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Autore: Master Chopper    01/05/2017    3 recensioni
E' obbligatoria la lettura di '[SoF] Saga della Nascita' e di '[SOF] Saga dei Sette Peccati Capitali' per la comprensione delle vicende e degli avvenimenti trattati.
Il viaggio di Tengoku sta per concludersi, catturare Xian per costringere Sebastian alla resa pare l'unica possibilità di vittoria.
Ma cosa ha spinto il Boss degli Anonimato ad essere il peggior avversario che i Vongola abbiano mai affrontato?
Cosa rivuole indietro e qual è la sua vendetta?
- STORY OF A FAMILY: SAGA DELLA VERA FAMIGLIA -
Genere: Azione, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Reborn, Tsunayoshi Sawada
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Family [SoF]'
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a cura di nekomata04




Target Number 3: La mia nebbia di sempre.

 

 

La pioggia circondava ogni cosa.

Circondava il mondo di Yukiteru, un intero universo che dal nulla si stava manifestando.

Tutto in quel buio decorato dalle gocce d’acqua implacabili.

 

L’uomo sentiva Reborn al suo fianco continuare a correre, mentre lui si era già fermato, e nient’altro che Providence e Sebastian, come su uno sfondo sfocato.

Si accorse che anche la ragazza dai capelli neri e la pelle candida aveva incrociato il suo sguardo.

 

Nocciola.

“ Lo stesso colore degli occhi di Lara.” Sussurrò con le sue labbra tremanti, mentre davanti a sé Primula rimaneva immobile, fermatasi anch’ella a circa due metri di distanza.

Uno scontro tra Reborn, Providence e Sebastian era iniziato, in lontananza, ma Yukiteru decise per una volta nella sua vita di concedersi un istante di egoismo.

Un istante per poter rivedere la sua figlia scomparsa.

 

“ Sei davvero tu ?”

Insistette il moro, e la ragazza abbassò lo sguardo, senza rispondergli.

“ Ti prego… Primula …” Yukiteru barcollò, muovendo un passo in avanti.

Il suo volto era distrutto dal dolore e la tristezza, perché in quel momento non riusciva a sentirsi vicino alla cosa più importante che gli fosse rimasta.

 

“ PRIMULA, TI PREGO DIMMI CHE SEI TU !” Urlò infine, dando aria ai suoi polmoni fino a diventare rosso in viso.

Lacrime di umano si mescolarono con le lacrime del cielo.

 

Ed entrambe scivolarono dagli occhi della corvina, nel silenzio del buio.

“ Papà …” rabbrividì Primula, stringendosi le braccia senza però riuscire a sollevare lo sguardo verso il genitore, il quale davanti a quella visione le stava correndo incontro.

“ Primula !” Inciampando e scivolando, con il cuore che batteva nel petto più forte di mille tuoni, l’uomo raggiunse la figlia.

 

Le braccia di Yuki strinsero forte Primula, e la ragazza non fu più l’unica a tremare, in preda ai singhiozzi del pianto.

“ Perché te ne sei andata ?” Sussurrò debolmente l’uomo nel suo orecchio, mentre scivolava in ginocchio, abbracciando la figlia per non lasciarla più andare via.

 

Era come un bambino il quale ha visto volare in cielo il suo palloncino, e la seconda volta che ne vede uno lo stringe più forte nella mano.

E quel bambino, che un tempo aveva una famiglia come tutti, che l’aveva persa in poco più che un battito di ciglia, non poteva perdere più ciò che più temeva di aver lasciato.

 

“ Non… piangere, papà.” Disse Primula, affondando la faccia nell’incavo del collo di suo padre, finalmente stringendolo anch’ella con forza.

 

 

Un uomo ed una donna che si baciavano, lei distesa su di un letto d’ospedale, esausta, ma con le mani un’infante addormentata.

Lui commosso, e tra le lacrime in silenzio salutava con un bacio la nuova vita che aveva fatto apparizione nel suo universo.

 

Un incendio, voci, sangue e solo terrore quando l’uomo trovò il corpo di sua moglie al suolo, nel buio.

Guardò l’ombra sopra di sé, ma prima di perdere conoscenza riconobbe soltanto il simbolo di una lettera E circoscritta all’interno di un cerchio e di un rombo.

Simbolo maledetto, che da allora perseguitò i suoi sogni come un cane affamato, mentre lui stringeva forte il suo telefono.

Le telefonate a sua moglie che squillava a vuoto, le foto di sua figlia che ormai voleva vedere dal vivo.

 

 

“ Papà, ti prego… non devi uccidere Sebastian.” Mormorò la ragazza, ripresasi dalle lacrime, facendo spalancare gli occhi del padre dalla confusione.

 

 

 

 

 

Non molto distante dai due, Reborn aveva raggiunto con un balzo Sebastian e Providence.

L’intento dell’assassino, non appena aveva visto Yuki avvicinarsi alla ragazza, era stato quello di proteggere l’amico e di distrarre gli avversari il più possibile.

 

Nel momento in cui entrò nel raggio d’azione di Providence, il rosso spalancò gli occhi da sotto la sua maschera, e contemporaneamente allungò il braccio davanti a sé.

In meno di un istante le sue dita si stavano stringendo sul volto di Reborn, ed il Tutor Hitman rabbrividì, sentendo la pressione al contatto con la pelle.

 

Qualcosa però sfiorò il killer del Teschio, che fu costretto ad allontanarsi per schivare un colpo improvviso.

- Un proiettile ?- si domandò l’uomo, ormai distanziatosi dal suo avversario, accorgendosi troppo tardi di una piccola pistola stretta nella mano sinistra dell’altro.

Reborn sorrise beffardo, prima di inclinare la testa lateralmente per evitare un calcio di Sebastian, sopraggiunto nello scontro.

“ Tu sei l’uomo che ha nascosto Tengoku dai Vongola ?” Sussurrò freddo il corvino, nel mentre sferrava una raffica di calci verso l’Arcobaleno.

 

Con fatica Reborn cercò di evitare i colpi, avvertendo che parandoli avrebbe rischiato di farsi davvero male. Quel ritmo incalzante non gli dava tempo di mirare con la sua pistola, sebbene la distanza fosse minima.

“ Perché, lo cercavi ?” Con questa piccola domanda retorica l’intento dell’assassino era quello di provocare il Boss degli Anonimato, così anche da conoscere meglio il suo carattere e comportamento.

Nell’arte della guerra prevalere sull’avversario con ogni mezzo era la vera strada che portava alla vittoria, e questo lo sapeva bene.

 

A dispetto di ogni sua previsione, però, Sebastian rimase impassibile, con un’espressione che mostrava solo seccatura e distacco. Non era minimamente influenzato da qualsiasi cosa facesse, e rispose alla domanda con un’occhiata spiazzante.

“ Quanto sei disposto a perdere pur di rimanere dalla parte dei Vongola ?”

 

Reborn venne assalito da un brivido, e comprese che in quegli occhi si nascondeva una rabbia sopita, il vero motore di quell’uomo capace di tutto.

 

“ Potrei toglierti ogni cosa, ucciderti lentamente pezzo per pezzo. Ho tutto il tempo del mondo, e tu verresti lasciato qui, per vedere il sole che sorgerà quando sarai in punto di morire. ”

Ad ogni parola il Boss degli Anonimato diminuiva la distanza tra un colpo e l’altro, e allo stesso tempo anche la prontezza di schivate dell’assassino.

 

Reborn si sentiva messo alle strette: quella raffica di colpi lo stava accerchiando  in uno spazio sempre più ristretto, tanto che persino Providence si teneva lontano, incapace di trovare un apertura per attaccarlo.

E tutto quello che poteva fare era muovere il suo corpo, incapacitato dalla paura di alzare le braccia per pararsi.

- Se me le rompesse sarebbe la fine, non potrei più usare le Fiamme e la mia pistola… ed è questo quello che lui vuole.-

 

Un pugno gli sfiorò il corpo, lacerandogli in parte il fianco del completo nero. Da quel momento, mentre il Tutor Hitman assumeva uno sguardo più concentrato, furono molti i colpi a ferirlo di striscio, aprendo sottili graffi sanguinanti in molteplici punti del suo corpo.

- Ma non importa !- Il pensiero nella mente dell’uomo rimbombò limpido, nel momento in cui spalancò gli occhi.

 

Davanti a sé c’era la minaccia contro il quale era pronto anche a morire, come lo era sempre stato, per Tengoku e per Tsunayoshi.

 

Dalla mano armata che teneva puntata verso terra, sparò un proiettile un secondo prima che Sebastian sferrasse un pugno verso la sua testa, questa volta impossibile da evitare.

Il corvino, mentre ogni suo muscolo in tensione si muoveva affinché il suo braccio si tendesse, osservò vigile il movimento di quella pallottola.

E per l’appunto, il colpo dopo aver colpito il terreno rimbalzò in alto, verso la testa di Sebastian alla stessa velocità del suo pugno.

 

Il proiettile e la mano di Sebastian.

Il primo penetrò nella fronte del Boss degli Anonimato, esattamente tra i suoi occhi, mentre la seconda, a causa del cervello danneggiato, si arrestò a pochi millimetri dalla faccia di Reborn.

 

Gli occhi di Sebastian si mossero, osservando con la stessa freddezza micidiale l’avversario.

“ Questo trucco non funziona con me !”

Grazie alle Fiamme del Valhalla la sua fronte iniziò a rigenerarsi, quando all’improvviso, qualcosa incastrato nella carne squarciò ancora di più la pelle.

 

Solo allora il Boss si accorse dello sguardo tranquillo di Reborn, il quale sembrava schernirlo dietro quella serenità.

“ È proprio la tua immortalità il vero punto debole.” Allargando il suo sorriso, l’assassino osservò il proiettile precedentemente scagliato allontanarsi verso il cielo, avvolto però da una sottilissima rete di radici.

Quel fogliame, subentrato nella testa di Sebastian, a causa della velocità con la quale stava venendo trascinato all’indietro, si spalancò come un paracadute.

 

In un secondo il Boss ebbe appena il tempo di contrarre la bocca in una smorfia per lo stupore, prima che qualsiasi cosa dal suo collo in su venisse spaccato dall’interno, in un’esplosione di sangue, carne e materia celebrale.

 

L’assassino non venne sconvolto nemmeno dal venir macchiato interamente sulla sua giacca nera o sul suo fedora. Asciugandosi con un dito una goccia di sangue sulla guancia, sorrise nervosamente, rilassandosi dalla tensione trattenuta fino a quel momento.

- I consigli di Corex si sono rivelati utili… anche se effettivamente ho azzardato ad usare la Fiamma del Sole per accelerare la crescita di quelle piccole radici sui miei proiettili. Devo stare più attento d’ora in poi …-

 

E con quel pensiero, il Tutor si voltò verso Providence, accorgendosi solo in quel momento che l’assassino dai capelli rossi era già scattato verso di lui.

 

“ Merda !!” Imprecò Reborn per la sorpresa, prima di cozzare il suo pugno contro quello del killer chiamato provvidenza.

L’aria vibrò, esplodendo in una bolla di pressione rilasciata dai muscoli dei due esseri dalla forza sovrumana.

 

 

Il sicario con il fedora digrignò i denti, venendo sollevato in aria ed accusando i dolori per la potenza dell’avversario.

Dal canto suo, Providence attraverso la sua maschera non faceva trapelare alcuna emozione, e semplicemente spingeva il suo pugno verso Reborn senza esitazione.

A muoverlo erano i soldi, l’incarico che, in quanto nato per essere un assassino, doveva completare.

 

L’uomo dai capelli rossi serrò anche la mano libera a pugno, prima di sferrare un colpo simultaneo verso l’avversario, il quale si difese troppo tardi sollevando un piede.

Nella posizione in cui si trovava, Reborn sapeva di non avere un appoggio stabile che gli garantisse forza, ed inoltre l’ultimo colpo dell’assassino stava iniziando a fargli incrinare le ossa della gamba.

“ Maledetti… tutti voi ed il vostro Istinto d’Emulazione !” ruggì il Tutor Hitman, cercando l’ironia per sopportare il tremendo dolore che stava provando. Un sorriso stavolta gli riuscì troppo falso.

“ Ti cercavo, sai? Uccidere il bersaglio più forte è sempre la soddisfazione migliore, specialmente perché i tuoi sottoposti perderanno le speranze quando morirai.” Sibilò Giustizia, aumentando la pressione su entrambi i pugni, ormai sollevando l’avversario sopra la sua testa.

 

“ Sottoposti? Morirò? Quante cazzate che dici, mamma mia !” Sogghignando, Reborn avvertì tutte le sue giunture cigolare come dei cardini pronti a rompersi, mentre contrastava la forza dell’avversario con una spinta di reni.

Del sangue scivolò dalle sue labbra, contratte in un sorriso determinato, di sfida.

 

 

Sfida che l’autoproclamato miglior assassino del mondo colse senza esitare, fino a quando qualcosa proveniente a grande velocità dalla sua sinistra non catturò la sua attenzione.

Non riuscendo ad avere il tempo né gli arti superiori liberi per difendersi, un blocco di cemento lo colpì in testa senza un margine di errori, scaraventandolo all’indietro di qualche metro.

 

- Hanno forse trovato il metodo per contrastare l’Istinto d’Emulazione ?- Ipotizzò a mente fredda nonostante il danno ricevuto, nel momento in cui sollevò la testa verso la strada che portava a Venezia.

Un rivolo di sangue, colante dalla tempia gocciolò davanti ad un suo occhio, coprendo per un attimo la visione di un giovane che correva verso di sé.

 

 

“ Non puoi andartene! Come faranno i bambini a crescere senza un padre ?!”

“ Io non sono il padre che un bambino vorrebbe avere …”

“ Sei… un mostro …”

“ Lo sono… ma ti amo, e amo anche Angelyca e Kevin.”

 

 

- Ogni convinzione… ogni cosa che vuoi credere …-

I pensieri dell’uomo scorrevano nella sua mente, mentre Kevin, in lontananza, iniziava a correre sempre più veloce.

- Tutto quello che vuoi essere… può svanire in un attimo ?-

 

“ Aspetta, fermo !” Urlò Reborn al ragazzo dai capelli rossi, che troppo veloce per venir fermato, lo aveva superato e si stava avvicinando sempre di più a Providence.

 

- Io penso di no. Non ci ho mai creduto.-

 

“ MUOOORIIII !!” Urlò Kevin con tutta l’aria che aveva in corpo, saltando e caricando un pugno dietro la sua testa. Il suo corpo, avvolto da Fiamme della Tempesta intense, era contratto in una tensione muscolare oltre ogni limite.

Ogni frammento dei suoi tessuti era illuminato da quell’accecante energia, che altro non era se non la Fiamma donatagli da Fon, l’Arcobaleno della Tempesta.

 

Negli occhi del giovane si riflesse per un secondo l’immagine del padre, immobile, mentre lo guardava dal basso.

 

 

Quell’uomo.

Non lo conosceva, era solo un nemico incaricato di ucciderli, e avrebbe combattuto come contro qualsiasi altro avversario.

 

Ironicamente, la decisione presa da Giustizia fu la stessa. Entrambi, a modo loro, avevano cancellato qualsiasi parte oscura del loro passato, affrontando qualcosa che avevano paura di incontrare con coraggio.

 

 

Quando Kevin impresse tutta la sua Fiamma nel pugno, diretto verso il padre, i loro corpi vennero investiti in un’esplosione di pressione ed aria calda.

Solo una leggera brezza di mare poté sollevare il fumo verso il cielo, scoprendo la superficie del ponte, completamente intatta.

 

 

Il volto del ragazzo era incredulo, sentendosi al pari di un animale nelle spire di un serpente.

Concretizzò, sentendosi trafitto dagli occhi gelidi di Providence, che l’uomo con una sola mano lo aveva bloccato in un punto tra il collo e la spalla destra.

Così facendo, il pugno intriso di Fiamme della Tempesta non aveva potuto spingersi più in profondità, ed adesso sembrava un pezzo di carbone ardente, a pochi centimetri dalla maschera dell’assassino.

- Usa lo stesso potere di Tengoku ?!- Kevin ricordava bene quando alla Magione Vongola era stato attaccato dal suo ex compagno di scuola, e la sensazione di sentirsi impotenti di fronte all’Istinto d’Emulazione non era affatto nuova.

 

Prima che potesse agire ancora, venne scagliato alle spalle di suo padre, atterrando duramente sul cemento.

In una frazione di secondo, dato che aveva mantenuto le palpebre spalancate nonostante il dolore, un bagliore si illuminò nei suoi occhi.

Poggiando le mani al suolo, con i gomiti rivolti verso l’alto, si rialzò immediatamente compiendo una capriola all’indietro, in tempo per vedere Providence scaraventarsi con il gomito teso verso il punto dove si trovava prima.

 

Il fiato gli mancò quando vide quell’area del ponte frammentarsi in un’enorme crepa, come se a colpirlo fosse stato un peso da molteplici tonnellate.

 

- Sì, lui… vuole uccidermi !- Pensò per l’ultima volta Kevin, abbandonando qualsiasi dubbio avesse prima, ora ridotto ad una maschera di sudore e paura.

 

 

 

 

 

 

- Ti risparmio solo perché hai mantenuto Tengoku in vita, cane dei Vongola …-

Nella mente di Sebastian c’era solo un abisso di freddezza, qualsiasi cosa provasse non era tenuta in considerazione.

 

Si sollevò da terra, finalmente ripristinato grazie alle Fiamme del Valhalla, e riprese a camminare lasciandosi un combattimento alle spalle.

- Cos’è questa sensazione che invade il mio corpo ?-

I suoi occhi si rivolsero verso il centro del ponte, a non troppi metri da lui.

I corpi di Xian e Tengoku giacevano, abbracciati l’uno a l’altro ma privi di sensi.

 

- Ecco !- Ricordò l’uomo, con un bagliore sinistro scaturito nelle sue pupille. Ogni rumore veniva isolato mentre si muoveva, come a rallentatore, riducendo la distanza da ciò che stava osservando con somma attenzione.

 

 

Improvvisamente qualcosa apparve nella sua visuale, ed in un istante fu costretto ad evitare un’ombra scattata nella sua direzione.

Saltò lateralmente, proprio come la misteriosa figura, e fu lì che i due incrociarono gli sguardi.

 

Gli occhi glaciali di Sebastian, e quelli ardenti di Yukiteru. Una flemma inestinguibile ed un ghiaccio implacabile.

 

Troppo veloce per essere visto da occhio umano, l’agente sotto copertura dei Vongola attaccò come un’animale inferocito, sferrando un pugno verso il suo unico vero avversario.

Sebastian non reagì, e l’avambraccio del moro si conficcò nel suo petto, spappolando i muscoli pettorali e la cassa toracica.

 

Il caldo ed una vibrazione nella mano di Yukiteru. L’uomo assottigliò il suo sguardo posseduto dalla rabbia, stringendo fino a schiacciare il cuore dell’altro nel pugno.

Il suo stesso sangue ribolliva, ogni sua fibra muscolare implorava pietà per il mastodontico sforzo a cui stava sottoponendo il suo stesso corpo.

Il cervello non rispondeva di sé.

 

“ Cosa pensi sia successo adesso? Non hai ottenuto niente.” Le parole del Boss degli Anonimato penetrarono nell’anima dell’uomo, il quale venne attraversato da un brivido di puro dolore.

Un dolore che portò solo ad un nuovo afflusso di collera.

 

Yukiteru ruggì al cielo la sua sofferenza, estraendo il braccio dal torace dell’avversario, che lo guardava impassibile, come se nulla fosse successo.

Il foro nel petto si rigenerò quasi all’istante, e stavolta Sebastian e Yuki si mossero contemporaneamente.

 

Le braccia dell’assassino dei Vongola distese in avanti, con i palmi aperti per colpire il volto del corvino. Ma il Boss degli Anonimato era stato così rapido da spezzare quelle braccia con un doppio colpo mirato ai gomiti dell’avversario, il quale si rese conto troppo tardi di star attaccando con degli arti rotti.

 

Yukiteru non poté più contrattaccare, ritrovatosi in un battito di ciglia con la mano di Sebastian sulla propria faccia, serrandogli la bocca e stringendogli il cranio in una morsa.

 

Ma gli occhi del genitore non smettevano di ardere, neppure quando una lacrima discese quelle guance, sfiorando la mano del suo nemico.

Odio nella visione distorta del volto di Sebastian, come in uno specchio d’acqua agitata dalle onde.

 

 

“ NO! Non ucciderlo… ti prego !”

Gocce di pianto appartenenti a qualcun altro toccarono terra, appartenenti ad una ragazzina dai capelli neri come l’ebano, inginocchiata ai piedi del Boss degli Anonimato.

 

Primula, figlia di Lara e Yukiteru, provava paura e dolore alla vista di suo padre sul punto di morte, ma ugualmente cercava di soffocare quella paura. Per qualche motivo le emozioni non potevano tradire il suo corpo, spingendola a compiere gesti che non avrebbe voluto compiere.

“ Lui è mio padre… è sempre mio padre, per favore !” singhiozzò Primula, stringendo le palpebre per non far più colare altre lacrime, nonostante i suoi occhi lucidi ed arrossati la provassero nello sforzo.

 

Il coraggio di supplicare un uomo il quale aveva ordinato la morte di innumerevoli membri dei Vongola, che in quel momento appariva come una statua, fredda ed implacabile nel giudicare i colpevoli e gli innocenti.

 

“ Per quanto ne so, non dovresti pregare me: non sono né un santo, né un Buddha, tantomeno un Dio. Non rivolgere le preghiere ad un peccatore, ma solo a chi davvero possiede un animo puro.”

Con quelle enigmatiche parole, sussurrate nell’espressione marmorea di Sebastian, l’uomo lasciò che Yukiteru cadesse sulle sue stesse gambe.

 

- Cosa vuol… dire… tutto questo ?- fu l’ultimo pensiero del padre di Primula, rivolgendo un ultimo sguardo alla figlia, sentendosi morire dentro per starla perdendo un’altra volta.

Non ottenne mai risposta, perse i sensi un momento dopo, disteso sul Ponte della Libertà.

 

Nei suoi ricordi c’era la verità, una confusa e terribile verità.

 

 

 

Dopo aver superato l’esame di maturità, Yukiteru, di padre giapponese e madre italiana, decise di diventare un poliziotto nella città in cui un tempo viveva, Roma.

Il destino volle che il suo primo incarico fosse di mettersi in contatto con uomo di cui non poteva assolutamente sospettare la vera identità.

 

“ Perché sei diventato un poliziotto, ragazzino ?” domandò l’uomo schiettamente, rimanendo all’ombra della sua stanza.

Fuori alla porta chiusa, come richiesto, un diciottenne Yukiteru in divisa da poliziotto sostava. Sudava freddo senza interruzione, messo sotto pressione dall’atmosfera creata.

Nell’albergo in cui era stato portato aveva notato almeno una cinquantina di uomini armati, i quali lo avevano tenuto sotto controllo sin dai suoi primi passi all’interno dell’edificio.

Fu allora che nacquero i suoi primi sospetti, ma decise di tenerseli per sé a causa della situazione.

 

“ Per proteggere il prossimo, signore.” Rispose allora, tremante.

Una risata sprezzante ferì il suo orgoglio dopo quella risposta, ma strinse i denti e rimase in silenzio.

“ Che cazzate! Al giorno d’oggi ciò che conta di più sono la famiglia ed i soldi. Non dirmi che proteggi solo quelli della tua famiglia ?” Domandò nuovamente l’uomo dentro la stanza buia.

“ No, signore.” 

 

“ Buon per te, ragazzino. Allora vedi che lo fai solo per i soldi …”

“ No, signore, glielo ripeto.” Yukiteru, dalla sua giovane età, nonostante la paura che provava, non riusciva a contenersi sentendo i propri ideali venir disprezzati.

 

Sin dal giorno in cui si era arruolato in caserma aveva giurato di proteggere la sua patria e chiunque avesse bisogno di aiuto. Odiava i suoi colleghi che prendevano mazzette per infangare dei crimini, oppure che venivano deviati dall’accidia e dall’avarizia.

Non voleva essere così, voleva poter essere anche il solo a portare sicurezza in quel mondo.

 

“ Chi credi di fare felice proteggendo chiunque? Io, per esempio, non voglio essere protetto da un ragazzino come te che non sa ammettere la verità.”  L’uomo dentro la stanza alzò il volume della sua voce, sbattendo il proprio pugno su di un tavolo.

“ Peggio per lei, signore… perché penso di saper fare bene il mio lavoro.” Nonostante avesse bluffato, il ragazzo stava perdendo la pazienza, e qualsiasi cosa dicesse, purché contraddicesse le parole dell’altro, gli andava bene.

- Chi cazzo pensa di essere questo qui?! Ragazzino un paio di palle, tempo cinque secondi e me ne vado di qui senza ripensamenti.- Fumando di rabbia, Yukiteru si accinse ad alzare i tacchi, ma improvvisamente sentì quello che ormai non sperava più di sentir dire.

 

“ Ah sì? E allora voglio vedere quello che sai fare, ragazzino …”

La porta alle sue spalle si aprì, e quando si voltò poté vedere un uomo in giacca e cravatta che lo invitava ad entrare.

 

Yukiteru avanzò nel buio di quella stanza, prima che, mentre la porta alle sue spalle si richiudeva, qualcuno accendesse la luce.

Il giovane non badò all’arredamento del luogo, tantomeno si interrogò sul perché le tapparelle e le finestre fossero chiuse ermeticamente.

 

Individuò istantaneamente un uomo, seduto dietro la scrivania in mogano, con al suo fianco un ragazzo ed una ragazza.

 

L’uomo sembrava anziano solo per i lunghi capelli bianchi ed una barba rada e grigia, mentre mostrava una corporatura muscolosa ed un’altezza impressionante, nonostante fosse seduto.

Vestiva una giacca bianca aperta che mostrava una maglia rossa ed una cravatta gialla allentata, dandogli un aspetto selvaggio, trasandato.

 

In completo contrasto, era la ragazza sulla quale Yukiteru posò immediatamente lo sguardo.

Aveva dei lineamenti dolci, tutto il contrario di quelli squadrati e arroganti dell’uomo, con dei grandi occhi verdi, ed una carnagione chiara. I capelli erano biondi, di media lunghezza ed acconciati in un ciuffo che le copriva l’occhio destro, insieme a parte del volto.

Vestiva un abito lungo, azzurro, munito di corpetto che faceva risaltare le sue forme non troppo esagerate.

 

Per un motivo che il ragazzo non comprese all’istante, quella visione gli parve l’unica cosa sulla quale i suoi occhi avrebbero dovuto posarsi per il resto della sua vita.

 

Quello stordimento, quasi magico, durò poco, dal momento in cui Yukiteru avvertì il freddo di una pistola puntata sulla sua fronte.

Quando riacquisì controllo di sé, venne attraversato da un brivido accorgendosi del secondo ragazzo, il quale lo squadrava intimidatorio, premendo l’arma sempre più forte sulla sua testa.

“ Contieni la tua erezione, animale! Sei davanti alla figlia del capo, sai ?!” Ruggì il giovane, facendo ammutolire Yukiteru per la paura.

 

Il ragazzo non poteva avere più anni di lui, anzi, pareva persino più piccolo, forse un sedicenne. Vestiva un completo nero sopra una camicia bianca, con tanto di cravatta e scarpe lucide.

Sulla sua testa portava una fedora nera, decorata da un nastro arancione, la quale nascondeva completamente i suoi capelli, se non per due basette nere incredibilmente lunghe e ricciolute.

 

La pistola che stringeva con forza nella mano destra era un modello abbastanza antiquato anche per l’epoca, e dava per l’appunto l’impressione di esser stata usata diverse volte.

Si chiamava Smith & Wesson 357 Magnum, con una particolare impugnatura di legno laccata di rosso cremisi. Da quella pericolosa distanza, Yukiteru riuscì persino ad intravedere una scritta incisa: “Occīdo ergo sum”.

 

“ Datti una calmata, Reborn !” Sbraitò, con una punta di ironia, l’uomo seduto, e a quell’ordine l’assassino rinfoderò l’arma.

 

- Questi non sono tipi normali …- pensò nervosamente Yukiteru, squadrando i presenti restando in guardia… fino a quando non posò nuovamente gli occhi sulla bionda, ed allora un sorrisetto ebete gli riapparve sulla faccia.

Venne risvegliato dalle imprecazioni di Reborn, il quale si accingeva a togliere la sicura alla sua pistola, venendo fermato prontamente dall’anziano.

“ Passiamo al dunque, ragazzino.” Riprese parola l’uomo, stiracchiandosi pigramente.

- Aridaje !- Sbuffò il giovane.

 

“ Visto che ti credi tanto bravo, voglio che tu diventi la seconda guardia del corpo di mia figlia Lara.”

 

 

 

 

 

- Mamma, papà …-

Primula stinse forte la giacca di Sebastian, alla quale si era aggrappata. Sollevò la testa, con gli occhi ed il naso arrossati dal pianto di lacrime ora asciutte. Il cielo riflesso in quelle pupille, le stelle lontane, irraggiungibili.

- Sono passati quattro mesi da quando vi ho lasciato, ma non potremo più abbracciarci tutti insieme come un tempo.-

 

Rimase per qualche istante così, immobile sotto lo sguardo indecifrabile dell’uomo, il quale riprese il suo cammino.

Venne lasciata indietro.

- Spero solo che quello che faccio per proteggere papà possa aiutare… per quanto riesca a farlo.-

 

La ragazza congiunse le mani, portandole alla bocca per sussurrare una preghiera silenziosa.

- A tutte le vittime innocenti, a tutti i peccatori impuniti, a tutti coloro toccati dall’ira di Sebastian… per coloro che non conoscono il dolore dell’uomo e del mostro.-

Non ebbe nemmeno la forza di chiedersi a quanti sarebbe giunta quella preghiera.

- Perché in fondo, papà, tu e Sebastian siete così simili …-

 

 

 

 

 

Il Boss degli Anonimato mosse un altro passo prima di fermarsi.

Davanti a sé, Tengoku giaceva addormentato, con un rivolo di sangue secco che gli macchiava le labbra e la propria mano in quella di Xian, al suo fianco.

 

Sebastian si chinò, sfilandosi un guanto dalla mano destra.

L’azione successiva fu avvicinare quella stessa mano nuda, con una cautela simile alla paura, al volto dormiente del ragazzino.

Si avvicinò talmente tanto da riuscire a sfiorare quel ciuffo di capelli bianchi, quelle palpebre chiuse, ma improvvisamente l’arto si ritrasse, iniziando a contorcersi come in preda ad un attacco epilettico.

Con l’altra mano ritirò il braccio a sé immediatamente. Del sudore freddo colava sul volto, vicino ai suoi occhi spalancati.

 

 

“ NON TI AVVICINARE !!”

In quel momento il cielo venne illuminato da due luci intense: una arancione ed una celeste.

Quando Sebastian si voltò, notò distintamente un jet sorvolare il Ponte, così come due uomini che precipitavano ad alta velocità verso di lui.

 

Con un braccio teso all’indietro ed uno in avanti, Tsunayoshi Sawada stava aumentando la sua velocità emettendo dietro di sé un propulsore di Fiamme, mentre preparava un devastante X-Burner da scagliare frontalmente.

Al suo fianco Corex Licaone aveva le braccia protese verso l’alto, accumulando una nube d’aria a bassissima temperatura, al punto da iniziare a generare del ghiaccio puro dal nulla. Quella coltre di gelo gassoso e solido stava prendendo la forma del gigantesco muso di un serpente con le fauci spalancate.

 

Non passò un secondo prima che Sebastian balzasse verso l’alto.

La rabbia negli occhi dei due Boss alleati non era nulla di fronte all’odio più oscuro che avvolgeva il corvino, il quale con il suo corpo immortale aveva intenzione di incassare i colpi.

 

Tutto, pur di raggiungere il suo bersaglio.

 

- Sei TU, Tsunayoshi Sawada !!- Sebastian si vide travolgere dalla luce delle Fiamme avversarie.

 

 

“ X-BURNER: LO SCIROCCO VERSION !!” Dalla mano del Decimo Vongola scaturì un cono di Fiamme del Cielo, che si abbatté impetuoso come il vento caldo dal quale prendeva il nome.

“ RAGNAROK: DIVORAMENTO DEL TUONO !!” Il Boss dei Licaone invece scagliò in avanti le sue Fiamme del Ghiaccio, ed il Jormungandr esplose in una corrente di aria gelida e schegge di ghiaccio lunghe come lance.

 

 

La raffica di fuoco e gelo scatenò un’onda d’urto di pressione, la quale si abbatté sul Ponte della Libertà, facendolo vibrare pericolosamente come le acque della laguna.

Ben presto l’asfalto sarebbe ceduto, ma nonostante tutto i due Boss continuavano ad emanare i loro attacchi, concentrandoli nello stesso punto.

 

- Non abbiamo potuto usare la nostra potenza per via di Tengoku e Xian, che si trovano proprio a pochi metri da noi. Ma dovrebbe bastare… deve bastare !- Pensava nel mentre Tsunayoshi, osservando con la coda nell’occhio lo sguardo determinato di Corex.

Il suo vacillava, era colmo di dubbi ed era costantemente invaso dalla paura di perdere i suoi amici, o Tengoku.

 

Fu quell’esitazione a farlo reagire troppo tardi, quando qualcosa sembrò fuoriuscire dall’X-Bruner, nella sua direzione.

Nel momento in cui provò ad evitarlo, era stato colpito da un pugno in pieno volto. E ciò che l’aveva colpito era a tutti gli effetti solo il braccio di Sebastian, ancora ricoperto dalla manica nera e con il guanto indossato.

 

- Di lui è rimasto solo un braccio… ed è ancora così forte ?!- Realizzò il Decimo Vongola, venendo scagliato all’indietro di diversi metri.

Corex Licaone si girò in tempo per vederlo schiantarsi sul Ponte, vicino al punto dove Reborn, Kevin e Providence si stavano sfidando.

 

L’Ottavo Boss dei Licaone non si accorse però del braccio del suo avversario, e la prima cosa che fece fu scattare verso il suo amico per soccorrerlo.

Fu allora che si accorse di un intruso sul loro campo di battaglia, un’ombra che aveva iniziato a muoversi sotto di loro, verso Primula, Tengoku e Xian.

 

 

 

 

 

 

 

 

“ Non posso credere che tu mi stia facendo fare questa figura !”

Soffiò inviperita Akane, voltando il capo per nascondere la vergogna  che le stava facendo aumentare quel nervosismo.

Non avrebbe mai rivelato che, in un angolo nascosto del suo cuore, lo star venendo portata a cavalcioni da Drake era quasi tollerabile. Forse, anche più che tollerabile.

 

Il biondo, continuando a correre all’ombra degli alberi, tentò un sorriso per nascondere l’imbarazzo, poi chinò il capo assumendo un’espressione più decisa.

“ Se ti avessi lasciata lì, a morire, non saremmo mai potuti essere in grado di mantenere la nostra promessa. Ricordi ?”

La corvina rimase in silenzio, stringendo tra le sue braccia il collo del ragazzo.

- Grazie.-  Sorrise timidamente mentre arrossiva, nascondendo il volto nella schiena di Drake.

 

“ E si può sapere perché devo essere io a portarti, invece ?!”

Azura Schlmit, anche lei in corsa, stava invece inveendo contro Kiiro, ormai recuperato il suo aspetto originale, ma comodamente a cavalcioni sulla sua schiena.

La macchina assassina inizialmente non comprese a chi si stesse riferendo, e si indicò con fare interrogativo.

“ Certo che sei tu, CRETINO !” Ruggì la ragazzina dai capelli rossi, per nulla felice di star trasportando il biondo, ben più alto di lei.

 

“ Oh, ma perché tu Azura sei molto più muscolosa e forzuta di Momoka, ed io non ho ancora recuperato le energie necessarie per muovermi.” Annuì serenamente Kiiro, con la sua maschera sorridente in perfetta sintonia con la sincerità delle parole che diceva.

 

Sia Azura che Momoka, al suo fianco, si voltarono verso di lui con un’espressione truce, fulminandolo.

 

Nonostante tutto, la Guardiana della Nebbia distolse presto l’attenzione dall’irritante compagno, e riprese a guardare la strada davanti a sé.

- Non siamo riusciti a trovare Akira, ed a quanto pare ha lasciato il suo ricetrasmettitore nella limousine dove trasportavano Xian. Dove può essere finita ?-

La castana socchiuse gli occhi, concentrandosi in un pensiero proveniente dal suo cuore.

- E Kevin… tu dove sei ?-

 

In quel momento i cinque ragazzi si resero conto di essere arrivati al limitare della costa adriatica, ed il sentiero di alberi scomparve alle loro spalle.

Il cielo, il mare, il Ponte della Libertà, le luci lontane provenienti da Venezia. Tutto fu finalmente visibile.

 

In principio vennero notati Kevin e Reborn, impegnati nello scontro con un solo avversario, che riusciva  a tenere testa ad entrambi senza farsi ferire, ed in lontananza il corpo di Tengoku disteso accanto a quello di Xian.

I ragazzi non potevano saperlo, ma sul ponte giaceva anche il corpo privo di sensi di Yukiteru, coperto però dal fumo sollevatosi dopo l’esplosione.

 

E, cosa più importante, le ombre di due individui chinati sul bruno, loro amico. Una di queste era Primula.

La missione Meet Me in The Woods era fallita, ma anche questo non lo avrebbero potuto sapere.

 

 

Prima che la Squadra di Guardiani riuscisse anche solo a muoversi, qualcosa precipitò apparentemente dal cielo dopo numerose rotazioni, atterrando di fronte a loro.

Si sollevò da terra un ragazzo, come si poteva notare dal petto e dalle braccia ricoperte di muscoli, lasciate scoperte.

La carnagione era scura, indossava solo dei corti pantaloni neri e delle scarpe gialle, insieme ad una maschera dello stesso colore che gli copriva il volto dal naso in su.

Dei lunghi capelli biondi gli ricadevano sulle spalle, e la prima cosa che fece dopo essersi rialzato fu spalancare un largo sorriso smagliante.

 

“ Siete dunque voi i ragazzi che hanno fermato i Bravi ?” domandò con una voce calda e ridente.

La Squadra notò un bagliore sinistro nei suoi occhi pieni di gioia, e senza dubbio quel ragazzo biondo dall’accento messicano emanava un forte Intento Omicida sebbene non fosse in guardia.

 

“ Vi avverto già che non potrete mai tentare di battermi, oppure di farmi un graffio: i Bravi non sono per niente degli assassini qualificati, e questo non fa di voi, che li avete sconfitti, dei grandi combattenti.”

Iniziò a parlare, mantenendo un atteggiamento ed un tono giocoso. Chiaramente non aveva l’intenzione di prendere sul serio quei ragazzi.

“ Chiamatemi Lobo, ho disertato dalle Forze speciali dell’esercito messicano per diventare un mercenario, e per vostra sfortuna le nostre strade si sono incrociate ! Come potete vedere dal mio outfit sono un appassionato combattente di lucha libre, l’unico vero wrestling , anche se sto perfezionando la mia gimmick… ”

 

“ Parli troppo, bastardo.” Il messicano venne interrotto improvvisamente da Drake, in quanto il tedesco, con ancora Akane sulle sue spalle, lo aveva scostato per passare oltre.

“ Non ho tempo per sentire le tue chiacchere: ho un amico da salvare.” Lo sguardo negli occhi del Guardiano del Fulmine era più determinato che in passato.

Tutte le esperienze affrontate, i dolori, le gioie, si erano forgiate in lui per poter creare quello sguardo. Non più lo sguardo di un ragazzo spaventato, no, la paura non avrebbe più guidato il suo cuore.

 

 

Lobo rimase in silenzio, con gli occhi spalancati, così come era stato interrotto, nel mentre Drake camminava alle sue spalle.

Lentamente, il suo sorriso pietrificato si contorse in un ringhio ferale, trasformando il suo volto in un’espressione totalmente diversa, come se fosse impazzito di punto in bianco.

 

 

Il tedesco si voltò nell’esatto istante in cui avvertì qualcosa muoversi troppo velocemente dietro le sue spalle, ed Akane fece lo stesso, seppur potesse girare solo la testa.

Quando Drake ebbe voltato le spalle al Ponte della Libertà, venne travolto  da un drop kick, ovvero da un doppio calcio volante portato con entrambi i piedi congiunti ed il corpo in diagonale.

 

 

Sul volto di Lobo, che aveva appena eseguito quell’attacco aereo, riapparve il sorriso di prima, potendo osservare Drake sputare sangue.

Il tedesco, piuttosto, era consapevole che fintanto la corvina fosse rimasta sulle sue spalle non si sarebbe potuto muovere, neppure pararsi con le proprie braccia, e per questo avrebbe dovuto incassare i colpi del suo avversario.

I suoi occhi freddi apparvero come un messaggio di sfida per il killer messicano, il quale, infiammato di rabbia, sembrava non poter tollerare di essere ignorato, così come per i suoi colpi.

 

“ Te la faccio sparire io quell’aria da saputello !” Ruggì furiosamente il luchadores, inarcando la schiena all’indietro per atterrare sui palmi delle mani, assumendo una posizione accovacciata.

Un istante dopo scattò in avanti, allungando una mano verso il basso fino a sfiorare il terreno, e rapidamente la sollevò compiendo un arco verso l’alto, una volta raggiunto il suo avversario.

Drake si vide afferrare dai genitali, proprio in mezzo alle gambe, ma prima che potesse soffocare un grido di dolore, Lobo lo scaraventò in alto con una forza sovrastante.

 

Nel lancio l’assassina dei Vongola scivolò dalla schiena del ragazzo, e poté osservare, mentre cadeva di schiena al suolo, il suo compagno ricadere anch’egli compiendo una parabola all’indietro.

 

Fortunatamente il Guardiano del Fulmine atterrò con una mae-ukemi, assorbendo l’impatto della caduta rotolando su di una linea immaginaria che dal gomito scendeva in diagonale lungo il dorso.

Allo stesso modo però, il biondo si dovette portare una mano alla bocca dello stomaco, ancora dolorante per il colpo subito, in attesa delle forze necessarie per rimettersi in piedi.

 

“ PWUWAHWAHWAHWAH!! Hai visto, hai visto?! Mi hai chiamato bastardo e ci hai solo fatto una figura pessima davanti a tutti !” Dal canto suo Lobo era scoppiato a ridere, allargando le braccia come se stesse parlando ad un pubblico immaginario.

Un teatro sarebbe stato effettivamente adatto per contenere il suo ego smisurato.

 

 

La risata non poté protrarsi per molto, perché in un battito di ciglia parte della sua guancia destra e della sua mascella vennero polverizzati in un’esplosione di Fiamme della Tempesta.

Una lacrima per il dolore gli venne strappata, mentre con tutto il suo corpo il killer cercava di rimanere immobile e di sopportare l’atroce dolore che stava provando.

 

Alle sue spalle, Akane Mizuno stava ancora stringendo tra le mani, seppur fosse seduta per terra a causa delle gambe ferite, la sua Walther PPQ fumante per il colpo sparato.

“ Se sei un bastardo lo sei e basta, anzi, non ci sarebbe neanche bisogno di dirtelo, feccia schifosa !”

Quelle parole pronunciate lentamente, con calma ma allo stesso tempo freddezza, fecero soltanto crescere la paura in Lobo, sentendosi perso negli occhi spietati con i quali la corvina lo stava trafiggendo.

 

 

In meno di un secondo percepì però un ennesimo movimento, e riportando l’attenzione davanti a sé vide soltanto una massa di capelli rossi danzare, come fiamme selvagge, prima di svelare il luccichio di un lungo bastone metallico.

“ Di solito non difendo mio fratello, ma per questa volta farò un’eccezione in merito di quanto mi hai fatto arrabbiare …” Sibilò Azura Schlmit, sollevando i suoi occhi blu verso l’alto, facendo roteare Steel Soul attorno al proprio avambraccio.

 

 

Nel momento in cui l’assassino messicano pensò di muoversi, la rossa lo aveva già colpito con sei decisi affondi di bastone in sei differenti punti del suo corpo, seguendo una linea verticale che lo tagliava in due.

Rispettivamente i punti colpiti si illuminarono di una intensa Fiamma della Pioggia: in mezzo alle sopracciglia, sulla gola, al centro del petto, sul plesso solare, nel basso ventre e sull’osso terminale della colonna vertebrale.

“ Trasmigrazione delle Sei Vie Terrestri di Chakra !!”

 

Quando i colpi simultanei cessarono, l’intero corpo del messicano venne investito da un’enorme Fiamma della Pioggia, nel mentre lui, ormai privo di sensi, crollò al suolo.

 

Una volta sconfitto il loro avversario, la Squadra poté riportare l’attenzione sull’obbiettivo originale.

O almeno quel che ne restava di loro.

 

 

“ Momoka !” Esclamò Drake all’improvviso, tendendo la mano verso la Guardiana della Nebbia, vedendola ormai correre in direzione del ponte.

Anche Azura la chiamò, ed essendo l’unica in grado di camminare, tentò anche di inseguirla.

- Che fa?! Non sappiamo ancora quanto sia sicuro superare l’area occupata da Reborn, Kevin e quell’individuo. Farlo senza attenzioni potrebbe soltanto coinvolgerci nella battaglia, e le probabilità di salvezza in quel caso sembrerebbero bassissime !-

Con un solo e attento sguardo la ragazza aveva intuito il livello di pericolosità nella battaglia tra i due potentissimi assassini.

Purtroppo, temeva che persino Reborn stesso sarebbe stato sconfitto, a giudicare dalle sue ferite.

 

- No! Non può essere… Reborn non può …- non osò concludere il discorso, limitandosi a correre più veloce che potesse verso l’amica.

 

 

A qualche metro di distanza, Momoka aveva ormai raggiunto il Ponte della Libertà, e si stava accingendo a percorrerlo in corsa.

- Kevin …-

Il volto insanguinato e stremato del ragazzo dai capelli cremisi si riflesse nei suoi occhi sconvolti.

La ragazza stava provando un sincero terrore. Non perché dubitasse della forza di Kevin, dei suoi allenamenti o della Fiamma donatagli da Fon, l’Arcobaleno della Tempesta in persona.

 

- Tu non puoi… uccidere tuo padre !-

Lei conosceva bene la mente del ragazzo, dopo esserci persino entrata attraverso un collegamento empatico. E solo lei sapeva quanto fossero complicati i sentimenti del ragazzo nei confronti di suo padre, l’uomo che aveva abbandonato lei e sua sorella, ma allo stesso tempo l’uomo che aveva permesso loro di incontrarsi.

 

- Se solo potessi entrare anche nella mente di Providence! Se ci riuscissi, potrei scoprire se lui vuole davvero uccidere Kevin …-

Era un piano rischioso, e questo lo sapeva. Non era assicurato che il Contatto della Vipera Fantasma si potesse attivare nuovamente, proprio perché si trattava di una modalità difensiva del Cellulare Posseduto che Momoka non poteva controllare manualmente.

 

Si sarebbe dovuta affidare al caso.

- Come ho sempre fatto, del resto.- Concluse, emanando un profondo sospiro.

Il cuore le batteva nel petto, ed il sangue nelle sue gambe sembrava volerle schizzare via per tutta la foga impiegata nella corsa.

 

Le urla dei suoi amici dalle spalle, i rumori vibranti della battaglia nelle orecchie.

 

 

Ma, in una frazione di secondo, tutti quei rumori scomparvero.

Momoka Reader si sentì travolta da una corrente d’aria potentissima, ma prima ancora di rendersene conto, tutto ritornò come prima.

Spalancò gli occhi, accorgendosi di essere sospesa di qualche centimetro sopra la terra.

- Che cosa succede ?- Pensò sorpresa, una volta atterrata il suolo.

 

 

 

Ad una distanza più considerevole, Kevin, Reborn e Giustizia si stavano ancora dando battaglia.

Il giovane non riusciva a colpire il padre, avendo ormai perso l’effetto sorpresa, come se l’assassino chiamato Providence anticipasse le mosse dei suoi due avversari allo stesso tempo.

 

In quel momento Reborn esplose un colpo di pistola mirato alla testa dell’uomo dai capelli rossi, dopo aver finto di approcciare un combattimento corpo a corpo.

L’assassino con la maschera del teschio non si scompose, aprendo il palmo della mano e distendendo le dita.

 

- Non mi sembrano in grado di continuare questa battaglia per molto. Giudico che se non ci saranno interruzioni, potrebbero perdere fino al cinquanta percento della loro resistenza tra circa dieci minuti …-

 Ragionando freddamente, iniziò a calcolare il punto esatto in cui avrebbe afferrato tra l’indice ed il pollice il proiettile.

 

Quando le serrò, invece, afferrò l’aria ed il colpo aveva superato la sua mano, come se si fosse mosso di sua volontà.

- COSA ?!- Sussultò l’assassino, nel mentre la sua guancia destra veniva lacerata, seppur non mortalmente, dal proiettile stesso.

 

Anche Reborn e Kevin ebbero la sensazione di esser stati spostati di qualche centimetro in avanti contro la loro volontà, e tutto in una quantità di tempo talmente rapida da esser stata inconcepibile.

 

 

 

Quello che i presenti sul Ponte della Libertà non avevano compreso, era che qualcosa aveva percorso la distanza da loro occupata ad una velocità tale da causare un gigantesco spostamento d’aria. Essendo però quel qualcosa ben più veloce del suono, non era stato possibile individuarlo, e la pressione trascinata era stata in grado di accelerare qualsiasi corpo in movimento.

 

Come una cometa che trascina dietro di sé una scia di detriti spaziali, Kiiro, la macchina assassina, aveva trascinato con sé qualsiasi cosa sul Ponte, nel mentre lui lo aveva percorso in meno di mezzo secondo.

Colui che un tempo era stato umano, il figlio rinnegato di Dado Emanuele Vongola, si fermò soltanto nell’istante in cui dovette caricare il proprio pugno dietro la testa.

 

Nell’istante successivo lo abbatté verso la seconda figura in piedi davanti ai corpi inermi di Xian e Tengoku.

 

 

“ LEEEEEROOOOYY !!”

Dal petto del biondo esplose un ruggito di rabbia, nel mentre il suo pugno si scontrava contro un oggetto metallico, generando un’onda d’urto impressionante lungo tutta l’area.

 

La pressione fece svolazzare nel vento una sciarpa rossa, indossata dal ragazzo sui vent’anni che, sollevando un avambraccio interamente costruito con un metallo scintillante nero come la pece, aveva parato il colpo di Kiiro.

 

Il misterioso individuo indossava un lungo impermeabile color verde scuro, al quale erano state strappate le maniche per mostrare i suoi arti, simili a quelli umani, ma interamente composti da quel materiale sconosciuto.

Indossava dei pesanti anfibi, e attorno al suo collo era allacciata una fascia rossa, con su incise all’interno di un cerchio bianco, le lettere “C.E.D.E.F”.

I suoi occhi avevano un taglio molto affilato, con la pupilla di colore rosso in forte contrasto con la sua carnagione nivea. I capelli erano di color verde smeraldo, non troppo lunghi e mossi, acconciati in un ciuffo arruffato che si sollevava sopra la sua fronte.

 

“ Jenkins ?” domandò a quel punto il verde, con un ghigno, sfidando il suo avversario.

Nell’istante dopo riuscì a superare la velocità di Kiiro, sferrandogli un colpo con la sua mano robotica, scaraventandolo al suolo grazie ad un pugno devastante.

 

I muscoli finti sul suo arto sembrarono gonfiarsi e alleggerirsi come delle pompe a vapore, nel momento in cui generò un’altra esplosione di pressione.

Il corpo del biondo invece venne schiacciato al suolo, incastrandosi nel cemento che si crepò all’istante, facendo dubitare dell’ormai precaria situazione del Ponte.

 

“ Si può sapere perché diavolo mi hai attaccato, eh Pinocchio ?!”

Il ragazzo dai capelli verdi chinò il capo avvicinandosi a Kiiro, poggiandogli intanto il suo stivale sulla testa, schiacciandola ancor di più al suolo.

Il sorriso dipinto sul suo volto metteva in mostra una fila di denti acuminati, il che gli donava un aspetto ancor più inquietante, insieme allo sguardo tetro nelle sue pupille scarlatte.

 

La macchina assassina strinse i pugni, cercando inutilmente di alzarsi.

“ Non ti azzardare a chiamarmi con il mio nome, Leroy !”

Nonostante si fosse ricongiunto anche con il Daft Punk che pilotava la jeep di Azura e Drake, gli sforzi fatti per sconfiggere Duncan si facevano sentire. Normalmente non gli era permesso di muoversi alla sua massima velocità, ovvero Match 4, per evitare di coinvolgere in modo pericoloso i suoi amici.

 

Ma da quando aveva avvistato il ragazzo in impermeabile, dall’altro capo del ponte, aveva sentito il proprio corpo agire senza un controllo.

 

“ Dopotutto sono io quello che ha esaudito i tuoi desideri: ti ho riportato in vita e ti ho reso più forte. Si può sapere perché ce l’hai con me ?!” Leroy fece ancor più pressione sul suo piede, strisciando lo stivale sui capelli biondi della macchina assassina.

“ Sarà perché ho tradito i Vongola, forse ?”

Tirando fuori la lingua tra i canini sporgenti, il verde mostrò un sorriso spiazzante, rispondendosi da solo.

 

Vento gelido si sollevò sul ponte, portato dal mare fino alle porte di Venezia.

 

“ No, tu hai fatto benissimo il tuo lavoro. Non posso lamentarmi di nulla …” Con voce graffiata, causata forse dall’essere danneggiato, Kiiro rispose a tono a quell’ovvia provocazione.

Sollevò il capo,  come se stesse sorridendo anch’egli dietro la maschera bianca.

“ Però tu sai tutto del mio passato, e ora che sei dalla parte del nemico non posso permetterti di rivelare informazioni pericolose su di me. È semplice e si chiama lavoro, nulla di personale !”

 

Quella fredda dichiarazione di morte era tutto ciò per cui Kiiro aveva sacrificato la propria umanità: essere il perfetto assassino nel momento del bisogno.

Non poteva dimenticare ancora il momento in cui desiderò tanto intensamente di diventare forte.

 

 

Anni fa, quando ancora vigeva la legge che i figli maschi di Dado Emanuele Vongola si sarebbero dovuti tenere in considerazione per decidere il futuro Boss, Pinocchio Vongola era stato il più piccolo tra le sue sorelle.

Nonché unico maschio, nacque poco dopo la nomina di Tsunayoshi Sawada, troppo tardi dunque per diventare un candidato. Suo padre lo odiò per questo: se fosse nato persino pochi giorni prima avrebbe anche solo avuto una possibilità di venir eletto per quando sarebbe diventato maggiorenne, ma il tempo lo aveva tradito.

 

Così venne cresciuto dalle sue sorelle maggiori, Elisabetta, Lara e la sua unica gemella, Taylor, le quali decisero che per evitare scandali sui parenti dei Vongola, lo avrebbero disconosciuto come loro fratello di sangue.

Tuttavia la vita di Pinocchio trascorse tranquillamente, forse agevolato dal non esser legato agli affari della Famiglia, trascorse la sua infanzia con le sorelle segrete. Quando persino queste si sposarono, allora si prese cura della minore.

 

Entrambi, troppo piccoli per il matrimonio, vissero una vita serena sotto la protezione del Decimo.

O almeno tutto questo proseguì fino a quando, in una serata come le altre, Pinocchio e sua sorella uscirono a fare una passeggiata.

Avevano entrambi diciassette anni, ben sette anni prima del presente.

L’anno era il 2010.

 

Quando meno se lo aspettavano, dal buio fuoriuscì un uomo che non avevano mai visto, il quale li attaccò brandendo un coltello. Specificatamente la prima ad essere attaccata fu proprio Taylor, prima che suo fratello potesse accorgersi del malintenzionato.

 

All’epoca Pinocchio non avrebbe mai potuto sapere che quel serial killer di trentaquattro anni fosse in realtà Morfeo, uno dei fratelli maggiori di Sebastian ed esperimento dell’ormai debellata Famiglia Estraneo, atto a vendicarsi sui Vongola attraverso bambini geneticamente modificati.

 

E fu così che il legame tra quel ragazzo e la genie degli Estraneo iniziò: nel momento in cui, per difendere sua sorella, estrasse una pistola e la puntò alla tempia di Morfeo.

Nell’esatto istante in cui premette il grilletto e le cervella del suo avversario schizzarono nel buio, era già stato pugnalato sul volto e sul petto molteplici volte.

 

Venne portato da sua sorella alla Magione dei Vongola, ma quando i medici provarono a curarlo, giaceva prossimo alla morte, in condizioni terribili.

 

 

Sette anni prima. Quartier Generale della C.E.D.E.F.

 

Un giovane Irie Shoichi camminava a passo rigido lungo il corridoio, seguito a ruota da un suo gruppo di scienziati e tecnici per le loro apparecchiature all’avanguardia.

“ Vuoi davvero provare a curare quel ragazzo attraverso la nostra tecnologia ?” Domandò ad un certo punto con nervosismo, rivolgendosi ad un ragazzo della sua età al proprio fianco.

 

“ Me lo ha chiesto lui, io non ho preso nessuna iniziativa.” Rispose con un impercettibile sorriso eccitato l’altro. Vestiva un lungo camice bianco, i suoi capelli erano verdi e mossi, pettinati accuratamente all’indietro.

 

“ Non puoi giocare con la vita umana, ti ricordo che sei solo un acquisto dei Vongola, non dovresti neanche avere il diritto di operare con i nostri mezzi senza il mio permesso !” Il rosso lo afferrò per un braccio, trattenendolo dal proseguire.

Anche la troupe di scienziati si arrestò di colpo, rimanendo in silenzio.

 

“ Mi ha chiesto di farlo diventare più forte.” Sussurrò Leeroy, inclinando la testa verso Irie con un’espressione irritata.

“ E poi anche se rimanesse ucciso nel processo, è come un fantasma: non ha collegamenti con i Vongola e non rischieremmo niente, se è questo ciò che più ti preme.”

 

Shoichi Irie ammutolì. Quel nuovo “acquisto dei Vongola”, come lo aveva chiamato, era a tutti gli effetti un giovane scienziato militare che si lasciava comprare dalle più disparate organizzazioni del mondo in cambio di cospicue somme di denaro.

Era a tutti gli effetti un mercenario, e questo all’uomo non piaceva per niente. Sebbene gli fosse da riconoscere la propria abilità nel proprio mestiere, tanto che vociferava che avesse costruito a dieci anni un missile nucleare.

 

Nonostante tutto, si ritrovò costretto a lasciarlo operare per quella volta, senza però assecondarlo.

 

 

Ciò che fece Leeroy quella notte fu uccidere Pinocchio, per dare la vita a Kiiro. Il giovane scienziato sperimentò per la prima volta un progetto che gli avrebbe garantito il successo negli eserciti di tutto il mondo: la creazione di un assassino quattro volte più veloce del suono, composto di una sostanza malleabile e capace di riflettere i fotoni.

 

Tutto, ovviamente, venne archiviato come segreto speciale.

 

 

 

 

Presente. Italia, Ponte della Libertà.

 

“ Non ti trovo per niente invecchiato da allora, sai ?” Ironizzò Kiiro, facendo sorprendentemente sorridere Leeroy sopra di lui.

“ Me ne rendo conto: è un farmaco che rallenta il processo di invecchiamento della pelle, dei muscoli e delle ossa. Mi sta facendo davvero guadagnare parecchio, tra tutte le figure di spicco nel mondo che lo desiderano !”

Lo scienziato infatti avrebbe dovuto avere la stessa età di Kiiro, ovvero ventiquattro anni, se non fosse che anche la macchina assassina era eternamente confinata nella struttura fisica di un adolescente.

 

 

“ I soldi… hai fatto da talpa nei Vongola solo per i soldi degli Anonimato ?”

“ Gli Anonimato adesso non hanno per niente i soldi che vorrei, MA… è il loro potenziale futuro che mi interessa.”

Una poltiglia gialla strisciò tra le gambe dello scienziato, in maniera quasi impercettibile, avanzando come una lumaca silenziosa verso i corpi di Tengoku e Xian.

 

In quel momento Leeroy si voltò, schiacciando con il piede destro quella melma, simile alla mano di Kiiro.

“ Cosa cazzo pensavi di fare mentre stavo parlando, eh ?!” Ringhiò il verde, visibilmente offeso dopo quel tentativo di ingannarlo.

Un istante dopo, ovvero quando si voltò verso la sua direzione iniziale, un pugno lo colpì sulla mascella ad una velocità quattro volte superiore a quella del suono.

Tutto ciò che riuscì a vedere, prima di venir scagliato all’indietro, fu la parte superiore della macchina assassina che si era staccata da quella inferiore con il solo scopo di balzare in alto nel modo più veloce possibile.

 

“ Au revoir… a te ed al tuo potenziale futuro.” Sussurrò freddamente Kiiro, vedendo il corpo dello scienziato volare all’indietro, quasi fino alle porte di Venezia, per poi precipitare giù dal ponte.

Il suo urlo risuonò nella notte, agghiacciante, per poi venir assorbito dal silenzio.

 

Il biondo ricadde a terra, iniziando a ricongiungere le parti del corpo staccate.

- Cosa ci faceva Leeroy qui? E poi… sento nell’aria l’odore di Sebastian che Reborn mi ha insegnato a riconoscere… ma lui dove si trova ?-

 

 

Nel mentre la macchina assassina si poneva queste domande, non poteva sapere che a pochi metri da lui si trovava lo stesso Sebastian che stava cercando.

Ridotto ad un braccio destro ricoperto da ustioni, l’arto di Sebastian, tutto ciò che rimaneva dell’uomo dopo lo scontro con Tsunayoshi, si ritrovava tra le mani di Primula.

 

La ragazza lo strinse a sé, avvertendo una strana pulsazione a contatto con il suo corpo.

- È ancora vivo, sebbene la sua Fiamma si sia indebolita di molto.- Serrando l’arto in quell’abbraccio nel freddo della notte, la corvina si lasciò scivolare una lacrima solitaria lungo la guancia.

La piccola goccia le sfiorò le labbra, prima di ricadere sulla mano tra le sue braccia.

Infine lei si voltò, ed i suoi occhi si incrociarono con quelli serrati di Tengoku.

 

 

“ You need to shut the fuck up, KIIROOO !!”

Con un rombo di motori ed un impressionante ronzio, da sotto il Ponte della Libertà si sollevò il grido di Leeroy.

 

La macchina assassina ebbe solo il tempo di sollevare lo sguardo, per osservare l’ombra proiettata da un elicottero Hind-D su di lui.

Il veicolo corazzato, veloce ma dotato di un armamento distruttivo, aveva nella sua cabina di pilotaggio proprio il sadico scienziato dai capelli verdi, il quale osservò furente la sua creazione.

 

Kiiro impallidì, per la prima volta senza alcuna idea, osservando cos’altro ci fosse nell’abitacolo dell’elicottero, visibile grazie all’enorme sportello lasciato aperto.

Vide se stesso.

Tanti,  almeno dieci copie di sé, immobili, che lo fissavano nel silenzio come ombre in agguato.

 

Completamente identici a lui nel fisico e nella forma, se non fosse che i colori del loro abbigliamento e dei loro capelli fossero soltanto tonalità più o meno scure di grigio. La maschera inoltre, interamente nera, aveva il disegno che formava uno smile sorridente dipinto di rosso sangue.

 

- Cosa diavolo è riuscito a creare per colpa mia …- Rabbrividì la macchina assassina, osservando l’Hind iniziare ad atterrare a venti metri da lui, riducendo la velocità dei suoi rotori.

 

 

Al momento dell’atterraggio Leeroy, rivelando un livido gonfio e sanguinante sulla mandibola, si lanciò a terra con un salto, prima di iniziare a correre verso Primula.

Un attimo dopo Kiiro realizzò cosa i due stessero cercando di fare, vedendo la ragazzina cercare di trascinare l’inerme Tengoku verso lo scienziato.

 

“ TEEENGOKU !” I suoi muscoli non più umani reagirono il prima possibile: come un processo chimico, si era manifestata in lui la volontà di salvare il suo amico nell’esatto istante in cui lo aveva visto in pericolo.

Non sapeva perché lo volessero rapire, nessuno lì poteva saperlo. Sapeva soltanto perché avrebbe dovuto salvarlo.

 

Non riuscì ad avanzare di oltre tre metri: nel momento in cui si mosse, fu costretto a schivare indietreggiando una pioggia di proiettili.

- Che cosa ?!- Sussultò sbalordito prima di venir costretto a muoversi nuovamente per evitare altri colpi.

 

Nell’unica frazione di secondo in cui riuscì a sollevare lo sguardo, individuò immediatamente la fonte dei suoi problemi.

Gli occhi dei suoi sosia a bordo dell’Hind, così come i mirini dei loro fucili, riuscivano a vedere ogni suo spostamento. E considerata la superiorità numerica, possedevano anche meno margine di errore concentrandosi su di un solo bersaglio in movimento.

- Merda! Per spingermi ancora oltre i miei limiti di velocità dovrei aspettare di rigenerare tutte le cellule. Così non mi faranno mai avvicinare neanche di dieci metri …- Con la rabbia che gli risaliva lungo il petto, Kiiro incrociò il suo sguardo con quello di Leeroy, voltatosi improvvisamente verso di lui.

 

 

Lo scienziato, fermo sul posto, gli sorrideva divertito, provocatorio.

“ Sei stato la fonte del mio progresso, Pinocchio.” Gli rivelò continuando a sorridere, osservandolo evitare un’altra scarica di proiettili.

“ Senza di te non sarei riuscito a creare i tuoi fratelli, i Kuro. Sono solo dieci per adesso, visto che la produzione di uno solo di loro mi costa ormai quanto mantenere una repubblica indipendente, ma con i soldi degli Anonimato saprò evolverli …”

Guardò i suoi Kuro con molto orgoglio, per poi carezzare uno dei suoi avambracci artificiali.

 

Infine, si voltò nuovamente verso il suo primo esperimento, e porgendogli una mano spalancò la bocca in un ghigno. Negli occhi balenò l’avarizia e la sete di potere che ormai lo accecava.

“ Senza la guerra questo mondo non può andare avanti, Pinocchio, quando lo capirai ? E quello che gli uomini di potere vogliono è un esercito perfetto con il quale comandare tutti gli altri. Un solo uomo da solo non può essere forte come il mondo, proprio per questo mi servirai tu… così da poter sempre continuare la clonazione dal mio, modestamente, miglior successo !”

 

“ Vuoi che diventi tuo, mi stai dicendo questo ?” Domandò il biondo, cercando di mantenere alta la concentrazione sui colpi che turbinavano attorno a sé.

“ Tu, come arma rivoluzionaria, sarai mio e solo mio! Ti temeranno e ti vorranno in ogni ombra di questa corsa all’armamento. Sai cosa farebbero le bombe Fat Man e Little Boy se potessero parlare? Sono sicuro che ringrazierebbero i loro creatori per averle costruite così potenti e capaci di aver terrorizzato il mondo per qualche decennio !”

 

Nonostante la sua maschera sorridesse, Kiiro avrebbe solo mostrato disgusto di fronte all’entusiasmo malato del verde. Così la macchina assassina rimase in silenzio, prima di rispondere sprezzante:

“ Se proprio credi nella guerra, spero solo che tu ci possa morire dentro, schifoso rifiuto !”

 

Le dita della mano di Leeroy si chiusero, nel mentre lo scienziato apparentemente ancora giovane cercò di nascondere una smorfia infastidita.

“ Go fuck yourself …” E con quella frase voltò le spalle al suo avversario, carico di astio e anche urtato nella sua ambizione, ma troppo orgoglioso per darlo a vedere.

 

Nel momento in cui concentrò la sua attenzione sull’obbiettivo principale, sgranò gli occhi per la sorpresa.

Non si era accorto di nulla, e solo ora si accorgeva di Xian, in piedi di fronte a lui.

 

 

La figlia di Xanxus sembrava aver recuperato le forze, e con una mano sola manteneva sollevata di una spanna da terra Primula, fissandola con uno sguardo carico di furia.

Xian si era alzata di scatto, come percependo l’attimo in cui l’altra corvina si era avvicinata a Tengoku, il quale giaceva dove prima si trovava anche lei. Come una leonessa che protegge il proprio cucciolo, la ragazza aveva espanso attorno a sé un’aura di ostilità, emettendo nel mentre dai pori della sua pelle piccole braci di Fiamme dell’Ira.

La figlia di Yukiteru era paralizzata dal terrore, incapace di poter sostenere un terrore così viscerale come quello sprigionato dagli occhi iniettati di sangue della Boss.

 

La Figlia dell’Ira voltò lentamente il capo verso Leeroy, fulminandolo con un’occhiata fredda, prima di lasciar cadere come un peso inutile la ragazzina ai suoi piedi.

“ Non ho tempo da perdere… e sono anche abbastanza infastidito da tutto questo casino.”

 

 

La bocca dello stomaco di Xian venne perforata dal braccio destro dello scienziato, il quale le penetrò il ventre da parte a parte con un solo pugno. Era avvenuto tutto in un battito di ciglia di lei, la quale non si era nemmeno resa conto di quanto l’altro fosse stato veloce.

Macchie di sangue ricaddero sul freddo asfalto.

 

 

Leeroy estrasse l’arto, mantenendo un’espressione fredda ed impassibile, mentre al suo fianco la ragazza scivolava senza forze a terra.

La mano della corvina venne protesa in avanti, come se stesse cercando di raggiungere qualcuno.

Una lacrima le rigò le guancie, mentre con le labbra pronunciò debolmente un nome a lei familiare.

 

Notandola, il verde si incuriosì, ma mai avrebbe sospettato cosa gli stesse succedendo.

Fu come una scarica che lo attraversò all’improvviso.

Era un odore, un colore, un sapore, oppure una semplice reazione istintiva del cervello animale: tutto ciò che percepiva era come un gigantesco occhio posato su di sé, assieme ad una morsa gelida attorcigliata attorno al suo cuore.

 

Si voltò, incominciando a sudare freddo prima ancora di comprendere cosa fosse il motivo di quel terrore viscerale.

 

 

Tengoku era in piedi, rialzatosi da dove prima giaceva privo di sensi. Le ferite della precedente battaglia potevano ancora intuirsi dalle chiazze di sangue secco e dagli ematomi, visibili tra gli strappi della sua tuta nera, compresi sul busto e sulle gambe.

Ogni singolo muscolo era in tensione, come le gambe piantate con forza per terra, i pugni serrati, la mascella contratta in un ringhio che per la prima volta dimostrava, lasciando esposti i suoi denti, macchiati anch’essi di sangue.

Ed infine i suoi occhi.

 

C’era qualcosa di incredibile in quegli occhi, pensò Leeroy. Lo scienziato si sentì in estasi, come perso nello sguardo incredibilmente folle dal dolore e dalla rabbia del ragazzo, il quale si era piazzato su di lui in un’evidente dichiarazione di morte.

Sentì di non avere scampo, come se fosse diventato la preda di una bestia dalla quale non sarebbe mai scappato.

 

Una lacrima scivolò sul suo sorriso paralizzato, mentre l’Istinto Omicida del bruno lo investiva.

- Che magnificente… arma…- Sospirò, in preda all’eccitazione che si avvicinava al proprio limite percependo i passi del ragazzo avvicinarsi.

 

 

Nell’esatto istante in cui Tengoku ricoprì entrambi i suoi pugni di Fiamme dell’Ira, avventandosi sul verde per distruggerlo, tutto per i suoi occhi ed il suo cervello fu buio.

“ Limbus Shock !”

 

Il ragazzo iniziò lentamente a cadere in avanti, nel mentre al suo fianco, una figura avvolta dall’oscurità lo superava camminando.

L’unica parte visibile del corpo di quell’essere era il braccio sinistro, ricoperto da una manica viola e da un guanto nero. Le dita erano ancora immobili, dopo averle fatte schioccare tra di loro.

 

Con la mano agguantata l’ombra fermò Ten dalla spalla, impedendogli di cadere direttamente per terra.

 

Intanto, Leeroy iniziò a ridacchiare nervosamente, senza smettere di lacrimare con il suo ultimo pensiero ancora vivido nella mente.

“ Quindi siete voi… l’arma magnificente ?” Impazzito dalla paura instillata fino alla radice del suo cervello, il verde venne immediatamente trafitto da un’occhiata assassina.

 

Non poté singhiozzare o ridere ancora, perché dopo aver pronunciato quella frase, la sua testa venne dilaniata in minuscoli pezzi sanguinolenti.

Nonostante il loro creatore fosse appena stato ucciso, i dieci Kuro presenti sull’Hind non reagirono assolutamente, probabilmente anche loro sotto l’influenza della massiccia aura oscura e di desolazione che emanava quell’essere misterioso.

 

Primula osservò terrorizzata l’uomo che aveva appena freddato Leeroy avanzare verso l’elicottero, con Tengoku appoggiato tra la spalla e la mano agguantata.

Infine, con molta cura lui posò il ragazzo dentro il largo e spazioso abitacolo, lasciandolo disteso su di un divanetto fatto montare appositamente.

 

La figlia di Yukiteru cercò di soffocare lo shock di quanto era appena successo davanti ai suoi occhi, e decise di salire sull’Hind più in fretta possibile.

 

 

Quando il suo piede destro si sollevò per avanzare, un bagliore giallo la superò, dirigendosi verso la figura ricoperta di oscurità.

 

Kiiro aveva approfittato immediatamente del cessato fuoco da parte dei suoi cloni, ed immediatamente scaricò una raffica di pugni alla sua massima velocità contro l’unico avversario che gli si parava di fronte.

Il suo scopo era recuperare il suo Capo, il suo amico, e nonostante iniziasse a percepire un indebolimento nel suo corpo, decise di spingersi oltre ogni limite consentitogli.

Alla sua stessa velocità, però, l’uomo misterioso deviò ogni suo colpo con solo l’avambraccio destro. Non importava quanto il biondo tentasse di avvicinarsi, di sfondare la sua guardia, di tentare di distrarlo per superarlo, gli veniva impedita la chance di mettere a segno anche un solo pugno.

 

Con un bagliore minaccioso negli occhi, l’uomo distrusse entrambe le braccia della macchina assassina. Nello stesso istante, con la mano sinistra gli toccò la maschera bianca, per poi impiegare una leggera pressione nel palmo.

 

Primula posò a terra il piede destro, avanzando, e fu allora che Kiiro venne scagliato all’indietro da un singolo colpo.

Fu così rapido che la ragazzina non percepì nulla di quanto fosse successo, e la macchina assassina si schiantò per terra ad oltre trenta metri di distanza.

 

 

Così, con due passeggeri e dieci Kuro a bordo, l’Hind-D iniziò a sollevarsi in volo. In pochi secondi sorvolò il Ponte della Libertà, facendo rotta verso Est.

Erano le 01:00 del 27 Aprile, e dopo due ore e trenta minuti dal suo inizio, l’operazione Meet Me in the Woods si era conclusa con un fallimento critico.

 

Primula aveva il suo sguardo posato sull’espressione serena di Tengoku nel sonno, e con molta compassione soffrì dei dolori che il ragazzo aveva provato per tutto questo tempo.

“ Pensi che sia rimasto ferito ?” domandò timidamente all’uomo di fronte a sé, cercando di non guardarlo per nessun motivo.

 

Davanti a lei, Sebastian, parzialmente avvolto dall’oscurità e dalle ombre, si stava rivestendo con un completo militare trovato da qualche parte lì sopra.

“ Se commettessi errori dopo tutti gli anni di addestramento, non avrei ragione di vivere.” Rispose enigmaticamente l’uomo, liberando i suoi lunghi capelli neri e lasciandoli scivolare fuori dalla giacca che ora indossava.

“ Il Limbus Shock è frutto delle abilità naturali che ho ricevuto dalla mia nascita… perché come sai, per creare me ed i miei fratelli utilizzarono il DNA dei più esperti assassini della Famiglia Estraneo.” Mormorò infine, lasciando percepire per un istante alla ragazza un misterioso bagliore nella sua sclera rossa.

 

- Interrompendo per un istante il funzionamento del sistema limbico, consento all’essere umano di dimenticare qualsiasi istinto primordiale, ossia tutto ciò che è conservato nella zona più antica del telencefalo. Rabbia, paura, Intento Omicida, la sopravvivenza: approfittando delle grandi vibrazioni che causano questi istinti, le “rompo” per un intero secondo, e faccio collassare i neuroni che mantengono svegli gli esseri umani. –

Sebastian era dunque consapevole che il Limbus Shock fosse una sua capacità innata, ma non era ancora a conoscenza dell’Amygdala Shock di Tengoku.

 

Proprio il ragazzo che fissava misteriosamente, con un’abilità tanto simile alla sua, seppur non fosse un assassino.

 

In quel momento l’elicottero vibrò bruscamente per poco tempo, ed immediatamente i dieci Kuro iniziarono ad andare verso la cabina di pilotaggio, rigidi ed in marcia.

“ Mi sorprende che quel Licaone sia ancora in vita.” Mormorò serenamente il Boss degli Anonimato, prevedendo una domanda nella mente confusa di Primula.

 

 

A poco più di venti metri sotto di loro, dalla Laguna di Venezia era sorta una massiccia colonna di ghiaccio, che non faceva altro che continuare ad ergersi verso il cielo.

Sulla sua sommità, proprio Corex, Ottavo Boss della Famiglia Licaone, sfruttava la piattaforma per scagliare dardi di Fiamme della Neve dalle sue mani. Lance di ghiaccio sfrecciavano nel cielo, cercando di colpire l’Hind in allontanamento, il quale però si allontanava sempre più in fretta verso l’orizzonte.

 

Dopo numerosi tentativi falliti, l’albino si accasciò sulla lastra di ghiaccio, esausto.

- Le energie… si stanno esaurendo. Tra poco tempo non sarò più in grado di muovermi come voglio.- Pensò con amarezza e rabbia.

Sembrava che perdere per sempre la sua vita non gli implicasse nessun problema, quanto più voleva portare a termine ciò che sentiva di aver lasciato in sospeso.

 

 

Intanto, alla base del pilastro, sul Ponte della Libertà un uomo stava correndo in direzione dell’elicottero in allontanamento.

Tsunayoshi Sawada, con un rivolo di sangue a sporcargli il mento, portava in spalla il corpo ferito di Kiiro, sebbene il peso aggiuntivo sembrava non rallentarlo affatto. Muovendosi a velocità incredibile sulle proprie gambe, il Decimo Boss dei Vongola aveva il proprio volto oscurato.

Soltanto i denti, serrati, ed una lacrima brillante nella luce lunare, costituivano tutto ciò che quell’uomo stava provando.

- Ten… ho fallito! Non ho mantenuto la mia promessa, neanche insieme a Kyoko !-

 

Il castano continuò la sua corsa senza fermarsi, fino a quando non entrò nel campo visivo dei tre che ancora continuavano il loro scontro qualche decina di metri più avanti.

Reborn e Kevin avevano visto l’elicottero allontanarsi con Tengoku a bordo.

 

- COME HO POTUTO LASCIARE CHE LO PRENDESSERO !?- Nella mente del Tutor Hitman stava esplodendo un inferno di collera e dolore, nel mentre l’assassino attaccava senza sosta con la ferocia di una belva.

Si scagliò in una combinazione apparentemente infinita di attacchi corpo a corpo, nel mentre il giovane dai capelli rossi non riusciva più neanche ad avvicinarsi a Providence, a causa proprio della furia del suo alleato.

 

L’assassino del teschio notò la sete di sangue negli occhi della sua nemesi, ma non reagì in nessun modo, rimanendo immobile in attesa di un colpo.

E quando avvenne, afferrò il pugno di Reborn con una sola mano, immobilizzandolo nella sua presa.

 

Alle sue spalle, fu allora che Tsuna lo superò a gran velocità, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. E così fece Giustizia, aprendo il palmo e fissando impassibile lo sguardo sorpreso dell’avversario.

Infilò una mano nella tasca dell’impermeabile e portò l’altra al volto.

Nel silenzio di quel surreale momento di calma, si tolse la maschera, denudando il suo volto come mai aveva fatto in missione.

 

Quando la fece ricadere al suolo, Reborn si era già allontanato verso il corpo svenuto di Yukiteru, prendendo l’amico sulle spalle.

 

 

 

 

- Io… ho avuto paura.-

Azura Schlmit era rimasta pietrificata, in piedi a pochi passi dall’inizio del ponte, rivolta verso Venezia.

Con il capo chinato e le mani tremanti, pallide, non aveva più mosso un muscolo dopo aver provato ad inseguire Momoka.

 

E con quell’unica giustificazione nella mente, provava ad ignorare il fatto che il suo migliore amico, il ragazzo di cui si era perdutamente innamorata per il suo coraggio e la sua determinazione, fosse stato portato via.

Ma non poteva farlo, per questo non le restava altro che tremare.

Per la prima volta in vita sua non sapeva cosa fare, così come suo fratello ed Akane, alle sue spalle.

 

L’assassina dai capelli neri si mordeva furiosamente il labbro, mentre con occhi lucidi malediceva le sue gambe, l’unica colpa per la quale non si fosse lanciata in soccorso della persona per cui avrebbe dato la vita.

- Ma quale vita? Cosa si fa della vita di una che non può neanche salvarlo !-

 

Al suo fianco, Drake sudava freddo, anche lui con il timore instillato nel cuore.

Si sentiva colpevole di aver sprecato un periodo della loro amicizia nel pensare di lasciarlo. Da allora avrebbe voluto che la oro amicizia, che loro tutti restassero insieme per sempre.

- E ora… ci hanno separato così ?- Non riusciva a capacitarsi che qualcosa di così puro come la felicità e la speranza potessero esser distrutte in un istante, come una farfalla che vola verso la luce prima di venir schiacciata senza pietà.

 

Tutti loro non avevano neanche solo pensato ad un risvolto così tragico per la loro missione.

Se solo avessero potuto resettare l’intero mondo per scegliere le vie del lieto fine, l’avrebbero fatto.

Anche a costo di sacrificare la loro stessa amicizia.

 

 

Passò qualche secondo prima che un’abbagliante luce arancione attirasse la loro attenzione, in direzione del Ponte.

E immediatamente, prima ancora di rendersene conto, qualcuno atterrò tra di loro.

 

Si voltarono tutti, nel mentre il Decimo Boss dei Vongola adagiava a terra Kiiro. Il volto dell’uomo era stato temprato dal dolore, ma adesso con un’espressione determinata fronteggiava il futuro senza l’ombra del dubbio.

“ State tutti bene ?” Domandò con voce ferma, rivolgendosi ovviamente solo a Drake e ad Azura.

 

I due fratelli ricordavano quell’uomo in due occasioni particolari.

La prima era stata quando, stupito dalla loro determinazione, li aveva lasciati venire in Italia assieme a Tengoku un giorno dopo l’attentato alla Namimori High School. La seconda occasione invece, lo avevano trovato ad intimare loro di lasciare la Magione Vongola con tono preoccupante.

 

In quel momento però lasciarono da parte il passato, ed impressionati dalla fermezza che emanava quell’uomo, annuirono tesi come corde di violino.

 

Tsunayoshi si volto poi verso la corvina, la quale lo stava guardando arrossendo dall’emozione, con gli occhi lucidi.

“ Perdonami per quello che ti sto chiedendo Akane, ma nonostante le tue condizioni il tuo aiuto sarebbe indispensabile.” Senza lasciar trasparire anche solo un sorriso, a modo suo espresse un po’ di gentilezza anche in quella situazione delicata.

 

Akane Mizuno non lo lasciò nemmeno concludere l’ultima parola, perché aveva già risposto con un serio e composto: “ Affermativo, Decimo !”.

 

Fu allora che sopraggiunsero anche Reborn, con sulle spalle Yukiteru, e Corex Licaone, planando dall’alto grazie a due getti d’aria fredda che emanava dalle mani.

Il Tutor Hitman rallentò improvvisamente la sua corsa, fino a che non si ritrovò immobile, a testa alta di fronte a Tsunayoshi.

 

I due uomini si guardarono negli occhi, impassibili, ma con un certo fremito nello sguardo che sembrava voler trattenere le loro emozioni.

Il sicario lasciò Yukiteru scivolare a terra, nel mentre si sollevava le maniche della giacca. Il Boss invece si sfilò con uno scatto il cardigan di pelle che indossava sopra la camicia, allentandosi persino la cravatta.

 

Il secondo successivo, sotto lo sguardo sbalordito dei presenti, i due uomini sferrarono un pugno direttamente nella mascella dell’altro.

Gocce di sudore e sangue sprizzarono nell’aria, nel mentre i muscoli delle guance vibravano dopo quel singolo colpo. Poi, piombò il silenzio.

 

“ Sei una mezza sega, Dame-Tsuna …” Sibilò Reborn, ridacchiando, prima di rimettersi sulle spalle l’amico moro.

Il Decimo Boss soffocò una breve risata tra i denti, e stavolta con un’espressione più rilassata, rispose:

“ E tu sei invecchiato proprio male !”

 

Corex, con un sopracciglio inarcato e molta confusione, si intromise in quella discussione.

“ Ok… ma forse adesso dovremmo iniziare a seguire Sebastian.”

Ed, esausto, si portò una mano alle tempie per massaggiarsele.

 

“ Quindi noi sappiamo dove siano andati ?!” esclamò improvvisamente Azura, facendo sussultare il giovane Boss, quasi spaventandolo.

“ Sì, sono riuscito ad attaccare un frammento della mia Fiamma della Neve all’Hind, così da poter percepire i loro spostamenti.” Rispose allora l’albino, stupito dalla veloce ripresa della rossa, la quale lo stava guardando con gli occhi lucidi.

Un istante dopo, senza che potesse evitarlo, la ragazzina si lanciò su di lui, stringendolo in un abbraccio a dir poco soffocante persino per uno come lui.

 

“ Grazie !” Mormorò Azura, iniziando a piangere con il volto premuto contro la maglia dell’albino.

Per quell’istante, il Boss dei Licaone non sentì più il fastidio del contatto umano, e tentando un sorriso naturale, diede una pacca sulla spalla della ragazzina.

“ Dai, dai …” le disse, visibilmente imbarazzato, fino a quando lei non sciolse l’abbraccio per asciugarsi le lacrime.

 

Alle sue spalle, Drake sorrise, e fu contento di aver trovato un motivo per farlo.

La sua attenzione venne catturata da Akane, la quale distesa di schiena a terra, con un braccio sugli occhi singhiozzava con tutta la forza dei polmoni.

“ Ehm… vuoi anche tu un abbraccio ?” improvvisò il tedesco, prima di impallidire nel momento in cui la corvina gli puntò con la mano libera la Walther PPQ.

 

“ M-ma Momoka e Kevin ?!” Azura, come risvegliata, si ricordò che non erano esattamente tutti radunati.

Non ricevette immediatamente una risposa.

 

Reborn si avvicinò a loro della Squadra, e calandosi il fedora sopra gli occhi mormorò freddo:

“ Hanno fatto la loro scelta. Tutto ciò che possiamo fare noi è sperare per la loro salvezza.”

 

 

 

 

 

Kevin scagliò dal suo pugno un’ennesima onda di Fiamme della Tempesta, la quale come tutte le precedenti venne evitate dal suo unico avversario.

 

“ Fuck !”

Il ragazzo lo aveva di nuovo perso di vista.

 

Da solo, nella vastità del Ponte della Libertà, con solo il freddo che lo pungeva attraverso gli strappi nei suoi vestiti.

Sapeva che non avrebbe ricevuto aiuti, né da Reborn, e tantomeno dai suoi maestri Iemitsu e Lancia, in quanto impegnati nella ricerca di informazioni sugli Anonimato a Venezia.

 

E tutto ciò che gli veniva in mente erano le parole di suo padre qualche istante prima, esattamente dopo aver parato un colpo di Reborn.

 

“ Vi lascerò andare, ma solo se il ragazzo rimarrà qui.”

 

E da allora, Kevin aveva iniziato ad attaccarlo senza sosta, ma Providence si era limitato ad evitare ogni suo colpo con facilità.

- Grazie all’allenamento posso utilizzare fino all’ottanta percento del vero potere della mia Fiamma senza perdere il controllo. Ma sono ancora troppo lento !-

Sebbene fosse cosciente del fatto che il suo avversario si stesse nascondendo tra le ombre, cambiò la sua posizione, non più in guardia.

 

Piegò le gambe, tra loro divaricate, e richiamando i pugni a sé iniziò a venir pervaso da un vortice di calore.

Quel caldo bruciante che lo avvolgeva, che lo attraversava come un respiro, il suo stesso respiro, pulsava nel sangue e nei polmoni senza sosta.

 

E la vista si dissolveva.

 

“ KEVIN !!”

Come un fulmine a ciel sereno, le Fiamme della Tempesta si placarono, ed il ragazzo spalancò gli occhi.

- Stavo… perdendo il controllo ?- Tremò, realizzando il rischio contro il quale stava andando incontro senza nemmeno che avesse potuto accorgersene.

 

Così si voltò verso la voce che lo aveva risvegliato, ed il suo cuore accelerò il battito per l’emozione.

Non ne comprese il perché, ma la visione di quella ragazza dai capelli castani e gli occhi color nocciola che correva verso di lui, dopo quanto era appena successo, gli provocò una strana sensazione nel petto.

 

“ Che ci fai qui ?!” Le urlò contro comunque, ma Momoka Reader non rispose, fermandosi a pochi metri da lui.

“ Stavi cercando di superare il tuo limite ?” La Nebbia ignorò quella domanda, ed utilizzando un volume altrettanto alto, zittì il rosso.

Kevin spalancò gli occhi, ammutolito. Vedeva chiaramente che la ragazza stava tremando, nel mentre lo guardava con uno sguardo di rimprovero.


Lui era esausto, ferito ed aveva provato a superare suo limite per raggiungere il pieno potenziale della Fiamma di Fon.

Il motivo della paura di lei era tutto ciò, lo aveva capito.

 

“ No.” Rispose con un sospiro, prima di passarsi una mano tra i capelli, appiccicati alla fronte per il sudore.

La castana rimase immobile a fissarlo con sguardo fermo, fino a quando il ragazzo non aprì di nuovo bocca.

 

“ Non sono così stupido da farmi sconfiggere dalle mie debolezze. Ricordi ?” E con un sorriso beffardo, Kevin si picchiettò la tempia con l’indice.

Momoka rimase impassibile per qualche secondo, prima di sorridere. Anche il suo cuore in quel momento si stava riempiendo di gioia, senza sapere il perché.

 

Non c’era un perché, era così e basta. Ed a entrambi andava bene.

 

 

Kevin Celeste si voltò e sollevò la testa verso l’alto, ritornando improvvisamente serio.

In piedi su di un lampione, in contrasto tra il cielo notturno e la luce giallastra, l’ombra di un uomo li fissava.

Il ragazzo sapeva che quella persona fosse l’assassino chiamato Providence, e allo stesso tempo suo padre.

 

Giustizia, con i suoi lunghi capelli rossi che si sollevavano nella brezza marina come una bandiera, fece schioccare una nocca della sua mano alla volta, interrompendo ogni secondo il silenzio con quel leggero rumore.

Lo sguardo del padre e del figlio si era incontrato.

 

Kevin avvertì un tocco caldo sulla pelle, ma non si scompose.

Momoka aveva cinto il suo collo con le braccia, appoggiandosi alle sue spalle come in un delicato abbraccio.

In entrambe le mani stringeva il Cellulare Posseduto, ormai scarico ed inutilizzabile.

 

“ Hai intenzione di ucciderlo ?” domandò lei, con una nota di tristezza nella voce.

Un mondo senza domande del genere era tutto ciò che desiderava, ma non stavano vivevano in una fiaba.

Kevin non rispose, sebbene quelle parole lo avessero colpito al cuore.

 

“ Vivi …” sussurrando ciò nell’orecchio di lui, Momoka incominciò ad emettere una misteriosa luce indaco dal suo corpo.

Il Cellulare Posseduto e le Fiamme di Viper non si attivarono, come se quell’energia fosse solo merito della ragazza, questa volta.

 

“ Sono le tue Fiamme della Nebbia ?” domandò il ragazzo, avvertendo quella calda e confortante energia pervadere anche la sua di pelle, diventando un tutt’uno con essa.

La Guardiana annuì silenziosamente, prima di sciogliere quell’abbraccio ed allontanarsi indietreggiando.

 

I suoi occhi, affaticati ma allo stesso tempo luccicanti di una luce chiamata speranza, erano puntati sulla schiena del rosso.

“ Ricordati di vivere.” Ripeté un’altra volta, fermandosi.

 

 

Il corpo di Kevin esplose in una colonna rossa cremisi, la quale si sollevò fino al cielo come un faro nel velo notturno.

Quando il bagliore si placò, attorno alla figura del ragazzo stava venendo emanata una bruciante Fiamma rossa, avvolta però da un colore meno intenso, più caldo e piacevole alla vista.

Il cremisi e l’indaco, assieme in quell’aurora di fiamme ed energia che risplendeva adesso anche negli occhi del ragazzo.

 

 

Le ferite non gli erano state curate, così come non gli erano state ripristinate le energie, eppure adesso sembrava mille volte più intimidatorio di prima.

- Con il cento percento del mio potenziale …- il rosso strinse il pugno destro davanti al proprio volto, prima di caricarlo dietro la testa.

- …e la fiducia di non poter crollare …- Piegò le ginocchia e distese una gamba all’indietro, assumendo una posizione adatta per saltare.

 

 

Tutto si fece buio, senza una certezza.

- Io ti… ucciderò ?-

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricordi.

Tutto ciò che aveva erano ricordi. O forse no?

 

Non per la prima volta in vita sua, il ragazzo si domandò perché non riuscisse a ricordare qualcosa, specialmente nel periodo che precedeva i suoi dieci anni.

 

Fu allora che tutto ciò che riconobbe immediatamente come dei ricordi, lo attraversarono in un turbine di colori, suoni, odori, immagini.

Non sentiva niente di tutto ciò sulla sua pelle, ma riconosceva ogni singolo senso come il suo, soltanto appartenente a qualcosa che aveva ormai dimenticato.

 

Come sassi che non sprofondano nell’acqua, ma attraverso il processo inverso riemergono in superficie.

 

 

Tsunayoshi Sawada che lo prendeva in braccio e, per la prima volta lo appoggiava sul seggiolino montato sopra la sua bicicletta. Quante volte lo aveva portato in giro per i giardini della Magione, facendogli provare sulla pelle il contatto del sole e del vento, mentre lui si stringeva alla maglia dell’uomo con un’iniziale paura.

Kyoko Sawada, l’unica verso la quale correva quando piangeva, fosse per la paura di una cavalletta nel prato, o per aver sbattuto la testa. Si era rifugiato tra le sue braccia, spesso anche solo con il pretesto di ricevere delle attenzioni quando si sentiva solo, o quando non voleva raccontare di un pasticcio combinato.

I Guardiani, l’apprensivo Gokudera, Yamamoto il compagno di giochi, Lambo il distratto confidente, Mukuro lo strambo, lo zio Ryohei, la gentile Chrome, Kyoya…

 

La luce dei giorni in cui si divertiva, in cui era circondato da volti sorridenti, da amici. Nessuno era nemico.

 

E rideva.

 

Rideva…

 

 

 

“ NO !!”

“ BASTA RIDERE! BASTA… con questa… luce !”

Pensava di essere già sveglio, ma quando Tengoku spalancò gli occhi di soprassalto si rese conto che non era così.

Gli occhi gli bruciavano, sentiva la gola secchia, con la saliva che la raschiava e la sua pelle rabbrividiva ad ogni goccia di sudore che gli scivolava sopra.

 

Era triste, ed aveva voglia di piangere per un’ora intera, ma non ne capiva il motivo.

 

 

Si trovava seduto su di un divano bianco, ed in ginocchio con le gambe accanto alle sue, una ragazza dai capelli neri si era distesa su di lui.

Anche gli occhi di Primula lacrimavano, e con mano tremante tentò di sfiorare il volto del ragazzo.

 

Tengoku rimase immobile, senza parole mentre le dita affusolate di lei percorrevano una scia sulla sua guancia, fino a giungere sulle labbra.

“ Tu sei… la figlia di Yukiteru ?” Mormorò con quelle stesse labbra il bruno, facendo sobbalzare dalla sorpresa lei.

“ C-come hai… ?” Primula ritrasse la mano, vedendo l’altro asciugarsi lentamente il volto.

 

“ I lineamenti del volto ed il collo sono simili, e quando battete le palpebre si forma una piccola piega sul lato esterno dell’occhio.” Rispose serenamente Ten, riacquistato un atteggiamento ed un tono completamente diverso da quello di pochi secondi prima.

Si sentiva a disagio in quella situazione, quasi in maniera infantile, ma nel suo modo di fare Primula riconobbe l’innocenza e la purezza di un bambino.

 

 

“ Tu sai perché sono qui ?” domandò allora il ragazzo, ugualmente senza scomporsi.

Per qualche misterioso motivo non si sentiva spaventato o in pericolo, sebbene si fosse reso conto di esser stato rapito e portato lontano dai suoi amici.

“ Sì, Sebastian ti stava cercando.” Allora Primula si sollevò dal divano, permettendo anche a lui di rialzarsi.

 

In quel momento, entrambi si stavano guardando negli occhi.

La corvina era alta esattamente quanto l’altro, il che per i suoi quindici anni non voleva dire molto.

Quello che Ten constatò fu che la ragazza riportava tratti di due etnie differenti, essendo a tutti gli effetti di padre giapponese e madre italiana.

 

“ Non ti manca tuo padre ?”

 

E con quel timido e completamente fuori luogo sorriso, il bruno perforò la figlia di Yukiteru con una scarica di sensazioni che non aveva mai provato prima.

Lei esitò, per poi nascondere il disagio che l’aveva assalita abbassando la testa.

“ S-sì… ma tornerò da lui solo quando Sebastian lo vorrà.”

 

 

“ Yukiteru ti starà cercando, deve essere preoccupato.”

Nel momento in cui pronunciò quelle parole, Tengoku realizzò qualcosa che prima non aveva concepito.

 

Tsunayoshi… lo aveva sempre assecondato.

Nel momento in cui aveva iniziato a sentire la sua mancanza, si era presentato a Namimori per portarlo in salvo. E tutto quello che aveva sentito durante la sua misteriosa ed ancora ingiustificata permanenza in Giappone solo con Veronica, era proprio di rivedere i suoi genitori.

Ma quando Kyoko e Tsuna erano arrivati, lui stava già iniziando a costruire la sua vita, con Reborn, Veronica, Drake, Akane… e così lo avevano lasciato andare.

 

 

“ Vattene. Tu e chiunque abbia intenzione di seguirti.”

 

 

Lo aveva lasciato crescere con i suoi amici, attraversare tempi bui e difficili, rischiare la sua vita.

Ma in quei momenti aveva mai chiamato il nome di suo padre o di sua madre, pregandoli di riportarlo al sicuro?

No.

 

Aveva riso, aveva provato la gioia di salvare i suoi amici e di essere salvato da loro, di innamorarsi, di piangere assieme a Xian, di continuare a rimanere assieme a Reborn.

 

 

“ Lo so. Però, anche se Sebastian ha ucciso mia madre… io l’ho perdonato, perché in fondo l’oscurità che alberga dentro di lui è un peccato presente anche nel mio sangue.”

Le parole di Primula lo fecero rinsavire da quel flusso di pensieri.

 

“ Lo hai perdonato… io non potrei mai perdonare una persona così.” Senza rivolgersi a qualcuno in particolare, il ragazzo si infilò una mano nella tasca.

Avvertì un qualcosa di freddo e spigoloso al tatto, così prese qualsiasi cosa fosse.

 

Un anello con due pietre incastonate, entrambe a forma di goccia, ma di colore rispettivamente rosso e giallo.

Lo strinse nel pugno.

Non pensava di averlo ancora in tasca.

 

- Questo anello è un altro ricordo di quella sera. Perché ho l’impressione che oggi il destino voglia dirmi qualcosa ?- Un po’ emozionato, sorrise divertito dall’ipotesi che aveva appena pensato.

 

“ No, tu lo hai già fatto… fidati.” La risposta all’affermazione di poco prima gli arrivò all’improvviso, ma quando sollevò lo sguardo Primula lo guardava con le gote arrossate ed un sorriso incerto.

In quel momento la porta in fondo a quella misteriosa stanza si spalancò, e l’ultima frase rimase senza risposta.

 

“ Sawada, vieni !” Una voce maschile, appartenente ad un ragazzino, richiamò il bruno all’attenzione.

Doku, figlio di Mukuro Rokudo e Chrome Dokuro, ovvero i due Guardiani della Nebbia di Tsunayoshi, lo stava fissando con un’espressione truce.

 

Tengoku non si lasciò intimidire, e senza dire altro avanzò. I suoi occhi si focalizzarono sul pugnale ancora nel fodero, pendente dalla cintura del ragazzino.

Al suo fianco, però, sentì Primula agitarsi, come se avesse voluto dire altro, ma non avesse potuto farlo a causa del terzo individuo.

 

Però la corvina, prima che lui la lasciasse, protese una mano verso di lui per accarezzargli un’ultima volta la guancia.

“ Non odiare Sebastian, te ne prego.”

 

 

Nel mentre la porta di chiudeva alle sue spalle, il bruno rabbrividì per quelle parole.

Non ebbe il tempo di voltarsi, perché il corvino di fronte a sé si stava già incamminando nel lungo corridoio buio dove si trovavano.

 

Il pavimento e le pareti sembravano esser costruite con un cemento molto spesso, mentre l’alto soffitto era ricoperto da reticoli di tubature e misteriosi luci ad intermittenza sparse nell’oscurità.

 

“ Ascolta bene …” ringhiò Doku mentre continuava a camminare, quasi sfiorando con le mai il manico del coltello.

“ Se il piano è sempre quello che mi hanno raccontato, dopo che non avrai più un utilizzo potrò fare di te ciò che voglio. Così una volta per tutte capirò cos’hai poi di così speciale !”

 

Tengoku non stava nemmeno ascoltando cosa l’altro gli stesse dicendo.

I suoi occhi rimanevano fissi davanti a sé, ma il suo intero corpo era in realtà già in ricerca, attraverso i sensi, di ciò che stava cercando.

- Qualcuno ci sta osservando… qualcuno molto bravo a nascondere la sua presenza. Però non si fa avanti, rimane lontano, forse a circa cinquanta metri, nell’oscurità.-

 

Doku si fermò di fronte ad un portone di acciaio spesso, prima di voltarsi verso il ragazzo e fargli cenno di entrare.

“ Il padrone fin’ora ha voluto che solo tu entrassi in questa stanza. Spero sia la sa sala delle torture o robe del genere, wehehehe !” e ridendo con voce graffiante e acuta, il corvino si incamminò lentamente verso la direzione dove erano venuti, lasciando il bruno da solo.

 

Ten non esitò nemmeno un istante prima di aprire la porta.

- Ho bisogno di risposte !-

 

 

La visione che si ritrovò davanti nel momento in cui il portone si chiuse alle sue spalle, non era affatto una camera delle torture.

Pochi scalini procedevano verso il basso, portando ad una stanza  di forma rettangolare, anche più piccola di quella dove si era risvegliato.

Il buio ne faceva da padrone, tranne per quattro candele dispose a forma di quadrato al centro.

 

E proprio lì, sopra ad una piattaforma di granito, una specie di lunga scatola nera e massiccia era adagiata, illuminata a malapena dal fuoco.

 

Tengoku mosse il suo primo passo. Lo aveva visto.

 

Vestito con un completo nero, senza però i guanti, Sebastian gli dava le spalle, inginocchiato di fronte a quel misterioso oggetto.

Era chino sulle ginocchia, con il capo e le mani posate sul freddo pavimento. Non si mosse neppure quando il ragazzo raggiunse il suo stesso piano, rimanendo immobile a pochi metri dalla sua schiena.

 

Passarono  poco più di cinque minuti, finché l’uomo interruppe qualsiasi cosa stesse facendo per alzarsi.

Fu allora che si voltò, ed il loro incontro avvenne.

 

Gli occhi verdi di uno negli occhi rossi dell’altro.

 

“ Scusami per averti portato qui in modo così brusco. Non volevo che ti facessi male, lì sul Ponte.”

Il ragazzo si sarebbe aspettato del sarcasmo da una frase del genere. Anzi, si sarebbe aspettato di tutto dall’uomo dietro i movimenti che ormai stavano, a detta di Reborn, terrorizzando i Vongola.

 

Eppure il bruno sentì solo una voce calda, anche molto incerta, come se fosse per l’uomo difficile dire quelle parole.

 

“ È… molto gentile da parte tua.” Sul serio, tutto ciò che il ragazzo sentiva di dire era quello.

Non riusciva a contestualizzare il comportamento di Sebastian con tutto ciò che era successo, ed a tutti gli effetti lui non gli aveva mai fatto del male.

 

Il corvino, a quella risposta, sorrise amaramente.

“ Quindi non ti ricordi proprio di me ?”

Il silenzio inghiottì qualsiasi parola da parte del ragazzo, che sentendo ciò avvertì la stessa sensazione di prima nel petto, ma molto più forte e destabilizzante.

 

Il cuore gli batteva forte ed il respiro si faceva più profondo, mentre sentiva che se non si fosse mosso, se non avesse parlato, sarebbe impazzito in quel silenzio.

Doveva parlare, ma non sapeva cosa dire.

 

Sebastian non ottenne quindi risposta, e dopo poco abbassò il capo, scuro in volto.

Le ombre lo abbracciavano come due braccia umane. Per meglio dire, li abbracciavano, perché lì dentro il ragazzo si sentì avvolto da una presenza che non conosceva.

Ma calda e malinconica allo stesso tempo, simile ad una ninnananna.

 

“ Tutta colpa di quei maledetti dei Vongola !”

Ringhiò l’uomo, stringendo i pugni con una specie di sussulto al petto.

“ Perché stai attaccando i Vongola ?” Domandò all’improvviso il bruno, avanzando di un passo verso l’altro.

La sua voce tremava, non riusciva a provare rabbia verso i pensieri di Sebastian.

 

Non dopo l’ultima sensazione provata e quei ricordi.

 

 

“ Perché mi hanno tolto tutto ciò che avevo… che mi aveva per la prima volta fatto sentire bene !”

Un scintillio venne riflesso in qualcosa che cadde a terra. Seguì un altro bagliore.

 

Quel ticchettio si interruppe nel momento in cui l’uomo si portò una mano in volto, e fu allora che a Tengoku mancò il fiato.

Non poteva credere che quelle fossero lacrime.

Non poteva credere che Sebastian stesse piangendo.

 

 

Ma perché?

Perché non ci credeva?

 

 

Mentre il cuore batteva sempre più forte, facendolo impazzire con quel rumore costante nelle proprie orecchie, il ragazzo notò che la luce del fuoco si rifletteva in parte anche su delle cornici appoggiate alla scatola nera.

 

Una grande fotografia raffigurava una donna in abito da sposa.

Al ragazzo apparve subito una donna molto bella. Era giovane, con dei grandi occhi verdi, un piccolo naso leggermente all’insù e le gote rosse mentre sorrideva, forse emozionata per quello che sembrava essere il suo matrimonio.

I capelli erano bruni, raccolti sopra la nuca ed intrecciati davanti in due piccole trecce che le ricadevano ai lati del volto.

 

Una fotografia sulla sinistra, più piccola, raffigurava invece quella stessa donna, forse con qualche anno in meno e con i capelli più corti, in compagnia di un giovane uomo.

Entrambi sembravano avere appena vent’anni, lei aveva un gomito poggiato sulla balconata dalla quale si sporgeva, con il mento nel palmo ed un sorriso divertito.

Il ragazzo l’abbracciava con un solo braccio, ed era palese l’espressione molto timida che mostrava.

I suoi capelli erano bianchi come la neve, corti e mossi, mentre i suoi occhi di colore rosso.

 

A giudicare dal loro vestiario doveva essere estate, ed infatti una data riportava “15/07/1998”.

 

La terza fotografia, sulla destra, raffigurava nuovamente la donna bruna, questa volta distesa su di un letto d’ospedale.

Aveva un sorriso stampato in volto, seppur apparisse affaticata, e nelle braccia stringeva un neonato avvolto da un panno.

Il piccolo piangeva, con le palpebre serrate ed nel piccolo pugno stringeva una ciocca di capelli bianchi, appartenenti all’uomo chinato a cui li stava tirando.

L’albino era lo stesso della foto del 1998, questa volta però con i capelli molto più lunghi e lisci, fino al bacino. L’espressione, seppur sofferente, non nascondeva una grande gioia che lo aveva inevitabilmente portato alle lacrime, le quali arrossavano i suoi occhi.

La data era 18/03/2002, molto probabilmente la data di nascita di quell’infante.

 

 

Tengoku tremò, attraversato da una scarica di brividi.

Le lacrime di Sebastian, il sorriso del’uomo e della donna in foto, la scatola nera di forma rettangolare posta sopra a quello che sembrava un altare.

 

 

Anche lui scoppiò a piangere, e per la prima volta, come aveva pensato pochi minuti prima, sentì il bisogno di avere vicino a sé i suoi genitori.

“ Papà… ?”

 

Sebastian sollevò lo sguardo davanti a sé, mostrando un volto distrutto dal dolore che provocò ancora nel cuore del bruno una fitta gelida.

“ Hanno ucciso tua madre… e ti hanno portato via da me !”

Crollando al suolo, il corvino urlò il nome di una donna, “Elisabetta”, al quale immediatamente Tengoku associò la parola “mamma”.

 

 

Ma Elisabetta Vongola, figlia di Dado Emanuele Vongola non poteva rispondere, rinchiusa nel freddo e nel buio della bara nera, rischiarata appena dalle quattro candele.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back! Come va? Spero tutto bene, soprattutto perché con questo capitolo non vorrei avervi trasmesso troppa tristezza.

Tutti i nodi vengono al pettine, non ci sono più altri misteri, se non forse uno solo ed un flashback.

Abbiamo scoperto il motivo per il quale Kiiro è diventato quel che è, ed infine (in parte) è stato svelato il passato di Tengoku.

 

Sin dall’inizio di SoF non volevo creare il solito protagonista dal passato difficile che ha alterato il suo carattere ed il suo modo di essere. Allo stesso tempo non volevo neanche un protagonista dal passato troppo normale, o altrimenti sarebbe stato identico a Tsuna.

Per questo mi è piaciuta l’idea di non fargli avere un ricordo preciso della sua infanzia, ma di farla scoprire pezzo per pezzo con l’evoluzione della trama.

So benissimo che non si è ancora scoperto il perché lui abbia i ricordi così annebbiati, o addirittura che non si ricordasse dei suoi veri genitori. A tutto c’è un motivo, con il prossimo capitolo spero davvero di far venire tutti i nodi al pettine per quanto riguarda il background di Tengoku… ma non solo.

 

Vi anticipo anzi che il prossimo capitolo sarà un salto nel passato che non potreste neanche immaginare.

Più di quindici anni indietro nel tempo, per conoscere la tragedia di Sebastian.

 

Prima di concludere vi lascio con una frase, sulla quale spero ci ragionerete un po’ su: “ Sebastian è il vero protagonista della seconda saga”.

 

Alla prossima!

 

P.S: Il titolo di questo capitolo è una frase presente nella poesia “Non recidere forbice quel volto”, di Eugenio Montale. A mio parere, per il significato del verso si addice incredibilmente bene a questo capitolo, ed alle sensazioni dei suoi due protagonisti: Tengoku e Sebastian.

Inoltre, la scena dell’attacco di Kiiro a Sebastian in meno di un secondo è stato strutturato in maniera simile ad una parte della fanfiction “Fairy Tail ga Kill”. È stato un mio piccolo omaggio al suo autore, uno dei primi che ho iniziato a seguire da quando sono su questo sito, ovvero andry_94_hell, o meglio Lord_Ainz_Ooal_Gown.

 

 

Omake Numero 6: Una battuta fredda come il Ghiaccio.

 

Tengoku, con in spalla Xian, stava correndo a perdifiato verso Venezia, attraversando a lunghe falcate il Ponte della Libertà.

Fu allora che si accorse del suono.

 

Un suono stridulo in lontananza, ma che con il passare del tempo si faceva più forte e vicino.

Il bruno si voltò in un battibaleno, in tempo per vedere uno strano uomo ricoperto da un’armatura bianca, intento a pattinare verso di lui, generando ad ogni spostamento una scia di ghiaccio sull’asfalto.

 

“ Ehi, autore di merda! Si può sapere che modo di dire idiota è ‘ a perdifiato’?! Chi è il coglione che perde il fiato, ma soprattutto come si fa a perdere il fiato? Non si può perdere, perché emettiamo fiato in continuazione, cazzo !”

Ghiaccio ed il suo White Album continuarono ad inveire nella notte, sotto lo sguardo molto confuso di Tengoku.

 

“ E poi ‘battibaleno’? BATTIBALENO! Che cos’è, un battito ed un baleno? Ma non c’entrano assolutamente niente, perché non si parla in un italiano normale, vaccadì !!”

 

 

 

Fin.

   
 
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