Lost Kingdom
10. The Heart
of Darkness
“KAGOME, TORNA QUI!”
“KAGOME! FERMATI!!!”
“ASPETTAMI!!”
Ma la ragazza continuò a correre
più veloce che poteva, l’arco stretto tra le dita di una mano e la faretra con
le ultime tre frecce nell’altra.
Saltò un tronco a terra, per poco
non sdrucciolò sui rametti, con lo sguardo sempre fisso sul bagliore violetto
nell’immenso corpo d’aracnide. I latrati inferociti di Sesshomaru
si confondevano con i rumori di rocce frantumate, di alberi abbattuti e di
colpi che finivano al terreno. Naraku era in
difficoltà, questo le era chiaro anche a lei, ma finché nel corpo aveva la
sfera degli Shikon non poteva essere battuto; e,
questo Kagome lo avvertiva non aveva
ancora sfoderato la sua vera potenza.
Una delle acuminate zampe affondò
nel ventre del gigantesco Cane, facendolo arretrare di qualche passo, e
uggiolare di dolore per un istante. Pur sputando sangue, Sesshomaru
non aveva intenzione di demordere: con una zampata spezzò l’arto nemico che lo
aveva ferito, preparandosi poi per attaccarlo.
Naraku, inaspettatamente, sogghignò,
agitando il moncherino della zampa. Una sostanza vischiosa e verde ne
fuoriuscì, e la ragazza temette per un istante di ritrovarsi di fronte ad un
altro esercito di morti viventi. Ma invece, il liquido sembrò solidificarsi
immediatamente e prendere forma, ritrasformandosi nella zampa mancante.
“Sesshomaru,
la tua rabbia ceca mi stupisce: dove è finito il guerriero freddo, che non
sbagliava un colpo, tecnicamente perfetto?”
Il Re degli Youkai ringhiò dallo
scorno attaccando nuovamente. Questa volta furono tre le zampe che lo misero a
tappeto, perforandolo. Kagome si coprì la bocca inorridita, prima di incoccare
la freccia: il bagliore ora era molto fioco, svanito dietro una parte del corpo
protetta del demone. Si rese conto di avere solo un colpo a sua disposizione:
se Naraku si fosse accorto di lei sarebbe stata spacciata.
Cercò dunque di mirare alla vaga luce. “Dannazione,
così colpirò alla cieca.” Pensò, mordendosi il labbro inferiore sino a
sentire il sapore del sangue. Il Ragno, continuando a tenere il corpo canino
del Re ancorato a terra, nonostante gli sforzi di quest’ultimo per liberarsi,
gli si stava avvicinando, continuando a ridere ferocemente.
Kagome non aveva molto tempo. “Non posso attendere oltre” si convinse,
tendendo l’arco.
“CICATRICE DEL VENTO!”
E un lampo che
squarciava il vento e le zampe di Naraku. Il liquido
verdastro si propagò tutto intorno, colpendo anche Kagome, facendola sbilanciare
e cadere a terra.
Quella sostanza
vischiosa puzzava di marcio e bruciava sulla sua pelle. Se la tolse di dosso
urlando, togliendosi anche la maglietta per pulirsi le mani e la faccia.
Alla semioscurità
non vedeva realmente il danno che le aveva provocato, ma poteva giurare che
avrebbe trovato dei segni di ustioni sulle sue mani e sul collo.
Riprese in mano l’arco
e la freccia, tornando a guardare la scena.
Inuyasha si parava
contro Naraku, Tessaiga
luminosa e carica di energia come non mai, gli occhi d’oro fissi e pericolosi e
le zanne spianate. Alle sue spalle, Sesshomaru stava
perdendo la forma canina, tornando istante dopo istante ad una umanoide.
Con un urlo che
non sembrava neppure uscito dal suo corpo, Inuyasha si lanciò contro Naraku, menando fendenti con la spada.
Il demone schivava
gli attacchi deridendolo, stuzzicandolo con attacchi rapidi. Inuyasha richiamò
nuovamente a sé la cicatrice del vento, riuscendo a farlo arretrare.
Kagome riuscì ad
individuare nuovamente la sfera. Cambiò, posizione, aggirando il demone per
portarsi in una posizione più favorevole.
Re Sesshomaru era riuscito a rialzarsi. “Vattene, Inuyasha,
qui basto io a farlo fuori.” Ringhiò al fratello, scostandolo.
“Tsk! Non starai mica scherzando, vero? Quel dannato a
dentro di sé la sfera degli Shikon. Non puoi fare
nulla contro di lui da solo.”
Il fratello gli
rivolse uno sguardo folle d’ira. “Come ha potuto prendere la sfera dal collo di
mia figlia?” Afferrò Inuyasha per il collo, stringendolo. “Ti avevo detto di
difenderla, questo era il tuo compito.”
Per liberarsi il mezzo
demone fu costretto ad affondare gli artigli nel polso più che poté, sotto la
risata divertita di Naraku.
“Sono stato
imprigionato tanto quanto te, Sesshomaru. E non ho
potuto fare nulla per impedire la morte di Kikyio e della Principessa.”
Inuyasha sfilò il fodero di Tenseiga dalla cintura e
lo porse al fratello. “Se vuoi fare fuori il diretto responsabile, allora
prendi la tua spada e prenditela con Naraku, razza di
un imbecille.
Il Re gli puntò
nuovamente gli artigli alla gola. “Con te farò i conti dopo.” Sibilò, prima di
strappargli il fodero dalla mano e di estrarne la lama, guardandola con un moto
di ripugnanza. “Inutile, sciocca lama spuntata…” mormorò.
“Cosa diamine me ne faccio di questa spada ammazzamorti,
se quell’essere è ancora vivo?”
Inuyasha spostò lo
sguardo sul demone mostruoso, che si stava già preparando ad attaccare, con il
sogghigno solito sulle labbra livide. “Naraku non è
ne morto né vivo. E’ un ammasso di cadaveri, tenuto in vita dalla sfera degli Shikon e dagli spettri maligni che lo formano. Per questo
sia la mia spada che la tua possono colpirlo. Quindi, con la tua inutile,
sciocca e spuntata lama puoi fare la cosa più utile in questo momento: farlo a
pezzi.”
Non fece in tempo
a finire la frase che il Re si era già lanciato verso l’avversario, menando un
fendente che l’altro parò con una zampa alzata, per poi colpirlo e farlo
precipitare a terra con un’altra. Stessa sorte toccò ad Inuyasha, nella parte
opposta. Il mezzo demone si rialzò, tossicchiando e sputando un dente, cercando
con lo sguardo il volto di Kagome, nascosto tra i tronchi spezzati, intenta ad
attendere il momento propizio per scoccare la freccia.
“E muoviti…” borbottò, rialzandosi in piedi, pronto ad un
altro attacco.
Sesshomaru rotolò per la pianura, riuscendo
a fermarsi puntando la lama al terreno. Si rialzò, la vista annebbiata,
scostandosi i capelli candidi dal volto. Sentiva le guancie bagnate, se ne toccò una e si
guardò la mano. Le dita, alla fredda luce che persisteva tra i resti dell’accampamento,
erano rosse. Sangue.
E non solo il suo.
Teneva
premuta quella ferita con la mano, senza smettere di fissarla negli occhi di
fuoco, che si spegnevano istante dopo istante.
Un
rivolo di sangue le scendeva dalle labbra, percorrendo la guancia pallida e
gocciolando nel terreno.
“Non
osare andartene Kagura” sibilò. La voce gli fremeva
dalla rabbia. Era capitato tutto sotto i suoi occhi, e non era riuscito ad
impedirlo. Come poteva credersi il più potente tra gli Youkai, se non era
riuscito nemmeno ad impedire la morte della propria Regina. “Stai tranquilla. Adesso
il sangue smetterà di uscire, non preoccuparti.”disse, più per convincere sé
stesso che la donna che aveva tra le braccia.
Le
dita di Kagura stavano già perdendo calore, quando si
alzarono, tremanti ed incerte, verso la sua guancia. Gli sfiorò il volto,
deglutendo il proprio sangue, il capo che non ne voleva sapere di star sollevato.
Un
fiotto di sangue uscì più copioso dalla ferita slabbrata, ma il suo volto non
si increspò in nessuna smorfia di dolore. “Ho solo freddo.” Mormorò. “Mi scaldi,
Sesshomaru?”
Il
Re la strinse delicatamente a sé, accarezzando la testa castana, abbandonata
sulla sua spalla. “Dal vento sono nata, e dal vento io ritorno, Sesshomaru. Io non vi lascio… io
vi sarò sempre intorno…!”
Annuì,
cercando di trovare conforto nelle sue parole, stringendo le labbra nonostante
le tante cose da dirle. Il respiro della donna si fece flebile, e poi
scomparve, insieme al battito del suo cuore, e la mano che continuava a
sfiorare il volto del Re cadde.
La mano si strinse
a pugno, e gli artigli conficcati nel palmo fece uscire altro sangue. I petali
gialli di un fiore a lui famigliare si mossero nella polvere ai suoi piedi,
attirando la sua attenzione.
Fece per prenderne
uno, ma gli sfuggì tra le dita, e fu sospinto più lontano. Dal vento. Sesshomaru seguì con lo sguardo i petali.
Una bambina umana,
tra i resti di una capanna, che si proteggeva inutilmente con uno dei sostegni
di legno ancora piantati a terra. Lo fissava, con gli occhi castani sgranati e
le labbra pallide dalla paura.
I loro occhi si
incontrarono per un lungo istante. Doveva esserci un perché quei petali erano
volati nella sua direzione. Quella bambina avrà avuto più o meno una decina d’anni,
e nonostante la battaglia, i colpi e gli urli, era rimasta a fissare. Perché?
Che fosse…?
No, impossibile. Sua
figlia era una Youkai, ed era appena nata.
O forse erano
passati anni? o secoli?
Infastidito dalle
sue stesse domande, il Re degli Youkai tolse violentemente lo sguardo dalla
bambina. “E’ meglio che tu te ne vada” le disse, prima di correre nuovamente
verso il nemico.
Rin rimase ancora a guardarlo incantanta. “Padre…” mormorò,
nella lingua Youkai, sorprendendosi nel pronunciare quella parola. Miroku le
corse incontro, sollevandola da terra. “Ti abbiamo cercato dappertutto!” la
rimproverò, scappando con lei in spalla.
La bambina non
rispose, era cosi assorta dalla contemplazione del Re che quasi non se ne era
accorta.
Inuyasha si trovò
nuovamente a terra, una delle zampe conficcata nella spalla, che si muoveva
dolorosamente. Il mezzo demone poteva sentire le proprie ossa frantumarsi, e
non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un grido di dolore. Ma quanto ci
metteva quella stupida a lanciare quella maledettissima freccia?
Il lampo bianco
che troncò la zampa conficcata nella sua spalla annunciò il nuovo attacco di Sesshomaru. Il mezzo demone si alzò faticosamente,
togliendosi il resto putrefatto dell’arto nemico, ringraziando il fratello, che
non lo degnò di uno sguardo.
Il Re puntò la
spada verso il demone, poi saltò velocemente verso di lui, seguito da Inuyasha.
Le lame affondarono nelle disgustose carni, le tagliarono, le amputarono, ma
inutilmente: Ogni ferita che si apriva si richiudeva immediatamente, e le zampe
e le braccia di Naraku continuavano a crescere. Per
impedire che Sesshomaru venisse colpito alle spalle,
Inuyasha si trovò bloccato nuovamente a terra
Una delle zampe
stava giusto puntando al suo petto, quando venne staccata di netto da una scia
luminosa.
La freccia si
conficcò a terra, senza aver causato ulteriori danni al demone.
Naraku si voltò verso il punto in cui
era partita la freccia, il volto attraversato dallo stupore. La zampa sembrava
non dover ricrescere, il demone l’agitava sopra la testa di Inuyasha, che
approfittò del momento per divincolarsi, tentando di liberarsi.
Kagome aveva già
incoccato la freccia, e la puntava verso il demone. Era stata costretta a
scagliare la prima per salvare Inuyasha, ma ora vedeva chiaramente il punto da
colpire. Strinse i denti, tendendo l’arco. Il demone intuì le sue intenzioni e
gridò di rabbia, muovendo il gigantesco corpo, un raggio luminoso che gli
usciva dalla bocca e puntava verso la ragazza. Il calcio di Sesshomaru
arrivò diretto ed implacabile sul volto, facendo spostare la testa di Naraku quanto bastava per impedire che Kagome venisse
travolta dall’energia maligna.
La ragazza si
sbilanciò, la corda dell’arco gli sfuggì di lato, e la freccia partì, sfiorando
a malapena il corpo del demone.
Inuyasha riuscì a liberarasi, recuperando Tessaiga,
per affondarla nel ventre di Naraku. La lama di Tenseiga fece lo stesso sul collo.
Entrambe le spade
vennero sbalzate all’esterno, come se avessero colpito uno spesso muro di
gomma, e i contendenti volarono in direzioni opposte, riuscendo comunque ad
atterrare in piedi e a lanciarsi nuovamente all’attacco.
Kagome imprecò per
l’occasione persa, e recuperò la faretra. L’ultima freccia. Se fosse stata
credente, avrebbe pregato. Ma era atea, anticlericale e non sapeva neppure a
quale divinità fare ricorso in momenti del genere. Raccolse tutta la sua
concentrazione e incoccò la freccia.
Il bagliore
violaceo. La sfera che pulsava la sua potenza.
Mirò.
Tese l’arco,
approfittando che Naraku era distratto da Sesshomaru e Inuyasha.
Il demone le gettò
un’occhiata. E una zampata si diresse implacabile verso di lei.
Non c’era tempo.
Kagome scoccò la freccia: “VAI!!”
La zampa la colpì
dritta in un fianco, falciandola. Quasi non sentì il dolore delle ossa che si
spezzavano. La sua attenzione era rivolta alla freccia.
“Vai, ti prego,
vai” mormorò, intuendo che non avrebbe mai colpito. La traiettoria era
sbagliata.
Di poco, ma
sbagliata.
Sarebbe bastato un
colpo di vento per indirizzarla nella giusta direzione.
E il Vento arrivò.
Un alito, lieve, evanescente come la figura che lo guidava, poco più che un
velo di fumo che attraversò la freccia, spostandolo di quel poco…
Naraku fece in tempo a gridare.
Inuyasha a lanciarsi su di lei.
Il dardo colpì la
sfera degli Shikon.
E tutto divenne d’un
bianco accecante.
I miei ritardi si
fanno sempre più disastrosi!!!!!!
Chiedo davvero scusa….T.T perdonatemi!!!
Siamo ormai alla
fine di questa avventura, grazie per avermi accompagnato, supportato e
commentato!!!
Grazie davvero a
tutte!!! Continuate a farlo!
E.C.