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Autore: EcateC    11/05/2017    4 recensioni
La vera storia di Harleen Frances Quinzel, la rigida dottoressa newyorkese che si lasciò sedurre da Joker per diventare la famigerata Harley Quinn, la pagliaccetta bella e simpatica che tutti conosciamo.
Ma da lasciarsi alle spalle una vita di privazioni a conquistare il cuore del super criminale di Gotham c'è una bella differenza, ed è qui che riposa la vera inversione dei ruoli. Provare per credere.
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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H e a t h e n s,  parte seconda.



 

 

Arkham Asylum, sala di controllo per la video sorveglianza.

 

 

L’Elisabeth Arkham Asylum per i pazzi criminali è una vasta struttura posta su un acro di terra poco a nord di Gotham City, nel distretto del Sommerset, isolata da tutto e da tutti. Al contrario della maggior parte delle istituzioni moderne, che di solito sono sobrie costruzioni in acciaio e cemento, l’Arkham Asylum è un ex-castello dal carattere gotico e spettrale, che si compone di tre edifici collegati: uno è dedicato al trattamento intensivo, in cui sono rinchiusi alcuni fra i criminali più pericolosi del pianeta, uno ai pazienti socialmente pericolosi e un altro, più piccolo, ai malati di mente privi di una famiglia disposta ad accudirli.

Per quanto riguarda la sua struttura interna, nell’ampio piano sotterraneo ci sono i parcheggi riservati al personale, le cucine e i sofisticati impianti di sicurezza, con le rispettive sale di controllo a distanza e i pannelli dell’elettricità.
Tutti pensano che quello sia il piano più basso, le fondamenta terrene dell’Arkham, ma così non è. C’è un ulteriore piano sotterraneo, che nessuno conosce e che nei tempi passati formava le segrete e le prigioni del castello. Questo piano, sconosciuto al pubblico scandalo, è frequentato solo da pochi e costituisce una e vera e propria sala degli orrori, in cui i pazienti sono sottoposti all’elettroshock e vengono usati per esperimenti violenti, dichiarati illegittimi ormai da un secolo. Inutile dire che Joker era di casa in quelle stanze, come veniva torturato lui non accedeva per nessun altro. 

Ritornando comunque in superficie, al piano terra si trova l’austero androne di accoglienza e infine negli ultimi due ci sono rispettivamente gli uffici del personale medico, gli ambulatori e i dormitori dei reclusi.

Malgrado la sua grandezza, però, il personale interno scarseggia, soprattutto quello medico. Le guardie armate invece sono tante, anche troppe in verità, molte delle quali sono lì al solo scopo di guadagnare qualcosa in attesa di trovare un lavoro migliore. “Tanto c’è Batman” era il loro motto ispiratore.

Nelle grandi sale per la videosorveglianza, invece, in cui sono ripresi a distanza quasi tutte le stanze e le prigioni dell’edificio, da un po’ di tempo alleggiava una certa gaiezza.

-Ragazzi, correte, è arrivata la biondina!- esclamò con voce euforica Morris, il poliziotto sovrappeso con la fedele lattina di Coca Cola di fianco.

Oramai, le sedute tra il super criminale Joker e la bella dottoressa Quinzel erano diventate un cinema. Perfino gli inservienti si fermavano davanti agli schermi, quando potevano.

-Guardate quanto è bella senza il camice…-

-Zitto, fammi sentire!- lo rimproverò subito una cleaning lady, colpendolo con lo straccio.

-Ma cosa vuoi sentire, befana! Non c’è l’audio!-

-Si sono baciati!?- chiese un’altra ficcanaso, sull’uscio della porta.

-Non ancora, Ina… Se succede ti chiamo!-

-Certo che la pupa bionda è proprio sexy- sentenziò Morris -Ci credo che Joker ci prova-

-Nah, secondo me ha in mente qualcosa- obiettò un ragazzotto dall’aspetto nerd, concentrato davanti allo schermo -Quello è furbo, non fa nulla senza uno scopo…-

-No, ascolta chi ne sa più di te… Anche io mi farei rinchiudere da una così-

-Aspetta, ma lei sta piangendo?- osservò la cleaning lady

-È vero, diamine! Sta piangendo! ROB! Joker ha fatto piangere la psichiatra, corri!-

-Vuoi scherzare?- esclamò un'altra guardia, avvicinandosi agli schermi -Miss cubetto di ghiaccio che piange?-

Dopo poco, videro Joker crollare sul tavolo. Un coro di ohh! accompagnò la scena.

-Che gli è successo?-

-Sta fingendo!?-

-È svenuto!? Ma cosa fa lei? Lo accarezza?-

-ROB! La psichiatra lo sta accarezzando come un gattino! Non sai cosa ti stai perdendo!- gridò Morris, divertito -Mmmh, accarezza anche i miei capelli, dottoressa sexy…- 

Quando giunse Rob, il capo sala, dallo schermo in bianco nero si poteva vedere Harleen che si era alzata velocemente e si era piegata in ginocchia di fronte a Joker. E poi accadde il tutto nel giro di cinque secondi: Joker che si getta pesantemente sopra di lei, lei che cade a terra con lui e fuoriesce inevitabilmente dall'inquadratura. Nella sala si levarono varie grida di vario genere e natura.

-La telecamera, idiota! Metti a posto la telecamera!!- gridarono in quattro, esagitati.

-Ci sto provando!- esclamò Morris in estrema difficoltà, cercando di spostare il cursore per riprenderli. Ma la telecamera girava come impazzita sia a destra che a sinistra, ma non accennava ad abbassarsi sul pavimento. 

-Muoviti, cazzo!-

-Non va giù!!-

Morris in preda al panico, alle imprecazioni e agli insulti rabbiosi dei colleghi continuava a far girare a destra e sinistra collo della telecamera in modo veloce, troppo veloce, tanto che alla fine questa si surriscaldò e lo schermo si spense all’improvviso. Come ciò accadde, il telefono di servizio squillò.

-Merda, la Waller-

 

___________________________

 

 

 

Il Robinson Park è il cuore verde dell’umida e grigiastra isola di Gotham e, se non fosse la dimora segreta di Poison Ivy, lo si potrebbe ritenere perfino un luogo sicuro. Si estende per circa trecento ettari ed è attraversato dal Finger River, un fiumiciattolo sporco e melmoso, con più topi che pesci al suo interno. Ma d’altronde non c’è da stupirsi, perfino il mare ha assunto il colore degli edifici, tanto sono ingenti le emissioni atmosferiche e i traffici via nave. 

In questo giardino dalla flora ricca e variegata è presente anche un parco giochi per bambini, l’unico della città, nel quale genitori, figli e forze dell’ordine si riuniscono per passare un po’ di tempo di qualità insieme. La presenza dei poliziotti non deve stupire, a Gotham city costituisce una costante imprescindibile, specialmente dove ci sono bambini o altri soggetti indifesi. Naturalmente offre una garanzia piuttosto limitata, per non dire nulla contro certi tipi di delinquenti… Ha il solo scopo di rassicurare la gente e indurla ad uscire, e in questo funziona.

Nel caso di Harleen Quinzel, però, gli sbirri furono solo un motivo in più per restarsene a casa e non andare. Da quando aveva ucciso Irina si sentiva severamente a disagio in loro presenza, e l’unica fonte di conforto e sicurezza che trovava risiedeva proprio in lui. 

Joker le aveva tirato proprio un bello scherzo. Stamattina era partita con l’idea di lasciarlo e chiedere in cura un altro paziente, mentre adesso era seduta al parco a fare esattamente ciò che lui le aveva chiesto di fare.

 

 

Adagiato sopra il suo corpo con le braccia legate ma le gambe libere, Joker le aveva infatti sussurrato all’orecchio una frase che solo lei aveva potuto sentire.

-Stasera alle 18:30 un tizio ti consegnerà una borsa, tu prendila e lasciala in macchina. Fai no se hai capito-

A stento Harleen riuscì a scuotere la testa, era come pietrificata. Sentiva i capelli verdi di lui che le solleticavano la fronte e il suo respiro caldo sul viso. 

-Non dirlo a nessuno, dottoressina- continuò a dirle, fissandola con i suoi occhi chiari e spalancati  -Per far uscire il tuo Mr. J devi essere molto cauta, okay?-

-Okay, s-sì- gli rispose prontamente -Ho capito-

-Sì, sì, sei brava, lo so- continuò a sussurrarle con tono deliziato, sorridendole a un centimetro di distanza  -Sei il mio zuccherino intelligente, paparino si fida tanto di te. Non lo deluderai, vero?-

La ragazza scosse subito la testa, abbacinata da lui, dalla sua vicinanza e dal suo bacino eccitato che le premeva sulle gambe.

-Allora stasera alle 18:30 vai al parco giochi e indossa il camice bianco, così i miei bambini capiranno subito chi sei e ti daranno la borsa. E mi raccomando, cherì, trattala bene perché quello che c’è dentro mi è costato parecchi bigliettoni-

-Sì, certo- riuscì a rispondergli, tra un sospiro e l’altro. Non le importava chiedergli cosa contenesse o perché, vicino a lui non le importava più di niente. 

-Quanto ti adoro! Sei così buona, anche da mangiare, scommetto…-

-Dottoressa!?- gridò una voce da fuori, e qualcuno bussò forte alla porta blindata -Ha altri dieci minuti, va bene?-

-No!- gridò lei in risposta, mentre il clown le stava succhiando il collo -Alla fine prendo tu-tutta l’ora… grazie-

Harleen aprì i gomiti e cessò di auto proteggersi, facendolo aderire meglio al suo petto per farsi baciare con più trasporto. 

-Ma si sente bene? Ha sempre il telecomando d’allarme con sé, vero?-

Sì!- ansimò, stringendo forte il Joker con le braccia e le gambe per tenerlo in equilibrio su di sé -Grazie…-

-Piccola birichina, non si dicono le bugie alle guardie!- le sussurrò lui all’orecchio, ridendo sulla sua pelle -Però è tutto molto eccitante, non trovi?- continuò, dondolandosi su di lei col bacino -Non è eccitante, Harley?- ridacchiò -Qualcuno sta bussando alla tua porticina… Toc toc…-

 

 

 

 

Harleen aprii subito gli occhi e strinse forte le cosce. Si guardò intorno con fare ansioso, vedeva bambini che giocavano, vecchiette che chiacchieravano, poliziotti, cani al guinzaglio… E l’aria fresca e pungente di Gotham per una volta non le risultava fastidiosa… Poi in lontananza scorse un tizio nerboruto con gli occhiali da sole e i capelli tirati indietro. Stava passeggiando per il parco con un bel passeggino bianco dalle ruote alte, nel cui porta pacchi inferiore giaceva un grosso borsone di Louis Vuitton.

 

“Recati al parco giochi e mettiti il camice bianco, così i miei bambini capiranno subito chi sei”

 

Nell’unico parco giochi della città c’era andata, il camice bianco l’aveva ed erano le 18:30 in punto.

E ora?

Con la coda dell’occhio, Harleen vide un secondo soggetto sospetto, seduto a braccia conserte nella panchina opposta alla sua, col viso tutto tatuato e un cocker spaniel al guinzaglio. Guardò a sinistra, appoggiato a un albero ce n’era un terzo, che fumava una sigaretta e pareva guardingo, e vicino a lui un altro ancora, con un pallone da basket sotto braccio e l’espressione tutt’altro che amichevole.

Harleen quindi si girò appena di spalle, tra la gente comune scorse subito un grosso uomo di colore che leggeva tranquillamente il giornale seduto su una panchina. Lo riconobbe, era quello che le aveva dato il girasole la sera che vide la Lamborghini viola parcheggiata nel vialetto del suo appartamento.

Detto in altri termini, Harleen Quinzel era letteralmente circondata dagli uomini del Joker.
Iniziò ad avere paura… Ma non potevano farle del male, si disse. Per quanto fosse incedibile, quei criminali erano dalla sua stessa parte e Mr. J non avrebbe mai permesso che la colpissero, però saperli così vicini era comunque inquietante, come buttarsi in mare pensando agli squali.

La ragazza prese quindi il cellulare e iniziò a fare finta di guardarlo, ma poté percepire chiaramente che l’uomo con la carrozzina si era avvicinato e le era passato davanti e dietro almeno tre volte. Harleen si mise a posto il camice e gli lanciò un paio di sguardi, e alla fine costui si decise e si sedette di fianco a lei.

-La favolosa dottoressa Harleen Quinzel?- chiese l'uomo a bassa voce, continuando a guardare dritto davanti a sé.

La psichiatra sorrise e annuì. 

-Ti ho portato la bambina- continuò lo sconosciuto, accennando uno sguardo verso di lei.

-La borsa?- sussurrò Harleen, con gli occhi fissi sul cellulare.

Lo scagnozzo del Joker annuì -Sì, ma non sballottarla troppo. È tutto molto carico, lì dentro-

Per poco ad Harleen non cadde il cellulare per terra.

-Okay, e ora cosa devo fare?- gli domandò con un filo di voce, tesa come una corda di violino.

-Quello che t’ha detto J- le rispose subito l’uomo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo -Ti ricordi che ti ha detto J, vero?-

“Oddio, che mi ha detto J?” pensò Harleen in preda al panico, tanto che l’uomo al suo fianco si girò a guardarla, preoccupato “Ah, sì!”

-Sì! Mi ha detto di metterla in macchina-

-Ottimo, allora fallo. Fai sempre quello che dice lui e vedrai che nessuno si farà male. Digli che Jonny Frost gli manda i suoi saluti e che ha sistemato tutto- concluse, alzandosi in piedi -Ci si vede per il colpo-

E detto questo si allontanò, lasciando la carrozzina lì con Harleen. Costei deglutì a vuoto, il colpo, ossia l’evasione di Joker dall’Arkham.

Aspettò che il famigerato Jonny Frost (“Jonny Frost!”) e gli altri scagnozzi se ne furono andati prima di alzarsi e andarsene con il passeggino. Una giovane donna con un passeggino non poteva certo dare nell'occhio, e infatti filò tutto liscio. Alcuni poliziotti le sorrisero e accennarono un saluto, poi intravide una coppietta sdraiata sull'erba che si baciava.

 

-E chi è che non voleva venire a letto con me? Ti sto praticamente scopando, lo sai?-

 

Harleen strinse forte i manici della carrozzina, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Non doveva pensarci, no, no, no.

Per fortuna stava uscendo dal parco e presto sarebbe arrivata alla macchina, ormai era mezz’ora che stava camminando con quella borsa carica di esplosivo vicino ai piedi, si sentiva leggermente in ansia. Però era strano, all’andata il tragitto non le era parso così lungo e, soprattutto, era sicura di non aver visto tutti quei fiori grandi e colorati che stava guardando adesso.

Sicuramente non potevano essere sbocciati nel corso di un’ora…

“Basta, Harleen, stai esagerando” si disse, imponendosi di stare calma “Si vede che prima non li hai visti, smettila di essere paranoica” ma proprio nel momento in cui lo stava pensando, vide un bellissimo ibisco rosso sbocciare alla velocità della luce proprio davanti ai suoi occhi. “Questo non è normale…”

Harleen si girò di spalle, e quello che vide la lasciò di stucco. La strada che aveva appena tracciato si era trasformata in una sorta di enorme serra, piena di fiori esotici e colorati, edere e farfalle.

E poi un profumo fresco e delizioso impregnò l’aria, lo stesso profumo sublime che aveva sentito nell’Arkham Asylum quegli attimi in cui vide…

-Peccato che tu sia nata umana- esclamò alle sue spalle una voce femminile, morbida e suadente -Saresti stata un bellissimo fiore-

Harleen rabbrividì e si girò di scatto -Chi ha parlato!?- domandò allarmata, guardandosi intorno in quella specie di foresta incantata comparsa dal nulla.

-Un bellissimo girasole con il capolino rivolto verso un sole sbagliato-

-Chi sei?- riprovò Harleen, anche se poteva ben immaginare la risposta. E  per fortuna che incontrare i meta umani era cosa più unica che rara…

-Chi sei tu- continuò la voce -Hai una borsa piena di armi da fuoco e chiedi a me chi sono?-

-Non è vero- mentì Harleen, continuando a guardarsi intorno.

Poison Ivy fece una risata argentina, comparendo alla sua vista. Malgrado la pelle verdognola, era la donna più bella e seducente che Harleen avesse mai visto in vita sua. Alta e con un fisico a clessidra, era vestita di un corpetto di foglie che le copriva a mala pena il seno e valorizzava il rosso dei suoi bellissimi capelli. Trasudava sensualità da tutti i pori, era il ritratto perfetto della femme fatale: bellissima e senza scrupoli.

La psichiatra aveva sentito spesso parlare di lei, le voci che circolavano erano molteplici e talvolta contraddittorie, ma su un punto concordavano tutte: Poison Ivy era crudele.

-Ma se hai ancora l’odore di lui addosso… Che delitto, lo sento perfino da qui- affermò, con un’espressione inorridita -Polvere da sparo, bombe, fuoco, smog… Tutto ciò che serve per distruggere le mie piante-

-Non so di cosa parli- mentì nuovamente Harleen, indietreggiando per la paura. Prese di nascosto il cellulare e se lo portò dietro la schiena.

-Oh, io dico di sì. Stai facendo un grosso errore- le disse, lanciandole a terra la revolver con cui aveva ucciso Irina -Ma d’altronde ci sono passata anch’io, ricordo cosa si prova…Torna da me quando sarà successo-

-Ribadisco che non so di cosa parli- esclamò Harleen, cercando di chiamare il numero di Gaggy-Joker da dietro la schiena -Quando sarà successo cosa?-

-Quando il clown ti avrà strappato il cuore e lo avrà gettato in pasto alle sue iene-

La mano di Harleen si fermò.

-Potrebbe anche non succedere- le rispose, colpita nel vivo.

-Succederà…-

-Tu che ne sai?-

La meta umana rise per la seconda volta e con uno scatto felino balzò sopra un ramo, che al contatto coi suoi piedi si riempì subito di fiori e di muschio.

-Lo conosco bene, fidati- le sorrise maliziosamente -Come so che presto tornerai a cercarmi-

-Presto sarò con lui in un altro continente. Dubito che verrò a cercarti, un Meta umano mi basta e mi avanza-

-Quel coso non è un Meta umano- le rispose la rossa, vagamente offesa.

-E allora cos’è?-

-Un ridicolo pagliaccio con una bella innamorata. Adieu!-

E detto questo, Ivy scomparve. Non nel senso letterale del termine, fece solo un salto acrobatico su un ramo distante, e più si allontanava, più il verde rigoglioso, i fiori e il profumo svanivano con lei. Rimase Harleen, col naso all’insù nell’insulso giardino di Gotham City.

 

 

________________

 

 

“È tutta invidia. Sicuramente hanno avuto una storia e lui l’ha piantata… Piantata?”  Harleen rise da sola “Questa è bella, domani la dirò a Mr. J!”

Arrivò alla macchina e aprì il baule. Come immaginava, nel lettino della carrozzina c’era un bambolotto (a forma di Batman) che gettò senza cura nei sedili posteriori, e poi arrivò il momento di prendere il borsone di lusso. Afferrò entrambi i manici con una mano, ma questo era talmente pesante che non riuscì a sollevarlo.

Piantata. Rise di nuovo. 

Con uno sforzo sovrumano, lo sollevò con entrambe le braccia e altrettanto faticosamente riuscì a metterlo nel baule della sua Chevrolet. Ovviamente, fu colta dalla curiosità di vedere cosa contenesse di preciso e perciò, con estrema delicatezza, aprì la cerniera. Dentro alla borsa c’era tutt’una serie di armi, mitragliatori, pistole, bombe a mano e perfino mazze da baseball.

Harleen serrò subito la borsa, chiuse il baule della macchina e con più indifferenza possibile si recò nel suo appartamento.

Entrò nell’ascensore, ma proprio mentre le porte stavano per chiudersi, un uomo con un papillon fucsia entrò dentro con lei.

-Gaggy!- esclamò Harleen, saltandogli addosso 

-Shhh! Zitta squinternata!- la rimproverò in modo buffo -C’è qualcuno in casa con te? Ho bisogno di parlarti-

-No, nessuno- gli rispose, sollevata alla vista una persona amica -Ma cosa hai fatto? Sei diverso…-

-Ho tolto il naso finto. Sai, questa non è la mia vera faccia, è un calco del volto di Alfred Rogers, il vero Alfred Rogers-

-Davvero? E perché non lo togli?-

-Perché se lo tolgo si spacca. Fatta eccezione per il naso, quello posso toglierlo- le disse, prendendo dalla tasca la perfetta sagoma di un naso umano.

-Wow…- esclamò Harleen, sinceramente meravigliata

-Ma ciancio alle bande. La borsa?-

-Nel mio bagagliaio- 

-Super, tesoro. Jonny mi ha detto che è andato tutto bene- esclamò, ammirandosi per bene nello specchio dell’ascensore -Devo dedurne che per una volta quel cristiano ha detto la verità-

Harleen sorrise, possibile che non si fosse mai accorta di quanto fosse omosessuale questo qui?

-Sì, eccetto il fatto che ho incrociato Poison Ivy per strada, tutto è andato per il meglio-

Gaggy la guardò dallo specchio con gli occhi sbarrati -Come, scusa!? Hai incrociato Poison Ivy?-

La porta dell’ascensore si aprì e i due uscirono, continuando a chiacchierare a voce alta.

-È grave?-

-Mmh, no, sei viva... Di solito non si fa in tempo a raccontarlo in giro-

-È già la seconda volta che la vedo- esclamò Harleen, aprendo con le chiavi la porta di casa -Ma si è risolto tutto per il meglio-  

-Prima vedi Batman, poi Poison Ivy… Ma cosa sei? Una calamita per supereroi?-

Harleen ridacchiò -Hai dimenticato il più importante…-

-Non l’ho dimenticato, non l’ho detto apposta-

-E perchè?-

-Per evitare di vederti con quell’espressione da oca giuliva- le rispose pungente, mentre lei chiudeva la porta -Lo dico per il tuo bene, smettila di farti i viaggi mentali su di lui. Non è il principe azzurro con cui ti puoi sbaciucchiare quando ti pare, è il Joker, con tutte le implicazioni del caso-

-Come sai che ci sbaciucchiamo?- gli chiese maliziosa, sorridendo al solo pensiero. Il suo avvertimento le era entrato da una parte e uscito dall’altra.

-Lo so, lo so… So anche del filmino porno che avete inscenato stamattina sul pavimento. Ma ehi! È carino il tuo appartamento-

Harleen rise e avvampò -Filmino porno? Dai, non esagerare, eravamo completamente vestiti…-

-Sì, sì, dicono tutti così- tagliò corto, accomodandosi nel divanetto senza fare complimenti -Tornando seri, smettila di sperarci o ne rimarrai profondamente delusa. Non nascondo che forse un po’ gli piaci, anzi senz’altro, però… J non è mai stato un tipo monogamo, fa così con tutte, non solo con te. Ti è chiaro questo, vero?-

Le sue parole dure e sintetiche ferirono Harleen, ma non la sconvolsero. La ragazza non aveva bisogno di fare un bagno nella realtà, sapeva benissimo da sola a cosa sarebbe andata incontro ma, malgrado tutto, non voleva darsi per vinta. Era speranzosa, una vocina dentro il suo cuore la incoraggiava e le sussurrava di non demordere, perché quella era la strada giusta e lui l’uomo giusto. D’altronde l’amore viene e non si può scegliere.

-Non mi importa, voglio comunque provarci. E sono consapevole di chi è lui, di chi sono io e di tutti i rischi che corro- gli disse Harleen, con fermezza -Ieri ho passato l’intera notte a piangere dalla paura, ma la realtà è che non mi sono mai sentita così felice in vita mia. Ero depressa prima di incontrarlo e non me ne rendevo neanche conto! Pensavo che quella vita buia, insulsa e triste che conducevo ogni giorno fosse la normalità, ma non è così. È tutto molto meglio, tutto molto più eccitante, più intenso… E ora che lo so, non posso più farne a meno-

-Corbezzoli. Sei grave- 

-Molto- concordò, sorridendogli -Credo di amarlo sul serio-

-Benvenuta nel club- le rispose cupamente Gaggy, facendole la ‘v’ con le dita -Abbiamo le tessere-

-Cioè? Anche tu…?-

-Anche io- 

-Ma…-

-No, non abbiamo mai giocato a tennis in doppio, se era questo che intendevi-

Harleen rise di gusto -Sei divertente sul serio, lo sai?-

-Lo so- le rispose Gaggy, senza entusiasmo -Ma adesso veniamo al punto, cioè al motivo per cui sono venuto qui-

-Il colpo?- lo anticipò la ragazza, consapevole.

-Esatto. Ora apri bene le orecchie, dottoressa Quinzel, perché ci sono un paio di cose che devi sapere-

 

 

 

 

 

Note
Pronti al colpo? ;)
Tra poco J uscirà dal manicomio e finalmente non avremo più la rottura delle telecamere! Non vi nascondo che non vedo l’ora che accada, ahaha! Per quanto riguarda questo capitolo, ho cercato di mettere le basi all’evasione di Joker. Per quanto io sia una pippa nelle scene d’azione, ho pensato che Harleen non avesse potuto fare tutto da sola, e anzi, che fosse solo la pedina di un piano attentamente architettato da mesi. 
Spero di non aver fatto troppa confusione e che il capitolo vi sia piaciuto!
Un bacio e grazie come sempre,
Ecate



 

   
 
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