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Autore: Lady_Sticklethwait    05/05/2017    2 recensioni
Per Colin Bekwell quella non era una bella giornata, ma quando era venuto a sapere che la festa organizzata da sua madre non prevedeva che fossero servite bevande alcoliche, aveva trovato un buon motivo per continuare a covare il disappunto.
E così, Colin Bekwell si era defilato come il peggiore dei mascalzoni dalle avances delle sue corteggiatrici per prendere una boccata d’aria all'aperto e calcolare a mente il profitto annuale della sua tenuta quando, con sua immensa sorpresa, un ragazzino cadde dal cielo per atterrare su di lui.
Un ulteriore esame chiarì che il fanciullo in questione non era caduto dal cielo, ma da un grande pino.
«Stramaledizione» fu il suo elegante commento ritrovandosi spiaccicato come un uovo sbattuto.
Il suo grido di dolore si unì all’urlo di sorpresa del ragazzo.
Elisabeth non avrebbe saputo dire quale fosse la sensazione principale in quel frangente:
se il dolore della sua povera schiena o il fatto che fosse caduta su di un uomo o che si trovasse con il sedere in bella vista sul collo dello sconosciuto.
La sua mente, comunque, si rifiutò di trovare altri motivi disdicevoli per i quali flagellarsi una volta ritornata a casa.
Genere: Comico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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                                                          Capitolo 4


 
 
 
Colin aveva dentro tanto inferno da arrostirci tutti i maledetti scarafaggi del mondo.
Fece per poggiare il piede ferito a terra e gli si piegarono le ginocchia per il dolore; Elisabeth riuscì a stento a trattenersi dall’imprecare mentre puntava i piedi e lo sorreggeva.
Ella lo trattenne dal cadere, stizzita «Potete stare fermo? Rischieremo di farci del male entrambi»
Colin le rivolse un’occhiata sarcastica, nonostante lei non potesse vederlo nell’oscurità della notte  «disse colei che mi è piombata addosso come un leone. A proposito, viste le circostanze, dovrei darvi del maschile?» non fecero nemmeno un paio di passi che Colin barcollò in avanti e la ragazza si precipitò difronte per sorreggerlo.
«Oh… Questo è mooolto piacevole» mormorò il duca avvertendo il seno di lei premere sul suo torace.
Elisabeth strinse i denti e socchiuse gli occhi, concentrandosi per trovare la strada «suppongo che abbiate avuto la vostra risposta, signore»
Il duca indugiò ancora un po’ prima che lei si rimettesse al suo fianco. Con un sorrisetto tutt’altro che onorevole, Colin appoggiò tutto il proprio peso sulle spalle esili di lei. Si ritrovò a pensare che quella ragazza aveva una bella voce, un bel cervello e un gran bello spirito, pur non avendola vista bene in viso. In più, era maledettamente piacevole sentire il suo corpo così vicino. Si schiarì la voce e si guardò intorno, cercando un modo per distrarsi « se mi vedesse qualcuno di mia conoscenza resterebbe parecchio stupito» osservò «non sono solito appoggiarmi ai monelli, come il vostro abito suggerisce»
Elisabeth ignorò il commento dell’uomo, risponderlo avrebbe richiesto un ulteriore sforzo che il suo povero corpo non avrebbe retto. Il buio aveva ricoperto ogni cosa ed ella dovette faticare per riconoscere gli alberi da lontano e schivarli con moderata destrezza.
Si fermò un secondo per studiare il sentiero più conveniente per entrambi: per evitare di essere vista avrebbe dovuto prendere una via che raggirava il palazzo e la conduceva direttamente alla sosta delle carrozze, ma questo significava lasciare il duca a metà strada. Si morse un labbro, non poteva abbandonare quell’uomo così, oltretutto…
«Mi piace il vostro profumo»
«Come?» urlò lei, diventando paonazza.
Colin fece spallucce e ripeté la frase con una naturalezza tale da renderla ancora più rossa in volto «avete un buon profumo»
«G-grazie» farfugliò, scuotendo la testa con disapprovazione «Possiamo camminare più velocemente? E’ molto tardi…»
Colin rispose con un enfatico gesto della mano «vi assicuro che nemmeno io sarei così ruffiano da far finta di zoppicare per godere delle attenzioni di una dama. In verità» aggiunse poi, sospettoso « non mi sembra nemmeno di conversare con una donna»
Contro tutte le aspettative, Elisabeth si sorprese a sorridere dopo il suo commento «lo considererò un complimento, milord. Non possiedo nemmeno un’oncia di femminilità, se proprio volete saperlo. Svoltiamo a destra»
«Vi assicuro che non è passato inosservato» alluse quello, ricordando i vestiti maschili della ragazza.
Dopo una difficoltosa manovra, Elisabeth continuò a parlare, sorpresa di sentirsi incredibilmente rilassata nonostante la situazione non fosse delle migliori «Sono peggio di quanto possiate immaginare, milord. Non so se il vostro povero cuore reggerà, considerando le condizioni della vostra caviglia»
Il duca sogghignò, notando in distanza che la meta era più vicina del previsto «oh, questo è un colpo basso, siete di mano e puntate tutto contro di me, ma ricordate» si abbassò leggermente «potreste sballare da un momento all’altro»
Svoltarono bruscamente a sinistra ed Elisabeth intravide delle luci da lontano. Sarebbero arrivati di lì a breve.
«Non so servire il tè e temo di essere terribile al pianoforte» confessò, restia a farlo.
«Orrore!» commentò il duca con finta indignazione, portandosi una mano al cuore.
Elisabeth rise di cuore, come forse non faceva da molto tempo.
«Lo sospettavo, comunque… Avete l’aria di una piccola selvaggia ma temo che lì dentro vi faranno entrare» indicò il palazzo con un cenno del capo «dopotutto, il luogo è d’una noia mortale»
Le parole le scapparono di bocca più veloce di quanto avesse voluto «Non ho mai pensato di entrarci, volevo solo guardare»
Egli rimase interdetto «Guardare? Avevo intuito la vostra stranezza, ma non fino a questo punto…» disse con voce strozzata quando per sbaglio toccò terra con il piede infortunato. Elisabeth, notando il dolore trattenuto del conte, si fermò «volete sedervi, milord? Accidenti» commentò, preoccupandosi sul serio « temo proprio che sia più grave di una storta»
Il conte scaricò tutto il suo peso su un albero nelle vicinanze, liberando Elisabeth dal suo braccio. Sorridendo e madido di sudore, inclinò il capo «Convengo con voi, dev’essere una bruttissimastorta»
Inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia «vi fa molto male?»
«Posso assicurarvi che ululerei e supplicherei Dio di risparmiarmi questo strazio, ma il mio orgoglio me lo impedisce» rispose quello, cambiando discorso.
«Il vostro umorismo è fuori luogo.»
«Il mio umorismo… Ehi, dove diavolo andate?»
Elisabeth scomparve dal raggio di azione del duca, ma poco dopo sentì la sua voce ad una discreta distanza «Milord, insisto perché usiate il bastone»
Il duca sorrise, sensuale «su di voi?»
«Per camminare!» gli gridò lei di rimando. Pochi istanti dopo un fruscio di foglie attestò che la giovane selvaggia era tornata con in mano un bastone abbastanza robusto per sostenere il peso del duca.
«Ecco» Elisabeth gli si parò davanti; nonostante il buio, riuscì a riconoscere il duca dal profumo che emanava «santo cielo, puzzate come se vi foste immerso in una profumeria» commentò lei con disprezzo, porgendogli il bastone.
Il duca tastò la solidità del ramo e dopo poco iniziò a muovere qualche passo «Oltre a monello anche segugio. Ditemi, signorina Richterson, c’è qualcos’altro che dovrei sapere? Per esempio…» fece una pausa, scorgendo i capelli ramati della donna. Elisabeth, intuendo che il duca si era girato per guardarla, si affrettò a rimettersi il cappellino in testa «perché una signorina rispettabile è vestita in tal modo?»
Elisabeth tacque per qualche istante e sorrise di rimando «chi vi dice che io sia una signorina rispettabile, milord?»
«Bhè» si schiarì la gola «se foste una donna esperta ed elegante, vi avrei già vista nei migliori salotti. Questo mi porta a escludere che voi siate di Londra…»
«Allora…»
«Nemmeno quello» la anticipò, abbassandosi per schivare un ramo «vedete, signorina, sono un duca, ma ciò non esclude che possa essere anche un dannato farabutto. Se foste, come volete farmi credere, una cortigiana…» lasciò morire la frase, per aizzare la sua curiosità.
Elisabeth non se lo fece ripetere due volte «Sì?»
Colin rispose con una scrollata di spalle «vi sareste comportata diversamente, trovandovi nella possibilità di poter trascorrere del tempo con me»
La ragazza di accigliò: ma che dannato presuntuoso doveva essere quell’…uomo? Ah, non conosceva nemmeno il suo nome. A pugni stretti si mise in marcia con il duca che la seguiva zoppicando ed un lago sorriso stampato in faccia. Poiché lei camminava molto più in fretta, lo distanziò di un buon tratto finché non si sentì chiamare.
Colin le offrì un sorriso di traverso «non avrei mai pensato di poterlo dire, ma temo di non riuscire a zoppicare più veloce»
Elisabeth fu tentata di sbattere un piede a terra e arricciare il naso, come faceva da bambina quando veniva smascherata.
Andandogli incontro si schiarì la voce, cambiando discorso «vi sarei grata se voleste comportarvi con la discrezione di un gentiluomo e tacere riguardo la natura del vostro malessere» disse tutto d’un fiato.
Bhè, in realtà il duca non conosceva il suo vero nome ma non poteva permettersi che tutti conoscessero i dettagli riguardo quell’incontro: oltretutto, avrebbe fatto a breve il suo ingresso in società, e se l’avesse riconosciuta dal tono di voce? O dai capelli? O da qualsiasi altro particolare che aveva potuto scorgere tra le tenebre e la luce?
Colin ridacchiò, cercando di tenersi in equilibrio «Oh, probabilmente la vostra reputazione è già andata a pezzi nel preciso momento in cui mi siete caduta addosso»
La ragazza per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Cosa intendeva? Oh, diamine, lei non era ancora pronta a ragionare nell’ottica del bon ton.
Cercò di tastare il territorio, andandoci piano «E’… è così che funziona? Io aiuto un uomo per un nobile scopo e la mia reputazione va a farsi benedire?» chiese con voce insicura.
Il duca rimase interdetto per qualche secondo, estremamente divertito dal linguaggio inusuale di quella donna.
«Anche a me sembrava che indugiare sul vostro petto fosse nobilissimo, ma… Questa città non perdona molto chi sbaglia poco»
Elisabeth arrossì e guardò a terra. Per un momento fu tentata di rispondergli a tono ma quando alzò il volto per farlo, si accorse che erano ormai pericolosamente vicino all’entrata del palazzo e la luce si era fatta più intensa.
«Gran bella serata, vero?»
Elisabeth si sorprese a sorridere «molto goffo, come tentativo di conversazione. Temo che la nostra corsa finisca qui»
«Ah, sì?»
«Sembrate deluso»
«Aggettivo interessante ma non corretto. Piuttosto, non posso concedermi di rendere la serata più sopportabile con l’ausilio dell’alcool» sospirò sonoramente, «tutto solo con quel branco di lupi famelici...»
«Lupi?» chiese Elisabeth, fermandosi.
«Signorine che aspirano a diventare rispettabili signore» chiarì Colin «un branco di lupi, tutte. Esclusi i presentì, ovviamente» sorrise zelante.
Elisabeth fu tentata di fare un commento ironico sulla difficoltà di tenere a bada le signorine, ma sentì delle voci urlare da lontano e istintivamente, coprendosi il volto con le mani, arretrò nell’oscurità.
Il duca ancora non si era accorto di essere completamente visibile e si voltò istintivamente verso di Elisabeth che teneva entrambe le mani premute su naso e bocca «Vi sanguina il naso?»
Elisabeth gli diede le spalle, guardando a terra. Dio, il duca era di una bellezza folgorante. Terrorizzata, guardò a terra con gli occhi sbarrati e le gambe tremanti: avrebbe voluto salutarlo, ma ora le voci erano ancora più vicine e si ritrovò, pochi attimi dopo, ad abbandonare il duca e a scappare come una ladra.
Mentre correva nella direzione opposta verso la salvezza sorrise, immaginandosi la faccia che avrebbe fatto il duca non trovandosela più al fianco.


 

Lady Sticlethwait.


 
 

 
 
 
 

 
   
 
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