora Uchiha.

Se chiudeva gli occhi poteva vedersi, in un lungo kimono bianco, con i capelli raccolti in alto intrecciati con i fiori più belli e rari del Paese del Fuoco, mentre si muoveva piano per raggiungere il suo sposo, sotto mille e ancora mille sguardi invidiosi.

Sarebbe stato il matrimonio più bello e sfarzoso di tutti i tempi, senza dubbio.

 

Sasuke scelse quel momento per fare la propria comparsa oltre la pesante porta del tempio.

Sakura si riprese in fretta dalle proprie fantasie e con il sorriso che aveva provato decine di volte davanti allo specchio lo raggiunse quasi correndo.

- Sasuke-kun, Sasuke-kun! – trillò, entusiasta, ubriaca di immaginazione e fervente di un rinnovato coraggio, decisa a centrare il proprio obbiettivo, finalmente.

Quando lui non sembrò averla notata rallentò un po’ il passo, ma non si fermò.

- Sasuke-kun! – ripeté, appena un po’ meno sicura.

Lo raggiunse ai piedi della scalinata di marmo che conduceva al santuario, a meno di un metro da lui che ancora non alzava lo sguardo.

- Sasuke-kun...? – tentò più piano, muovendo un ultimo passo nella sua direzione.

La brezza si alzò e da lieve che era divenne fastidiosa ed impertinente, incrinando quel momento che avrebbe dovuto essere perfetto.

Ora la gonnellina di Sakura non ondeggiava più in modo carino, ma veniva strattonata con malagrazia e la bambina era costretta al vano tentativo di tenerla a bada.

Quando il vento si calmò cercò di ricomporsi per riprendere a parlare, ma prima che se ne accorgesse Sasuke aveva iniziato ad allontanarsi.

Con un guizzo dettato solo dall’egoismo delle proprie convinzioni si gettò in avanti e gli afferrò un braccio, facendolo voltare.

- Sasuke-kun, io volevo dirti che... –

Se quelle parole sarebbero state ripetute altre volte, in diverse occasioni, ogni qualvolta Sakura avesse deciso che forse il momento era giunto, quel giorno la bambina non disse ciò che avrebbe voluto.

Nello sguardo del ‘Sasuke-kun’ dei suoi sogni non c’era l’amore che avrebbe voluto ricevere, né l’attenzione che avrebbe meritato la propria confessione, neppure il fastidio o il disprezzo che forse si sarebbe persino aspettata.

Non c’era niente.

 

without a thought without a voice without a soul
don't let me die here
there must be something more. […]

Before I come undone
save me from the nothing I’ve become.

 

 

 

 

 

Quando uscì dalla piccola porta, Sasuke venne investito dal profumo dell’incenso e dei fiori.

Storse il naso ma non retrocedette, attraversando l’uscio per trovarsi nuovamente all’aperto.

Si rimise i calzari con calma e procedette lungo un sottile sentiero che si ramificava attraverso quel giardino dall’aria sempre meno curata, che continuava però ad impressionarlo per l’aura sacrale che trasudava da ogni pianta, ogni fiore, ogni lapide.

Con la sicurezza di chi conosce la strada superò alcune grosse lastre di granito finemente intagliate riportanti i nomi di qualche famigliare che non aveva mai visto o che, comunque, non avrebbe visto mai più.

L’erba attorno ai sepolcri, che sfoggiavano tutti con orgoglio il ventaglio Uchiha, iniziava a diventare un po’ troppo alta, ma Sasuke da solo non sarebbe mai riuscito a ridare a quel posto l’aspetto che meritava.

Un piccolo fiumiciattolo attraversava da parte a parte il piccolo parco recintato da mura, così che a nessuno da fuori fosse concessa la vista del luogo di riposo del clan.

Attraversando un ponticello di legno raggiunse la sua meta, fermandosi di fronte a due lapidi piuttosto simili alle altre, solo meno coperte dalla polvere.

Come ogni volta si piegò e strappò via le erbacce insolenti che deturpavano quel luogo di riposo, con decisione quasi rabbiosa.

Dopodiché raccolse gli incensi ormai consumati e li sostituì con quelli nuovi che aveva messo nella cesta, abbandonandosi quindi alla contemplazione di quelle fredde lapidi.

- Okaa-san, otou-sama5) – salutò, lasciandosi cadere nell’erba alta di fronte ai sepolcri vicini dei genitori.

 

 

 

 

 

 

- Il tempo passava e anno dopo anno il principe ormai non più molto giovane riproponeva alle donne che si presentavano al suo cospetto quello stesso temibile sguardo, sperando che, prima o poi, qualcuno riuscisse a sostenerlo. –

Sasuke la interruppe alzando la piccola mano e agitandola per attirare la sua attenzione.

- Okaa-san, Masahiko era triste? – la interrogò limpido, sembrando scosso dalla propria deduzione.

Mikoto sospirò piano, raddrizzandosi le pieghe della gonna.

- Un po’, forse. – rispose, studiando l’espressione del figlio, che si fece più accigliata.

- E perché? – chiese ancora questi, grattandosi la punta del naso, solleticata dalle lenzuola.

La donna sembrò pensarci un po’, - A nessuno piace essere solo. – rispose poi, rilassandosi.

Sasuke aprì la bocca come per ribattere, ma non disse nulla.

Grattò ancora una volta la punta del naso, quindi borbottò piccato. – Ma lui è antipatico! –

Mikoto si lasciò andare ad un risolino, afferrando la foto di famiglia appesa sopra il letto del bambino.

Ritraeva tutta la famiglia, lei, Fugaku, Itachi e il piccolo Sasuke pressappoco un anno prima.

La porse a Sasuke, che la guardò, senza capire.

- Anche le persone che sembrano le più scontrose, in realtà amano la propria famiglia ed i propri amici e di certo non potrebbero farne a meno, per quanto pochi siano. –

Il figlio, dubbioso, tornò a guardare la foto nella piccola cornice di legno.

Sua madre aveva la stessa dolce espressione di sempre, Itachi mostrava altero il suo ghigno migliore e lui sembrava felice circondato dai suoi cari. Poi, al fianco di Mikoto, con la stessa espressione seria e perfino scontrosa di sempre, suo padre teneva le braccia conserte al petto, quasi infastidito da quel momento di gioiosa intimità familiare.

Quando comprese, Sasuke tornò a guardare la madre, sorridente proprio come il volto nella cornice.

- Sai Sasuke, tuo padre ama tutti noi, la sua famiglia, moltissimo. – Disse piano, per poi assumere un sorrisetto complice ed un’aria divertita. – Certo, a volte, anche lui è un po’ antipatico... ma non dire in giro che te l’ho detto! – Concluse, facendo l’occhiolino al piccolo, che sghignazzò felice.

Quindi, facendosi più seria, Mikoto aggiunse: - Qualche volta, essere così scontrosi, significa solamente aver paura di non essere compresi...

 

 

 

Kakashi rimase appollaiato sul ramo più alto del salice finché dalla porta del tempio non fece capolino una testa corvina.

Senza fretta si lasciò cadere, atterrando di fronte ad un Sasuke minimamente stupito.

- Yo! – Salutò l’uomo, stiracchiandosi un po’.

Il ragazzino rispose con un veloce cenno del capo senza alzare lo sguardo e prese ad allontanarsi.

Kakashi osservò per qualche attimo l’andamento composto ed il kimono scuro che svolazzava leggero, risaltando il colorato stemma sulla schiena del suo futuro allievo.

Sbuffò, gli Uchiha dovevano sempre e comunque essere problematici.

Attese ancora un po’, forse qualche divinità con niente di meglio da fare avrebbe fato vaporizzare la cocciutaggine Uchiha del giovane Sasuke che, con un enorme sorriso sulle labbra, si sarebbe voltato verso il suo adorato sensei, pronto ad ascoltarlo.

No, eh?

Dodici anni e già tutta quella boria!

Senza sembrare minimamente infastidito il ninja-copia cominciò a seguire quel ragazzino, passeggiando pacatamente alle sue spalle.

- Cosa desidera, Kakashi-sensei? –

La voce lineare del giovane lo raggiunse affilata come il più pericoloso dei kunai, ma non se ne curò.

Sasuke, intanto, continuava a non voltarsi, procedendo spedito.

- Niente di particolare, - Rispose, scrollando bonariamente le spalle. – Solo... parlare? –

 

Approcciarsi agli altri due allievi era stato decisamente più semplice. Erano bastate un paio di occhiate alle abitazioni e alle abitudini giornaliere per capire che su di loro avrebbe dovuto fare un lunghissimo lavoro. Il biondino smargiasso non era neppure capace di nutrire se stesso, mentre la ragazzina coi capelli rosa era... beh, una ragazzina.

Ma con Sasuke trarre un giudizio non sarebbe stato così facile, lo sapeva.

Per questo motivo aveva deciso di presentarsi lì, quel giorno.

 

Il ragazzino si fermò, finalmente.

Questa volta, doveva ammetterlo, un po’ stupito, si voltò piano verso il futuro insegnante, un sopracciglio appena un po’ più in alto degli altri, in un impercettibile mutamento che corresse immediatamente.

- Non ho tempo da perdere. – dichiarò, lapidario.

Quando incontrò l’unico occhio di Kakashi, nell’espressione di Sasuke Uchiha, nel suo sguardo, non c’era più niente.

 

L’uomo contemplò quegli occhi cupi per qualche istante.

Come un lampo, la comprensione accese l’unica iride esposta.

Lievemente turbato, assunse il miglior sorriso di circostanza che gli riuscisse.

Un genio come lui non avrebbe potuto evitare di capire, ma quello, non era affar suo.

E di lui, rimase solo qualche sbuffo di fumo e sabbia agitata dal vento.

 

 

I’ve been sleeping a thousand years it seems
got to open my eyes to everything.
Without a thought, without a voice, without a soul,
don't let me die here.
There must be something more

 

 

 

 

 

 

Il vento si alzò insistente, promettendo pioggia. Probabilmente prima di sera, constatò levando gli occhi al cielo.

Le frasche dei vecchi alberi tutt’attorno sembravano intonare un’antica poesia lontana, nel tempo e nello spazio, solo per le orecchie di qualcuno che, ormai, non avrebbe più potuto ascoltarla.

Sasuke si stiracchiò composto, tornando a guardare le lapidi di Fugaku e Mikoto Uchiha, la testa piena di immagini e lo sguardo vacuo, altrove.

Quindi, il rito ebbe inizio.

Senza fretta estrasse dalla cesta una vecchia tovaglietta a scacchi e la stese di fronte a sé, posandovi poi sopra un bento dall’aria costosa e un paio di bacchette.

Con gli stessi gesti di ogni anno aprì la vaschetta di legno scuro finemente intagliato, che rivelò al suo interno specialità di ogni sorta, preparate con precisione ed attenzione, incastrate tra loro a formare quasi un’opera d’arte di colori e forme.

Prima di mangiare, congiunse le mani al petto in segno di saluto e si inchinò appena di fronte alle silenziose lastre di granito.

Quel giorno, ancora una volta, tornava a ricordargli cosa lo avesse reso ciò che era.

Non aveva mai amato le feste convenzionali e ricordare i propri genitori quando per il villaggio giravano uomini, donne e bambini festanti, quando le luci ed i colori riempivano l’aria di una brezzolina gioiosa, certamente non rientrava nelle sue intenzioni.

Fugaku e Mikoto Uchiha avevano lasciato quel villaggio in quel giorno, il loro cuore aveva smesso di battere,  loro visi di salutarlo, i loro sorrisi di rincuorarlo, solo in quel momento dell’anno. Non quando tutto il resto del mondo festeggiava quella inutile farsa.6)

- Itadakimasu.7) – bisbigliò, al vento.

 

 

 

 

 

 

- Ma quindi, alla fine Masahiko trova qualcuno che resista alla sua maledizione? – Chiese, drizzandosi sulla schiena e passando emozionato lo sguardo dalla madre al fratello.

Itachi ghignò, assumendo l’aria di chi la sapeva lunga, sistemandosi al fianco del fratellino nel grosso letto.

- Eccome, otouto, anche due magari. E divennero tutti felici, contenti e peggio dei conigli! –

Sasuke lo guardò, confuso.

- Conigli? –

Mikoto intervenne prontamente, zittendo il primogenito con una delle migliori occhiate del repertorio Uchiha.

- Lascia stare, Sasuke-chan, Itachi stava solo scherzando. – Si intromise, - Il finale della storia io purtroppo non lo ricordo, ma tu puoi farla finire come preferisci. –

Il secondogenito sembrò scontento per qualche attimo, per poi assumere l’aria più concentrata che gli riuscisse.

Itachi ancora tratteneva le risate, preparando il proprio prossimo intervento.

- Io credo... credo che Masahiko la troverà una moglie! – Asserì Sasuke convinto, - Anche se non ha l’aria molto simpatica... qualcuno di paziente. – Continuò, cercando l’approvazione nella madre, che gli sorrise condiscendente.

- E poi, - Aggiunse con aria furbetta, - Poi vivranno felici e contenti, come conigli! –

 

 

 

La porta del tempio pesava sempre di più al momento di uscire.

Poggiò i palmi chiari sulla superficie intagliata e spinse, facendo scricchiolare il portone sui cardini poco oliati.

Un fascio di luce impertinente fendette la semioscurità dell’edificio, costringendolo ad assottigliare lo sguardo.

Una volta fuori, tirò un sospiro.

Il quartiere Uchiha lo attendeva, eterno ed immutabile, al suo ritorno, come sempre.

Rimase per qualche attimo a vagheggiare con lo sguardo attraverso le vie e le case disabitate, scivolando silenzioso con gli occhi scuri tra le immagini della sua memoria.

Né vecchio né nuovo, quello spaccato di mondo unicamente del suo clan rispondeva alla sua occhiata, altero ed imperturbabile, traspirando quello che un tempo era stato il fasto e l’orgoglio di una grandiosa casata.

Sasuke inspirò ed espirò profondamente, senza riuscire a togliersi dalla testa il profumo dell’incenso ed il sapore amaro dei ricordi.

Poi, un passo dopo l’altro, le spalle dritte ed il mento puntato all’orizzonte, l’ultimo degli Uchiha si allontanò con calma, senza indugiare ne fuggire, imperturbabile.

 

Naruto, tra i trecentosessantacinque a disposizione, scelse quel giorno per fare il suo rumoroso ingresso nel quartiere desolato.

Strascicando i piedi sulla sabbia asciutta e sollevando un polverone, il jinchuuriki8) passeggiava per le vie silenziose, senza ammettere a se stesso di essersi irrimediabilmente perso.

Senza preoccuparsi troppo di stare invadendo una proprietà privata continuò a vagheggiare, gettando ogni tanto una rapida occhiata alle viuzze tutte dannatamente simili.

Fu dopo qualche altro giro in tondo che percepì, trascinato dal vento, il chackra dell’unico abitante del quartiere e avrebbe giurato di riuscire a sentire anche il profumo delicato di ciliegia di quel bagnoschiuma nuovo che gli aveva scoperto in bagno.

- Il teme è proprio una femminuccia, - borbottò al vento, ghignando, prima di seguire la lieve scia di chackra con rinnovato entusiasmo.

La breve camminata lo portò in una zona sconosciuta, di fronte ad un grosso tempio dall’aria vecchiotta e piuttosto inquietante.

Sasuke, di spalle, si allontanava nella direzione opposta.

Se si fosse accorto della sua presenza o del suo arrivo non lo sapeva, ma di certo l’accoglienza non era molto diversa dalla norma.

- Ne, Sas’ke! – Urlò al vento, portando le mani attorno alla bocca.

L’Uchiha sembrò non sentirlo, cosa alquanto improbabile, decretò irritandosi.

- Teme! – Lo chiamò ancora un paio di volte, invano.

A questo punto, infastidito più che mai e sbuffando come una locomotiva, si decise a raggiungerlo.

Sasuke, intanto, procedeva con la stessa andatura, senza sbalzi, facendo ondeggiare un po’ il kimono ad ogni passo.

Imperterrito non lo degnava della minima attenzione.

Naruto lo affiancò camminando in fretta, nervoso, squadrando l’abbigliamento insolito.

- Ne, teme, non si usa più nemmeno salutare? – lo rimbeccò, iroso.

Gli riusciva piuttosto difficile tuttavia, dovette ammettere, evitare di distrarsi quando, al suo fianco, passeggiava un Sasuke Uchiha tutto in ghingheri in quel kimono nero dall’aria nobile.

Ovviamente tutto ciò gli dava solamente un’apparenza più spocchiosa, se possibile, certamente non attraente, si impose di pensare, senza il minimo risultato.

Quando, per l’ennesima volta, il moro non diede segno di averlo sentito il jinchuuriki sbottò, accelerando il passo e piazzandosi di fronte all’altro, impedendogli di procedere.

-  Teme si può sapere che ti prende?! Qualche psicopatico pedofilo amico dei serpenti ti ha mangiato la lingua? – Lo punzecchiò maligno, piantandosi le mani sui fianchi.

Quando Sasuke alzò lo sguardo per fulminarlo fu, per lo meno, certo che lo avesse sentito.

- Oh, ma guarda chi è tra noi! – Esclamò teatrale, alzando le braccia al cielo.

L’ Uchiha, senza incrociare il suo sguardo di nuovo, si passò stizzito una mano tra i capelli corvini e riprese a camminare, valicando il rumoroso impiccione.

Naruto, indignato, con uno scatto felino si protese nella sua direzione, afferrando il suo polso un istante prima che l’altro scomparisse in una nuvola di fumo grigio.

 

Ci volle una buona mezz’ora, almeno una decina di giri a vuoto, una buona dose di imprecazioni non elencabili poiché indecenti di cui una parte considerevole inventate al momento giusto per uso e consumo di quella precisa occasione e una quantità di sbuffi sufficienti a gonfiare un pallone aerostatico, ma alla fine Naruto Uzumaki riuscì a trovare la strada per la casa di Sasuke.

Quando si scaraventò all’interno, caracollando fino al salotto, trovò l’ Uchiha che, per l’ennesima volta quel giorno, gli dava le spalle.

Se ne stava seduto composto su un grosso cuscino a ridosso di un tavolino basso sicuramente costoso, rimirando le volute di vapore che si allontanavano dalla tazza di tè che aveva di fronte.

Si era già cambiato, constatò Naruto con disappunto, indossando il classico abbigliamento da... beh, da Sasuke.

Con grande sforzo riuscì a trattenersi dal chiedergli perché nessuno si fosse mai premurato di mettere delle indicazioni in quel dannato quartiere, optando per la diplomazia.

- Ti ho trovato, teme. – Disse invece a quella schiena che non accennava a muoversi.

Dal moro giunse un basso borbottio insieme a qualcosa di simile ad un ringhio, che interpretò con un ironicissimo ‘che gioia!’.

- Avanti, - ridacchiò, - Davvero credevi che non ti avrei seguito? – Chiese, ghignando.

- Forse ci speravo. – La risposta giunse tanto inattesa che quasi Naruto si spaventò sentendo quel suo tono tipicamente basso, tagliente ma ugualmente musicale.

- Forse, - Ribatté il jinchuuriki, - Non ti ricordi della mia strana indole a seguirti ovunque. Anche per anni, specialmente se indesiderato. -.

Sasuke borbottò qualcosa di incomprensibile, afferrando stizzito la tazza e portandosela alle labbra.

Naruto sorrise, togliendosi la felpa rigorosamente arancione e abbandonandola sullo schienale della prima sedia a tiro come sapeva avrebbe fatto infuriare l’ Uchiha.

- Allora, Sas’ke, me lo vuoi dire che ti succede? – Chiese poi, cercando di mantenere la calma e domare il suo istinto di strapazzarlo fino ad ottenere risposta.

Il padrone di casa scrollò le spalle, posando la tazza con un po’ troppa irruenza.

- Niente che direi a te. – Sibilò, tentando di dissuaderlo dall’intento di farlo impazzire a suon di domande.

Ma il biondo, ovviamente, non si arrese.

- Questo, in realtà, non esclude molte cose... – Ribatté questi, meditabondo.

Sasuke grugnì - Vattene dobe – sbuffando irritato e muovendosi appena per accomodare le gambe sul cuscino.

Naruto alzò un sopracciglio, quasi divertito.

Schivando un paio di oggetti sicuramente troppo costosi per poterli risarcire raggiunse quella figura composta e stizzita, inginocchiandosi alle sue spalle.

- Non se ne parla, - disse, sistemandosi in modo da avvolgere l’  Uchiha con le gambe e poggiando il petto contro la sua schiena. – Resterò qui finché non mi dirai che diavolo ti prende. – aggiunse, soffiando contro il collo dell’altro, che sentì irrigidirsi improvvisamente.

Sapeva che questo non sarebbe bastato a far capitolare lo shinobi più testardo di Konoha –dopo di lui ovviamente–, ma la sua tortura ancora non era finita.

Ghignando appena un po’ fece scorrere le mani tra le scapole del moro, segnando con le dita la spina dorsale, scivolando sempre più giù mentre gli posava dei baci leggeri sul collo.

Aveva impiegato qualche anno a perfezionare la sua tecnica, ma ormai poteva dirsi maestro insuperabile in quella disciplina: poteva ottenere qualunque cosa dall’esemplare umano più apatico e scontroso dell’universo.

- Allora? – Mormorò mellifluo e Sasuke dovette impegnarsi per non cedere e lasciarsi andare contro quel corpo caldo. Si maledì mentalmente, cercando di afferrare con noncuranza la tazza di tè ormai gelido con la mano evidentemente tremante. Un Uchiha in queste condizioni per un idiota insistente, pensò, che vergogna!

Tuttavia, mantenne il controllo ancora per qualche minuto, rinunciando alla sua bevanda ma senza muoversi di un millimetro, finché Naruto non iniziò a fargli il solletico.

Irritato sopra ogni limite, esausto e spossato, alla fine si arrese.

Tirando qualche gomitata di troppo e cercando di infierire sul biondo, si voltò irritato in quello che poteva essere considerato un abbraccio scomposto, sistemandosi di fronte al ragazzo, composto come sempre.

- Dunque? – Lo incitò Naruto, completamente posseduto dalla curiosità, ma anche parzialmente preoccupato.

Con un ultimo sbuffo, con cui riassunse tutti gli improperi che avrebbe voluto rivolgere al jinchuuriki, alzò lo sguardo, incrociando quello fervente dell’altro.

E fu come un fulmine, una scossa elettrica, Naruto si sentì improvvisamente leggero come una piuma e pesante come un macigno, agitato e tranquillo, boccheggiando senza riuscire a controllarsi.

Perché, per una volta, tra lui e Sasuke non c’erano barriere, perché avrebbe potuto sentire con mano il muro spesso che proteggeva quegli occhi pece cadere e frantumarsi, mattone dopo mattone.

Perché, in quegli occhi... c’era tutto.

 

how can you see into my eyes like open doors
leading you down into my core
where I’ve become so numb

without a soul my spirit sleeping somewhere cold
until you find it there and lead it back home

 

now that I know what I’m without
you can't just leave me
breathe into me and make me real
bring me to life

 

frozen inside without your touch without your love

darling only you are the life among the dead

 

 

Naruto, poi, sorrise.

Allungando una mano afferrò rudemente il collo del ragazzo di fronte, avvicinandolo e posando la fronte contro la sua spalla.

- Grazie. – Mormorò, allargando il sorriso.

Sasuke rispose con un breve grugnito, senza spostarsi da quell’intricata posizione, respirando a pieni polmoni il profumo genuino del biondo.

- Ne, Sas’ke, - lo chiamò questi, stranamente a bassa voce. – La prossima volta voglio venirci anch’io a trovarli... -.

L’ Uchiha si tirò indietro, per regalargli la migliore occhiata scettica del suo repertorio.

- E lasciarti così distruggere l’ultima briciola del mio defunto orgoglio? – Chiese, ironico e stranamente loquace.

Naruto ghignò, rifilandogli una leggera gomitata nelle costole.

- Sono sicuro che a loro piacerei! – Asserì, convinto, alzando il mento e arricciando le labbra, saputo.

Sasuke alzò un sopracciglio, indeciso se ripagarlo della gomitata o baciare quelle stupide labbra impertinenti.

Alla fine, delle due opzioni, le scelse entrambe.

- Ma certo, - Lo assecondò condiscendente, urtandolo casualmente con una spallata mentre si sistemava più comodo. – Specialmente a mio padre. – Concluse, strattonandolo per le spalle e facendo scontrare in un attimo le loro labbra.

Quando si separarono Naruto aveva stampato in volto un’espressione magnificamente maliziosa.

- Se è gelido, odioso e bastardo come te, di sicuro! -

 

 

Epilogo

 

 

 

La madre ridacchiò guardando il figlio che festeggiava con giubilo il finale della storia, saltellando sul letto irrimediabilmente disfatto.

- Evviva Okaa-san! – Esclamò il piccolo, lasciandosi poi cadere sul materasso, accaldato e disordinato come solo un bambino poteva essere.

Kimiko, senza smettere di sorridere, passò velocemente una mano nel castano dei  capelli arruffati del figlio, cercando di sistemarli il possibile.

- Su, Masahiko, cerca di darti una calmata! – lo richiamò bonaria, scuotendo il capo rassegnata.

Il bambino sembrò calmarsi un po’, risistemandosi sotto le coperte pesanti.

- Ne, Okaa-san, ma Sasuke ora è felice? – Chiese Masahiko, tirandosi le coperte al mento e reprimendo un piccolo sbadiglio.

La donna annuì allegra, carezzandogli la fronte.

- Certo. – Rispose, rimboccando le lenzuola e alzandosi composta dal letto.

- E... – Continuò il figlio, ancora non stanco abbastanza perché la sua curiosità si assopisse, - Resterà ancora così antipatico? – La interrogò, ghignando leggermente.

Kimiko gettò una rapida occhiata alla cornice appesa alla parete ed alla foto che conteneva, regalando un piccolo sorriso all’occhiata imbronciata che suo marito le rivolgeva da oltre il vetro.

- Io... io credo di si. –

 

Fine

 

 

 

 

 

Glossario

 

1) Okaa-san = madre, mamma

2) Per i personaggi del racconto ho voluto scegliere dei nomi che avessero anche un significato consono, così come spesso accade nella mitologia. Di seguito i significati:

- Takao = rispettabile eroe/uomo

- Kimiko = ragazza/donna imperatrice

- Masahiko = Masa (corretto/elegante/splendido) + Hiko (principe)

3) Otouto = fratello minore, fratellino

4) Nii-chan = fratello maggiore, fratellone (anche onii-chan, onii-san)

5) Otou-sama = padre, papà. Sasuke utilizza un suffisso diverso per il padre, per indicare il rapporto diverso, più distaccato e rispettoso rispetto a quello con la madre.

6) Si riferisce all’Obon, la festa dei defunti per il Giappone.

7) Itadakimasu = qualcosa di simile a ‘buon appetito’ detto da chi sta per mangiare.

 

 

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Quindi eccola qui, la storia con cui mi sono piazzata seconda (*.*) al contest di Hikaru_Zani, che non finirò mai di ringraziare (anche per lo splendido banner *.*)!

Qui il commento e il meraviglioso bannerino che provvederò ad aggiungere non appena sarò meno negata: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8507359&p=27

Ne approfitto per fare i complimenti a tutte le altre partecipanti, le podiste, la mia compagna di posizione Steste86 e la vincitrice, Meg89! Altro che questa, leggete le loro di storie!

Questo lavoro mi è costato, ad essere sincera, una gran faticaccia ed ancora non credo sia riuscito esattamente come avrei voluto.
Spero almeno che  la fic sia chiara, comprensibile - ho molti dubbi a riguardo, in realtà - e che sia riuscita a piacervi almeno un pò, senza annoiarvi troppo!

Il giudizio lo lascio a voi, fatemi sapere che ne pensate (mi fareste oltremodo felice)!^^

Miki

 

  
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