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Autore: ___Page    15/05/2017    2 recensioni
"Parlo in fretta, troppo in fretta e senza pensare e quando finalmente mi rimetto a pensare è troppo tardi. Mi spiaccico una mano sulla bocca, con eleganza ovviamente. Voglio dire con delle unghie così curate qualsiasi gesto risulta elegante.
...
Mi passo una mano sulla nuca storcendo le labbra.
«Non era così che doveva andare» mormoro."
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Prima pensa poi parla perchè parole poco pensate possono produrre parecchie p******te.
O forse no...
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Barba bianca, Haruta, Izou, Marco, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
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Buonsalve gente!!! 
Eh sì, io e Zomi abbiamo deciso di perseguitarvi e quindi eccoci qui con il seguito di "Manuale di seduzione". Ovviamente role anche questa volta. 
Come l'altra fanfiction, io rollo Izou e lei rolla Marco. Come l'altra fanfiction, Izou ha il carattere tondo e carino e Marco quello più pulito ed elegante. Come l'altra fanfiction, senza Zomi non sarei andata da nessuna parte con questi due, perciò ci tengo a ringraziarla di cuore. 
Grazie anche a tutti voi che leggerete. 
Hope you'll enjoy it. 
Page. 







 
LA REGOLA DELLE 12 P





Tolgo i popcorn dal microonde e li sistemo nella terrina. È un gesto comune e normale, ma non riesco a non svolgerlo con estrema attenzione e sorriso sulle labbra.
Tutto per lui.
Scuoto il capo.
Non è possibile. Io, Marco Newgate, sono felice di preparare i pop-corn al mio ragazzo.
Mio.
Ragazzo.
Non ero io quello impassibile e che non sprecava ghigni per partite vinte con sudore e sangue?
E ora sorrido, sorrido!, nel preparargli i popcorn senza burro – “Che fa ingrassare Marco-chan!” – ma tanto sale – “Tanto l'infarto l'ho comunque ogni volta che mi sorridi Marco-chan” –.
Solo per lui.
Per il ragazzo dallo chignon nero seduto sul divano di casa mia.
Per lui.
Per Izou.

 
«Marco-chan sbrigati che Wolverine mica aspetta te per diventare figo e artigliato! Ma porta il sale!» mi faccio sentire dal salotto, sul cui divano ad angolo mi sistemo, ancora un po' a disagio.
Sì mi sento un po' a disagio ma non a stare con Marco, quello no. Quello mai. Marco è tutto ciò che ho sempre sognato e desiderato.
E no, non dico un ragazzo per non essere solo. Io volevo lui, proprio lui. E avevo le mie buone ragioni. Ha smesso di essere attrazione fisica e basta cinque minuti dopo che siamo entrati in quell'infermeria e con il tempo è diventato sempre di più.
Ma un po' mi sento a disagio qui sul suo divano. Non perché qualcuno mi guardi storto qui, anzi. Non mi hanno semplicemente accettato. Mi hanno proprio accolto. Adottato quasi.
La signora Newgate, il signor "chiamami papà" Newgate, Halta e persino il pappagallo blu di Marco, Aghraba.
Eppure sono a disagio. Sono a disagio perché questo divano è di un blu che fa a pugni con il maglione che indosso. Anche.
Ma sono a disagio perché da qualche settimana ormai non posso fare a meno, ogni volta che mi ci siedo, di chiedermi se, quando Marco mi vede seduto qui, prova quello che provo io quando vedo lui seduto sul mio, di divano.
Cioè no, di certo non prova le stesse cose. Perché quando Marco si siede sul mio divano la mia invadente famiglia in un attimo lo circonda e stalkera e ciò che provo è una potente voglia di ucciderli tutti mentre qui sono tutti più… ecco sono meno… beh comunque di sicuro non prova quello che provo io nelle suddette circostanze.
Ma mi chiedo se, quando mi vede seduto qui, sono così giusto ai suoi occhi come lo è lui ai miei quando si siede sul mio divano. Perfettamente incastrato nella mia vita, come il pezzo mancante di un puzzle.
 

«Popcorn…» mi siedo accanto a lui sul divano, posandomi la terrina in grembo. «… e sale.» infilo la saliera tra le nostre gambe vicine, sporgendomi a baciarlo sul capo.
È naturale.
È naturale e bello soprattutto se non ci sono mamma, papà, Halta e il pennuto a fissarci e sghignazzare a ogni mio gesto per lui.
«La prossima volta Deadpool.» mormoro allungando un braccio dietro le sue spalle, gli occhi sullo schermo.

 
«Uuuuuuuh Deadpool!!» esclamo, spolverando generosamente il sale sui pop-corn. «Con la tutina super aderente che gli fascia così bene il sedere! Perché non lo hai proposto prima?» lo punzecchio con l'indice sul pettorale, una mera scusa per toccarlo.
A volte mi scordo ancora che non mi servono più scuse per poterlo fare ma stavolta me ne ricordo subito e subito ne approfitto per incastrare il capo tra la sua spalla e la sua mandibola, scivolando più vicino a lui.
 

«Ricordo un chiaro e perentorio "Hug Jackmam non si tocca".» ghigno posando la mano sul suo fianco, l'opposta ad accarezzargli la gola.
 

«Sono certo di averlo detto per zittire una delle tue infondate critiche sulle sue capacità attoriali.» premo il polpastrello sulla sua guancia. «Perché tu hai sempre da ridire.» sottolineo ogni parola con un picchiettio.
In fondo non è che mi importi tanto dei film. È passato ormai il tempo in cui guardavo i film di supereroi per sopperire alla tragica mancanza di testosterone nella mia vita. E infatti dopo dieci minuti già sento la mancanza di parlare con lui.
Mi piace così tanto parlare con lui e non solo parlare ovvio ma in questo momento non ho voglia di fare altro. Sto bene così, tra le sue braccia e non voglio spostarmi. «Che cosa voleva Smo-san?» chiedo inclinando appena il capo all'indietro e strusciando contro il suo collo con il capo.
 

Mi sistemo meglio, premendomelo al fianco e piegando il capo a guardarlo, Wolverine che salta ovunque sullo schermo.
«I moduli per la prossima partita.» gli sposto una ciocca dietro l'orecchio. «Vuole che giochi sabato.»
 

«Oh no! Sabato no!» gemo una protesta. «Non ho tempo di farmi i capelli e c'è la festa per il compleanno di Usopp!»
Ma perché Smo-san deve avere sempre lo stesso tempismo di un'emorroide quando c'è la casa libera?

 
Ghigno e scendo con la mano dal fianco alla coscia.
«Vuoi lasciarmi da solo nella mischia contro i Kaido's Beast?» lo provoco, puntando sulla gelosia. «So che daranno il meglio di loro contro di noi. Mischie e mani ovunque...»
 

Socchiudo gli occhi, guardando dritto verso Wolverine che ha sfoderato i sexy artigli e ringhia, senza vederlo. La sola idea mi manda il sangue alla testa ma so qual è la strategia di Marco e devo mantenere lucidità e ricordare la cosa più importante. I miei capelli. Che non vedono un impacco al frutto del diavolo da ben diciassette giorni. Mi si spezza il cuore al solo pensiero.
«L'unico che ti punta è quel Jack e io so benissimo che non è il tuo tipo.» ribatto, scrollando le spalle. «E poi, non è come se facesse molta differenza che io giochi o no. Smo-san non mi fa stare in campo per più di dieci minuti. Giusto il tempo per sudare e rovinarmi i capelli.»
E di certo non abbastanza per fare la differenza in una partita. Non provo nemmeno a raccontarmi che il mio tono non è piccato e un po' deluso e non capisca cosa mi prenda. Quando ho iniziato non mi importava niente del lacrosse, della gloria e della squadra e ora...
Passare il mio tempo con Marco, Satch e gli altri mi fa male.

 
Lo stringo più forte a me nel sentire la sua voce malcontenta. La tv parla per nessuno, la mia attenzione tutta su di lui. Non voglio sia infelice, non con me.
«Non mi faccio toccare da nessun altro.» metto subito in chiaro. «E Smoker-senpai ti fa giocare poco perché in poco fai molto.» cerco il suo sguardo. «Tu vali Izou, vali molto...non solo per me.»

 
«Oh Marco-chan!» trillo girandomi verso di lui, senza alcun freno. «Dovresti dirle più spesso certe cose! E dovresti anche parlare con Smo-san e intercedere per me! La fine dell'anno si avvicina e i Moby Dick avranno bisogno di un nuovo capitano!»
Parlo in fretta, troppo in fretta e senza pensare e quando finalmente mi rimetto a pensare è troppo tardi. Mi spiaccico una mano sulla bocca, con eleganza ovviamente. Voglio dire con delle unghie così curate qualsiasi gesto risulta elegante.
No, no, no e no! Non si supponeva che venisse a sapere che il ruolo di capitano mi interessa anche solo lontanamente! Io non sono così! Io sono quello che il lacrosse rovina le unghie. Sono quello che "Se faceste un po' più di sesso non stareste a discutere dalla mattina alla sera su chi sa usare meglio il retino". Non l'aspirante capitano, se non in una recondita parte del mio cervello. Cattivo cervello!
 

Allento la presa fissandolo con sguardo affilato. «Come scusa?» mormoro a voce roca.
Mi stava facendo il labbro tremulo per ingraziarsi il posto?

 
«Niente! Assolutamente niente! Oh guarda che scena interessante!» torno a voltarmi e indico lo schermo, su cui non sta accadendo assolutamente nulla. «Cosí... Struggente.» aggiungo mentre piego il capo di lato e aggrotto le sopracciglia. Che senso ha questa scena?!
 

«Izou!» lo richiamo perentorio togliendo le mani dal suo corpo.
 

«Marco-chan cosa fai?!» reagisco scioccato nel non sentire più alcun contatto fisico tra noi.
 
Infosso lo sguardo su di lui. «Mi hai fatto il labbro tremulo affinché ti spiani la strada per la veste di capitano?»
 
Sgrano gli occhi, colpevole, sì, ma sforzandomi di sembrare indignato. «Ah! Il labbro tremulo?! Io?! Io non faccio il labbro tremulo! È fuori moda il labbro tremulo e poi fa saltare su tutte le pellicine e rovina le labb...»
 

«Credevo che il nostro rapporto non si basasse sul dare per ricevere.»
La mia voce è sprezzante. Non vorrei lo fosse ma lo è. È dura, inflessibile e distaccata.
Perché no, non spianerò la strada al mio ragazzo come nessuno l'ha spianata a me.
Il lacrosse non è solo un gioco.

 
Il cuore mi sprofonda nello stomaco di fronte a tanta durezza. E per una volta tutto quello provo traspare dalla mia voce, più sottile di un sussurro, priva di verve e carica di delusione e una punta di panico. «Marco... Stavo scherzando...»
 
Mi stava prendendo in giro.
A me, sul lacrosse.
La mia vita prima di lui.
Assottiglio lo sguardo e mi avvicino a lui, un braccio sulla testiera del divano l'altro che torna ad accerchiargli la vita. «Non burlarti mai più del mio ruolo in squadra.» serro la presa su di lui, abbassando la voce e accostando il viso al suo. «Se no...» scivolo con la lingua sulle sue labbra in un rapido assaggio. «Al ballo la tua verginità rimarrà intoccata.»
Con la mano sulla testiera gli afferro la nuca e lo costringo a venirmi in contro, baciandolo con foga e tanta, tanta lingua.
Mantengo gli occhi aperti per fissare le sue iridi ampliarsi e sciogliersi prima di staccarmi riluttante da lui.
«...chiaro, Izou-kohai?» sussurro roco.
 

Non rispondo subito, almeno finché il suo sapore non svanisce dalle mie papille, lasciando trasparire quanto me lo stia godendo senza alcun pudore. Ma poi il mio cervello elabora esattamente come mi ha chiamato e, oltre alla solita ondata di eccitazione, che mi annaffia ogni volta che Marco mi bacia o mi tocca o anche solo mi chiama per nome ma a cui sono normalmente soggetto pure quando Kidd mi ringhia di non fissarlo, Cora-san cade culo all'aria, Killer sorride e potrei continuare ancora per molto, una risata incontenibile mi sale alle labbra. Scoppio a ridere senza allontanarmi da lui, anzi schiacciandomi ancora di più sul suo corpo. «Izou-kohai!» esclamo, ridendo a più non posso.
 
Lo stringo a me, le mani che scendono dai reni al sedere mentre ride imperterrito.
«Capisco.» ghigno. «Tu puoi chiamarmi “chan” e io non “kohai”?» mi premo su di lui, godendo del contatto. «Preferivi “san”? “Kun”? “Sama”?»
 

Rido a crepapelle, perché la sola immagine di Marco che chiama qualcuno con aggiunta di suffisso onorifico, a parte Smo-san ovviamente, è a dir poco esilarante. Più provo a non pensarci e più me lo immagino esibirsi in una serie di "Satch-kun", "Ace-sama" e, naturalmente, "Izou-chan". E mi immagino le facce dei ragazzi e questo non aiuta affatto. Sono in debito di ossigeno ma non riesco a smettere di ridere.
 
Non accenna a smettere di ridere e non riesco a fermarlo.
Non voglio.
Perché averlo felice tra le mie braccia è la cosa che più amo al mondo.
 

«Oh Marco-chan​!» riesco finalmente ad articolare, asciugando una lacrima dal bordo dell'occhio. «Quanto ti amo!»
 

Resto interdetto.
Le risate svaniscono e c’è solo silenzio in casa.
Silenzio e Izou che mi fissa atono come io fisso lui.
Cosa ... cosa ha detto?
 

Cos'ho detto?
Sirene e allarmi suonano assordanti nella mia testa. Perché io parlo sempre troppo in fretta e senza pensare e... E...
Cos'ho detto?!?
Il panico si impadronisce di me, ancora di più quando vedo l'espressione di Marco. Sconvolta è dire poco.
Lo sapevo, lo sapevo! Ho rovinato tutto!
Il corpo si muove da solo quando finalmente lui apre la bocca per parlare.
«Devo andare!» lo precedo, rotolando via da lui e lanciandomi verso la porta.

 
«Co...» lo guardo correre alla porta e mi muovo da solo dietro di lui. «No Izou.» lo chiamo mentre lo vedo aprire la porta. «No!»
Se ne sta andando, se ne sta andato!
«No...io... ti amo anch'io!»
 

Il tonfo della porta che si chiude alle mie spalle è micidiale, assordante, soverchia tutto.
Ma qualcosa nel mio stomaco mi dice che non è frutto della mia immaginazione quello che mi sembra di avere appena sentito.
Rimango fermo sul pianerottolo una decina di secondi, il fiato grosso e gli occhi sgranati, prima di girarmi di nuovo e afferrare la maniglia con mani tremanti. Apro, schiudo la porta. Marco è immobile a pochi passi dall'uscio con le braccia incrociate al petto e l'espressione scettica.
E in questo momento di estrema tensione, sessuale e non, in quello che potrebbe essere potenzialmente l'attimo più romantico –perché Marco è il primo– e importante della mia vita –perché se Dio vuole sarà anche l'ultimo– ciò che il mio cervello produce è: «Eh?!?» con voce stridula e strozzata ovviamente.
 

Mi passo una mano sulla nuca storcendo le labbra.
«Non era così che doveva andare» mormoro.

 
Lo fisso, metà dentro e metà fuori da casa sua e sbatto le palpebre interdetto. È chiaro che sta aspettando un mio commento e così mi sforzo almeno un po' di articolare qualcosa.
«Eh?!?»

 
Avanzo fino a posare una mano sul suo petto.
«Il primo ti amo ricevuto dovrebbe essere...perfetto.» mi sforzo di sorridere. «Già lo vedevo. Al ballo.» Fantasie stupide di un giocatore di lacrosse che sperava, sperava e spera di fare qualcosa di giusto. «Ti avrei invitato a ballare.» racconto. «Ti avrei stretto a me e baciato nonostante tutto il mondo a fissarci.» accarezzo il suo cuore.  «Ti avrei sciolto i capelli e te lo avrei detto.»
Alzo gli occhi a guardarlo in volto.
«Ti amo.» affermo deciso per poi prendere fiato. «Così volevo fosse per te.» scuto il capo. «E non con Wolverine che squarta ninja di sottofondo e con io che ti ricorro per casa a dirtelo come fosse una risposta ovvia e non la cosa più importante.»

 
Cerco di assimilare tutto quello che mi ha detto ma mi sento come se qualcuno mi avesse dato una botta in testa per tramortirmi e poi avesse risucchiato l'aria dalla stanza per provocarmi uno svenimento. Non riesco a credere alle mie orecchie, non riesco a credere a quello che ha detto, non riesco a credere che...
«Mi avresti sciolto i capelli?!?» gracchio indignato. «Perché mai mi avresti sciolto i capelli?!? Al ballo! Davanti a tutti?? I miei capelli!!»

 
Sgrano gli occhi.
Gli ho appena confessato la mia più intima e segreta fantasia romantica su di lui... e si preoccupa dei capelli?!?
«Oh scusa!» alzo le mani. «Meglio che non ti dica allora che volevo farci coi tuoi capelli nella stanza di hotel col mio pene!»

 
«Ma che c'entra?» avanzo in casa, le mani sui fianchi. «In hotel da soli è una cosa ma davanti a tutti... Aspetta! I miei capelli e il tuo pene? Che cosa…»
 
«Vuoi un disegno?» incrocio le braccia al petto fissandolo. «O ti passo il video da cui l'ho preso? Forse Kidd ha ancora il link.» prendo il cellulare.
 
Sposto lo sguardo da Marco al cellulare a Marco al cellulare...
Potrebbe esplodermi il cervello. Marco, strani giochi erotici che comprendono i miei capelli,  Kidd. Sono troppe cose tutte insieme. Tante cose bellissime tutte insieme ma...
«Tu mi ami?»
Finalmente il mio cervello ha ricominciato a funzionare. Nel senso che ha ricominciato a fare domande idiote, ovviamente.

 
Sbuffo, gli occhi al cielo.
«Almeno collabora quando cerco di prenderti in giro.» rinfodero il cellulare.

 
«Mi stavi prendendo in giro?» domando già in panico. Sapevo che era troppo bello per essere vero eppure Marco non mi sembra tipo da giocare coi sentimenti altrui. Coi capelli sì ma coi sentimenti...
 
«Ovvio.» storco il naso.  «Cosa diamine si può fare con dei capelli e un pene?!»
Non è concepibile. E se lo è non voglio saperlo.
 

«A dire il vero una volta ho letto una fanfiction che...» rifletto, perdendo di nuovo il filo del discorso ma non riesco a finire la frase perché Marco mi interrompe. Non sembra interessato a sapere.
 
Mi avvicino a lui e tendo la mano a premerla contro il muro, all'altezza del suo viso.
Basta scherzare.
«Ero serio.» parlo non abbassando gli occhi. «Sulla dichiarazione ero serio... e lo sono ancora.»
 

Il mio respiro si fa più irregolare man mano che il suo viso si avvicina al mio.
«Okay quindi...» comincio a corto di fiato. «... io amo te e... e tu ami me.» Mi basterebbe spingermi appena in avanti con la giusta angolazione per unire le mie labbra alle sue. «Eri serio anche sulla mia verginità al ballo? O pensi che si... Potrebbe anticipare, ecco.»

 
Apro la bocca e l'appoggio sulla sua.
«Magari.» parlo sul nostro bacio a labbra sfiorate.  «Si può fare una prova pre-ballo...» scivolo con la mano dal muro alla sua schiena

 
Spingo il bacino in avanti per strusciarlo contro il suo e sorrido sulla sua bocca. Ho solo un momento di panico quando la sua mano sale al mio chignon. Non mi sono ancora abituato a questa cosa che lui può toccarmi i capelli ma gli basta approfondire il bacio perché il cervello vada in blackout. Infilo la lingua nella sua bocca e mi lascio andare.  Il mondo si dissolve intorno a noi e poi... Poi...
Poi il suono della serratura della porta risuona come uno sparo e io perdo dieci anni di vita.
Per fortuna ventisette anni non è ancora l'età dei capelli bianchi.

 
La mia mano sul sedere di Izou trema e la gola si secca nonostante la mia lingua sia ancora appoggiata al suo palato, mentre gli occhi azzurri e limpidi di Halta ci squadrano da testa a piedi.
«Oh ma guarda…» ghigna. «PAPÀ!» strilla e vorrei strozzarla. «MI DEVI DIECI BERRY!»

 
«Edward quante volte devo dirti di non scommettere soldi con tua figlia?» sospira Hana, entrando dietro ad Halta con in mano una borsa della spesa e tirando dritta verso la cucina. «Izou, tesoro, ti fermi a cena?» domanda come se fosse perfettamente normale averci trovati a quasi copulare contro il muro di casa sua.
«Penso di... sì?» rispondo con quella che sembra più una domanda, cercando con gli occhi Marco, che è ancora pietrificato qui con la sua mano sulla mia chiappa.
 

«...vale eccome papà!» vedo Halta strattonare in casa papà. «Guarda!» mi indica. «Ha ancora le mani sul corpo del reato! Paga!»
«Non vale.» sogghigna papà e io mi riscuoto staccandomi da Izou e lisciandomi la maglia sopra la patta tesa. «Erano nudi? Vedi profilattici? No quindi niente.» ride papà. «Oh Izou! Maglione nuovo?»

 
Il padre del mio ragazzo ha appena detto la parola "profilattici" davanti a me.
Credo di adorare il padre del mio ragazzo. Ma ora come ora sono troppo sconvolto per darlo a vedere.
«Eh già!» rido nervoso. «Che occhio signor Newgate!»
«Oh Izou!» ride tonante lui. «Ti ho già detto che puoi chiamarmi...»

 
«Papà!»
Non è una risposta la mia. È un uggiolio disperato.
«Esatto.» gongola però il mio genitore.

 
«Comunque ragazzi scusate il pessimo tempismo.» continua Edward come se nulla fosse, sfilandosi la giacca e nell'appenderla si gira verso il salotto. «Wolverine?! Ai miei tempi si andava al drive in e in genere la cosa più interessante era la pubblicità delle gomme da masticare! Ah ah ah! È proprio vero che i tempi cambiano! Halta apri la finestra che si respirano troppi ormoni in questa stanza non vorrei che tua madre andasse in overdose. Sai non ho più la prestanza di un tempo.» mi schiaccia l'occhio con complicità e io emetto una risata che pare l'urlo di uno affetto da sindrome di Tourette.
 
«Hai ancora il tuo fascino, tranquillo amore.» mamma sculaccia il sedere a papà.
Mi copro gli occhi. Perché un possibile momento di intimità e preliminari è diventato un flirt a luci rosse dei miei?
«Mamma dai!» ride Halta. «O Izou vorrà dei dettagli per prepararsi a Marco niichan.»
Ecco, ci mancava.
L'ammazzo. Ammazzo mia sorella.

 
Mi porto una mano alle labbra per nascondere la risata che ormai non riesco più a trattenere.
Marco mi guarda attraversa le dita allargate, chiedendomi scusa con gli occhi.
Mi stacco dal muro e lo obbligo a staccare le mani dal viso, intrecciando le mie dita alle sue. «Andiamo a mettere la tavola.» lo incito, trascinandolo in cucina dove Edward e Hana stanno cucinando fianco a fianco, dandosi colpi d'anca, mentre Halta spegne il DVD.
Guardo Marco e gli sorrido.
Amo questa famiglia. Amo questa casa.
Ma soprattutto, soprattutto amo lui.
  
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