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Autore: AliNicoKITE    16/05/2017    2 recensioni
Dal testo:
''Ares li percorse con lo sguardo uno a uno: Ermes che giocherellava con i suoi inseparabili braccialetti a forma di serpente, uno rosso corallo l'altro azzurro, Apollo che sorrideva, come se la scena gli ricordasse tempi migliori, Artemide che lo fissava non proprio entusiasta dell'uscita, Zeus esaltato, Poseidone che continuava a infastidire Ade, sempre torvo, per poter usare la sua moto al ritorno.
Era un bel gruppo il loro, lo sapevano, ed erano certi che avrebbero superato tutto quello che stava accadendo assieme. Ares doveva loro molto, e si sentì in dovere di ricambiare.
-Ok ragazzi vediamo di passare una serata indimenticabile. Parola d'ordine Zeus? Suggerimenti?
Il ragazzo in questione sorrise malandrino. Il luccichio dei suoi occhi non faceva presagire niente di buono.
-Parola d'ordine in arrivo: RIMORCHIARE.
I ragazzi esultarono.
Ares si girò, sorrise, e spalancò in un gesto teatrale le porte del Dionisus.''
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gli Dèi
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 21
Parola d’ordine:What happened to perfect
Warning:passato, ricordi, angst.
What happened to perfect
What happened to us
We used to be worth it
We never gave up
It wasn't on purpose
But it hurts like it was
Nobody deserves this
What happened to perfect
-What happened to perfect,
Lukas Graham
ERMES
Più il tempo passa, meno Ermes si costringe a pensare a sua madre.
Prima, invece, Ermes combatteva l’inevitabile e si sforzava di non dimenticare nulla, di ricordare ogni minuscolo particolare dell’agonia e malattia di Maia, incidendo nella memoria come le labbra di sua madre riuscissero sempre a produrre un sorriso così bello da farlo sperare di averlo ereditato geneticamente per trasmetterlo ai suoi figli, anche quando ormai le sue labbra erano pallide, e poi violacee e poi rosse di sangue quando tossiva.
Ora invece sa che il passato non funziona in questo modo: il passato torna con un flash di luce e colore, e che tu lo voglia o no, solo qualcosa si salva.
Si salva il sorriso di Maia per pura testardaggine di Ermes, perché è vitale ricordarlo ogni mattina quando si chiede per quale motivo valga la pena alzarsi.
Si salva pochissimo della routine lontana dei tempi in cui anche suo padre era vivo. Sua mamma aveva una capigliatura sbarazzina e corta che la faceva sembrare Trilli, sebbene con una sigaretta tra le labbra. Si ricorda vagamente come fosse bello svegliarsi la domenica nel letto dei suoi genitori, rotolandosi nelle coperte finché non riceveva un calcio nello stinco come punizione per la sua disdicevole energia mattutina. A volte suo padre gli faceva il solletico: Ermes urlava così forte che Maia si lamentava perché era costretta a svegliarsi. Lei aveva le efelidi sparse sul viso come cacao in polvere lanciato sulla pelle a piccole macchie, e sul cuscino dalla federa verde limone gli occhi risplendevano come giada macchiata di caffè. Anche questo resta.
 
  Resta un ricordo reso slavato dal tempo. Da un momento all’altro, corrugando le sopracciglia come se una forza arcana e superiore piegasse a forza i suoi lineamenti, Maia piange. Piegata sul divano, con Ermes accucciato vicino a lei.  Suo padre se ne è andato lasciando due braccialetti e foto segnaletiche, esalando l’ultimo respiro in un ospedale dove a malincuore hanno accolto l’avanzo di galera che è, o era, fresco di nuova condanna.
 
Resta la maniera in cui Ermes aveva sempre saputo quando era possibile farla sorridere, distogliendola dal motivo della sua tristezza. È un dolore acuto a metà del petto, simile a una stilettata pulita e senza scandalo da parte di un sicario, portare alla mente il giorno in cui si era reso conto di essere lui stesso la causa di un pianto addolorato e contenuto.
 
Non può dimenticarsi l’affetto che Maia provava per lui, un amore talmente grande da farlo ricredere sul genere umano nel suo intero, ma lo stesso vale per la rabbia che infiammava gli occhi di sua madre, la sera in cui Maia l’aveva lasciato sul pianerottolo di casa a dormire, senza farlo entrare fino alla settimana seguente.  
Ermes a volte si chiede quante altre piccole cose fondamentali, preziose al pari delle refurtive di una vita intera, abbia lasciato per strada, abbandonate sotto il cuscino e dimenticate tra le pieghe delle coperte sull’amaca da soffitta.  Cos’è successo a quei ricordi felici?
Se qualcuno glieli ha rubati, pensa Ermes, non può dire molto, se non che forse se lo merita.  
 
ORIONE/ARTEMIDE
(La terza lente d’ingrandimento, questa volta più che mai legata al passato.)
 
(Non era passato molto tempo, forse, prima che Artemide accusasse una lieve cotta. Orione era gentile, e testardo e paziente, attento e un poco fuori di testa.)
 
Orion si era fatto largo tra una folla di studenti mentre Daphne Ladondaughter compiva il suo primo e ultimo volo fuori dalla finestra, solo per arrivare vicino ad Art. Ares, poco vicino a loro, aveva in viso una delle più buffe espressioni che Orion avesse mai visto, e sul primo momento non si accorse nemmeno dell’arrivo dell’amico. A quanto pareva, poco era servito che Pos, Orion ed Ares avessero fatto sparire Apollo in seguito a una dose di ‘‘terapia intensiva’’, o che i maestri del mimetismo avessero operato nell’ombra ai danni del nuovo amore che Apollo sentiva nascere nel petto. Quella di Alberello felice sarebbe stata una storia ben conosciuta nei mesi a venire.
  Orion aveva rivolto ad Art uno sguardo che dimostrava ciò che sentiva in quel drammatico momento: un irresistibile desiderio di ridere, piangere e urlare ‘Perché?’ ad Apollo, che solo ed affacciato dalla finestra del primo piano faceva davvero pena.
 Art avrebbe voluto uccidere suo fratello, e Orion l’avrebbe sicuramente aiutata. I due si conoscevano ormai da quattro anni, da quando Orion aveva cominciato il corso di tiro con l’arco con lei, ed erano amici da tre. Non sapeva come fosse successo, Art, che Orion fosse un maschio eppure fosse diventato suo amico, suo consigliere fidato.
Orion era un po’ così, difficile da catalogare, da capire, da vedere nel suo insieme. Nelle foto veniva sempre sfocato, perché Orion era tante cose difficili da immaginare al primo colpo, come un timido, e un solitario. Orion cacciava da solo e odiava essere fotografato, ( e Art tiene ancora gli unici scatti mai riusciti bene in camera, incorniciati, preziosi e rari. Fa così rabbia non averne altri, pensa, poi si corregge mentalmente, perché sono altre le cose che la fanno davvero stare male).
Orion non era nemmeno un nome possibile da abbreviare, a detta degli Olympians, e dire che erano riusciti nell’impresa persino con Zeus, a cui era stato affibbiato un tenero e affezionato ‘Jovi’ da Era, e Poseidone era ‘Pos’ o ‘Possy’ (e Ade era Ade, ma nessuno trovava necessario trovargli un amichevole soprannome; riguardo agli altri, obbrobri come ‘Ermy’, o ‘Pollo’, erano stati grazie al cielo deliri temporanei presto cacciati nell’oblio).
Orion era sempre stato Orion e basta, e prima era solo amico di Pos, poi più tardi era stato l’unico compagno di Art nei suoi allenamenti prima dei tornei, e Art aveva imparato a rispondere di sì senza pensare quando Orion le chiedeva se potesse accompagnarla a casa, per salutare Apollo, in teoria. In pratica, Orion camminava con lei al termine di ogni allenamento –anche se casa sua era dalla parte opposta rispetto al poligono- per poter ogni giorno avvicinarsi di più ad Art senza che questa non si ritraesse, imbarazzata. Orion era uno stratega, Pos l’aveva sempre detto.
Orion odiava i piccioni, e una volta si era deciso ad uccidere i due disgustosi volatili che avevano fatto il nido nelle vicinanze della scuola. Aveva resistito immobile per ore, accucciato in uno sgabuzzino la cui finestra dava sul muro che i due piccioni avevano colonizzato, prima di uccidere entrambi con due colpi ben piazzati. Art l’aveva aiutato a rimuovere le frecce e aveva riso quando Orion aveva emesso un verso simile a un ‘ewh’ disgustato non appena i due cadaveri avevano ricevuto una degna sepoltura in un cassonetto.
Orion era diverso da chiunque altro avesse dimostrato interesse per Art, perché capiva cosa servisse per resistere e tenere duro anche quando lei era fredda, e apparentemente insensibile. Bisognava credere in sé stessi, per essere sicuri che Artemide tenesse davvero a lui, dopo anni di preziosa amicizia e lento corteggiamento all’odore di sangue di piccione e col sottofondo del rumore che le frecce fanno quando colpiscono il bersaglio -tunf, stack.
‘‘Da una lunga gavetta, deriva una lunga lista di motivi per compierla’’, aveva detto Pos, e Orion gli aveva dato ragione mille volte, altro che spider-man.*
Insomma, Orion aveva avuto tutte le ragioni per continuare a essere com’era con Art, perché lei ne valeva la pena, ed era contento anche quando era l’unico a pensarla così.   
E non era passato molto tempo, forse, prima che Artemide accusasse una lieve cotta. Orione era gentile, e testardo e paziente, attento e un poco fuori di testa. Accettare di avere una cotta, e fare qualcosa a riguardo, erano stati un altro paio di maniche. (Forse, un’altra cosa che fa rabbia è il poco tempo che hanno avuto.)
 
ZEUS/DIONISO
Era la prima uscita di Artemide e Orione come coppia dichiarata, provata e certificata ad hoc. Zeus se la ricordava benissimo, anche se per motivi suoi personali oltre a ciò che concerneva l’allora giovane coppia.
Poiché al tempo il tredicenne suo cugino era troppo giovane per essere titolare del locale –al di fuori del nome sull’insegna e sul testamento di sua madre-, dentro al bar a chiacchierare con Zeus non solo c’era Dion, ma anche il caro vecchio, grasso, beone, rincitrullito, straripante di grasso e peli, l’adorabile Sileno in tutto il suo splendore. Zeus aveva una grandiosa opinione del tutore di Dioniso, tale da fargli arricciare il naso ogni volta che l’uomo, ex-sommelier rinomato e migliore amico del padre di Dion, passava loro vicino prima di sparire nel retro del locale. Ancora le luci a neon erano spente, ad eccezione delle lampadine bianche sopra al bancone, e Zeus e Dion erano lì a chiacchierare, uno di fronte all’altro con le gambe quasi a penzoloni dagli sgabelli. Nessun altro era ancora arrivato al luogo dell’incontro, ma ai due cugini non importava.
Dion era piegato in due dalle risate, tanto che Zeus, se non avesse avuto una fiducia incrollabile nelle sue abilità oratorie, si sarebbe chiesto se per caso Sileno avesse già alzato il gomito sbagliando bicchiere da riempire.
-E dopo?
-Era era rossa, bordeaux! Dovevi vederla, quasi scannava Europa con lo sguardo.
-Ma… ma-Dioniso cercò di riprendere fiato-Sul serio si chiama Europa? E sul serio- un altro scoppio di risa lo costrinse a fermarsi. Gli occhi violacei di Dion erano lucidi di lacrime. A Zeus piaceva vedere suo cugino ridere così, sebbene solo nelle giuste occasioni.
-Sì -confermò per l’ennesima volta-La sua più grande passione sono i tori.
Era l’ultima bravata di Zeus, al tempo. Europa altro non era che l’ennesima ragazza molto carina che Zeus non aveva esitato a corteggiare, suscitando le ire della sua pseudo-ragazza-non-ragazza-così-seria, alias Era Juno. Europa, però, l’aveva sorpreso, e non solo per l’infelice scelta che i suoi genitori avevano riferito all’anagrafe.
Ciò di cui Europa amava parlare, a quanto pareva, erano i bovini. Zeus non sapeva se la sua fosse una passione momentanea, un amore eterno e dichiarato, o magari solo il primo argomento che le era passato per la testa all’inizio del loro appuntamento. Non aveva assolutamente intenzione di scoprirlo in una seconda occasione. Aveva blaterato di tori, vacche e mammelle per due ore.
Solo poter raccontare a Dion la tremenda serata che aveva passato in compagnia di Europa –con la misera eccezione delle piacevoli effusioni che ogni tanto avevano intervallato un’orazione a favore dei tori senza un corno e un’altra- lo ripagava in parte della pazienza che aveva dimostrato. Dopotutto, pensava Zeus mentre Dioniso si lanciava in un’ispirata imitazione di Europa che limonava un toro, cioè Zeus, cioè in quel momento una bottiglia di vino che forse era vuota e forse no, Era rimaneva l’unica ragazza con cervello, occhi, tette e gambe (e che gambe) funzionanti. Si ripromise di fare la pace con lei quella sera, o, al più tardi, entro la fine della settimana seguente.
Dopotutto, Zeus non tradiva Era con cattiveria, o perché non le volesse bene: sapeva che probabilmente Era era l’unica ragazza che avrebbe potuto amarlo e sopportarlo con tutti i suoi difetti, meno l’infedeltà, ma sapeva anche che si era giovani una volta sola, e che nessun adolescente era obbligato ad avere relazioni serie fin dal principio. E, se solo Era avesse ragionato un momento, si sarebbe accorta che tecnicamente non era tradimento, perché i due non erano mai stati assieme in maniera seria in primo luogo. Certo, Zeus le aveva fatto una dichiarazione d’amore seria, e correlata da anelli o orecchini in regalo, due o tre volte, ma nulla di più.
 
Zeus sapeva dimostrare un’ottusità sconcertante in campo amoroso, pensava Dioniso tra una risatina e un’altra. Se non avesse avuto riprova, negli anni, dell’acuta furbizia del cugino al di fuori degli affari amorosi, Dion gli avrebbe già fracassato una bottiglia in testa da tempo. Bastava sentirlo raccontare tutti gli appuntamenti disastrosi a cui si ostinava ad andare –che poi, davvero, mucche- per chiedersi perché Zeus non volesse affrontare la realtà e mettersi in una relazione seria con Era Juno, che fin dall’asilo era un corpo celeste in costante attrazione verso il tracotante pianeta che era Zeus. Era una ragazza intelligente, Era, e a Dion a volte faceva un po’ pena, perché al posto suo lui non avrebbe mai continuato a spendere tante energie per un ragazzo che si comportava così. Forse Juno pensava di essere già sposata con Zeus, mentre questi credeva di non aver mai avuto una relazione con lei in primo luogo.
Dion pensò ad Arianna, e a come fosse contento che lei ridesse quando lui faceva una battuta stupida, quando durante le loro uscite era già brillo alle dieci di sera, e a come lui non avrebbe esitato un momento a portarla via da quel suo stupido ragazzo –Teseo, ma che nome era? Europa, Teseo e un toro entrano in un bar, sarebbe stato l’inizio di una bellissima barzelletta-  se solo fosse stato sicuro che anche Arianna provasse qualcosa per lui, e non amasse quell’omuncolo palestrato dai riccioli castano dorato e occhi verdi con cui stava assieme da sempre. A Dion, Arianna era piaciuta dal primo momento in cui l’aveva conosciuta, lei così gentile e intelligente, abile nella logica e pronta alla battuta, così gentile da non guardare Dion male per la fama di alcolista infantile che l’aveva sempre accompagnato. Ed anche a Zeus Era era sempre piaciuta, insomma!
Solo un Grace può essere così coglione, ragionò mentre suo cugino riprendeva il suo racconto.
-Dopo essere usciti dal bar, sai, io camminavo con il braccio attorno alla vita di Europa, lei portava una camicia scollata che attirava magneticamente lo sguardo- Dion grugnì, immaginando intanto Arianna in qualcosa di diverso dalle magliette bianche che solitamente portava e apprezzando l’immagine fittizia-e stavamo camminando di fronte al cinema vicino a casa di Casper Jolan**, il coglione del gruppo di football che ci proverebbe persino con Atena se lasciato libero.
-Un morto di figa.-sintetizzò Dioniso eloquentemente.
-Ecco. Comunque, dal cinema stava uscendo un po’ di gente, doveva essere finito un film. Europa mi ha guardato, e io l’ho baciata, perché se avesse ricominciato a parlare di tori mi sarei messo a piangere-Dion emise un verso soffocato di empatia-ed in quel momento si è sentito un urlo assurdo.
Zeus fece una sorta di versetto oscenamente acuto:-ZEUS!-strillò imitando la voce di Era-COME HAI POTUTO?
Come hai potuto tradirmi per la trecentesima volta?, rielaborò Dioniso nella sua mente. Cavoli, Juno, ormai con i bollini di alta infedeltà puoi ricevere una teiera in regalo!
Si sentì un essere disgustoso, pensando poi a come si sentiva lui ogni volta che Arianna scusava i comportamenti insopportabili di Teseo davanti a lui ed Estia, e provò una fitta di solidarietà per Juno.
Zeus intanto stava descrivendo l’acceso dialogo che era presto nato tra le due ragazze, Europa ed Era, ToroLover01 e ZeusLoverFinDall’Asilo,Stronze nella mente di Dion.
Le due a quanto pare avevano cominciato una sorta di ‘Lui è mio!’, ‘No, lui è mio.’ come si faceva a casa Grace per l’ultima fetta di torta al cioccolato, anche se, in questo caso, l’oggetto contestato era Zeus Jupiter Grace. Per la milionesima volta nella sua breve vita di consulente romantico di suo cugino, Dion si chiese come Zeus avesse tanto successo con le donne –come riuscivano a non fuggire tutte non appena cominciava a parlare?
Zeus pareva un tacchino fiero del suo piumaggio –un tacchino, sì, non un pavone- mentre raccontava la maniera in cui Era aveva definito Europa una feticista dei bovini, assieme ad altri insulti meno carini. Poi Era aveva ingiuriato anche Zeus, e a quel punto del racconto il narratore si fece meno allegro.
-Mi ha tirato in testa la borsetta.
-Beh, amico, è il minimo che potesse fare. Io ti avrei già evirato, al suo posto-rispose Dion forse con troppa sincerità. Bere con Sileno prima che arrivasse Zeus forse non era stata una grande idea come era sembrata all’inizio, meditò distrattamente. Suo cugino corrucciò le sopracciglia.
-Non cominciare anche te con la manfrina del tradimento, andiamo-
-Zeus-Dioniso lo interruppe-Se vuoi che i tuoi inutili e orribili appuntamenti non siano considerati come tradimenti, allora devi smetterla di considerare Era come la tua ragazza, nel senso che devi lasciarla andare! Quando Era ha provato a uscire con qualcun altro hai dato di matto, e così sei solo ipocrita!-ignorò il rannuvolarsi negli occhi blu elettrico di Grace-Se vuoi che non stia con nessun altro all’infuori di te, stai con nessun’altra all’infuori di lei, altrimenti le stringerò la mano non appena smetterà di andarti dietro come un cagnolino!
Silenzio. Dioniso deglutì, ignorando il formicolio alla base del collo alla vista dell’espressione sul viso di Zeus. In vino veritas, avrebbe detto Sileno in quel momento come commento del suo scoppio di sincerità, ma il suo tutore era fuori dal locale, e una volta tornato avrebbe trovato solo il corpo, freddo e privo di vita, di Dioniso Wine, giovane ragazzo trovato morto nel suo pub e ucciso dal cugino Zeus Grace in un attimo di rabbia. Fonti incerte dicono che la vittima avesse appena suggerito una forma di regolazione delle attività amorose del cugino, in favore di una giusta relazione monogama…
 
   Apollo Solace ed Ermes Stoll entrarono in quell’attimo dentro il pub. Zeus ringhiò e, una volta a debita distanza dal cugino, quest’ultimo respirò di sollievo.
Dopo un saluto generale, Dion si accorse di ciò che non quadrava nella scena che aveva davanti agli occhi.
-Ehi, ma dov’è Art?
Il viso di Apollo, che quell’anno portava i capelli biondi un po’ lunghi e occhiali da sole wayfarer persino di notte, si accartocciò come carta stagnola mentre cercava le parole. Pareva sconvolto.
Ermes intervenne.
-Si sono messi assieme, Orione e Artemide-si premunì di specificare. Zeus assunse una comica espressione di incredulità.
-Merda –commentò -ma allora Possy aveva ragione! Orion ce l’ha fatta!
In un istinto di solidarietà maschile, prese un bicchiere pulito e vi versò i rimanenti della bottiglia di cui prima Dion aveva appassionatamente esplorato i contenuti. Il cugino appurò con aria leggermente disgustata l’apparente noncuranza delle più basiche norme igieniche da parte dei suoi amici mentre Ermes e Apollo accettavano, dopo qualche inutile remora, l’invito di Zeus di bere anche loro, tutti dallo stesso bicchiere.  Essere allevato in un luogo come un locale, dove per garantire qualità bisognava stare attenti all’igiene, controllando più di tre volte da chi provenisse il bicchiere da cui si voleva bere anche per la propria salute personale, faceva sì che per Dion la scena aveva un che di disturbante, quasi come il pensiero di Artemide Solace impegnata in una relazione romantica.
Art li odiava i ragazzi, questo era un dato di fatto. Li disprezzava e sopportava mal volentieri, come aveva premura di ricordare loro ad ogni uscita, prima di fuggire con una sua ‘Cacciatrice’.
Art voleva bene ad Orion e passava più tempo con lui che con suo fratello, però. Ed Orion era galante, cacciatore, e uccideva piccioni come un Robin Hood durante gli intervalli.
Forse Art era umana, pensò Dion. Campane suonarono nella sua mente leggermente brilla al pensiero che persino Artemide avesse un cuore. Voleva sicuramente dire che anche lui aveva speranza con Arianna, e al diavolo i commenti scettici di Ecate ed Estia a riguardo.
Prese una bottiglia di aperol nuova, e si diede da fare con i primi spritz della serata.
-Bisogna festeggiare!-urlarono sia lui che Zeus a pochi secondi di distanza. Il locale si fece presto pieno di risate e battute di pessimo gusto, fino all’arrivo della coppia.
 
ORIONE/ARTEMIDE
Orion sentiva di poter ballare un tango con una scopa davanti al mondo intero senza nemmeno vergognarsi, perché in quel momento tutto gli sembrava quanto mai perfetto e destinato a rimanere tale. E questo non perché tra lui e Artemide sarebbe mai potuto filare tutto liscio –la loro stessa amicizia era nata tramite schermaglie verbali e, a volte, fisiche-, ma perché Artemide in quel momento, in quel giorno, e probabilmente anche domani e forse tra una anno gli voleva bene. Gli voleva bene abbastanza da dirglielo come se fosse una brutta notizia, dopo un’ora di silenzi carichi di tensione di cui Orion aveva tentato di scoprire la causa con qualche domanda posta con cautela.
-Orion, mi piaci.- Orion, sei orribile, avrebbe potuto dire, il tono era quello.
Orion era rimasto fermo, immobile, il respiro colto tra le labbra come se fosse morto sul colpo alle parole della ragazza. Art aveva i capelli raccolti in una treccia scomposta e gli occhi argentei dal taglio allungato stanchi e un po’ rossi, un brufolo sul naso e un’espressione sofferta. Orion pensò che avrebbe voluto baciarla, come dopotutto pensava ogni volta che passava del tempo con lei da quando si conoscevano.
Avrebbe voluto chiedere una conferma, mormorare un ‘Sul serio?’, ma sapeva che se Art aveva pronunciato quelle parole –e se il tutto non era un frutto di un’allucinazione uditiva-, allora Artemide era seria nella sua dichiarazione, che aveva ragionato per chissà quante ore sulla loro amicizia e il loro rapporto, su Orion e su come, forse, valesse la pena rischiare il rapporto che avevano costruito per mantenere la sincerità schietta che era sempre stata presente nel loro rapporto.
Orion si era dichiarato ad Artemide quando si era reso conto che era riuscito a diventare suo amico, e non aveva più tirato fuori l’argomento. Era un detto-non-più-detto che non aveva mai arrugginito più di tanto il loro rapporto, perché Art aveva premura di ricordargli periodicamente che loro erano amici, e che anche solo per il fatto che gli aveva concesso la sua amicizia e stima Orion avrebbe dovuto baciarle i piedi. Quando Art faceva un discorso del genere, Orion rideva, e i due si burlavano delle facce confuse di Apollo. Pochi capivano Artemide. Orion l’aveva sempre trovata enigmatica, difficile da inquadrare nel complesso. Sfuggente, sempre in corsa.
Art correva veloce, e diceva sempre che chi amava davvero la terra era chi correva, perché era capace di accarezzarla senza incidere sul suolo. Orion aveva imparato ad amare la terra, la sua vita, le piccole conquiste e le vittorie inseguendo Art con il fiatone, sorridendo quando lei si voltava per controllare che mantenesse il passo.
Ora che Art si era fermata, Orion forse rischiava di proseguire e lasciarla indietro.
Lo stava guardando con una nota incerta negli occhi che non era solito vedere nella sua migliore amica, e Orion capiva benissimo come si dovesse sentire, lei che mai si sarebbe aspettata di ricambiare un giorno i suoi sentimenti –dopotutto, Art sapeva poco di sentimenti, gliel’aveva sempre detto.
Le prese le mani, e con una certa calma reverenza così propria di chi tocca ciò che è caro al suo cuore intrecciò, con lentezza, come per controllare che andasse bene, che non fosse troppo veloce, perché Art a volte correva via e batteva la ritirata, le sue dita con le sue.
Art sorrise, e Orion sentì di aver fatto la mossa giusta.
Con lentezza, come per accompagnare Art in un cammino che non aveva mai percorso prima, Orion si permise di baciarle le labbra con la leggerezza di un soffio, e giurò che la sua migliore amica e probabilmente qualcosa di più –dei, non ci poteva credere- fosse appena arrossita.
-Anche tu mi piaci.
Artemide aveva sorriso di nuovo, meno imbarazzata e più lei, più Art.
Quella sera, Orion le aveva tenuto la mano sotto al tavolo quando Apollo ed Ermes non li fissavano con troppa insistenza, e quando Dion evitava di venir loro vicino per appurare, con aria vagamente scettica e divertita, la nuova situazione nel panorama della vita degli Olympians. Nonostante le pessime frecciatine di Zeus, i pessimi racconti di Zeus circa una certa Europa, e infine i terribili commenti di Zeus circa la loro relazione (Orion non andava matto per il giovane Grace, bisogna ammetterlo), Artemide gli aveva assicurato, a fine serata, di essersi davvero divertita. Orion aveva trovato più facile respirare, e immaginare una corsa che sia lui che Art riuscivano a compiere assieme.
 
 
 
NOTE:
*-parodia di ‘Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità’, celebre frase di Ben Parker, zio di Spider-man
**-il giocatore di football che nel capitolo 4 (il futuro, rispetto a questo capitolo XD), ci ha effettivamente provato con Atena
!Chiedo scusa per il turpiloquio, ma Dion non ha certo ricevuto una educazione tale da limitare il linguaggio nel contesto amichevole e informale che ha con il cugino nel pub!
Spero che abbiate apprezzato questo capitolo, vagamente frammentato. Nel prossimo raccoglieremo i fili di questo lungo flashback. Mito affrontato è, ovviamente, quello di Europa :P, certamente rielaborato in maniera…inusuale.
Baci e abbracci, grazie del magnifico supporto! Scusate il ritardo, come sempre, spero che il capitolo abbia ripagato l’attesa. NON CONDIVIDO LO STILE DI VITA AMOROSO DI ZEUS, SIA CHIARO. Preferisco di gran lunga il brioso Dioniso (di cui finalmente conosciamo il tutore, il satiro Sileno!).
Ali<3
 
   
 
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