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Autore: mymanga    14/05/2017    3 recensioni
Crescere comporta responsabilità.
Tra ricordi passati e speranze future, Pan ormai giovane donna, capisce che è giunto il momento di prendere decisioni veramente importanti, fondamentali per il proseguimento della sua vita.
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Dal 1° capitolo:
Se la fortuna decide di sorriderti, capisci che l'immenso amore che provi per il tuo compagno... così forte e resistente perché costruito sulle solide fondamenta di rispetto fiducia e collaborazione, ecco quell'amore non è UN punto d'arrivo, ma IL punto di partenza per nuovi progetti, nuove priorità...
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pan, Trunks | Coppie: Pan/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Albero della Vita
16 CAPITOLO

 


I due sayan percorsero il giardino fino a raggiungere la macchina del tempo a qualche decina di metri di distanza dall’abitazione.
Incrociando le braccia al petto, Vegeta diede una rapida occhiata alle condizioni del suo stato d’uso: a giudicare dai notevoli strati di polvere che la ricoprivano, sembrava fosse rimasta inutilizzata per anni.
“Quindi?” esordì asciutto
Poi spostò lo sguardo verso il figlio del futuro, trovandolo con un’espressione piuttosto tentennante.
Alzò gli occhi al cielo e decise di specificare meglio la propria richiesta per evitarsi un possibile, quanto pietoso, tentativo di divagazione da parte sua: “Non che la tua presenza mi dia fastidio… ma ora me lo dici il perché, Tu, sei qui? Un altro nemico da affrontare?”
In realtà lo vedeva molto calmo da questo punto di vista e già di suo aveva scartato l’ipotesi proposta, ma pretendeva una spiegazione adeguata.
Mirai Trunks ridacchiò nervoso, cercando di prendere tempo: “Mi spiace, papà, niente minacce o nemici da combattere! Per mia fortuna, stavolta non porto brutte notizie! Quindi niente ‘nuove avventure’!” poi abbassando lo sguardo accennò vagamente ad una sorta di mezza verità: “È stato davvero un… caso fortuito”

Sicuro della sua discrezione, probabilmente a lui avrebbe potuto raccontare persino ogni minimo dettaglio di questo viaggio imprevisto, ma, stando al caratteraccio da orso che si ritrovava, temeva di annoiarlo o addirittura scocciarlo. Chissà, allora, come avrebbe reagito difronte ad una innocua, quanto semplice, verità?
Considerando che a lui i costumi terrestri erano sempre andati stretti poi...
Eppure da figlio ci sperava davvero in una conversazione genuina e amichevole, senza alcuna pretesa o sforzo di comunicazione. In una parola, naturale.
A conferma di questo desiderio inespresso, poi, la sua attenzione era rimasta letteralmente imbrigliata alla mezza frase di apertura discorso – Non che la tua presenza mi dia fastidio – che, detta da lui, era già molto.
Molto più di niente.

“Ah sì? Quindi, TU – casualmente – ti sei infilato da solo dentro a questo aggeggio ammuffito, creato da tua madre, e hai deciso di venirci a trovare? Cos’è? Sentivi nostalgia?” lo riportò alla realtà la voce tagliente del padre che cominciava ad innervosirsi sul serio: di fatto il ragazzo aveva solo tergiversato e sviato la sua precisa domanda.
“ANDIAMO TRUNKS! O ti decidi a parlare o ti assicuro che da qui partirai come minimo fra un mese... di riposo per la precisione!” concluse sbattendo la mano contro la navicella a pochi centimetri dal viso del figlio, per poi avvicinarsi al suo naso con un sorrisetto sarcastico e allusivo: “Ma visto che sei così di frett…”

Non terminò la frase, però, attirato da alcuni segni emersi dalla polvere nel sfrigolare il guanto bianco sulla superfice metallica del macchinario; aggrottò impercettibilmente le sopracciglia, poi li scoprì maggiormente, rimanendo molto colpito dall’immagine rivelata.
Sotto all’indimenticabile scritta Hope c’erano alcune figure che, durante i suoi ormai lunghi anni passati sulla Terra, aveva imparato a riconoscere, appiccicate spesso alle auto dei terrestri.
Un’abitudine umana che aveva sempre etichettato come insulsa e patetica, eppure in quel momento lui stesso non riuscì ad ignorare un lieve e insignificante sollettichio alla bocca dello stomaco.
Aveva osato infrangere il suo ferreo autocontrollo in modo fastidioso, pungente, e pretenzioso di attenzioni, ma non poteva negarlo, era così… piacevolmente caldo.
“Trunks?” chiese interrogativo.

L’aura del padre si era incredibilmente tranquillizzata.
Non era certo un dettaglio da poco, anzi, forse addirittura un buon segno.
Si ritrovò a pensare che, in fin dei conti, quell’assurdo ritorno nella loro epoca, era stato, sì, completamente imprevisto, ma allo stesso tempo, gli stava donando l’immensa opportunità di passare del tempo con suo padre e raccontargli di come le loro vite, sua e della madre, fossero finalmente felici.
Animato da questa nuova prospettiva, decise di essere sincero con lui:
“È stato un piccolo.. incidente domestico”
“Domestico? Spiegati meglio”  
Il ragazzo ridacchiò fra sé, tra il divertito e il rassegnato: “Sai, la mamma non cambierà mai! Su questo mettiti il cuore in pace! Ormai nel mio tempo ha una certa età, ma ancora si prende la briga di tenere revisionate e controllate tutte le sue invenzioni... Con i suoi tempi, certo, ma non gliene scappa una, inclusa questa... E guai se la contraddici, poi!”
Vegeta alzò di nuovo gli occhi al cielo, scuotendo il capo in segno di negazione, ma lasciò continuare il figlio:
“Più che altro voleva accertarsi che, dopo anni di inattività, potesse funzionare ancora in caso di emergenza! Così l’aveva riesumata per verificare che tutti i circuiti fossero ben collegati e i comandi rispondessero a dovere…”
“E, TU, di grazia, cosa stavi facendo nel frattempo? Appiccicando adesivi a destra e manca!?” lo silurò con un ironico riferimento a questa sua nuova, quanto inusuale, abitudine, anche se non era del tutto sicuro che fosse tutta farina del suo sacco, ma piuttosto qualcosa di ‘acquisito’.

Le guance del Mirai si arrossarono non poco per l’allusione fin troppo evidente del padre:
“No! Ero in giardino pure io! La stavo tenendo d’occhio perché non si facesse male!... Ma intanto, per passare il tempo, stavo… facendo alcuni lanci”
Vegeta alzò un sopracciglio e guardò in direzione della scritta, poi tornò ad osservarlo, ricevendo un cenno affermativo con il capo, in risposta alla sua silenziosa domanda.
“Beh, la dinamica dei fatti è molto semplice! Ho dovuto evitare che un lancio malriuscito colpisse la macchina del tempo mentre la mamma la stava diagnosticando. Ho evitato il peggio, ma sono finito di forza nell’abitacolo aperto contro tutti i comandi rimasti impostati sulle vostre coordinate… la macchina si è accesa e… niente… io sono finito qua! Fine della storia” spiattellò la verità, nuda e cruda.
Vegeta lo guardò con un’espressione imperturbabile sul viso, nessuna emozione sembrava scalfirla.
“Sì, lo so! Ti aspettavi chissà quale spettacolare motivazione e invece…”
“Sssh.. NO! Non mi interessano le spettacolari motivazioni! Mi interessa invece quel lancio che hai dovuto fermare… Dev’essere stato davvero un buon tiro, se ti ha spedito, di forza, dentro a quest’aggeggio infernale”
“Direi di sì” gli sorrise enigmatico: “È un buon lanciatore, papà”
Poi si alzò in aria, sparì un paio di secondi all’interno della macchina del tempo, e tornò dal padre:
“Tieni, vorrei che lo conservassi Tu, consideralo… un piccolo regalo dal futuro”

Un guantone da baseball.
Portava i segni di roventi impatti con palline lanciate a chissà quale velocità: un impercettibile sorriso carico di orgoglio e sincero affetto, si delineò sulle labbra del Principe, accompagnato di nuovo da quel piccolo formicolio ribelle, che proprio non ne voleva sapere di starsene al suo posto.
Sospirò forte, leggermente imbarazzato, ma accettò molto volentieri il gradito dono; poi spostò nuovamente l’attenzione sul ragazzo per uscire da quella situazione che lo stava mettendo sempre più a disagio:
“Allora, sei di fretta?”
“Sì, decisamente... Sai, devo… appiccicare un altro adesivo”
“Impegno inderogabile, in effetti…”

L’intuito del padre era da sempre particolarmente spiccato e sebbene gli avesse risposto solo vagamente, riprendendo il tono scherzoso della sua precedente frecciatina, era sicuro che lui avrebbe colto al volo, se avesse voluto capire. Difatti la risposta particolarmente deduttiva di Vegeta non tardò ad arrivare:
“Adesso ho capito! Tempi di vacche magre a casa tua, vero? Immagino non sia stato facile, respingere una mocciosetta che assomiglia così tanto a ‘Chi’ condivide il letto con te, sbaglio?” piazzò sarcastico e pungente ai danni del figlio. Quest’ultimo, sempre più affitto dal dilemma se maledire o benedire quella giornata allucinante; decise di limitarsi a non rispondere e voltare lo sguardo altrove.

“Tieni! E… porta i miei saluti a Casa tua” sussurrò a denti stretti: Vegeta aveva ricambiato il prezioso dono ricevuto, offrendogli i propri guanti bianchi ripuliti dalla polvere.
Incredulo dalla gioia, il figlio li accettò immediatamente, rimanendo ad osservarli per lunghissimi istanti in cui non si accorse neppure dell’allontanamento del padre. Tornando in sé, tentò di richiamarlo: “Papà”
“Non ti preoccupare, non dirò niente” rispose Vegeta già ad una decina di metri di distanza.
Ma il giovane, in realtà, avrebbe tanto voluto dirgli qualcos’altro.
Lo sussurrò tra sé, sperando che l’udito del padre fosse eccellente quanto l’intuito: “Ti voglio bene…”
“Adesso hai visite” si sentì rispondere da lontano.


Difatti, grazie al teletrasporto di Goku, percepì alcune aure famigliari materializzarsi alle sue spalle a qualche decina di metri di distanza.
Una in particolare attirò la sua attenzione, rievocando sentimenti e ricordi contrastanti, che l’avrebbero accompagnato per il resto della vita: senza pensarci due volte, scattò verso quella direzione più veloce di un fulmine, lasciando ai nuovi arrivati appena il tempo di toccare il terreno.
Lo abbracciò senza preavviso, stringendolo con tutte le forze a sua disposizione: poter nuovamente sentire il suo corpo caldo e in ottima forma, risplendere di energica vita, non aveva prezzo.
“Gohan!” farfugliò con un filo di voce.

Purtroppo per il Mirai, qualcosa o meglio qualcuno, ultimamente aveva ‘leggermente incrinato’ la spensieratezza dei tranquilli e pacifici pensieri abitanti la mente del primogenito Son, che preso completamente alla sprovvista dall’insolito gesto di quel mezzo Sayan in particolare, sul momento non rispose in modo altrettanto entusiasta:
“TU! Ascoltami bene, perché te lo dico una volta sola! OSA trattarla male, e giuro che ti faccio rimpiangere di essere venuto al mondo! Chiaro?” scandì gelido e minaccioso, con i muscoli delle braccia tesi e le mani chiuse a pugno per imprigionare il proprio autocontrollo: approvava, certo, ma un bell’avvertimento in partenza era d’obbligo! In fondo gli stava affidando il suo bene più prezioso al mondo, era naturale un po’ di apprensione.

“Ah… Giusto” si limitò a rispondergli atono, staccandosi lentamente da lui: certo che quando voleva, Gohan sapeva essere molto persuasivo, avrebbe tenuto testa al padre nella sua versione più inquietante.
Maledisse l’impulsività del momento che l’aveva portato a gettarsi letteralmente tra le sue braccia senza pensare, ma allo stesso tempo gli aveva permesso di elaborare una rapidissima considerazione sull’uomo che ora si ritrovava di fronte.
Gohan, per lui, era stato un inestimabile amico, suo grandissimo maestro di vita e di combattimenti, e dopo la scomparsa del padre, pure la persona più vicina in assoluto alla figura paterna: sul momento non aveva associato il dettaglio, non trascurabile, che nella loro epoca, lui, fosse proprio… il papà di Pan.
Questo pensiero, unito ad altre veloci riflessioni correlate, gli avevano fatto un effetto stranissimo.
Curioso il destino alle volte, davvero curioso.

Intento a scrutare gli occhi cristallini che si ritrovava di fronte, quasi a volerne leggere addirittura l’anima, l’attenzione di Gohan venne richiamata da un colpetto di tosse a schiarirsi la voce da parte di Junior.
Ciò gli permise di notare un’ombra sfuocata alle spalle del ragazzo; messa a fuoco l’immagine, questa si rivelò essere la macchina del tempo: “TRUNKS! Ma sei tu, allora! Vieni qua e fatti abbracciare!”
Lo riacciuffò e lo strinse forte a sé in un gesto di profondo affetto: “Scusami! Ti avevo scambiato per... ehm… la tua versione del presente – poi magari passo a ‘salutare’ pure lui – Ma ora dimmi, come va?”
Alla sua calorosa ri-accoglienza, seguirono quelle altrettanto gioviali di Goku e Goten, ed una più contenuta, ma comunque autentica, da parte di Junior.
Per lui, il guerriero namecciano aveva sempre nutrito un silenzioso sentimento che andava ben oltre alla grande stima e profondo rispetto che meritavano il suo grande cuore: negli sguardi che riservava a Gohan, ci vedeva lo stesso legame e la stessa gratitudine che, tutt’ora, aveva ancora il piacere di ricevere proprio dal figlio di Goku.

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“Tsk, che branco di inutili casinisti” commentò fra sé il Principe, tenutosi in disparte ad osservare la scena.
“Sei il solito musone, lo sai? Ma tanto lo so che sei felice di rivederlo” si sentì sussurrare all’orecchio dalla voce sensuale della moglie, particolarmente soddisfatta per essere riuscita ad abbracciargli la schiena senza che lui se ne fosse accorto, perché troppo impegnato a concentrare la sua attenzione sugli altri.
Gli baciò una spalla e con le dita sottili scivolò delicatamente lungo le sue braccia muscolose, incrociate al petto come al suo solito: “Di cosa avete parlato?” miagolò al suo orecchio.

Un sorrisetto malizioso si aprì sul viso di Vegeta, particolarmente divertito nel constatare che, a quanto pare, il figlio aveva proprio ragione: “Del fatto che tu non cambierai mai!”
Poi si girò verso di lei con un ghigno insolente sulle labbra: “Ma è divertente vederti all’opera nei tuoi vari tentativi… Tu continua a provarci! Però ricordati: c’è un motivo se si chiamano… tentativi”
Aveva dato la sua parola: non avrebbe detto niente a nessuno, tanto meno a lei!
Soprattutto a Lei.

“Sei proprio uno scimmione insopportabile!” la sentì sbottare irritata, staccandosi bruscamente da lui.
“AH, guarda! Mettiti pure l’anima in pace, perché da me non saprai altro” troncò immediatamente il discorso sul nascere, prima che iniziasse ad inventarsi chissà quale altro stratagemma per raggiungere il suo scopo.
Perché, sì, lei lo avrebbe raggiunto, sicuramente.
Ma non ad opera sua!
Se ne andò lasciando campo libero alla brillante ingegnosità della sua mente.

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In effetti la bella scienziata, organizzando un banchetto con i fiocchi, era riuscita a convincere tutti i presenti a rimanere da loro fino a pomeriggio inoltrato, permettendo al figlio del futuro di passare una gradevole giornata fra risate felici e frecciatine di vario genere. L’esuberanza e l’allegria di Goku e Goten poi, avevano fatto miracoli nell’alleggerire alcune piccole tensioni famigliari o smorzare la furia omicida che la regale finezza del marito riusciva a scatenare ogni volta che apriva bocca.
Il pranzo si concluse dopo aver gustato innumerevoli prelibatezze: portate su portate tra i primi e secondi, e una squisita torta guarnita di fragole e panna come dessert finale a deliziare i loro palati voraci.
Sazi e rifocillati, gli uomini decisero di rilassarsi bisticciando tra loro sulle varie tecniche di combattimento, mentre per la padrona di casa era giunto il momento di riordinare.

“Non devi disturbarti, Pan, sei mia ospite”
“Figurati, Bulma! Sparecchiare la tavola e aiutarti in cucina mi sembra il minino”
Il sorriso affettuoso della donna si trasformò in uno sbuffo infastidito quando il timer dell’orologio al polso decise di squillare: ”Uffa, di già? Scusami Pan, devo verificare i valori della macchina del tempo… Torno subito”
La giovane Son la vide sparire dalla porta, così proseguì da sola: il tavolo della cucina era completamente ricoperto di piatti, bicchieri, posate, pentole, contenitori vari, tutti raccolti dal giardino dove era stato allestito il pranzo. Ci voleva almeno una risciacquata prima di essere infilati nella lavastoviglie, e per non appesantire troppo il lavoro dell’elettrodomestico, si era addirittura munita di spugna e detersivo, da usare dove le sembrava più opportuno.

La luce del sole le illuminava i lineamenti delicati del viso, che di tanto in tanto veniva solleticato da alcune sottili ciocche di capelli sfuggite alla coda alta ed improvvisata che si era acconciata.
Puntualmente se le scostava dalle guance o dalle labbra con le mani insaponate, che raramente si ricordava di asciugare nel grembiule legato attorno alla vita.
La sua espressione era serena e concentrata su quello che stava facendo, anzi, lo si vedeva bene, era decisamente soddisfatta del suo operato per essere riuscita a sfruttare, con cura certosina, tutto lo spazio disponibile della lavastoviglie. Una sorta di piccola sfida personale fra lei e l’elettrodomestico, dalla quale sembrava esserne uscita abbastanza vittoriosa, visto che dopo una precisa sistemazione, era riuscita ad infilare l’unico piatto che le era rimasto in mano.

Lui sorrise: in effetti, forse, era ancora un pochino inesperta, se per raggiungere il suo obbiettivo aveva lasciato tracce di goccioline d’acqua ovunque, dal lavello al tavolo, e viceversa, passando per il pavimento…
Ma non importava, lei sapeva di casa
Una piccola donnina di casa
Ed era bellissima.

“Ti serve una mano? Altrimenti qua, rischi di allagare la cucina” si propose Mirai Trunks, affiancandosi a lei, mentre era impegnata ad impostare il ciclo di lavaggio.
“Sei arrivato, Mr. Pignolino? Potevi startene dov’eri, sai?”
“Vedo che oggi continuiamo ad essere di ottimo umore”
Pan sbuffò scocciata, ma voltandosi verso di lui si risentì maggiormente vedendolo trattenere a stento un sorrisetto divertito, mentre oltretutto depositava sul pianale della cucina gli ennesimi piatti raccolti, vanificando la sua fresca vittoria. Poi il sayan si mise a trafficare con la radio lì accanto.
Assottigliò lo sguardo, rimanendo in silenzio per meditare una risposta adeguata, ma i suoi fallimentari tentativi di ricerca di una stazione decente, abbinati al pessimo vizio di cambiare canzone dopo solo un paio di note, la irritarono ancora di più: era seriamente tentata di cacciare via quella mano inconcludente per arrangiarsi da sola, visto che almeno gli riconosceva mentalmente il merito di aver avuto un’idea interessante nell’ascoltare un po’ di musica.
“Pensi di farcela a trovarne almeno una?”
“Ehi! Non è colpa mia se nella vostra epoca le frequenze sono ancora così disturbate”
“Ma sentilo! Se non le lasci neanche parti…” si bloccò all’istante avendo finalmente riconosciuto le note di una canzone di suo gradimento, iniziali oltretutto.
 

Quello che potremmo fare io e te
Senza dar retta a nessuno
Senza pensare a qualcuno
Quello che potremmo fare io e te
Non lo puoi neanche crede-re


Quell’artista era inconfondibile e quella canzone sapeva trasmetterle calore e spensieratezza.
Sorrise inevitabilmente, archiviando l’intento bellicoso di pochi istanti prima: “Lasciala andare, per favore” Sebbene avesse intuito che lui si sarebbe fermato comunque: “La conosci anche tu?”
Il ragazzo si mordicchiò il labbro inferiore, sul suo viso un’espressione tentennate:
“Un po’ datata, ma, sì, la conosco… molto bene anche”
“Come un po’ datata? Avrà solo qualche mese, mica vent’an…” non finì neanche la frase difronte all’ovvietà.
“Già, vengo dal futuro, ricordi?... Ti piace?”
“Sì… La prima strofa, fra l’altro, riesce a rasserenarmi, mi mette di buon umore: si sente quel suo tratto distintivo, unico direi… Poi mi piace perché sembra un ritorno alle sue origini, quelle che preferisco”
Le guance della giovane si arrossarono impercettibilmente, incuriosendo il Sayan: “A cosa stai pensando?”
“Niente di importante, una stupidata… Stavo solo pensando che, in generale, le canzoni che mi piacciono tanto, arrivo ad ascoltare infinite volte, di seguito proprio, e Trunks esausto mi supplica di cambiare” gli occhi di Pan si erano illuminati, assieme al suo sorriso: “Anche tu sei così?”
“Beh, ecco, diciamo che la radio, secondo me, ha un fascino intramontabile… Rende le canzoni ancora più accattivanti perché ti invita a prestare la massima attenzione nel momento esatto in cui le stai ascoltando. Se ti distrai è finita, la perdi: magari anche solo per un attimo, ma perdi comunque la continuità, perché non si può ne tornare indietro e nemmeno chiedere di farcela riascoltare, soprattutto quando ripropongono pezzi d’autore, inediti, o successi del passato”
“Questo concetto mi ricorda un suo capolavoro … canzoni, fiori, sogni…”
Le sorrise impercettibilmente: “Quella è una delle mie preferite”
“E questa? A te piace?” gli chiese, mentre lo scorrere naturale delle note musicali aveva fatto da piacevole sottofondo alle loro parole.
 

Quello che potremmo fare io e te
Non l’ho mai detto a nessuno
Però ne sono sicuro
Quello che potremmo fare io e te
Non si può neanche immaginare


Ma di tutte le canzoni che esistevano, proprio una così doveva trovare?
Ora quella semplice ed innocente domanda, detta da lei, diventava più spinosa di un algoritmo quantistico.
Beh, in fondo non era poi così difficile, bastava solo rispondere valutando la canzone nel senso stretto del termine…
 

Sdraiati su un divano
Parlar del più e del meno
Io e te, io e te
...
A crescere bambini, avere dei vicini
Io e te
Come nelle favole


Sospirò: un’impresa non così scontata, calcolando che le canzoni non fanno da colonna sonora solo ai film.
Ma non aveva altra scelta: “Come hai detto tu, anche a me sembra un piacevole ritorno alle sue origini… E poi parla di speranza e buoni propositi, mia madre aveva costruito la macchina del tempo proprio per questo”
Provò sentimenti contrastanti difronte a quella spiegazione che lui stesso aveva fornito: una miriade di ricordi vorticavano nella sua mente, ma voltandosi verso la soglia della porta-finestra, trovò un’ottima motivazione per scacciare almeno i pensieri più nostalgici, Gohan.

“Papà..”
“Eccoti! Sentivo la tua aura stranamente silenziosa e mi domandavo cosa stessi escogitando, invece stai facendo addirittura una nobile azione” si avvicinò sorridente alla figlia, scompigliandole delicatamente la frangetta, sotto alla quale per fortuna la ferita era in via di guarigione.
“Questa si chiama malafede” replicò lei imbronciata
“Malafede? Sei imprevedibile, tu”
“Esagerato”
“Ah, sì? Allora essersi imbucati nel viaggio nello spazio a soli quattordici anni, come lo chiami?” la riprese bonariamente sfiorandole la punta del naso con l’indice, poi voltandosi verso il Mirai decise di riassumergli in breve quella rocambolesca partenza:
“È tremenda, una piccola peste! Forse non lo sai, ma stavamo allestendo la navicella per una delicata missione di recupero delle sfere, quella volta sparpagliate addirittura per l’universo intero; dovevano partire mio padre, Goten, e Trunks… Il tempo a nostra disposizione era veramente esiguo e dovevamo procedere spediti, quindi le avevamo detto di andare a giocare da qualche altra parte. E lei, secondo te, cosa si è inventata? Ha pensato bene di intrufolarsi nella navicella stessa, lasciando a casa mio fratello! Ho preso un colpo quando ho realizzato il tutto!”
“Ma papà! Non volevo giocare, volevo solo aiutarvi!”
“Certo, certo… Bisogna tenerti sotto controllo, altroché! Cambiando discorso, signorinella, pensi di tornare a casa stasera? Così tanto per chiedere” ironizzò facendole capire che non era affatto una vera domanda, ma una diplomatica affermazione.
Pan annuì con un cenno di capo, voltando lo sguardo di lato leggermente imbarazzata: sapeva di aver infranto le regole non rientrando a casa.

Anche il Sayan del futuro percepì un aumento di temperatura del proprio viso: non solo perché si sentiva a disagio in mezzo a quell’argomento solo vagamente accennato – di cui tra l’altro aveva avuto un’involontaria conferma indiretta – ma soprattutto perché di fronte a quella piccola, affettuosa, scenetta tra padre e figlia, sentiva uno struggente calore famigliare invadergli il cuore.
Nella sua epoca, purtroppo, Gohan non era stato altrettanto fortunato.

Finito il suo controllo, Bulma tornò in cucina: “Pan, tesoro, che carina sei stata, ti grazio tantissimo! Ora lascia che finisca io! Mi aiuterà Trunks” rivolgendosi poi al ragazzo: “Ti va?”
“Non è un problema, posso continuare!” si offrì la ragazza, desiderosa di ricambiare in qualche modo l’ospitalità ricevuta in quel week-end.
Gohan lesse sul viso della donna un’espressione incerta e intuendo che volesse rimanere da sola con il figlio, richiamò l’attenzione della sua piccola mezzo-sangue: “Vieni Pan, ero venuto a chiamarti perché Bra ti stava cercando”
 

In cucina rimasero, così, Bulma e Mirai Trunks.
“Mamma? Posso avere carta e penna?”
“Certo, tesoro! Sono nel cassetto proprio affianco a te”
Il sayan lo aprì e dopo aver estratto un foglio ed una busta bianchi, incominciò a scrivere, sotto lo sguardo incuriosito della madre, che solo ad opera finita gli si avvicinò con l’intenzione di parlargli seriamente.
Ormai i valori della macchina erano praticamente a regime, non aveva più molto tempo a disposizione:
“Trunks, tesoro…”
“Me lo faresti un piacere?”
“Certo! Tutto quello che vuoi!”
“Puoi dare questo biglietto… a Gohan? Non ora, e non ti so neanche dire quando, ma comunque solo se vedrai che i fatti del vostro tempo saranno in linea con quanto ci troverai scritto” poi glielo affidò.
“I-io? Davvero? P-posso leggerlo, quindi?” non sapeva spiegarsi il motivo, ma il suo cuore aveva cominciato a battere veloce, pieno di agitazione, impazienza, e una certa titubanza: quel fragile pezzo di carta le sembrava essere diventato pesante quanto un macigno di marmo.
“Certo, ora ne sei la custode” la rassicurò

Bulma aprì la busta e la lesse con attenzione.
Rimase immobile per un istante, invasa da mille sentimenti, poi si gettò al suo collo, stringendolo fortissimo.
Gli occhi lucidi dall’emozione e un leggero groppo alla gola a pizzicarle le corde vocali, la obbligarono a restare qualche attimo in silenzio, prima di riuscire a spiaccicare parola:
“Trunks, tesoro mio! Sono sicura che a Gohan farà molto piacere leggerlo… Vuoi davvero aspettare?” poi non riuscì a trattenere un paio di calde lacrime in mezzo ad un sorriso sincero, pieno d’amore.
“Preferisco così” si limitò a rispondere, ricambiando immediatamente l’abbraccio e donandole un bacio sul capo!. Si chiese se l’avrebbe mai più rivista, ma sperò con tutto il cuore di essere almeno riuscito a riservarle un saluto speciale… “Mamma, fra poco devo andare”

Bulma si sentì mancare il fiato.
Per quanto fosse possibile, lei intensificò ancora di più la stretta attorno al suo collo: “NO, aspetta, rimani!... Rimani ancora un po’ Trunks” lo supplicò composta, tornando ad incrociare l’azzurro dei suoi occhi.
Sapeva di dover stare al proprio posto, ma non era riuscita a starsene zitta.
Il suo istinto materno aveva ruggito forte, ricordandole che a prescindere dall’epoca di appartenenza, lui era, e sarebbe sempre stato, suo Figlio, al pari di Trunks e Bra: non era affatto pronta a dirgli addio. 
“Devo andare, mamma… Lei... mi sta aspettando! Non posso proprio mancare, non me lo perdonerebbe mai”
“Lei? Intendi tua madre? O quella Piccola Strega che hai nominato?” chiese distendendo le labbra in un sorriso agrodolce: era difficile da accettare, ma doveva farsene una ragione e lasciarlo andare.
“Loro di sicuro” annui incerto, poi si lasciò scappare un enigmatico: “Spero solo che non abbia troppa fretta di... reclamare le attenzioni che merita” ridacchiò nervoso.
Bulma sgranò gli occhi: sul suo viso aveva appena rivisto le stesse emozioni della mattina, un filo di agitazione, abbinato a sincero entusiasmo e forse addirittura impazienza.
Interpretando quelle poche e vaghe parole, diede voce ai suoi pensieri: “Trunks! Ma tu stai per…”
“Sssh… Non farti sentire!” la fermò sul nascere con tono divertito e, doveva ammetterlo, pure sollevato, che lei avesse capito le sue motivazioni: “Calmati adesso!”
“Calmati un corno, Trunks! Cosa ci fai ancora qui!? Torna subito a casa tua e vedi di rimanerci! Altrimenti alle ire delle tue donne, aggiungerò anche le mie!” scherzò raggiante di gioia, riempiendolo di baci affettuosi.

Per liberarsi dalle sue piacevoli attenzioni, il mezzo sayan fu costretto a bloccarla teneramente per le spalle; la guardò dritta nei suoi occhi, trovandoli più luminosi del cielo, e infine le affidò un ultimo incarico:
“Mamma, ascoltami! Promettimi che non interferirai MAI nel corso degli eventi! MAI! Dovrai custodire in silenzio questo piccolo segreto! E’ importante!... Ricordi? Persino Goku era riuscito a mantenerne uno la prima volta che sono arrivato da voi!”
Leggermente scocciata per la raccomandazione ricevuta, e per l’ingrato paragone con cui si sarebbe dovuta scontrare, la donna non riuscì a trattenere un’espressione corrucciata, ma poi annuì serena: “E va bene! Ti dò la mia parola”
Poi si liberò dalla presa del figlio e gli accarezzò amorevolmente il viso, circondandolo con entrambe le mani:
“Tesoro mio, ricordati che sarai sempre il benvenuto da noi, sempre!” poi gli donò un bacio a fior di labbra
“Porta i miei saluti a Casa Tua”
“Anche papà me lo ha detto, sai? Lo farò con immenso piacere!” rispose entusiasta e riconoscente.
“Davvero? Tuo padre? Incredibile! Allora quel cavernicolo, se vuole, è capace di dire qualcosa di gentile”
Risero di cuore, abbracciandosi forte un’ultima volta: “Grazie di tutto, mamma”

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Il sole stava tramontando regalando ai presenti l’ennesimo trionfo di luci e colori.
Dopo aver salutato tutti scambiando un’ultima parola con ognuno di loro, per il sayan del futuro era davvero giunto il momento di ripartire.
Si soffermò in particolare con la sua versione del presente, premurandosi di scusarsi più volte per l’increscioso equivoco avvenuto alla mattina, ma il più giovane sembrava essere molto più sereno e disponibile: in fondo, con un po’ di interpretazione, gli aveva dato l’opportunità di sistemare una certa questione personale.
“E’ un bel peperino la tua moretta! Penso che dovrai armarti di santa pazienza!”
“Dici? In effetti me ne sono accorto, strada facendo! Vedrò cosa riesco a fare, ma in fondo, dai, ‘sopportarla’ non è poi tanto male…. Fai buon viaggio!”

“Ehi! Razza di somari! Vi ho sentito! Fate poco gli spiritosi voi due!” li rimbeccò Pan, imbronciata, a qualche metro di distanza: odiava gli adii in generale, suo nonno poi era un maestro nel farle prendere questo genere di spaventi.
Eppure c’era qualcosa in quella partenza che la riempiva di tremenda malinconia; probabilmente perché lui era identico al suo Trunks e all’idea di vederselo sparire per sempre, le si stringeva comunque il cuore.
E poi c’erano così tante domande che avrebbe voluto fargli…
Fra tutte, di una in particolare le sarebbe piaciuto conoscere la risposta: se era vero che loro due erano la stessa persona in due epoche diverse, chi era la sua compagna? La ragazza che il destino gli aveva riservato?
Non perché volesse scuriosare nella sua vita privata, ma perché si domandava se quest’altra ipotetica persona potesse esistere anche nel loro tempo per prendere il suo posto e allontanarla da lui.
Doveva assolutamente chiederglielo ora che se lo ritrovava difronte per l’ultimissimo giro di saluti: “Trunks..”
“Addio, piccola Strega... Ricordati quello che ti ho detto, non farlo aspettare vent’anni”

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Quelle parole riecheggiarono forti nella mente della ragazza, tanto semplici, quanto efficaci.
A controbilanciare il colpo basso dell’imminente separazione, c’era l’invito a mantenere una determinata promessa, sulla piacevole prospettiva di un tempo futuro da trascorrere assieme.
Decise che quella era la risposta che stava cercando, anche perché, ad essere onesta, non sarebbe riuscita a reggerne una diversa.

“Non mi piacciono gli adii! Lo faccio solo se questo sarà un… Arrivederci!”
Si concesse alcuni istanti per fissare nella memoria i lineamenti delicati del suo buffo visino imbronciato: erano così giovani. Poi continuò gentile: “Sai, i viaggi nel tempo rischiano sempre di alterare il corso degli eventi… Non posso prometterti di tornare, ma se ti fa piacere, vista la giornata imprevedibile di oggi, non lo escluderò a priori” poi le donò un casto bacio sulla fronte: “Ciao, Pan... Va bene se ti saluto così?”
“Mhm… già meglio” farfugliò la piccola Son
“Allora siamo d’accordo? Ho la tua parola, adesso! E già che ci siamo: trattami bene e fai la brava”
“EHI! Ma si può sapere per chi mi hai preso!? Non sono una bambina!” protestò vivacemente
Il sayan ridacchiò: “Sì, Lo so…” poi le arruffò i capelli: “Allora Ciao, piccola strega!”

---

La macchina del tempo si alzò lentamente in cielo.
Nel salutarli definitivamente dall’interno dell’abitacolo, Mirai Trunks cercò di imprimersi nella memoria quella meravigliosa immagine di gruppo, serena ed unita.

All’estremità del gruppetto rimase molto colpito nel trovare gli adorati genitori incredibilmente vicini.
Certo, la madre, ignorando completamente l’espressione seccata del padre, era riuscita ad obbligarlo a restarle accanto, infilando una mano sotto al suo braccio; ma questo, dopotutto, era solo un dettaglio.
In fondo se era vero che il fine giustifica i mezzi, il ‘come’ lei ci fosse riuscita, era assolutamente irrilevante… l’importante era poterli vedere assieme.
Accanto a loro il gruppetto centrale.
Fra tutti, la sua attenzione era stata catturata ancora una volta da Gohan, affiancato, da un lato, dal silenzioso Junior e, dall’altro, dall’allegra compagnia di Goku, Goten, e Bra, la sua vivace sorellina di quell’epoca; tutti impegnati a ‘rallegrare’ a modo loro, il suo stato d’animo leggermente scocciato per la troppa vicinanza del suo se stesso alla figlia.
Difatti notò con piacere che a qualche metro di distanza da loro, la piccola Pan si era accoccolata fra le braccia di Trunks, perfettamente ricambiata nell’affettuosa stretta.
Sorrise: ora le loro mani erano intrecciate le une alle altre, ma era sicuro che una tenera e innocente scenetta romantica come quella, non minacciasse poi la reale pace interiore di Gohan, almeno non più di tanto.

Già di Gohan… e la sua, invece, di pace interiore?
Sospirò rumorosamente, poi ringraziò di cuore l’imprevedibilità della vita: gli aveva regalato una giornata che avrebbe ricordato in eterno.
Tante piccole, grandi, emozioni vissute assieme a quelle care persone con cui, purtroppo, non poteva condividere il proprio mondo, ma per le quali avrebbe sempre riservato un posto speciale nel proprio cuore.

Adesso, però, era davvero tempo di tornare a Casa.
 

 


Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Innanzitutto vi ringrazio per avermi dedicato il vostro tempo e spero tanto che la lettura sia stata una piacevole compagnia. Volevo solo dirvi che questo capitolo lascia in eredità un biglietto che troverete nel prossimo, il conclusivo di tutta la storia.
Ebbene, sì, siamo in dirittura di arrivo…
Gli estratti della canzone si riferiscono a ‘Come nelle favole’ di Vasco Rossi con un vago accenno al suo capolavoro ‘Una canzone per te’.
Penso di aver detto tutto quello che mi premeva farvi sapere, quindi ora vi saluto con un bel… CIAO!
Alla prossima, spero presto.

PS.1: Oggi è la Festa della mamma… Auguri a tutte le mamme, in primis alla mia.
PS.2: La torta con le fragole e la panna la dedico a Nala (è un po’ presto, ma fa lo stesso…) 
 

   
 
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