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Autore: Sylvia Naberrie    06/05/2017    1 recensioni
Ursa è una giovane ragazza del villaggio di Hir'a, facente parte della Nazione del Fuoco. Nonostante le sue illustri origini, Ursa è una ragazza semplice come tante altre. Desidera sposarsi con Ikem, il suo promesso sposo, e vivere una vita felice e serena con la sua famiglia nel suo amato villaggio.
Ma i suoi sogni verranno brutalmente distrutti.
Il Re del Fuoco Azulon, per assicurare alla sua famiglia una discendenza potente e forte, vuole che Ursa, nipote dell'Avatar Roku, sposi il principe cadetto Ozai.
Ursa non può sottrarsi a quel destino crudele, altrimenti tutta la sua famiglia e l'intero villaggio ne risentiranno.
Costretta a sposare un uomo che non ama e ad abbandonare i suoi cari, Ursa dovrà farsi forza e cercare di sopravvivere nella reggia reale dove verrà travolta dagli intrighi della sua ormai nuova famiglia.
Quale sarà il destino della Principessa Fenice che, come il mitico uccello, muore e risorge dalle proprie ceneri?
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Azula, Ikem, Ozai, Ursa, Zuko
Note: Missing Moments, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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ATTO II: LA PRINCIPESSA



A nightingale in a golden cage
That’s me locked inside reality’s maze
Come someone make my heavy heart light
Come undone
Bring me back to life

[from “The Escapist” – Nightwish]




Erano passate settimane da quando Ursa era stata portata a palazzo.
Prima di sposare il principe, doveva abituarsi alla vita di corte, imparare nuove regole e studiare intensamente. Le venivano insegnate regole dell’etichetta che lei, nonostante fosse figlia di un ministro, non conosceva.
Ozai le veniva a far visita ogni settimana. Non parlavano molto, si limitava a farle visitare il palazzo e ogni tanto le chiedeva cose sul suo passato. Ogni domanda che si riferiva a Ikem, però, Ursa mentiva o non rispondeva affatto. Il principe non doveva sapere che quel ragazzo che li aveva intralciati era il suo promesso sposo.
L’unica persona nel palazzo che era gentile con lei era il principe ereditario, Iroh. Con lui Ursa trascorreva piacevoli giornate a parlare tranquillamente, senza doversi nascondere dietro un velo di bugie. Non si confidava con lui, perché non si fidava ancora del tutto, era pur sempre il figlio di Azulon e il fratello maggiore di Ozai; inoltre a volte i suoi discorsi vertevano sull’ambito militare1, che Ursa non solo disconosceva, ma spesso disapprovava. Nonostante ciò sentiva che per qualsiasi cosa lui ci sarebbe stato.
Oltre alle serve, Ursa non era l’unica donna del palazzo. Iroh, essendo il maggiore, era sposato e con un figlio di cinque anni di nome Lu Ten. Sua moglie era una nobile, proveniente da una famiglia di alto rango. Il suo nome era Aster2. Nonostante ciò, Aster non la degnava mai di uno sguardo e non era mai capitato che si trovassero insieme a parlare. Ogni volta che la incontrava, la guardava dall’alto in basso e si allontanava. Aveva sentito mormorare alle sue serve che la considerava una povera ignorante proveniente da un’isola di poveri pescatori. Ursa avrebbe tanto voluto risponderle a modo, ma facendolo avrebbe messo in pericolo non solo la sua vita, ma anche quella della sua famiglia o addirittura dell’intero villaggio. Aveva le mani legate.
Avrebbe tanto voluto tornare a casa. Ma più si avvicinava il giorno delle nozze, più sentiva più strette le catene che la ancoravano a quel palazzo…


La cerimonia nuziale si svolse nell’immenso salone del palazzo. Uno dei saggi del Fuoco li nominò marito e moglie.
Ursa avrebbe voluto scappare, andare via, cambiare nome, qualsiasi cosa pur di non essere lì e non sentirsi dire quelle parole. Lei era di Ikem, solo sua, era lui che avrebbe dovuto e voluto sposare, era il suo nome che voleva nella fede nuziale, erano le sue labbra che avrebbe voluto baciare dopo la loro unione, non quelle del principe…
Ma Ursa cercò di tenere quei pensieri per sé e non lasciarli trasparire. Avrebbe vissuto per sempre in quel palazzo, non c’era nulla da fare. E se voleva vivere, avrebbe dovuto imparare a non mostrare nel suo volto il disgusto che provava verso quella vita e la voglia di essere altrove.
Fortunatamente durante la cerimonia ricevette una gradita sorpresa, in mezzo a quei tristi avvenimenti.
Tra gli invitati Ursa intravvide i suoi genitori, vestiti con i loro abiti più sfarzosi. Vennero al loro tavolo a fare loro gli auguri. A Ursa si strinse il cuore.
Gli occhi di suo padre, da quando l’aveva lasciato, si erano fatti più incavati e la pelle più cadente. Sua madre aveva i capelli sempre più grigi e le rughe più profonde. Ursa avrebbe voluto scusarsi con loro per il dispiacere che stava procurando loro la sua assenza. Inoltre avrebbe voluto trovare qualche istante per parlare con sua madre, da sola, lontano da orecchie indiscrete, per chiederle che ne fosse stato di Ikem, se avesse sue notizie.
Forse il ragazzo si era rassegnato della sua assenza e aveva trovato qualche ragazza da sposare, qualcuna che fosse riuscita a riempire il vuoto lasciato dalla sua assenza. Nonostante il pensiero la facesse soffrire e ingelosire, Ursa sapeva che era la cosa migliore per Ikem.
Ma non ci fu istante che Ursa si ritrovasse da sola. Ogni volta, il principe Ozai la seguiva, quasi volesse evitare che la ragazza fuggisse.
Alla fine, sconsolata, tornarono al loro tavolo.
“Hai dei genitori adorabili”, commentò Ozai.
“Sì, sono sempre stati buoni con me”, sorrise Ursa.
“Ricordati di dirglielo prima degli addii. Le tue ultime parole dovrebbero essere piene di gratitudine e gentilezza, così che la loro memoria sia sempre dolce nei tuoi confronti”
Ursa si girò di scatto.
“Ultime parole?”, ripetè.
“Come Principessa della Nazione del Fuoco devi recidere tutti i legami con il tuo passato e dedicare tutta te stessa ai tuoi nuovi doveri”
Ursa sbarrò gli occhi. Recidere tutti i legami del passato? Non avrebbe più potuto rivedere i suoi genitori?
“Dopo questo giorno, non menzionare più Hir’a, la tua famiglia o la tua vecchia vita. Mai più
Ozai le si avvicinò, come se volesse baciarla. Ursa avrebbe voluto ritrarsi, ma non ci riusciva. Era impietrita.
“Appartieni alla famiglia reale ora. E a me”, le sussurrò Ozai nell’orecchio e infine le diede un bacio sulla guancia. Ursa non riusciva a muoversi, l’orrore e la paura avevano preso il sopravvento.
Quello doveva essere per forza un incubo. Non poteva essere vero… Non voleva…


Ogni notte, o quasi, Ursa doveva superare una prova, sempre la stessa.
Sentirsi sfiorare la pelle dalle bramose mani del principe era qualcosa di orribile e disgustoso, e Ursa si sforzava di non darlo a vedere.
Capiva quando aveva desiderio di lei, perché Ozai la guardava bramoso, affamato, come una bestia che aveva bisogno di appagare la sua fame. E le sue mani la stringevano, la sfioravano non con la delicatezza di un innamorato, ma con la lussuria di chi vuole soddisfare solo se stesso e non l’altro. Ozai non si era mai preso il disturbo di sapere se Ursa gradiva il modo in cui la toccava.
Ozai era interessato a sé. E al suo desiderio di avere un primogenito maschio.
Desiderio che venne realizzato dopo quasi un anno dal loro matrimonio.
Prima della nascita del bambino, Ursa si chiedeva come avrebbe potuto amare qualcuno che era frutto di una violenza. Perché per lei di questo si trattava. Ma nonostante tutto non riusciva a provare odio per la piccola vita che cresceva nel suo ventre. Non era colpa sua se stava vivendo in quell’inferno.
Forse, alla fin fine, sarebbe riuscita ad amarlo.


“Spinga!”
Ursa gridò.
“Un’ultimo sforzo, Principessa, riesco quasi a vedere la testa!”
Ursa lanciò un altro grido, mentre con un ultimo sforzo, aiutava quell’esserino a venire alla luce.
Un vagito squarciò l’aria e Ursa pianse dalla fatica e dalla gioia. Erano state ore di travaglio durissime, il bambino, che si scoprì essere un maschietto, stava rischiando di non vedere la luce del sole. Ma alla fine, tutto era andato per il meglio.
“Sta bene, è proprio un bel bambino”, commentò la levatrice mentre puliva il piccolo dal sangue.
In quel momento la porta della camera da letto si aprì senza alcun preavviso, e il principe cadetto e il Re del Fuoco entrarono, senza degnarla di uno sguardo. Una delle serve corse a coprirle le gambe, per decenza, lanciando uno sguardo tra l’intimorito e la disapprovazione ai nuovi arrivati.
I due uomini squadrarono la stanza.
“Dov’è il bambino?”, latrò Ozai.
Ursa tentò di rispondere, ma data la stanchezza non riuscì a farsi capire. La serva le venne in soccorso.
“E’ nel lavatoio qui a fianco, la levatr—“
“Non abbiamo chiesto a te, serva”, la interruppe Azulon.
La ragazza chinò il capo, impaurita.
“Ebbene?”, chiese Ozai. Ursa sollevò a fatica il braccio destro, indicando la stanza a fianco.
“E’ lì…”
In quell’istante, la levatrice uscì dalla porta e si arrestò sorpresa, vedendo i due uomini nella stanza. Si inginocchiò, rispettosa.
“Signore del Fuoco Azulon… Principe Ozai…”
“Mostraci il bambino”
La donna sollevò le braccia. Il piccolo aveva smesso di piangere e agitava i pugnetti in aria.
Il Re e il principe si avvicinarono, squadrando il bambino.
Ozai lo osservò con attenzione. In quell’istante il bambino aprì gli occhi e osservò il padre. Ma qualcosa inorridì il principe, che spalancò gli occhi.
“Non ha quella scintilla…”, commentò Azulon con sufficienza.
Ozai guardò furioso il padre e sollevò un braccio, come se volesse colpire il bambino.
“No!”, gridò con le ultime forze Ursa.
Ozai la guardò irato, tenendo il braccio sollevato. Strinse il pugno e poi lo abbassò, senza far del male al piccolo, che in quell’istante, dopo aver sentito la madre gridare, si mise a piangere.
“E’ un non dominatore. Non merita di vivere. E’ una vergogna per me e la mia famiglia che il mio primogenito non sia un dominatore del fuoco”
“Ti prego, Ozai, dagli una possibilità! Sono sicura che crescendo saprà dominare il fuoco”, lo supplicò Ursa.
“Il dominio del fuoco non è qualcosa che si impara”, commentò con sufficienza il Signore del Fuoco.
“Vi prego…”
Ozai fissò Ursa furibondo.
“E sia. Ma se non darà segni di dominio, lo ucciderò”
Ozai si girò di scatto e uscì dalla stanza, furioso più che mai. Azulon lo seguì.
“Il bambino si chiamerà Zuko, come il padre di mia madre”, annunciò prima di sparire dietro la porta.
La levatrice posò il piccolo Zuko tra le braccia della madre.
“Cosa voleva dire con ‘non ha quella scintilla’?”, chiese Ursa alla levatrice.
“La scintilla che hanno tutti i dominatori del fuoco. Se non ce l’ha vuol dire che non può dominare il fuoco”, le rispose.
Ursa osservò il piccolo. Tra le sue braccia i suoi pianti erano cessati e la guardava curioso, mentre si ciucciava una mano.
“Non mi importa se non sai dominare il fuoco. Io ti amerò comunque, mio adorato Zuko, e ti proteggerò, anche da tuo padre”

Anche i saggi del Fuoco avevano confermato che gli occhi di Zuko erano manchevoli della scintilla tipica dei dominatori del fuoco, ma ben presto quella tesi venne smentita dallo stesso Zuko che, a dispetto delle loro previsioni, dimostrò di avere la capacità di controllare il fuoco.
Era come se avesse voluto dimostrare che lui era molto di più di quello che gli altri dicevano di lui.
E Ursa era molto fiera del suo bambino. Già all’età di due anni aveva imparato a riconoscere il suo nome scritto, sapeva parlare molto bene rispetto ai bambini della sua età e inoltre dimostrava una dolcezza e nobiltà d’animo completamente estranei alla famiglia del principe. Quella dote proveniva sicuramente dalla sua famiglia.
“Guarda, mamma! Guarda cosa so fare!”, gridò il piccolo Zuko.
Ursa guardò il bambino, che teneva le mani giunte. Non appena si accorse di avere l’attenzione della madre, lentamente aprì le mani e una fiammella rossa nacque dai suoi palmi.
“Ti piace?”, chiese emozionato Zuko.
“E’ bellissima, amore mio”, sorrise la madre. Zuko sollevò gli occhi e Ursa riuscì a vedere come brillavano di gioia.
Dal padre, Zuko non riusciva a ricevere le stesse attenzioni che lei gli riservava, men che meno dei complimenti.
In quell’istante, Ursa si senti mancare e Zuko allontanò le proprie mani, facendo svanire la fiammella, per aiutare la propria madre. Quando la vide a terra priva di sensi, subito gridò aiuto. Delle serve sollevarono la Principessa e la portarono nelle sue stanze.

Ursa aprì a fatica gli occhi. Per un attimo le sembrò di essere da sola, quando si accorse di una sagoma alla sua sinistra. Aprì di scatto gli occhi e sobbalzò spaventata, non appena si accorse che seduto all’angolo del letto c’era suo marito, Ozai.
“Cosa… che succede?”, chiese confusa.
“Il dottore dice che stai aspettando un altro bambino. Spero che sia un altro maschio con delle vere doti da dominatore”
Quella frase indispettì Ursa. Cosa aveva Zuko meno degli altri?
“Riposa. Voglio che tu faccia meno sforzi possibili, così il bambino avrà meno problemi, hai capito? Quando eri incinta di Zuko ti agitavi troppo. Sicuramente è per questo che è uscito così”
Ursa strinse le labbra. Avrebbe voluto dirgli di smetterla di sottovalutare in quel modo Zuko, ma preferì tacere.
Sollevò le coperte e fece come le era stato ordinato.

Il bambino che portava in grembo non era per niente come Zuko. Continuava a scalciare, come se avesse premura di uscire e volesse combattere. Zuko, invece, quando ancora era nel suo ventre, stava tranquillo e buono, proprio come quando era nato e cresciuto. Era buono e dolce e non le dava mai dispiaceri.
Ursa si chiese come avrebbe chiamato questo bambino. Il Signore del fuoco le avrebbe dato possibilità di decidere il nome del nascituro? Quello di Zuko l’aveva deciso lui senza interpellarla, Ursa avrebbe preferito un nome tipico di Hir’a, un modo per richiamare le sue terre. Ma sicuramente Ozai gliel’avrebbe impedito.
“A che pensi, mamma?”, chiese Zuko.
Ursa si riscosse dai suoi pensieri e accarezzò la testa del bambino che sedeva accanto a lei.
“A nulla, amore mio. Pensavo a come potremmo chiamare il tuo fratellino o la tua sorellina”
“Capisco… Ma quando nascerà io potrò giocarci?”
Ursa sorrise.
“No, tesoro, sarà ancora piccolino, tu sei troppo grande ancora per giocare con il fratellino”
“Ma ho tre anni!”, protestò il bambino mettendo il broncio.
Ursa rise.
“Sì, ma per lui sarai troppo grande! Quando crescerà, potrete giocare insieme”
Zuko serrò le labbra, ma non disse niente. Poi si girò nuovamente.
“E se è una bambina?”, chiese. Ursa lo fissò senza capire.
“Vorrà giocare con le bambole. A me non piacciono”, commentò con una smorfia. Ursa sorrise.
“In quel caso dovrai proteggerla dagli altri bambini che vorranno farle del male. Ci stai?”
Zuko sorrise e annuì.
Ursa sorrise nuovamente. Era incredibile come certi atteggiamenti le ricordassero Ikem da bambino. Gli mancava così tanto…

Un altro parto, un altro travaglio. Stavolta ancor più doloroso del primo.
La levatrice annunciò la nascita di una femminuccia. Ursa tremò. Ozai non ne sarebbe stato contento.
Appena i vagiti della piccola si fecero più forti e insistenti, la porta si aprì e una delle serve si premurò di rendere decente la vista della Principessa.
“Allora?”, chiese Ozai.
“E’ una bambina”, annunciò la levatrice. La mano di Ozai si serrò in un pugno. Avrebbe preferito un altro maschio.
“Fatemela vedere”, ordinò. La donna porse la piccola e Ozai, accompagnato dal padre Azulon, osservarono la piccola.
Stavolta nei suoi occhi vi fu stupore. Ozai e Azulon si guardarono compiaciuti.
“Ben fatto, figlio mio”, si complimentò il Re.
“Grazie, padre. La bambina la chiameremo Azula, in tuo onore. Sarà una potente dominatrice, proprio come te, mio sovrano”, annunciò Ozai. Ursa osservò quella scena impotente. Alla fine, neanche il nome della sua secondogenita aveva potuto decidere. Però a quanto pare, Ozai era rimasto soddisfatto. Evidentemente la piccola Azula possedeva la tanto agognata scintilla da vera dominatrice del fuoco.
“Posso vederla?”, chiese Ursa.
“Dobbiamo prima mostrarla ai saggi. Dopo potrai vederla”
“Ma… mia figlia…”
Ozai le lanciò uno sguardo furente che riuscì a zittire Ursa.
Sarebbe mai finita?






1 POSSIBILE SPOILER: Iroh è diventato molto più riflessivo dopo la morte di suo figlio Lu Ten, prima era a tutti gli effetti un principe della Nazione del Fuoco, focalizzato nell’istruzione militare. Non era di certo come Ozai (vedasi 13x03, “The firebending Masters”), ma nemmeno un santarellino. Fonti: http://www.avatar.wikia.com/wiki/Iroh

2 Nome inventato da me.













































Angolo dell'autrice

Salve gente!
Eccoci al secondo atto! Spero vi sia piaciuto.
Povera Ursa... Cosa ha dovuto sopportare!
Io non sopporterei una situazione come la sua, per questo la ritengo una donna molto coraggiosa.
Come sempre, le informazioni per la mia storia le ho prese dal wikia di Avatar, nella sezione dedicata ad Ursa e nel fumetto The Search.
Di seguito vi lascio qualche link utile, in caso vogliate seguirmi:


E infine ringrazio tutti coloro che hanno messo o metteranno questa storia tra le ricordate, seguite e preferite, coloro che la leggeranno ma soprattutto coloro che lasceranno un loro parere!
E ringrazio Donnasole per essere stata la prima a lasciarmi un suo parere ^^
Il prossimo aggiornamento sarà il 20 Maggio.
Bene, allora! Alla prossima!
Vostra

Sylvia Naberrie
   
 
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