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Autore: id_s    05/05/2017    1 recensioni
Sei stato sempre con me, per tutti questi anni, sei stato più di un amico, un confidente, la mia spalla su cui piangere, un infermiere dolce ma convinto.
So che, anche quando io avrò ottantasette anni e tu ottantanove, guarderò ancora il cielo e quelle stelle che tu mi indicavi con un dito quando eravamo ragazzini, e nel loro splendore rivedrò sempre i tuoi occhi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Titolo: Kiss from a Rose
Personaggi/Coppie: Rose/Scorpius, Albus (accenni)
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale.
Avvertimento/i: Nessuno
Contesto/i: Nuova Generazione
Rating: Verde
 

2.538 battute

 

 

 

 

 

Kiss from a Rose

 

 

 

Take me back to the house in the backyard tree
Said you'd beat me up; you were bigger than me
You never did

 

Avevo sette anni, tu nove ed era la prima volta che ti incontravo.
Chissà perché, poi, accadde proprio quel giorno: non ci fu magia, non ci fu alcun miracolo, nessun evento strabiliante che potesse lasciar presagire quello che poi sarebbe accaduto.
Quello che un giorno sarebbe stato, a dirla tutta.
T’incontrai alla Tana, la prima volta, e ad essere sincera la tua sola presenza svegliò in me un moto automatico di gelosia: chi era quel bambino dai serici capelli biondi, comparso nel mio regno da un giorno all’altro? E, soprattutto, perché giocava con il mio migliore amico? Sono sempre stata una persona possessiva, Scorpius, credo che tu ormai l’abbia capito: da bambina non ero affatto diversa. A crescere in una famiglia come la nostra, lo sai, si finisce con l’essere un po’ viziati negli affetti: alla Tana noi nipoti eravamo i più importanti, il centro dei discorsi dei nostri genitori, il fulcro degli avvenimenti più esilaranti; la casa dei nonni era sempre stata, per me, il posto in cui sentirmi più amata che mai, dove essere chiamata “principessa” era così usuale che, alla fine, avevo iniziato a credere di esserlo davvero, una principessa.
Ma quel giorno c’eri tu, e Albus giocava con te nella nostra casetta sull’albero – il nostro rifugio, il porto sicuro dove approdare per nasconderci dai grandi che, lassù, non ci avrebbero mai trovati – dove a me non era stato concesso di salire.
- Stiamo facendo cose da maschi, Albus, cosa c’entra tua cugina? -
Tu non mi vedesti, Scorpius, ma in quel momento diventai tutta rossa, fino alla punta delle orecchie: e lo sai bene, tu, quanto sono esilarante quando arrossisco di rabbia, ma io mi sentivo minacciosissima, furiosa, pronta a sfidare l’usurpatore che, oltre al migliore amico, mi stava portando via anche la casa sull’albero.
Nonostante questo fui abbastanza paziente, a dire il vero, ed aspettai diligentemente che voi due finiste di complottare, di fare le vostre “cose da maschi”: nascosta dietro l’albero, Albus non mi notò e corse subito in casa. Tu ci mettesti più tempo a scendere, ed in un balzo io ti atterrai appena posasti piede sul terreno duro del giardino: ti saltai sulle spalle e, un attimo dopo, eri lì disteso per terra che sbraitavi e ti dimenavi. Avrei voluto immortalare quel momento, la mia sensazione di conquista, vittoria, e soprattutto il tuo viso corrucciato, sporco di terreno: avevi dipinta sul volto quell’espressione da talpa miope che metti su ogni volta che non vedi bene, poiché i tuoi occhiali erano volati parecchio più in là, ed eri così divertente che a stento trattenni le risate. Ma non dovevo ridere, dopotutto ero pur sempre furiosa con te.
- Così impari a prenderti le mie cose! - urlai vittoriosa, sempre senza spostarmi.
E tu mi scrollasti di lato, facendomi finire con il sedere per terra e riportando il mio morale molto in basso. Avevo davvero creduto di poter battere un ragazzino più grande di due anni – e di parecchi centimetri d’altezza.
- Se ci riprovi, giuro che ti picchio, stupida! - sbottasti duro.
A dirla tutta, eccome se ci riprovai. Ci riprovai così tante volte che ormai ho perso il conto, ma non mi picchiasti affatto. Non lo hai fatto mai.

 

 

Take me back when our world was one block wide
I dared you to kiss me, and ran when you tried


Avevo quattordici anni quando scoprii per la prima volta sensazioni nuove, sconosciute, e tutto a causa tua. Ad Hogwarts passavamo parecchio tempo insieme, nonostante io fossi la più fiera Gryffindor e tu il più altezzoso Slytherin: d’altra parte condividevamo l’affetto immenso nei confronti di Albus e, anche se probabilmente non lo avrei ammesso mai, con il tempo avevo iniziato ad accettare l’idea di “dividere” con te il mio migliore amico. E lui si era abituato ai nostri battibecchi continui, agli sfottò che non conoscevano orario, che fossero nella mia Sala Comune, nella vostra, in aula di Pozioni o sul campo da Quidditch; così come ci si era abituata l’intera popolazione di Hogwarts che, com’è da copione quando due persone dimostrano di detestarsi cordialmente, confabulava senza sosta sul nostro strano rapporto, scommettendo sul giorno in cui saremmo finiti insieme. Noi facevamo finta di non sentire, io soprattutto non volevo saperne: forse perché quelle voci riuscivano a smuovere in me qualcosa, riuscivano a tenermi sveglia la notte e perseguitare i miei pensieri di giorno; forse perché tu iniziavi proprio allora il tuo cambiamento che ti stava lentamente trasformando in un giovane uomo, ed io non sapevo cosa fare quando, a più riprese, mi sorprendevo a pensare che tu fossi proprio un bel ragazzo. Iniziai ad evitarti, e tu neanche sapevi perché, ma non sei mai stato il tipo da accettare passivamente un qualsivoglia avvenimento senza almeno tentare di capirlo: fu così che, una sera, nascosta come mio solito su alla Torre di Astronomia, quasi persi un battito quando arrivasti tu.
- Cosa ci fai qui? - esclamai sorpresa, un po’ spaventata, pregando che tu non percepissi il tremito della mia voce. Ma probabilmente tu lo notasti, perché l’espressione che ti si dipinse in volto era confusa. Eri così bello, Scorpius.
- Dobbiamo parlare. Devo sapere cosa ti ho fatto di tanto brutto da meritare che tu mi tolga il saluto da un giorno all’altro. - rispondesti deciso, ed io mi strinsi nelle spalle, deglutendo un boccone amaro.
- Non hai fatto niente… - tentai di minimizzare, ma sapevo che non ti sarebbe bastato.
Ridesti, ironico. - Ah, no? Non mi parli più… -
- Ora lo sto facendo! -
- Hai iniziato ad evitare tutti i luoghi in cui sai che potresti incontrarmi, Rosie –
- Non essere ridicolo, Scorpius, sarà stato un caso -
- Un caso che va avanti da più di un mese? -
Non sono mai stata molto paziente, per cui fu senza pensare che ti sbottai contro, rancorosa, firmando la mia condanna. - Sì, un caso che va avanti da più di un mese! Ma quanto sei borioso, Scorpius? Ti sorprenderà sapere che non sei al centro dei miei pensieri, nonostante quello che dice mezza scuola! -
E fu allora che, nei tuoi occhi, vidi disegnarsi la comprensione. Ti passasti una mano sul viso, stanco, e sospirasti.
- Quindi è questo, il problema? Le voci di corridoio? -
Abbassai lo sguardo. - Io non… -
- Ma cosa t’importa di quello che dicono, stupida Gryffindor? Cosa t’importa di quello che pensano tutti? -
- Baciami. -
In quel momento mi guardasti come se davanti a te non avessi avuto Rosaline Weasley, ma un’aliena, una pazza scatenata, e forse avevi anche ragione. Quella parola era sfuggita dalle mie labbra prima che io potessi farci alcunché, e quando realizzai quello che avevo detto era troppo tardi. Mi tinsi di rosso, come d’abitudine, abbassando lo sguardo.
Però tu ti avvicinasti. La prima cosa ad entrare nella traiettoria dei miei occhi furono le tue scarpe lucide, poi sentii le tue dita fredde premermi delicatamente sotto il mento. Alzai il viso, e tu eri così vicino, ed eri bello, Scorpius, ma io ero solo una ragazzina che del mondo e dell’amore non sapeva nulla. Sgranai gli occhi quando vidi il tuo viso abbassarsi verso il mio, e mi ritrovai terrorizzata quando le tue palpebre calarono a coprire le tue iridi argentate, più luminose di sfavillanti luci: in quel momento feci l’unica cosa che il mio cervello riuscì a consigliarmi, e scappai.
Semplicemente scappai.
Mi sottrassi alla stretta gentile delle tue dita e, con uno scatto, mi ritrovai a correre a perdifiato per le scale.
Fu l’ultima volta che ti vidi prima della fine della scuola, quella.
Riuscii ad evitarti per tutto il mese di maggio e, dopo aver spiegato ad Albus la situazione, anche sul treno. In estate accettai la proposta di mamma di partecipare ad uno scambio culturale babbano, e per tre mesi partii. Lontana da te, dal mondo magico degli incantesimi e da quell’altro mondo delle magie: le magie dei sentimenti, la magia dell’amore.

 

Well, I was sixteen when suddenly
I wasn't that little girl you used to see
But your eyes still shined, like pretty lights

 

Il nostro strano rapporto riprese un andamento stabile quando ormai io avevo sedici anni e tu diciotto, e avevi già lasciato Hogwarts da un po’.
Quella sarebbe stata l’ultima estate che avresti passato con noi, lì in Inghilterra, prima di trasferirti in America per studiare magisprudenza. Dopo averti ignorato durante tutto il mio quinto anno, lasciando che il nostro vecchio, ironico legame si raffreddasse, non potevo permettere che anche quell’estate passasse e tu partissi senza aver almeno tentato di “salvare il salvabile”, come avrebbe detto mia mamma, citando un proverbio babbano.
Non ero più la ragazzina spaventata sulla Torre di Astronomia. Nonostante due anni di freddezza e distacco sarebbero stati davvero difficili da superare.
Eravamo di nuovo alla Tana, ai piedi dello stesso albero che, nove anni prima, aveva segnato la mia unica – per quanto breve – vittoria contro di te. Eri seduto lì con un libro sulle gambe, quando non eri in compagnia di mio cugino di trovavo sempre a leggere o studiare: eravamo così diversi, in questo, e non lo avrei mai ammesso ma un po’ ti invidiavo. Mi feci coraggio, mi avvicinai a te e sedetti sul terreno, a gambe incrociate.
- Ciao, Scorpius – mormorai semplicemente. Non che fosse la prima volta che ti salutavo – i convenevoli, oh, di quelli ce n’erano stati anche fin troppi – ma quel giorno era diverso. Era diverso, e lo sentisti anche tu. Alzasti di scatto lo sguardo, aggiustandoti poi gli occhiali sul naso sottile. Eri diffidente, non più arrogante o spavaldo come da bambino. Mi guardavi senza riconoscermi, forse, o forse era la determinazione nel mio sguardo che per te era completamente nuova. Ti avrei capito, lo era anche per me.
Poi sorridesti. Era un sorriso mesto, ma c’era. - Ciao, Rose -
E capii che avremmo potuto avere un nuovo inizio.


 

Take me back to the time we had our very first fight.
Slamming our doors instead of kissing goodnight.

- Mi stai chiedendo di sacrificare il mio futuro, Rose! -
- Non è affatto vero, ti chiedo solo di aspettare un anno, un anno di più… cosa ti costa? Puoi iniziare gli studi qui e poi riprendere lì il secondo anno, non è un gran sacrificio -
- I miei genitori mi hanno già iscritto, e poi il sistema in America è diverso, dovrei recuperare tantissime cose e probabilmente resterei indietro ancora… -
Quello che dicevi era giusto, ma non volevo ascoltarti. Non volevo sentire, forse solo perché avevo troppa paura di perderti.
Tu non lo sapevi, ma era stata l’estate più bella della mia vita, quella. L’estate in cui ti avevo chiesto scusa, l’estate in cui avevamo riso degli scherzi passati – come sembravano infantili, tutto d’un tratto! - e quella in cui mi avevi accolta tra le tue braccia ogni sera, quando andavamo al fiume, poco lontano dalla Tana, per guardare le stelle.
Eri quasi sempre con noi, Scorpius, e quando non eri tu alla casa dei nonni ero io da te, anche se i tuoi genitori non avevano accettato proprio di buon grado la mia presenza in casa tua.
Ma poi Astoria ed Hermione si erano incontrate, avevano parlato, e dai loro sorrisi e sguardi complici noi non avevamo intuito molto, se non che – cosa alquanto certa – avevano appianato i passati dissidi. Quella era stata anche l’estate in cui ti baciai per la prima volta.
Eravamo sempre al fiume, ed ero seduta in mezzo alle tue gambe, con la schiena contro il tuo petto: tu mi indicavi le costellazioni, mi disegnavi possibilità, progetti, un futuro che sembrava bellissimo, luminoso come quelle stelle che tu amavi tanto. Avevo voltato il viso per potermi beare della tua espressione, sicuramente entusiasta come quella di un bambino, ma sulle tue labbra – anziché il sorriso felice che mi aspettavo – vi avevo trovato le mie.
Avevano trovato posto prima timidamente, imbarazzate, poi più sicure e finalmente complete, quando anche tu avevi ricambiato quel bacio impacciato. Sedici anni, il mio primo bacio.
Ma poi l’estate era passata, e il momento per te di partire era arrivato: e lo so che ero egoista, Scorpius, tremendamente egoista, ma prova a capirmi. Eri la mia prima infatuazione, il mio primo amore, e non volevo vederti andare via così presto, così lontano da me.
Mi rifiutavo di sentire le tue ragioni, stringevo i pugni e rispondevo con durezza alle tue frasi.
- Se non puoi aspettare solo un anno, per me, allora io non potrò aspettare te -
Avevo sbattuto violentemente la porta dietro di me, lasciandoti basito, sulla soglia, a fissare il legno scuro dove fino ad un attimo prima c’ero io.

 

A few years have gone and come around
We were sitting at our favorite spot in town
Then you looked at me,
got down on one knee.
Take me back to the time when we walked down the aisle.

 


Siamo arrivati ad oggi, Scorpius.
Tra litigi e riappacificazioni, addii presto mutati in arrivederci, sei stato con me per tutti questi anni. Alla fine ci sei andato davvero, in America, ed io ho scoperto che nove mesi passano davvero in fretta, quando si ha qualcuno disposto ad aspettarci. È stato bellissimo smaterializzarmi lì, da te, dopo aver ricevuto i miei voti finali, e catapultarmi tra le tue braccia – casa mia, il mio porto sicuro, tu che mi hai sempre perdonata ed io che sono sempre tornata da te. Era così bello girare per New York senza una meta precisa, avevo diciassette anni
e tu diciannove ed eravamo così felici di essere lì, insieme. Non sapevamo quanto sarebbe durata. Non sapevamo se sarebbe durata.
Ora io ho ventitré anni e tu venticinque, e l’America resterà sempre una parentesi felice.
La parentesi felice, a dire il vero.
Ricorderò tante cose, di New York: la fatica per specializzarmi in pediatria, nel mio caso, e le tue nottate sui testi di magisprudenza. Ricorderò l’appartamento un po’ piccolo, ma caldo e accogliente, che per tanti anni ci ha fatto da casa. Ricorderò Central Park a prima mattina, quando io andavo a correre e tu, nel sonno, mi borbottavi contro che ti avevo svegliato.
Più di ogni altro ricordo, però, nella mia memoria sarà particolarmente caro quello del nostro bar preferito: era giù al nostro palazzo, faceva i centrifugati più buoni del mondo, ed era lì che, un giorno, mi hai chiesto di sposarti.
E quello che ti dissi allora, Scorpius, lo ripeto ora.
Sei stato sempre con me, per tutti questi anni, sei stato più di un amico, un confidente, la mia spalla su cui piangere, un infermiere dolce ma convinto. Sei stato con me durante i miei momenti peggiori, mi hai perdonata spesso, me e le mie bizze, i miei sbalzi d’umore. Io voglio essere con te nel momento in cui torneremo a casa insieme, e saremo ancora Scorpius e Rose, ma saremo anche marito e moglie.Voglio crescere dei figli con te, voglio invecchiare con te: e so che, anche quando io avrò ottantasette anni e tu ottantanove, guarderò ancora il cielo e quelle stelle che tu mi indicavi con un dito quando eravamo ragazzini, e nel loro splendore rivedrò sempre i tuoi occhi.

 

   
 
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