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Autore: Dragonfly92    07/05/2017    16 recensioni
Severus Piton era un uomo incapace d’amare.
Harry Potter era un bambino indegno d’amore.
Uno scoppio di magia involontaria particolarmente violento.
Un Preside che bussa sempre prima di entrare ma non chiede il permesso di stravolgerti la vita.
Una porta che si spalanca, un vento di nuove, non gradite responsabilità, dalle sfumature verdi.
"Quegli occhi. Gli occhi della mia Lily nel volto di quel cane di Potter; Un oltraggio!"
Ma cosa nascondono davvero quelle iridi così.. spente?
Quella è la storia di due solitudini e del loro difficile viaggio alla scoperta del tesoro più grande di tutti..
L’Amore.
"Continuavo a ripetermi che eri solo il figlio di Potter. Ed ho provato ad ignorare i tuoi occhi che gridavano il contrario. Maledizione, ci ho provato davvero! Ma poi, ti ho guardato. Non so per quale dannatissimo, assurdo motivo, ma l'ho fatto."
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Dursley, Harry Potter, Poppy Chips, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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The End





Oh no, non fu facile.
Non lo fu affatto.
E se in un primo momento mi ero quasi illuso che avremmo ricominciato da dove c’eravamo lasciati, ben presto fui costretto a ricredermi. 

Quella settimana ti aveva segnato, bambino.
Ti aveva fatto male.
Ti aveva regalato nuove paure.

Paure che ti svegliarono quella notte, fra oggetti tremanti ed un pianto incontrollabile.
Paure troppo grandi, che ti facevano urlare e piangere, e poi piangere Perché avevi urlato.
Paure che ti facevano implorare di non punirti ma che poi diventavano “mi punisci ma non mi mandi via”.

Quella stessa notte, iniziarono gli incubi.
Le ore passate a cercare di tranquillizzarti.
A camminare, su e giù per quella stanza.
A raccontare storie che non volevi sentire. 
A farti promesse, alle quali non riuscivi più a credere.

Le giornate divennero il riflesso di quelle notti faticose.
Bastava una porta sbattuta, una forchetta che cade, una risposta pronunciata troppo lentamente per scatenare una crisi.
E passata la paura, la consapevolezza del tuo comportamento ti piombava addosso, schiacciandoti.

Perdevi peso e le tue braccia divennero di nuovo un qualcosa da ferire, un qualcosa da graffiare per punirti.  

Ci fu una notte, a qualche settimana di distanza, in cui parole e carezze non servirono a niente.

Avevi bagnato il letto.

Ebbi paura, quella notte.
I singhiozzi ti mozzavano il respiro, il corpo che tremava così forte.
E ti rannicchiavi fra il comodino ed il letto, nascondendoti alla mia vista, cercando di sfuggire al mio contatto.
E quando ti ho preso, ho dovuto farlo bambino, le tue urla son divenute un qualcosa di doloroso.
Perché non chiedevi scusa, non pregavi affinché ti tenessi con me.
Gridavi piangendo, quanto tu fossi cattivo.
Mostro, ripetevi.
Sbagliato, dicevi.
Le unghie che cercavano la tua stessa carne.

E poi, d’un tratto, hai smesso di parlare.
E dalla tua bocca uscivano ancora urla ma…
Non dicevi più niente.
E affondavi il viso contro il mio petto, per affogarle.
Ma le sentivo, quelle ferite.
Come fossero mie.
Sentivo il dolore che ti facevano provare, concretizzato in quei lamenti che prego Salazar, di non sentire mai più.

Son dovuto ricorrere ad un calmante, quella volta.
Temevo avresti avuto un collasso.
Non mi scorderò mai, di come mi hai guardato Harry.
Non mi dimenticherò mai dei tuoi occhi cerchiati di rosso, del tuo petto che si alzava ed abbassata troppo velocemente.
Non mi dimenticherò di quella che, in quel momento, non sembrava nemmeno più la tua voce.
Di quel tuo “Basta, basta Signore…”.

Eri stanco , bambino.
Stanco di tutto quel male.
Ed io non sapevo cosa fare.


Poppy disse che si trattava di un esaurimento nervoso.
Un bambino, che aveva un esaurimento nervoso.
E come si cura un qualcosa del genere?

Rassicurazioni, parole, nuove pozioni, contatto fisico.
Presenza, costanza, routine, dialogo.

Amore.

Io non l’ho mai detto a nessuno Harry…
Ma avevo una paura terribile di quella parola.

Non lo avevo ricevuto, non sapevo darlo.

Poi, un giorno, tu mi hai detto un cosa.

Eravamo in bagno, tu seduto ed immobile su quello sgabellino mentre cercavo di darti una sistemata a quella massa disordinata che avevi al posto dei capelli.
Ti ho sentito tremare alla vista di quelle forbici, così mi sono fermato ed inginocchiato di fronte a te.
E ti ho accarezzato.
Ma tu, hai pianto.
Silenziose lacrime, ti bagnavano il viso.
Così ho tolto di mezzo quell’oggetto metallico, ma non è servito a niente.
Tu, piangevi comunque.

-Paura…-
Mi ha detto.
Ed hai sfiorato la mia mano.
-Hai paura di questa?-
Ti ho chiesto un po’ perplesso e sicuramente sgomento, quando hai annuito.
-Pensi che voglia farti del male?-
-N-no Signore…
F-fa b-bene ma… P-paura…-

Ed ho compreso. 

Condividevamo la stessa, identica paura, bambino.
La paura d’amare. 

E di lasciarci amare.





Due mesi dopo, quando sono venuto in camera tua per la tisana e per la storia della notte, c’era già un libro, sul tuo comodino.
“La storia di Pinocchio ”.
Non lo avevi più voluto leggere, da quando eri tornato.
Ma adesso, eri pronto a sapere come andava a finire quella bizzarra storia.
E posso giurarti che non avrei esitato a cruciare quel Collodi se si fosse azzardato a far fallire l’impresa di quel burattino…

Un pomeriggio di Maggio, ho trovato un qualcosa che ha catturato la mia attenzione.
Fra gli obbrobri dei compiti che stavo correggendo, c’era un qualcosa di diverso…
Pur essendo capovolto, non avevo dubbi in merito al fatto che si trattasse di un qualcosa che volevi farmi trovare.
Non era la prima volta che mi facevi recapitare uno di quei disegni prestampati che coloravi con estrema precisione.
Ma quello…
Oh, quello era diverso.
Era un disegno.
Il tuo primo disegno, Harry

Potrei dirti che è stato commovente.
E che lo conservo ancora con minuziosa precisione.
Ma ho un reputazione.
Quindi no, non te lo dirò.



Arrivò luglio.

Quel giorno, compivi Otto anni.
-P-posso a-andare a s-scuola q-quest’anno Signore?-
Quello, era il tuo desiderio.
E chi ero io le impedire che si avverasse?

Grazie alla documentazione che Albus mi aveva fatto compilare,  (No, questo non è un ringraziamento, sono ancora arrabbiato con lui), l’istruzione privata che ti avevo impartito fu ritenuta valida, a livello istituzionale.
Adesso occorreva soltanto una scuola.
Prestigiosa, ovviamente.
Con insegnati più che competenti, direi.

E quale istituto era più adatto di quello frequentato dal piccolo erede dei Malfoy?

Sì, Draco Malfoy, nonché mio figlioccio.
Repellente quanto te al contatto fisico, abbastanza intelligente da comprendere quanto importante potesse essere l’ accaparrarsi la tua amicizia.

Temuto tanto quanto bastava a far desistere chiunque dal provocarlo o dal dar fastidio a chiunque si aggirasse con lui.

Perfetto.

Ad Agosto, vi ho fatti conoscere.

Sicuramente, l’interesse che Draco mostrava nei tuoi confronti era tutt’altro, che una disinteressata amicizia.

Almeno quanto il tuo interagire con lui, era pura e semplice obbedienza nei miei confronti.

Poi, avete iniziato a conoscervi.
E vi siete resi conto di quanto, in realtà, voi foste simili.
Con il vostro timore di deludere, il vostro non essere stati bambini.

Entrambi piuttosto silenziosi.
Uno per vergogna, l’altro per buona educazione.

Ed in quel silenzio, È nato il vostro legame.

Lui, è stato il primo bambino che non ha riso di te, anche se balbettavi, anche se il tuo braccio ogni tanto scattava, riflesso di quei tic nervosi che ancora ti trascini dietro.
Tu, sei stato il primo che ha compreso il suo turbamento quando si è macchiato i pantaloni, in giardino.
Sei stato il primo che non ha riso di quello che suo padre avrebbe ritenuto un fallimento.
Sei stato l’unico che ha cercato di rimediare a quello stupido errore.

Certo, smacchiare una stoffa bianca con un tovagliolo rosso, non è stata la tua idea più brillante Harry…
Ma per fortuna, esiste la magia…



Il primo giorno di scuola, i tuoi compagni hanno riso, durante la tua presentazione.
Ma tu non li hai sentiti.
Qualcuno, aveva lanciato un silencio…

La seconda settimana, la preside mi ha convocato d’urgenza.
Durante la pausa, i bambini avevano optato per un gioco che consisteva nel rincorrersi ed acchiapparsi.
Ma tu non avevi capito.
I tuoi ricordi avevano offuscato la tua logica non appena avevi udito quello “scappa o ti prendo!”


Fu faticoso, arrivare ad Ottobre.
Un’altalena di conquiste e passi indietro.

Ma quando sfogliando i miei testi trovai quello, mi dissi che sì, ne era valsa la pena.
Stavolta, in quel disegno, c’eri anche tu.



Capitavano periodi in cui il tuo animo tornava ad essere ansioso.
Senza apparente motivo, i progressi ottenuti grazie alla logopedia subivano un arresto ed i tic si ripresentano più insistenti.

Il periodo invernale, era uno di quelli.

Ma durante una di quelle sere fredde, accadde un qualcosa Harry.
Un qualcosa di bello e doloroso al tempo stesso…

Mi ricordo che eri sdraiato a pancia in giù, sul tuo letto, la schiena nuda per permettere alle mie mani di spandervi quella crema che ormai era diventata parte della routine.
Pensavo ti fossi addormentato, come spesso accadeva, e le mie dita presero a tracciare il percorso lasciato da una di quelle linee ormai bianche, che ti attraversavano la schiena.

-E-era stato cattivo…-
-Chi Harry?-
-Il bam…
Io, Signore…-
-Perché?-
-Non si a-abbracciano i m-mostri, Signore…-

Cadde un silenzio pesante, dopo quella tua frase.
Non sapevo cosa dire.
Me sei stato tu, a spezzarlo.

-Però e-era una b-bugia vero?-
-Si Harry, era una bugia.
Non sei quello che ti diceva lui…-

Poi, ti sei voltato.
Mi hai preso una mano.
E chiudendo il pugno attorno al mio indice, mi hai fatto percorrere un’altra delle tue cicatrici.
Appena sopra il ginocchio.
Fino a metà coscia.

-I-io non l’ho f-fatto apposta…
Cioè i-io…
Avevo f-fame Signore…-

Annuii, incapace di rispondere.
Faceva male.

-Qui n-non lo so Signore…-
Dicesti, facendo scivolare le mie dita lungo il tuo fianco.
-P-però e-era arrabbiato…
N-non lo so p-perché…
Però d-dopo ha d-detto “Sto meglio”…-

Non mi ero accorto, che avevi iniziato a piangere.
Che avevi iniziato a capire.

-F-faceva male la quella Signore…
La… L-la ci-cinghia…
F-faceva male d-di più la p-parte f-fredda però…
E c-con la m-maglia… C-con la m-maglia faceva male di p-più d-dopo…-

Ancora linee, ricordi, dolore.

-F-faceva male…
O-ora no p-però..
N-non fa più m-male.
Però…
Signore…-
-Dimmi bambino…-
-P-però mi viene da p-piangere…-
-Vieni qui Harry, vieni qui…-

Ti ho stretto forte, quella sera.
E quella dopo.
E quella dopo ancora...



Sembra passata una vita, bambino.
Da quella confessione, da quel racconto.
Dall’inizio di quella fiducia.

Sono rari i momenti in cui parli di loro.
Probabilmente, quello fu l’unica volta che lo facesti così esplicitamente.

E adesso Harry…
Adesso che ti guardo, non posso che vedere il bambino forte che sei diventato.
Lo so, cosa pensi.
Ma non devi.
Ci saranno sempre momenti in cui “ti verrà voglia di piangere” e non saprai il perché.
Ma non ha importanza, bambino.

Non lo vedi, quanto sei coraggioso?
Mentre percorri questo corridoio, sotto lo sguardo di tutte queste persone.

Qualche anno fa, non ci saresti riuscito.

Ti guardo bambino e sono costretto a nascondere le mani sotto il mantello, per nascondere la loro agitazione.
Mi ritrovo a trattenere il respiro mentre sali quegli scalini e ti avvicini.
Mi guardi, soltanto un attimo e non so se sono io che incoraggio te oppure il contrario.

Il cappello sulla tua testa quasi ti copre gli occhi.

Ed il tuo sussulto quasi rischia di contagiarmi, mentre nella sala si eleva un boato nell’esatto istante in cui viene pronunciata la tua casa:

-Serpeverde!-

Sorridi Harry, sorridi ed i tuoi occhi brillano in questo momento.

Per un attimo, ti volti e mi guardi.

E non c’è tuo padre, in quel volto.
Né tua madre, in quelle iridi smeraldo.

Ci sei solo tu, bambino mio.











Il Signore e la Signora Dursley, di Privet Drive numero 4, furono condannati rispettivamente a nove e due anni di reclusione.

Ma Ci sono cose, che nessuno seppe mai…

Vernon Dursley venne trasferito, dopo sette mesi di reclusione, in un ospedale detentivo psichiatrico.
Ogni notte, le pareti della stanza dove era detenuto Si stringevano, trasformando quella cella in un qualcosa che somigliava molto ad uno sgabuzzino.
Ma questa non era la cosa più terribile, a detta sua.
Perché ogni notte, due enormi mani lo costringevano contro il muro.
E sette colpi di cinghia, venivano inferti contro la sua carne.

Ovviamente, nessuno credette mai a questa storia.
Non v’erano prove tangibili, sul suo corpo.
E persino all’interno di quell’ospedale psichiatrico, il Signor Dursley venne da tutti additato come “quello strano”.
Quei sogni continuarono a tormentare le sue notti per sette, lunghissimi anni.


Petunia Dursley venne ricoverata per ben sei volte, durante il primo mese di detenzione.
Qualcuno diceva che era isterica.
Qualcun altro, consigliava di rinchiuderla insieme al marito.
Nessuno, le credeva.

Il secondo mese, Petunia smise di parlare dei suoi incubi.
Di quelle scene che ogni notte si susseguivano frenetiche nella sua testa.

Un bambino rinchiuso.
Picchiato.
Deriso.
Umiliato.
Affamato.

Il suo bambino.

Ci volle qualche tempo prima che comprendesse la reale origini di quelle scene.
La vita di suo nipote, interpretata dal suo bambino.
 
Petunia accettò la sua condanna.

Quando morì, venne rinvenuta una lettera.
A Lily.
Ma nessuno, lesse più di quella dedica.



Lo zoo di Londra vanta la presenza di 15.104 animali.
Harry, ne rimase a dir poco affascinato.
Gli piacquero tutti.
O meglio, quasi tutti.

Quei due scarabei rosa confetto, messi in bella mostra in una teca nel bel mezzo della sala, ecco quelli proprio no.
Ma al suo tutore sembravano piacere.
Era rimasto per ben cinque minuti ad osservarli!

-Sono r-rari Signore?-
-Fortunatamente sì, Harry…
Fra qualche mese verranno rimessi in libertà.
E credo proprio che non avremo più il dispiacere di vederli…-

Il bambino non aveva compreso molto, di quel discorso.

Ma si sentiva così felice che nient’altro aveva importanza.

Il suo tutore lo aveva preso in braccio, per fargli osservare quegli scarabei.
E anche se adesso erano arrivati al rettilario, non lo aveva ancora messo giù.

Era proprio un bambino fortunato. 
Come Pinocchio.
Si, proprio come lui.


E come quel burattino insieme al suo Geppetto…

Harry e Severus vissero per Sempre, Felici e Contenti.



-The End-









---SPAZIO AUTRICE---

Un pochino fa male, cliccare quel “completa”.
Questa, è stata la prima storia che ho avuto il coraggio di pubblicare.
Che, grazie al vostro sostegno, sono riuscita a portare avanti e terminare.

È stato un bel percorso.
A tratti un po’ difficile.
Ma ho cercato sempre, in ogni capitolo, di dare la giusta importanza a questa tematica.
Ed in tutti, ci ho messo il cuore.


Harry e Severus un po’ mi mancheranno.

A volte ho temuto di non riuscire ad andare avanti.
A sviluppare nel modo giusto il loro rapporto.

Ma siamo giunti fino a qui.
Ed è una bella, bellissima soddisfazione.

Mi piacerebbe sentirvi, un’ ultima volta.
Perché mi mancherete anche voi.
Alla fine, abbiamo condiviso un qualcosa.
E mi piace pensare a questa storia un po’ come ad un’esperienza.

Mi piacerebbe sentire anche chi, fino ad adesso, non si è mai espresso.
Sarebbe un bel modo di concludere questo viaggio.

In ogni caso, GRAZIE di avermi fatto compagnia fino a qui.
Siete stati speciali.
Anche voi, cari lettori silenziosi.

Seguirà un “capitolo” che in realtà un capitolo non è.
Questo era l’ultimo,
Il prossimo, conterrà i miei ringraziamenti.
Ad ognuno di voi.

Un abbraccio,
Dragonfly92 
 












 
   
 
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