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Autore: Jackie_Blue    06/05/2017    1 recensioni
Ci troviamo nel 2012, l'anno in cui, grazie al Tesseract, tutto ebbe inizio e i primi Avengers si riunirono per difendere il nostro amato pianeta. Ma qualcun altro, oltre a Loki, sbucherà fuori dal cubo cosmico. Chi? Ma sopratutto, perché? Pronti a svelare l'"Enigma"?
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. Una pista



Somewhere, flying on the Helicarrier.
Thursday, 20th September 2012.
06:00 a.m.


Chi ha detto che uno sguardo non può fisicamente tangere? Chiunque fosse non si era mai ritrovato a sostenere decine e decine di occhi puntati contro come fari.
Sguardi silenziosi, ma che inequivocabilmente urlavano: Chi sei?
Difficile rispondere ad una domanda simile, soprattutto se la risposta non è ben chiara nemmeno a te, unica imputata del processo penale messo in atto da quegli sconosciuti.
Chi era Joanne?
Una ventiseienne perennemente in fuga, senza una meta, senza una casa e con l'unico obiettivo di sopravvivere. A quale scopo? Non un'anima viva che potesse sentire la sua mancanza, non un vero e proprio sogno professionale, nessuna possibilità di condurre una vita ordinaria... Eppure il cuore le batteva in petto per inerzia e con un unico proposito ben delineato nella sua mente: fare giustizia.
Quel mantra, che con veemenza le riempiva la mente, le diede, anche quella volta, la forza di ignorare i pesanti sguardi di diffidenza, curiosità, scetticismo e sospetto, con cui gli agenti e i soldati dello S.H.I.E.L.D. la vigilavano.
Entrò nella piccola cabina in cui le avevano dato la possibilità di farsi una doccia.
L'abitacolo per quanto ristretto era ben organizzato. La pavimentazione era liscia, sui toni freddi del grigio e del bianco, e richiamava le pareti e le apparecchiature metalliche. Su un piccolo tavolino le avevano lasciato un completo da recluta: felpa grigia e tuta nera, il tutto immancabilmente marchiato dal logo dello S.H.I.E.L.D..
Si spogliò della felpa nera e dei jeans strappati che aveva raccattato da una cesta di vestiti per “i più bisognosi”, ormai zuppi di sudore e polvere. Cliccò un pulsante sulla parete su cui era stilizzato il disegno del getto d'acqua e come la stessa icona suggeriva zampilli repentini cominciarono a fuoriuscire da una precisa zona del soffitto. Restò in piedi sotto il flusso lenitivo e rilassante dell'acqua cercando di ritrovare la concentrazione che a causa delle fitte alla testa continuava a sfuggirle.
Per la prima volta dopo giorni si ritrovò a tornare indietro nel tempo coi ricordi. Alcuni erano molto offuscati. Il caos era l'unica costante certa della sua vita e provare a fare ordine le stava costando più di quanto credesse. Le sue questioni personali, attimo dopo attimo, diventavano qualcosa di più grande di lei, al di fuori della sua portata.
La prima immagine che le balzò davanti agli occhi fu quella del Tesseract a pochi passi da lei. Stava per mettere appunto il suo piano, ma poi era accaduto qualcosa, improvvisamente. Un vorticare di suoni indecifrabili si accavallarono, un boato, ripetuti colpi metallici, un urlo straziante e infine uno sparo.
Buio.
Si portò una mano sugli occhi, la testa era come un colabrodo. Le immagini si accavallavano alla stessa velocità con cui le sfuggivano e riorganizzare i fatti risultava impossibile. Chi aveva sparato? E a chi apparteneva la voce dell'urlo? Cosa o chi aveva attivato il Tesseract? Era stata lei? Non era riuscita a contenere i suoi poteri?
Strinse le dita della mano sulla fronte. Nessuna risposta sembrava voler giungere al suo cospetto. La sua era una maledizione di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Lasciò cadere il braccio sinistro lungo il corpo e vagò con lo sguardo su di esso. Il segno del suo incubo peggiore era ancora lì, impresso nero su bianco.
Appena sotto la piega interna del gomito sinistro, sulla pelle pallida e frastagliata da venature bluastre, trionfava il nero di un inchiostro velenoso e indelebile: E-015.
Bastò un'occhiata veloce a quel simbolo per smettere di crogiolarsi nel caos della sua mente e riportarsi in modalità “tabula rasa”. Non c'era tempo per le domande o per piangersi addosso, il vittimismo non l'avrebbe salvata o aiutata in alcun modo a trovare il Tesseract.
Si ripulì velocemente e indossò gli abiti che le avevano consegnato.
Era pronta a rimettersi all'opera.

Nella sala comandi dell'Helicarrier tutti i tipi più strani della Terra erano riuniti ad un unico tavolo. Il meccanico miliardario, il soldato scongelato, l'assassina, il vichingo e l'irascibile scienziato. Si voltarono tutti contemporaneamente verso due soldati che camminavano verso di loro, nascondendo dietro di sé la figura minuta di Joanne.
- Ora che anche Mega-mind ci ha raggiunti, signori, direi che possiamo fare un quadro completo della situazione.- disse in tono plateale Stark.
- Thor, qual è il suo gioco?- domandò Rogers riferendosi a Loki.
- Ha un esercito, sono i chitauri. Non sono di Asgard o di altri mondi conosciuti. Intende condurli contro il vostro popolo. Loro sconfiggeranno la Terra in cambio, immagino, del Tesseract.- rispose con un tono pressoché profetico quest'ultimo.
- Questo spiega perché ha bisogno di un portale stabile.- si intromise Joanne pronta a captare qualsiasi informazione utile per recuperare il cubo.
- E anche del perché abbia preso il dottor Selvig.- aggiunse il dottor Banner pensieroso.
- Selvig?- Thor sembrò animarsi improvvisamente.
- È un astrofisico.- spiegò l'uomo in camicia viola.
- È mio amico.- rivelò rabbuiato il biondo col martello.
- Loki gli ha fatto una specie di incantesimo... Insieme a uno dei nostri.- avvisò repentina l'agente Romanoff, oscurando lo sguardo sull'ultima frase.
- Perché Loki si è lasciato arrestare? Da qui non può guidare un esercito.- l'uomo a stelle e strisce riprese la parola.
- Non credo che dovemmo concentrarci su Loki. Ha un cervello completamente fuori fase. Basta guardarlo per capire che è pazzo.- fu la risposta del dottor Banner.
- Sarà anche pazzo, ma è fin troppo lucido. Se si è lasciato catturare ci sarà un motivo.- affermò la ragazza dai capelli corti in favore della tesi del Capitano Rogers.
- Io credo che sia meglio soffermarci sulla meccanica.- riconfermò l'alter-ego del mostro verde.
- Tutte le materie prime l'agente Barton è in grado di rimediarle facilmente, ma gli manca un componente, una sorgente di potenza ad alta densità energetica. Qualcosa per dare l'impulso al cubo.- spiegò con tono pratico Tony, mentre giocherellava tra un monitor e l'altro.
Probabilmente nessuno si era accorto del piccolo bottoncino metallico che aveva collegato ad uno di essi. Tutti tranne l'occhio vigile di Joanne.
Le erano bastate poche occhiate complessive per capire che quegli individui non potevano coesistere. Personalità contrastanti e l'inesistente presenza di fiducia l'uno per l'altro. Per non parlare dello S.H.I.E.L.D., li aveva compressi tutti in una struttura inaccessibile dall'esterno e invalicabile dall'interno. Si muovevano come atomi impazziti, ognuno con la propria idea in testa, chiusi alla possibilità di guardare attraverso un punto di vista differente da quello personale.
Loki lo sapeva. Era quello il suo piano, distruggere dall'interno, come in una fantasmagorica reazione a catena, gli unici nemici in grado di tenergli testa.
Come Joanne aveva già detto: era pazzo, ma lucido. Più di quanto si stavano dimostrando esserlo quei fenomeni da baraccone, che in confronto lei si sentiva solo una teenager nella sua fase hippie. Era la paura, l'ansia o la rabbia a muoverli? Questo lei non poteva saperlo e neanche le importava, il suo compito era un altro e non sarebbe riuscita a portarlo avanti continuando a starsene con le mani in mano mentre quel branco di animali messi in cattività assemblavano insieme una parvenza di piano.
- Ho bisogno di una ciocca di capelli di Loki e di osservarlo per tre minuti da vicino.- si limitò a dire cercando con lo sguardo Fury.
- Hai intenzione di fargli una bambolina voodo?- fu l'immancabile ed ironica domanda di Stark.
- I tessuti piliferi sono come una spugna: catturano e trattengono ogni genere di informazione, organica e non. Possono dirci dove è stato in questi ultimi due mesi con la precisione di un orologio.- spiegò Joanne aspettando che il direttore dello S.H.I.E.L.D. le desse l'opportunità di mettere in pratica le sue capacità.
- Perché devi restare con lui per tre minuti? Hai intenzione di interrogarlo?- questa volta fu la Vedova Nera a prendere parte al discorso.
- Ho detto osservare. Non ci sarà neanche bisogno che io gli rivolga la parola.- rispose prontamente la brunetta.
- D'accordo, ti farò accompagnare da un paio di agenti.- finalmente il direttore Fury fece segno con la mano ad un uomo in divisa e in men che non si dica tre soldati ben armati avevano accerchiato ordinatamente la ragazza.
Muovendosi coordinatamente raggiunsero la stanza ovale in cui si trovava la cella oltremodo sicura del dio degli inganni.
Era rivolto di spalle e la sua figura longilinea e slanciata risaltava ancora di più. I lunghi capelli neri gli accarezzavano le spalle. Si voltò lentamente verso i quattro soggetti appena entrati nel suo spazio vitale. La pelle estremamente pallida metteva ancora di più in risalto il colore chiaro degli occhi, due pietre fredde e velenose incastonate nei bulbi oculari di una serpe.
La prima persona che catturò il suo sguardo fu proprio la ragazza.
- Sapevo che avrei dovuto ucciderti non appena siamo usciti dal portale, ma confidavo nel crollo dell'edificio a sotterrare i tuoi resti.- sibilò con tanta calma quanta malizia.
Nessuna risposta si aggiunse alla provocazione.
- Mi serve una ciocca di circa tre centimetri, potete metterla in questa provetta.- sussurrò la brunetta ad uno dei tre uomini che l'avevano accompagnata.
- Si fidano di te? Quanto stolti posso essere i midgardiani. Non sanno neanche la tua terra d'origine eppure ti affidano il delicato compito di interagire con me. Patetici.- aggiunse passeggiando lentamente in tondo nella sua capsula di prigionia.
- Allontanati dall'ingresso con le mani ben in vista.- sentenziò autoritario uno dei soldati, ora pronto a puntare contro l'asgardiano un fucile di precisione. Anche il secondo soldato imitò la sua mossa, mentre il terzo si avviò ai comandi della gabbia di sicurezza munito di provetta e forbici.
- Quando ho percepito la vostra presenza credevo fosse giunta l'ora delle mie torture. Le peggiori che la misera mente umana possa immaginare... Quanto posso essere deluso sapendo che il massimo che siete riusciti ad escogitare è stato farmi una spuntatina ai capelli?- le mani ben in vista come gli avevano ordinato e l'espressione ilare di chi è eccessivamente sicuro di sé.
Ancora nessuna risposta sembrò giungere dall'unica interlocutrice capace di destare interesse nel viscido uomo dalle vesti verdi. Ignorarlo era un modo per innervosirlo? Provocarlo? O peggio, sfidarlo?
- Non so cosa ti abbiano spiegato ai piani alti, ma durante un interrogatorio si pongono domande, ragazzina insolente. Cosa dovrei pensare? Che sei così stupida da credere che io parli da solo, o forse che sei così furba da capire che io non ti dirò niente comunque?- la voce di Loki si era pericolosamente incrinata in un verso graffiante, intrinseco di impazienza e irritazione.
Joanne continuava ad osservarlo in silenzio con espressione seria e al limite della concentrazione. Quando il soldato ebbe richiuso la cella, ora con la provetta piena dei capelli del megalomane dio di Asgard, la ragazza prese ad avvicinarsi alla parete trasparente della capsula in cui quest'ultimo era rinchiuso.
- Ma io non sono qui per interrogarti. Perché dovrei farlo?- disse calma Joenne fissando negli occhi quell'uomo dai connotati distorti dall'indole malvagia.
- Perché io so dov'è il Tesseract e indipendentemente dallo S.H.I.E.L.D. a te serve sapere dove si trova... Ne hai bisogno per tornare nella tua epoca, o sbaglio?- affermò con disprezzo lui assottigliando in due lame taglienti gli occhi.
Joanne tacque e questa volta perché presa in contropiede dalle parole del suo interlocutore. Non solo era a conoscenza del suo viaggetto nel tempo, ma aveva appena rivelato quell'informazione cruciale allo S.H.I.E.L.D..
I suoi occhi sgranarono per una frazione di secondo, si maledisse per non essere riuscita a tenere a bada i muscoli facciali. Ma Loki era pronto ad approfittarne per infierire girando il dito nella piaga.
- Cosa c'è? Credevi che come quegli idioti non me ne sarei accorto? La piccola ragazzina che viene dal passato, tutta sola in un'epoca sconosciuta. Deve essere difficile non è vero? È per questo che li stai aiutando, credi che ti permetteranno di utilizzare il cubo per tornare nel passato? Menti più a te stessa che a loro e alla fine ti ritroverai in una cella più piccola e meno confortevole di questa... Sempre che sarete ancora vivi.- il tono profetico e ricco di pathos aleggiava tempestoso in tutta la stanza ovale. Ogni parola era scandita con l'intento di ferire, ma Joanne aveva smesso di ascoltarlo ancora prima che aprisse nuovamente bocca.
Quel verme non aveva nemmeno idea di cosa stesse parlando, tornare nel passato era l'ultimo dei suoi desideri e la paura del futuro, o meglio dell'attuale presente, era una preoccupazione che non faceva parte del suo spettro emotivo. Una cosa però era riuscito a farla, l'aveva fatta arrabbiare e questo non prospettava niente di buono.
Chiuse gli occhi e tutto attorno a lei scomparve per secondi interminabili. Immagini ben definite vorticarono attorno a lei, veloci, alternate a parole, ricordi e pezzi frammentati di conversazioni.
Tutto roteava vertiginosamente intorno alla sua testa, come tanti ingredienti messi in un calderone e mescolati alla rinfusa.
Aveva ancora gli occhi chiusi, ma quando li riaprì investì con lo sguardo la figura meschina del dio dell'inganno. Lui credeva di conoscere i punti deboli di Joanne, ma si sbagliava.
Credeva di essere in vantaggio, ma, esattamente come appariva, non era altro che un topo in trappola. L'aveva squadrato perfettamente e letto come uno di quei volantini pubblicitari da strapazzo. Tanti colori, parole in grassetto, ma in sostanza inconcludenti, semplice pubblicità ingannevole. La sua furbizia veniva surclassata dall'ambizione ossessiva e dal narcisismo. Il suo ego rappresentava pienamente il suo tallone d'Achille.
- Come ho detto non sono qui per interrogarti.- puntualizzò gelida la ragazza, gli occhi marroni mirati su di lui. Aveva capito il suo gioco, creare scompiglio e disordine, un diversivo che gli avrebbe permesso di adoperare nell'ombra il suo piano di conquista.
Eppure Joanne sapeva che le mancavano troppe incognite all'equazione. Loki desiderava trovarsi in quella cella più di qualsiasi altra cosa al mondo. Si sentiva protetto, al sicuro e pieno di risorse. Aveva un vantaggio, se volevano batterlo dovevano scoprire quale fosse il suo asso nella manica.
- Vuoi fare tanto la dura, ma ti è solo andata di traverso la verità. Sta tranquilla, quando verrà l'ora ti farò il piacere di spedirti all'altro mondo per prima... Così potrai raggiungere i tuoi cari, chissà da quanto tempo hanno lasciato per sempre questo pianeta. La vita dell'essere umano è così breve e insulsa. Dimenticati del Tesseract, non riuscirai mai a trovarlo.- ridacchiò soddisfatto Loki illuminando il suo sguardo di una luce sadica e cupa.
- Presuntuoso detto da un prigioniero.- puntualizzò riacquistando la calma la viaggiatrice del tempo.
- Il prigioniero si godrà in prima fila la vostra distruzione... E poi potrò governarvi come è giusto che mi spetti.- la dentatura bianca e aguzza non smise mai di illuminargli il viso di una luce ancora più tetra.
- Io qui ho finito.- sentenziò voltandogli le spalle Joanne e muovendosi a passo svelto verso l'uscita, ora seguita dagli agenti dello S.H.I.E.L.D..
Non si voltò mai a guardare la figura fredda e insensibile di Loki, sapeva di non poterlo fare, si sarebbe tradita con qualche frase sarcastica mirata a distruggere quel sorrisetto strafottente e non poteva permettersi alcuna debolezza. Doveva sfruttare tutte le costanti del caso a suo favore. Se lo S.H.I.E.L.D. continuava a credere che il Tesseract le servisse solo per tornare a casa, probabilmente aveva qualche possibilità di guadagnarsi bricioli di fiducia qua e là e spostare il mirino dell'intelligence solamente sul pazzo in mantella verde.
Per di più le era ormai chiaro e limpido il suo raggio di ricerca: sapeva per certo che il cubo si trovava in un luogo sotterraneo per eludere gli spettrometri in superficie e chiunque con un minimo di conoscenza, come appunto il dottor Selvig, avrebbe pensato ad una stazione metropolitana abbandonata, poiché le onde elettromagnetiche dei treni sarebbero andate a cozzare inevitabilmente con quelle del Tesseract e le informazioni sarebbe risalite dal sottosuolo deviate o completamente annullate.
Aveva una pista e molto lavoro da fare.

   
 
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