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Autore: AuraNera_    11/05/2017    2 recensioni
I Pokémon Leggendari non possono scomparire. I Guardiani devono salvaguardarli. Ma il prezzo potrebbe essere troppo alto.
Dal capitolo uno:
“Tutto in me è bianco. Bianca la pelle. Bianchi i capelli. Bianche i vestiti che indosso. Solo i miei occhi interrompono il monocrome che mi compone. Il bianco è un colore vuoto, per questo mi caratterizza. Ma, come un foglio bianco, spero che anche la mia anima venga colorata con nuove emozioni derivanti da questo viaggio. Un viaggio che mi porterà lontano. Mi chiamo Ayumi Sato. E sono la prima guardiana delle leggende.”
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 42 – Crocevia

 

_Paradiso Parallelo_

 
“Parlare con Mary?” Articuno sembrava sorpresa. “Non credevo fosse possibile una cosa del genere”.
“Una creatura è fatta di corpo e anima. L’anima è composta da energia vitale, sentimenti e ricordi. Quando la vita giunge al termine, il corpo si degrada e la materia si trasforma. L’anima invece subisce un processo diverso: L’energia vitale si esaurisce e torna a me per rinnovarsi e costituire una nuova anima. I ricordi invece si legano alle emozioni, poiché una volta che il soggetto è deceduto non vi possono essere nuovi ricordi e nuove emozioni, ma restano pur sempre quelle passate, che sono la vera sostanza di una persona. È quindi possibile parlare con una persona morta esattamente come la si è vista l’ultima volta: con le stesse idee, lo stesso modo di pensare” aveva spiegato Angeallen, calma. “Articuno, la tua presenza è essenziale. Devi rimanerle molto vicina, perché la parte di anima di Ayumi che è in te è quella parte che la aiuta a stare in vita, ancorandosi alla tua. Questo è possibile solo perché siete praticamente in contatto e perché tu hai avuto il buonsenso di avvicinarti immediatamente a lei dopo che ha scagliato il suo ultimo attacco. Se non lo avessi fatto, Ayumi sarebbe morta, e lo stesso vale per questi istanti: la tua vicinanza rallenta il processo. E avremo bisogno di tempo”.
La Leggendaria annuì piano e chinò il capo per fissare la sua Guardiana. Aveva il viso stanco e contratto, imperlato di sudore, tremava e ogni tanto aveva degli spasmi quasi impercettibili. Stava lottando, come aveva fatto per tutta la vita. ‘Se riuscirai a svegliarti non dovrai più combattere Ayumi. Sarai libera... quindi, ti prego, resisti’. L’aquila azzurra si era posata al fianco dell’albina e aveva la testa chinata per sentirne i battiti cardiaci, ormai deboli.
Arceus fissava la scena, senza dire nulla.
“Arceus, prometti che qualunque cosa succeda non influenzerai il corso dell’anima di questa Guardiana. È una preziosa combattente, lo so... ma è giunto il momento di lasciarla libera” pronunciò ancora il Leggendario dell’Estremo Confine, seriamente.
Il Pokémon Primevo non disse nulla per un lungo istante. “Lo giuro, nonostante la mia mente e il mio istinto mi suggeriscano di costringerti a salvarle la vita, poiché la perdita di un Guardiano è una cosa gravissima. Ma starò alle tue regole, questa volta” promise poi, con voce bassa e lenta.
Una volta udita l’ultima sillaba, Angeallen spalancò le ali e avvolse nelle sue spire i corpi di Ayumi e Articuno, chiudendo poi gli occhi.
‘Mary, defunta Guardiana delle Immersioni, io convoco la tua anima’.
 

_Fonte Saluto_

 
Quando l’acqua toccò con una leggera carezza la riva, si levò un applauso e tutti tirarono infine il fiato. Era finalmente finita, avevano vinto. Seir lasciò che un piccolo sorriso le delineasse il volto stanco, sciogliendo l’Unione con Kyogre e lasciandosi cadere sulla sabbia, esausta. La Leggendaria si tuffò nel mare, per assorbire un po’ di energia dal suo elemento, lasciando che la sua compagnia venisse sostituita da quella di Shirley.
La mora non sorrideva e non si era rilassata, nemmeno per un momento. Non aveva risposto se non con un lieve cenno a coloro che l’avevano ringraziata, gli occhi inumiditi da lacrime di commozione. Avevano lasciato indietro Ayumi e ancora non sapevano nulla.
Lentamente, tutti i Guardiani lasciarono andare le loro controparti per riunirsi assieme, in silenzio, ad aspettare. Si erano seduti tutti sulla sabbia, chi più e chi meno vicino a seconda di quanta intimità o di quanto appoggio necessitavano. Solo Anneke era rimasta in piedi e cercava di scrutare il futuro, la fronte corrugata.
Molteplici vie possibili si accumulavano sotto le sue palpebre chiuse, ma non riusciva a trovare la risposta che cercava. ‘Ayumi vivrà oppure no?’. In alcuni futuri la Guardiana di Articuno tornava da loro, stanca, ma sorridente; in altri periva con Articuno che piangeva silente al suo fianco. Nulla era ancora deciso, il futuro era ancora instabile ed incerto. ‘Da cosa sarà determinato?’ si chiese la Guardiana, prima di arrendersi e lasciare che il suo futile tentativo divenisse parte del passato. Si concentrò proprio su quest’ultimo, incapace di abbandonarsi ad uno stato di inattività.
L’azione aveva catturato ogni particella del suo essere durante la battaglia, impedendole di concentrarsi sugli altri; e sapeva che anche per gli altri ragazzi in linea di massima era stato così. Ma, per ingannare il suo stato d’animo inquieto decise di soffermarsici di nuovo, per recuperare dei dettagli dispersi. Erano feriti, erano esausti e non avevano la forza di raccontarsi ciò che avevano provato durante quello scontro teso e carico d’angoscia.
Lo fece, Anneke, anche per recuperare un po’ di quell’umanità che non aveva e mai avrebbe avuto, ripensando a ciò che Kurai le aveva detto prima di quello scontro, mentre aspettavano l’inevitabile.
 

C’era stato un momento in cui Seoyun aveva completamente perso le speranze ed era caduta in un baratro di disperazione, smettendo semplicemente di combattere. Aveva visto un muro di mattoni davanti a sé e si era fermata prima ancora di provare ad abbatterlo sbattendoci contro. Dopotutto le difficoltà a volte si presentano apparentemente invalicabili, ma se ti ci lanci addosso a testa bassa come un ariete potresti scoprire di esserti trovato d’innanzi ad una parete illusoria. Ma la paura di provarci era tanta e Seoyun si era sentita bloccata, persa, soffocata.
Ghecis era forte, tanto, troppo forte, più di qualunque persona avesse mai visto. Yun si era sentita piccola e il fuoco della sua potenza era diminuito assieme alla sua sicurezza. Moltres percepiva il suo disagio, ma non era riuscita a trasmettere alla sua Guardiana nessun incoraggiamento efficace.
Solo una sollecitazione forte avrebbe potuto riscuotere il suo spirito pavido. Ma questa non tardò ad arrivare: uno scudo era esploso in una miriade di frammenti acuminati e terribilmente pericolosi perché erano intrisi di un’energia bollente. Come in una scena al rallentatore, Seoyun vide i suoi compagni venir graffiati da quelle schegge. Shirley aveva provato ad evocare uno scudo, ma era troppo vicina e non aveva fatto in tempo, arrivando solamente a stendere le mani in avanti. Queste si riempirono di schegge facendola urlare per l’immediata scottatura che le procurarono. Ma soprattutto, l’attenzione della Guardiana di Moltres si era concentrata su Leonardo.
Aveva sentito un urlo da parte sua e si era voltata, vedendo uno di quel frammenti infilato nell’occhio sinistro di lui, mentre l’area compresa tra la tempia e la metà della guancia veniva deturpata dal calore. Seoyun ricordava di aver urlato e di essersi lanciata in picchiata verso il Guardiano di Zapdos, traendo a sé il calore di quelle schegge maligne. Nella sua mente vi era il fuoco del vulcano dell’Isola Cannella e le urla di dolore della gente che attorno a lei moriva per il fuoco al quale lei era immune. Tutti i suoi cari, tutti i suoi amici... le era rimasto solo lui.
Solo lui.
“NON AVRAI ANCHE LUI BASTARDO!” aveva urlato con quanto fiato in corpo, parandosi di fronte al corpo del suo ragazzo per fargli da scudo, la rabbia che accendeva un incendio dal nulla. Aveva alzato il braccio sinistro e aveva lasciato andare le fiamme vermiglie contro Ghecis che, sentendo il suo urlo si era girato verso lei, sorridendole in modo falsamente dolce.
Un raggio di luce oscura si era riflesso da una delle barriere, inghiottendo il fuoco e il braccio della ragazza che non poté fare altro che cessare l’attacco e scansarsi, anche perché quell’energia le aveva dato una vera e propria scossa di dolore che la portò a perdere quota fino ad accasciarsi sulla sabbia, trascinando Len con lei.
“Yun! Seoyun, dimmi che stai bene, ti prego!” aveva esclamato lui a voce alta, scuotendole una spalla, quella sana. In risposta, la Guardiana aveva singhiozzato.
“Non ce la faremo mai Leonardo... non possiamo farcela”. La ragazza si era voltata quindi a guardarlo negli occhi, trovando però un’orbita vuota e sanguinolenta, che il ragazzo si affrettò a coprire.
“Che disgusto eh?” aveva mormorato piano. “Forse hai ragione Yun. Forse è davvero finita”. E mentre la battaglia imperversava i due si abbracciarono.
“Per quel che vale... io sono innamorata di te” soffiò la Guardiana di Moltres all’orecchio dell’altro. Lui sorrise impercettibilmente.
“Vale lo stesso...” e si staccò fissandola con decisione. “E proprio per questo combatterò fino alla fine. Perché se c’è una minima possibilità devo coglierla. Perché non posso perdere anche te”.
Seoyun, dopo un momento di stallo, si asciugò le lacrime e ricambiò quello sguardo. “Se è così non mi tirerò indietro”. E assieme ripresero quota.
 
“Ti fa ancora male? Il braccio, intendo”. Seoyun provò a muovere l’arto incriminato, ma quello ebbe solamente uno spasmo, che le strappò una smorfia.
“No, ma temo che ormai sia inutilizzabile. Non fa altro che tremare e appena lo muovo ha degli spasmi e fa quello che vuole lui” borbottò contrariata, per poi fissare gli occhi, o meglio, l'occhio sul volto del suo ragazzo. “A parte questo e il tuo occhio... ce l’abbiamo fatta”.
“Già... dovremo ringraziare Ayumi quando tornerà” rispose il ragazzo, sorridendo, anche se sul lato sinistro del volto il sorriso veniva lievemente distorto dalla ferita.
“Tu pensi che tornerà?”
“Lo farà senz’altro”.

 
_???_

 
Era così stanca.
Era buio e aveva freddo. Si sentiva debole e fiacca. Percepiva un peso che sembrava volerle schiacciare la cassa toracica, sfondandole il petto.
Anche se, in quel momento, non aveva ben chiaro il concetto di cosa fosse un ‘petto’. Era tutto scuro, era tutto confuso, non ricordava neanche il suo nome. Era una lenta agonia, sentiva le forze venirle sempre meno.
“Perché non può finire tutto e basta? Lasciatemi in pace!” urlava la sua mente disperata.
“Se è davvero quello che vuoi, lasciati andare”. A quelle parole la nebbia si dissipò e una tenue luce prese il posto dell’ombra. Ayumi si trovò a fissare un luogo che assomigliava vagamente a Dolce Celeste; vi era tuttavia meno luce, il cielo era di un indaco pacifico di una tonalità mediana, né troppo chiara né troppo scura. Le nuvole erano compatte e si innalzava da esse per circa mezzo metro una leggera nebbia. Era tutto uguale, monotono.
La Guardiana mosse qualche lieve passo, sentendosi all’improvviso leggera, impalpabile, come se di colpo avesse perso il contatto con il suo corpo ferito. Si sentiva in pace con sé stessa e per un istante desiderò rimanere in quel luogo per l’eternità.
“Non è possibile rimanere qui per sempre” affermò di nuovo quella voce. L’albina a quel punto si voltò e spalancò gli occhi per la sorpresa.
Di fronte a lei stava una donna, una donna che appariva davvero giovane, dimostrava sicuramente meno di trent’anni, forse addirittura venticinque. Aveva gli occhi leggermente a mandorla di un blu molto scuro circondati da una sfumatura azzurra chiara, lunghi capelli che partivano marroni chiaro, per poi sfumare al bianco argenteo. Aveva una postura rilassata che, tuttavia, rifletteva la sua eleganza. Mary, l’ex Guardiana di Lugia.
Sua madre.
“Mamma...” aveva sussurrato Ayumi, sentendosi improvvisamente una bambina piccola mentre la genitrice le sorrideva e annuiva piano. Le era mancata così tanto e quando la vide spalancare le braccia non esitò a tuffarcisi dentro, iniziando a piangere forte mentre lei le accarezzava la schiena, con dolcezza.
“Bambina mia...”

 
_Fonte Saluto_
 

Kurai non aveva pensato a nulla durante lo scontro, se non al fatto che doveva vincere per forza. Doveva farcela. Doveva provare a se stesso di essere in grado di sopravvivere ancora. Lui era migliore di quell’uomo e di quelli come lui. E pertanto doveva sopravvivere.
Aveva lottato tanto contro quegli esseri viscidi, fin da quando i suoi genitori erano stati uccisi e lui era rimasto solo, abbandonato a se stesso in quella grande città che era Unima. Si era dannato l’anima per vendicare i suoi genitori e anche lui stesso in prima persona, perché tutto il suo dolore e la solitudine provata dovevano avere un prezzo.
Di certo non si sarebbe aspettato un ulteriore motivo per combattere. Ma in quel momento, mentre fluttuava sulla sabbia e sentiva i graffi sottili ma profondi sul suo viso bruciare e le urla dei suoi compagni che animati da fervore o paura si davano man forte l’un l’altro, realizzò che non poteva perderli. Nonostante avesse provato con tutte le sue forze a chiudere il suo cuore con un lucchetto, gettando poi la chiave in un pozzo senza fondo, non era riuscito ad evitare quella fratellanza che aveva finito per unire lui a tutti gli altri Guardiani e viceversa. Che fosse per la loro unica situazione, o per le anime dei Leggendari in qualche modo affini tra loro, Kurai non avrebbe saputo dirlo. E neanche gli interessava.
Lui sapeva ciò che voleva evitare: il dolore. Seppur mezzo Leggendario, tutti gli uomini hanno paura di provare dolore e lui non faceva eccezione. Non voleva perdere quella che forse poteva essere considerata la sua famiglia, non di nuovo.
Quello fu l’unico pensiero e l’unica motivazione di Kurai. Il resto era del tutto superfluo.

 
Shirley e Kurai erano seduti vicini. Non parlavano, non era necessario: attraverso le sensazioni si capivano perfettamente, lei per il tipo Psico e lui grazie al Buio. L’inquietudine che attanagliava le loro viscere era la medesima.
Fissavano il mare che ormai andava avanti e indietro tranquillo, come se nulla fosse successo. Ma le ferite bruciavano e le cicatrici sarebbero rimaste per sempre. Shirley lo sapeva: le bruciature sui suoi palmi e i tagli lungo entrambi gli avambracci non sarebbero scomparsi e mai avrebbero smesso di provocarle dolore.
Ma non era importante, non contava. Sia la Guardiana dello Specchio che il Guardiano degli Incubi volevano solo che la loro amica tornasse camminando sulle sue gambe.
Anche Rein lo desiderava. Lo voleva ardentemente. Non aveva mai conosciuto Ayumi, le era sempre sembrata distante e incredibilmente fredda, una persona che non voleva l’aiuto di nessuno. E invece aveva scoperto che lei, esattamente come lui, aveva solo paura. Aveva visto qualunque cosa venirle tolto o diventare grigio. Aveva iniziato a seguire una strada che le era stata ordinata dopo aver perso la propria. Ciononostante, aveva fatto di tutto per salvarli... riuscendoci, infine. Nonostante la battaglia avesse preso ogni fibra del suo corpo, vedere quel tornado di acqua di mare gelata e nera vorticare in circolo puntando verso il cielo e sapendo che era stata la giovane albina ad evocarlo per porre fine a tutto quello... era stato distruttivo, in un certo senso. Perché lei cosa doveva a loro, a lui?
Ripensandoci, Reinhold si sentiva davvero idiota. Avrebbero potuto supportarsi in molteplici occasioni, ma lui era troppo testardo e convinto delle sue opinioni mentre lei... lei semplicemente non ce la faceva. Non sapeva parlare con loro, che erano ancora molto umani. Si trovava a fissarli, sentendosi lontana... invidiandoli forse.
Il Guardiano dell’Arcobaleno era speranzoso. Sperava che Ayumi tornasse, per mettere da parte i suoi giudizi frettolosi e prendere per mano la giovane, insegnandole quello che non conosceva.
 

_???_

 
Dopo un tempo indefinito, Mary e Ayumi sciolsero l’abbraccio. La donna asciugò le lacrime alla figlia, che sorrideva felice.
“È così bello rivederti mamma... mi sei mancata così tanto...” aveva sussurrato l’albina, lasciandosi accarezzare il viso.
“So che hai combattuto a lungo per me, e di questo ti ringrazio. Sei stata una ragazzina coraggiosa ed ero certa che avresti risolto tutto. Ma ora dobbiamo decidere cosa succederà” rispose l’ex Guardiana. Allo sguardo perplesso di Ayumi, tornò a sorridere. “Questo, tesoro... è l’Estremo Confine. E tu... tu stai morendo, in questo preciso momento”.
Ayumi non seppe cosa dire per un lungo istante, limitandosi a fissare sconvolta l’adulta per qualche istante. “L’Estremo... Confine?” sussurrò esitante.
“Esatto. Un luogo posto in bilico tra la vita e la morte... l’interno dell’anima di Angeallen se così vogliamo metterla. Per questo tu puoi parlare con me, nonostante io sia morta e tu no... non ancora. E sempre per questo motivo non possiamo rimanere qui per sempre” spiegò Mary.
“E quindi? Qual è il mio scopo qui?” chiese la giovane, sempre più confusa. La madre le mise una mano su una spalla e la strinse dolcemente.
“Scegliere, amore mio. Se vivere... o morire”.
 

_Fonte Saluto_

 
Crescendo, Natural aveva imparato che nella vita c’erano molte cose ingiuste.
Il fatto che un bambino non potesse essere libero di capire e scegliere i propri genitori. La debolezza di un giovane ragazzo che altro non può fare se non scappare e andarsi a nascondere dietro la gonna della madre. L’impotenza nel vedere ogni cosa scivolare dalle mani senza riuscire a stringerle a sufficienza per riuscire a trattenerle. La consapevolezza di una persona diventata adulta troppo presto di essere rimasta sola, irrimediabilmente, infelicemente sola.
Nutrito di menzogne, il giovane dai capelli verdi non era riuscito a fidarsi di nessuno che non fosse sua madre o sua sorella. E suo padre lo aveva privato di ambedue quelle persone. E forse, quel giorno, si sarebbe liberato anche di lui. A N non interessava, in realtà. Era abbastanza indifferente a ciò che sarebbe potuto succedergli, combatteva al limite delle sue capacità, che non erano poi così sviluppate. Era Pure quella forte, a modo suo, non lui. Lui doveva avere il ruolo di guida per lei che per colpa della follia non riusciva a capire. Aveva fallito e provava solo una gran rabbia, contro suo padre e contro sé stesso.
Comunque andasse a finire quel giorno, lui avrebbe trovato la pace.
L’unica cosa che rimpiangeva era il suo non riuscire a fidarsi abbastanza ed in tempo di quei ragazzi che al suo fianco combattevano. Forse non meritavano che lui mettesse la sua vita nelle loro mani, ma neanche la sua totale indifferenza. Li aveva odiati anche. Quando gli avevano salvato la vita sul Vetta Lancia, uccidendo però Pure, aveva odiato tutti loro. Soprattutto Ayumi, che era al centro di quell’assurda giostra. Ma non era durato poi tanto. Perché aveva capito che loro erano vittime tanto quanto lui. E dunque si pentiva molto della sua freddezza.
Ma forse era ormai troppo tardi e almeno non avrebbero sentito poi tanto la sua mancanza.

 
Quando aveva messo per la prima volta piede su una passerella per provare a camminare su di essa, le era quasi venuta una crisi di panico. Era poco più che una ragazzina e le avevano detto che quella passerella era il suo cammino, il cammino che l’avrebbe salvata dalla fame. Le avevano detto che nonostante lei avesse paura, avrebbe dovuto camminare, un passo dopo l’altro, possibilmente in modo aggraziato.
Una modella  deve essere ciò che il pubblico vuole: un manichino che sappia sfilare. E i manichini non provano sentimenti. Fin da quando era giovane, Shiho aveva imparato a schermare i suoi sentimenti e a camminare con il volto alto e lo sguardo altero, in bilico su tacchi vertiginosi e con addosso cose stravaganti o anche quasi solo la sua stessa pelle, lasciando che gli sguardi affamati la desiderassero senza raggiungerla. Il mondo della moda era tremendo a modo suo.
La Guardiana della Verità, seduta con le cosce premute contro il petto e mentre sentiva la sabbia infilarsi tra i vestiti, pensava che non fosse poi così diverso il mondo dei Guardiani rispetto a quello della passerella. Non c’era posto per l’emotività, dovevi essere professionale, freddo, una macchina. Camminare sui tacchi o fluttuare con un paio di ali prese in prestito da un grande drago bianco metteva comunque a prova le tue capacità d’adattamento. Dovevi comunque soddisfare qualcuno, indipendentemente se fossero comuni popolani o Pokémon Leggendari. E, se avesse fallito, sarebbe morta in entrambi i casi.
Tuttavia... era pur sempre una facciata. E, come quando faceva nei retroscena a fine sfilata o servizio fotografico, seduta su quella spiaggia a battaglia finita... lasciò che le lacrime le imperlassero le lunghe ciglia chiare. In quel momento poteva essere se stessa, in quella virgola che separava una fase dall’altra. Prima che tutto tornasse ad essere un casino e lei una maschera di ghiaccio.
Possibilmente in modo aggraziato.

 
Seir si era sentita inutile ed impotente. Aveva il potere dell’essere che aveva creato e governava gli oceani ma non era riuscita a fermare quell’onda che l’aveva quasi messa KO. Odiava sentirsi debole e odiava ancora di più quando gli altri glielo facevano notare. E quel ghigno sul volto di Ghecis... era come se le bruciasse la pelle.
Debole. Debole. Debole.

E lei stringeva i denti per non urlare dalla rabbia, sfogandosi attaccando con forza sempre maggiore, ma non era mai abbastanza. Quel ghigno era lì, insormontabile e la faceva impazzire. Voleva vederlo morto, perché era una piaga nella società che doveva essere eliminata. Le stava sulle scatole, soprattutto perché era forte almeno quanto tutti loro messi assieme... e non era possibile che una persona così corrotta fosse così forte. Che senso aveva? Era così che andava il mondo?
E allora Seir aveva desiderato una forza maggiore anche a costo di sporcarsi le mani per di togliergli quel dannato sorrisetto dalla faccia. Voleva quella potenza, la desiderava davvero tanto...
Ma poi, quando aveva visto ciò a cui aveva aspirato scaturire da Ayumi le era venuta voglia di gridare e piangere. Non era quello che si era aspettata. Davvero era tutto così sporco? Davvero Ayumi aveva dovuto arrivare vicino all’uccidersi per quell’uomo e per altre persone?
Seir provava rabbia ed impotenza. E si odiava per quello.
 

_Estremo Confine_

 
‘Scegliere’.
Quella parola le sembrava così... estranea. Ayumi non aveva mai deciso nulla nella sua vita.
Non aveva scelto di essere una Guardiana. Non aveva scelto di allontanarsi da casa sua. Non aveva scelto di combattere, né di obbligare altri a farlo con lei. Non aveva scelto di rimanere sola. Non aveva scelto di avere un anima reclusa che avrebbe potuto distruggere qualunque cosa. Non aveva scelto di rovinare la vita di alcune persone, o di uccidere. Non aveva scelto i suoi alleati e amici, né i suoi nemici.
Non aveva mai deciso nulla della sua vita. Tranne quel giorno. Quel giorno aveva scelto di salvare i suoi compagni anche a costo di sacrificare se stessa. Sul perché lo avesse fatto... perché lo aveva fatto?
Perché quei ragazzi erano innocenti. Lei li aveva sempre visti così: innocenti e non meritevoli del loro destino. Ma lo era lei?
Doveva scegliere, di nuovo. Un tempo avrebbe detto che non aveva nulla da perdere ma ormai non corrispondeva più a verità. Aveva i suoi compagni. Aveva un fratello. Aveva una città dove tornare. Però Ayumi esitava nel dare la sua risposta. Sentiva un senso di disagio e non capiva per quale motivo.
“Io... non lo so” mormorò infine, sorpresa. La donna annuì, comprensiva.
“Non posso aiutarti Ayumi. Questa è una cosa che devi fare da sola” le disse, con dolcezza.
“Prima desideravo solo sparire, perché... ero stufa di stare male, ancora e ancora. Però ora riesco a riflettere bene e... ho tutti loro. Però... non lo so. C’è qualcosa che non capisco” sussurrò, ragionando a voce alta.
“Non hai troppo tempo a disposizione, tesoro. Scegli con il cuore e non solo con la testa. Pensa a te stessa, perché essere egoisti una volta tanto è ok. Io appoggerò qualunque tua decisione”.
 

_Fonte Saluto_

 
Mentre la battaglia imperversava, Sharda si ricordò del perché tutti quegli anni era rimasto in disparte, nascosto. Probabilmente, quei pensieri erano un tantino fuori luogo, ma non faceva altro che pensare a come avesse perso totalmente i contatti con il suo popolo e fosse andato a cercare un luogo dove poter essere dimenticato, deluso da tutto e da tutti. Aveva attraversato luoghi ignoti, aveva appreso tecniche di combattimento visitando dei dojo e dei luoghi sacri, si era isolato da ogni forma di civiltà per meditare su sé stesso, mentre dentro di lui si accresceva un senso di diseguaglianza. E poi, un giorno aveva percepito una come voce che aveva confermato la sua diversità e lo aveva al contempo ammaliato, invitandolo ad andare verso di lei. Aveva così raggiunto la Cava di Pontenopoli e successivamente la Sala della Guida e lì aveva trovato la sua voce: Cobalion. Il Pokémon Leggendario protettore delle creature minori assieme a Virizion, Terrakion e Keldeo, che era rimasto deluso dal comportamento degli umani, così insensibili e capaci di pensare unicamente a loro stessi, e si era rinchiuso, proteggendo così anche i suoi amici. Ma Cobalion aveva accettato Sharda ed era diventato il suo maestro.
Ma Sharda si era sentito diverso anche da Cobalion. Lui era un ibrido, mezzo umano e mezza leggenda, mentre l’altro era un Leggendario vero e proprio, pur custodendo dentro di sé un po’ della sua anima. C’erano notti in cui faticava a prendere sonno, immerso com’era in quei pensieri che l’avevano portato a credere che non avrebbe mai trovato nessuno come lui.
Ma poi era arrivata Shinseina. Lo aveva preso per mano e gli aveva svelato la sua identità, lo aveva congiunto a delle creature tali e quali a lui: dei Guardiani. Gli aveva dato una vera famiglia, di cui poteva fidarsi e della quale poteva abbandonarsi senza la paura di essere tradito. Shinseina gli aveva spiegato molte cose e gli aveva detto che, quando Ayumi, che all’epoca era poco più di un nome e un volto, non sarebbe più stata in grado di reggere il suo fardello, lui avrebbe dovuto prendere il ruolo di guida, come un capo. Poi era morta per una cosa più grande di lei, fino a che non erano rimaste soltanto delle ceneri di energia luminose.
Da quel momento aveva continuato a seguire ciò che l’eredità di Shinseina gli aveva lasciato, affidandosi a Cobalion e ai suoi nuovi amici... ma non si era mai sentito una guida per l’oro, non ce ne era mai stato un vero bisogno, tranne qualche presa di posizione per proteggere Anneke.
 
In quel momento, Sharda pensava che forse Shinseina non parlava del tempo immediatamente successivo alla sua scomparsa. E se avesse inteso invece quell’oggi come il suo nuovo inizio?
 

Marisio non credeva poi tanto al destino o alle punizioni divine. Lui credeva a ciò che gli Umani potevano scatenare tramite alle loro azioni e che se ne derivava qualcosa di brutto dovevano solo ingoiare il boccone amaro e trarre tutto l’imparabile. Era quello che si era ripetuto anche durante la battaglia, cercando di convincersene.
Ma era difficile quando davanti a te non trovavi altro che un folle spietato. Cosa si poteva imparare da un uomo del genere? Era malvagio, deviato, completamente impazzito. Neanche provandoci Marisio riusciva a capacitarsi di ciò che stava vivendo in quel momento.
Fin da quando aveva scoperto di possedere il raro potere di maneggiare l’Aura, da piccolo, aveva deciso che avrebbe viaggiato e imparato come sfruttare quel potere per un bene superiore. Sentiva i racconti di tutte le cattiverie che sporcavano il mondo e percepiva un lento declino, ma lui voleva sapere il perché. Perché stava accadendo tutto quello? Dove stavano sbagliando?
Una volta raggiunta l’età adatta era partito e aveva viaggiato nei posti più impervi e sacri per essere istruito sui suoi poteri e sul sottile confine tra bene e male. Appena assorbito ciò che poteva da un posto, passava al successivo, trovando sempre più interrogativi e strade che portavano sul vuoto. Il vuoto che coincideva sempre con le leggende o i miti delle zone. Come se i Leggendari, protettori del pianeta fossero spariti tutto d’un tratto.
Iniziò a cercare anche notizie su di loro, senza troppi risultati. Gli ultimi avvistamenti risalivano ad anni prima e nessuno era più riuscito ad ottenere udienza. Eppure in alcuni luoghi legati alle leggende, Marisio era riuscito a percepire una forte Aura; sul Vetta Lancia, per esempio. Spostatosi a Memoride, la città più antica, era riuscito ad ottenere qualche primo indizio sui Guardiani delle Leggende. L’anziana del villaggio l’aveva portato nella grotta dove, tra alcuni grandi mosaici, c’erano delle scritte in una lingua antica che narravano alcune cose sulla storia mitica di Sinnoh. Quando le aveva chiesto chi era stato l’ultimo caso di avvistamento di un Leggendario, lei disse di non saperlo. Gli raccontò invece la storia di una villa di Kalos e di una ragazza che era morta in circostanze misteriose. La ragazza aveva un legame con Cresselia molto particolare e dopo la sua morte i Leggendari avevano iniziato a sparire, ma c’erano stati degli strani avvenimenti.
Seguendo alcuni avvistamenti, Marisio si era messo sulle tracce di quelle figure misteriose, continuando anche a visitare santuari. Fu proprio in uno di quelli, nella Tana del Drago di Ebanopoli, che vide i Guardiani. Erano ragazzi con un potere enorme sulle spalle. Erano simili a lui, ma con dei fardelli molto più pesanti. Marisio andò con loro, per cercare il suo bene superiore e continuare ad imparare.
Ma mai si sarebbe aspettato di conoscere così da vicino il male che affliggeva il mondo. Lui aveva sempre creduto alla sussessione logica di eventi e che da questa si potesse sempre imparare qualcosa, da assorbire o evitare.
Ma in quel momento pensava che forse il destino avverso esisteva. Come spiegarsi altrimenti tutta quella sofferenza? Come trovare un senso al fatto che Ayumi, in quel momento, stava morendo, da sola? Aveva promesso che l’avrebbe aiutata e che le sarebbe stato accanto ma... forse Ayumi non era fatta per quello. Forse lei era davvero destinata a vivere nel dolore.
Ormai Marisio non aveva più speranze e certezze. In cuor suo era convinto che non avrebbe mai potuto onorare quella promessa che lui e Ayumi si erano scambiati su quella spiaggia.
 

_Estremo Confine_
 

“Quando eri ancora in vita mamma... io ero felice. Ero al sicuro con te e tu mi volevi tanto di quel bene... mi sentivo chiusa in una fortezza e nonostante avessi un destino che probabilmente mi avrebbe portato dove non volevo. Non era importante, avevo te. Ma poi... è arrivato quel giorno. Non pensavo che saresti stata sconfitta e quando sei morta, scomparendo tra le mie braccia... è stato come se il mio piccolo mondo fosse crollato. Me lo ricordo bene ora, sai? Ricordo di aver pensato che non avevo più nessuno di cui fidarmi. Ricordo di aver provato un dolore atroce, come se il mio cuore, no, tutto il mio corpo si fosse squarciato a metà. E da lì è come se fossi impazzita, non riuscivo più a controllare i miei sentimenti, le mie emozioni. Tu lo sapevi, vero mamma? Sapevi che ero un’Aura Bianca instabile... è così?”
“Sì. Lo sapevo. Arceus me lo aveva detto”.
“Per questo mi proteggevi da tutto e tutti, giusto? Avevi paura che la mia anima si spezzasse e io mi consumassi”
“...Esatto. Avevo paura di perderti. Ma non sono riuscita a difenderti. Io ho causato il tuo dolore” sussurrò la donna, addolorata.
Ma Ayumi sorrise. “No. Non è stata colpa tua. Così è andata” disse piano, per poi fissare l’orizzonte piatto davanti a sé. “Dopo quel giorno... quando riuscii a pensare correttamente... provavo una sola cosa: solitudine. Non mi ero mai sentita tanto abbandonata in vita mia. Col tempo, però mi ci sono abituata. La mia vita era diventata un allenamento affinché potessi diventare forte e potessi sconfiggere l’uomo che ti aveva uccisa. Solo quello mi portava avanti, quello era il mio scopo di vita: fermare Ghecis. Concentrata su questo, ho finito per perdere la mia umanità, non trovi? Ero più simile a un Leggendario: fredda, ignorante sul mondo degli umani e poco fiduciosa nei loro confronti. Tutto ciò che tu hai cercato di non farmi perdere, perché anche se eravamo lontane dalla maggior parte delle persone abitavamo nel villaggio delle Isole Orange e tu mi lasciavi da Paula, ogni tanto. Mi dicevi che io non potevo giocare con gli altri bambini perché ero speciale e non potevo mai sapere chi sarebbe rimasto innocente e puro e chi no. Mi rammentavi, tuttavia, che le persone buone esistevano. Ma io dimenticai quel tuo insegnamento e non tornai quasi mai più al villaggio. Dovevo essere davvero selvatica sotto un certo punto di vista. Di sicuro, di umano in quel periodo avevo solo l’aspetto.
“Tuttavia... qualcosa cambiò quando mi incaricarono di cercare altre persone speciali. Altri Guardiani. Conobbi una ragazza, Fujiko Ayane. Lei, al contrario mio, era più umana che altro, un’Aura Grigia incredibilmente gioiosa e positiva. La strappa a viva forza dalla sua vita e dalla sua casa in fiamme, mentre lei piangeva. Chiunque mi avrebbe odiato: lei no. Mi è rimasta affianco e... ci teneva a me. Era da tantissimo tempo che non sentivo una presenza così calda affianco. Credo che sia lì che il mio cuore ha iniziato a risanarsi e il sigillo a spezzarsi. Perché è quando conosci ciò che è bello che riscopri cosa è doloroso. Dopo aver conosciuto Fujiko, la Guardiana dei Desideri ho conosciuto Pure e suo fratello Natural, i figli di una Guardiana, Natalie, e di Ghecis. E proprio quel giorno io ho rivisto la tua morte, ma da estranea: Ghecis uccise Natalie davanti agli occhi dei suoi figli. Dopo questo, Pure venne con noi, senza odiare me e ciò che avevo portato nella sua vita e in quella di suo fratello; anche se piagata dalla follia, non fu mai un pericolo per noi... se non fino al suo ultimo giorno. Conobbi altre persone, altri Guardiani e pian piano iniziai a riconoscermi come una creatura simile a loro. Kurai che aveva perso i genitori, come me e che come me cercava vendetta. E poi Reinhold, Shiho, Seir, Shirley, Marisio, il piccolo Nathaniel, Seoyun, Leonardo, Sharda... Shinseina e Anneke. Tutti loro... anche se alcuni non sono più in vita... io avevo d’improvviso tutto questo”. Si fermò a fissare la madre. “E lo ho ancora”
“Ti stanno aspettando” disse Mary.
“Già...” Ayumi stette in silenzio a capo chino per diversi istanti.
“Ayumi, tesoro...” L’albina alzò lo sguardo, fissando la madre con occhi consapevoli. La donna sospirò e sorrise leggermente, mesta ma pacata. “Il tuo tempo sta scadendo Ayumi”
“So cosa fare” rispose la ragazza.
“Qualunque sia la tua risposta, io ti aspetterò sempre, per l’eternità. Sono fiera di te tesoro. Ora... è il momento”. Mary sparì.
“Grazie mamma” sussurrò Ayumi, mentre lasciava l'Estremo Confine.
 

Anneke sollevò la testa, improvvisamente.
Ayumi aprì gli occhi e sorrise, felice, libera.
Anneke abbassò le palpebre e sospirò.
Ayumi, sotto lo sguardo dei tre Leggendari, iniziò a cantare quella canzone che cantilenava sempre da bambina.
 

“Sono sdraiata in un campo di fiori...”
 

Angolino nascosto nell’ombra
Sono qui. Sono viva
E raffreddata.
E la mia connessione funziona come un codice morse: a punti e linee e sprazzi e boh, non si sa bene cosa stia facendo.
La scuola mi tiene in ostaggio. La scuola tiene in ostaggio tutti.
Ma tra poco arriva l’estate!!! ...e non cambierà un fico secco, ovviamente.
Avrei voluto concludere sia questa che l’altra storia in una data specifica di maggio, in contemporanea. Ahahahah povera me illusa.
Dunque. Ultimo capitolo... Ce l’ho fatta ahahahaha.
Il titolo mi piace, e si riferisce ai modi differenti che i Guardiani hanno avuto di vivere i loro momenti, che fosse la battaglia, il passato o i loro pensieri in generale. E, oddio, spero di non aver dimenticato nessuno. (E anche di aver rimediato a quello che mi era stato detto di fare nello scorso capitolo e che io ho integrato in questo facendo la gnorri, ma shhht).
Ah, credo sia meglio specificare: il corsivo si riferisce al passato che Anneke sta studiando, la scritta normale sono le considerazioni del presente dei Guardiani
L’ultimo capitolo è finito come è iniziato il primo. Che poesia, eh?
Poi tanto arriva l’epilogo che rovina tutto muahahaha.
E aspetterò l’epilogo per fornire la carrellata di considerazioni che probabilmente farò alla fine di ogni long.
Spero di riuscire a concludere bene perché io tengo tanto a questa storia a cui lavoro... beh, circa da sei anni in tutto. C’è stata una lunga parte d’ideazione, quando ancora non avevo idea della forma che avrebbe preso, dei personaggi e anche dei lettori. E a pensarci adesso sembra davvero strano, ma mi fa sentire felice.
Quindi grazie.
...tanto lo sapete che ripeterò le stesse cose nell’Epilogo, vero?
Bene.
Non pensate di liberarvi di me, comunque. Eggs arriverà!
...prima o poi, in questa vita o nell’altra *Gladiatore is the way* (coffcoff)
Spero che l’ultimo capitolo vi sia piaciuto. Alla prossima!
 

Aura_
  
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