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Autore: Prongs4    17/05/2017    2 recensioni
"Sirius incrociò le braccia sul tavolo e ci appoggiò su la testa.
Si sentiva d’un tratto come quando era bambino, e stava in un angolo della sua stanza a tentare di colmare la tristezza che lo invadeva. Era tutto uguale ad allora, [...] l’unico dettaglio diverso era che non ci sarebbe stata nessuna piccola mano sulla sua spalla che provava a consolarlo.
Suo fratello non si sarebbe più seduto accanto a lui tentando di essere solidale.
Perché Regulus Black era Morto."
[Shot I]
"Narcissa non avrebbe mai scordato lo sdegno provato quando il cugino aveva annunciato di voler diventare Mangiamorte. […] Regulus cattivo non lo era mai stato, e neanche crudele e spietato. Lui era un’anima bella, ispirata dal senso del dovere"
[Shot II]
"Per i Black il nero non è mai troppo, Walburga lo sapeva bene. Eppure aveva la sensazione che quella volta li avrebbe inghiottiti. Sarebbero stati fagocitati. Con la scomparsa di Regulus erano piombati in un’oscurità che li avrebbe sterminati."
[Shot III]
Con la morte del grandissimo Regulus Black un'intera stirpe si spegne, accartocciata nel suo dolore. Questa è la storia della sua tragica scomparsa, vissuta o ricordata attraverso gli occhi di chi lo ha amato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Narcissa Malfoy, Regulus Black, Sirius Black, Walburga Black
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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Premessa: lo scopo di questa raccolta di one – shots è quello di ricostruire la storia dell’epilogo della Nobile e Antichissima Casata dei Black. Morte e vita si intrecciano, sono interdipendenti: Regulus sopravvive ancora attraverso le vite che ha sconvolto con la sua morte. 

                                           
        L’ULTIMO EREDE DEI BLACK

      Pov Sirius

 
 
Una lievissima, praticamente impercettibile imperfezione sul semplice bicchiere di vetro fermò il movimento quasi ipnotico delle dita di Sirius Black.
Si rigirava quell’oggetto tra le mani da quasi mezz’ora, tentando di coglierne qualche dettaglio che non fosse la semplice forma rotonda e la superficie liscia. Il polpastrello ripercorse quel punto diverse volte, accompagnato dallo sguardo del diciannovenne che osservava la scheggiatura con maniacale attenzione.
Il liquido che aveva un tempo contenuto era sparito da un pezzo, e solo una minuscola goccia sul fondo del bicchiere testimoniava che aveva ospitato del Firewhiskey. 

Con lo stesso sguardo di vacua indifferenza appoggiò il calice su un traballante tavolino accanto a lui, facendo vagare lo sguardo nella stanza per poter cogliere qualsiasi altro dettaglio su cui concentrarsi, così da scacciare e rimuovere dalla sua mente quel mostruoso pensiero, volutamente trascurato eppure così pressante, che minacciava di disturbare la sua calma forzata. 
Per quanto si sforzasse di cacciare il problema proprio non ci riusciva, e l’unica cosa che poteva fare era cercare di affrontarlo non da lucido, ma con il Whiskey come alleato.

Prese con un rapido movimento la bottiglia di vetro che aveva poggiato ai suoi piedi e con un gesto fin troppo esperto, segno d’un’incredibile abitudine, aveva riversato un fiume di alcool nel bicchiere. 
Dopo esserselo scolato, ritornò sui suoi passi, o meglio, sui suoi pensieri.

Non poteva eliminare ciò che lo turbava, quindi doveva risolvere e circoscrivere il problema in qualche altro modo.
Non sapeva perché, ma quella tattica gli risultava familiare e provata molte volte. Per lui era ridondante quanto una parola ripetuta troppo spesso in una frase. Cacofonica. 
Era certo di averne fatto costantemente uso con qualcuno, ma proprio non riusciva a ricordare con chi. Davvero buffo, considerato che era la stessa persona che lo aveva ridotto in quella prigione mentale senza via di fuga. 
Mentre fissava una macchia sul soffitto, con il capo abbandonato sulla spalliera della poltrona, dalle sue labbra umide emerse un flebile sussurro: “Ora ricordo”. 

Quella tattica gli risultava dolorosamente familiare perché l’aveva usata sempre con lo stesso soggetto: Regulus. Per un attimo si rilassò, come accade sempre quando si trova la risposta che si è tanto cercata.

Si concesse diversi momenti per assaporare a pieno il sapore di quel buon Firewhiskey che gli ricordava ogni singola avventura vissuta con i Malandrini, che si concludeva sempre con una bella bevuta. 

Si alzò, col proposito di scrivere una lettera a James e dirgli di passare presto a trovarlo, ma quando si sedette davanti al tavolo su cui teneva piuma e pergamena, si scoprì troppo stanco per farlo. 

Tenendosi la testa fra le mani, con una paradossale razionalità incosciente ed inconscia dovuta all’annebbiamento dell’alcool, decise che era arrivato il momento di tirare fuori le palle come aveva fatto poche altre volte nella vita e di non prendersi in giro, come ogni tanto aveva fatto pur di non impazzire dietro qualche rimorso. 

Perché in realtà non poteva fare a meno di sentirsi in parte in colpa per quella che era stata la causa scatenante dei suoi pensieri pesanti, non poteva ignorare il fatto che il suo continuo distacco nei confronti di Regulus aveva sicuramente contribuito a ciò che gli era successo.

Prima di andare ad Hogwarts, suo fratello minore era sempre stato il suo alleato; di rado era anche il suo compagno di punizione, ma aveva per lo meno ruoli di una certa importanza nei piani che il piccolo Sirius architettava di continuo per passare il tempo. 
Poi i loro caratteri diversi ma al contempo simili li avevano separati del tutto: erano diversi, perché uno aveva deciso di tracciare la sua strada da solo mentre l’altro intendeva percorrere quella indicatagli dalla sua famiglia; ma erano anche simili, perché entrambi, per orgoglio e per ostinazione, non cambiarono mai idea. 
Con il passare degli anni Sirius si era reso conto che i Black rappresentavano un problema che non aveva la voglia di continuare ad affrontare, e con un semplice zac ecco cancellate quelle ultime radici che lo legavano ai suoi consanguinei. 
Allora sapeva che scappare senza prima essere certo che Regulus sarebbe stato bene era una scelta troppo egoista persino per lui, ma probabilmente era naturale che non volesse ostacolarsi da solo lungo la strada che lo stava portando alla libertà.

Forse per la prima volta da quando era un neonato, un’irrefrenabile lacrima si formò nel suo occhio e poi gli scivolò lungo la guancia. Ne seguirono altre. Ad ogni lacrima che cadeva, corrispondeva un altro sorso di Firewhiskey. 

Si disse che infondo il peso che si sentiva addosso se l’era creato da solo.

Ogni granello che lo componeva era il risultato delle volte, a Hogwarts, che suo fratello lo avvicinava e lui cambiava strada. 

Fratello

Da quanto tempo non pensava a Regulus come suo fratello? 

Da quando era scappato di casa, se non da prima, non aveva considerato che James Potter come fratello. 
Infondo era più facile e meno doloroso pensare di non avere proprio alcun legame di sangue con Regulus, o negare di volergli bene, piuttosto che confessare di essere attanagliato dal rimorso per averlo lasciato in balia della famiglia Black, di sentire la sua mancanza.
Perché Sirius sapeva anche essere un uomo morale, ed era testardo nell’andare fino in fondo ai suoi ideali, ma con Regulus si era arreso. E in quel momento, con la testa che gli girava, si sentì per la prima volta un debole.

Si stava addossando così tante responsabilità che quasi non si riconosceva, eppure sapeva che quello che stava vivendo in quell’attimo non era altro che una conseguenza delle sue azioni passate.
Forse era egoista anche allora, mentre si preoccupava della faccenda dal punto di vista che riguardava se stesso piuttosto che il fratello.

La morte, dopotutto, ci rende egoisti.

E intanto si poneva una serie di domande, di cui, tuttavia, non voleva davvero conoscere le risposte; non voleva sapere se Regulus aveva sofferto molto o come fossero materialmente andate la cose.

Dopo lunghi sospiri, Sirius incrociò le braccia sul tavolo e ci appoggiò su la testa.
Si sentiva d’un tratto come quando era bambino, e stava in un angolo della sua stanza a tentare di colmare la tristezza che lo invadeva. Era tutto uguale ad allora: il suo stato d’animo, la sua posizione, il piccolo broncio sul suo viso, il senso di impotenza... già, l’unico dettaglio diverso era che non ci sarebbe stata nessuna piccola mano sulla sua spalla che provava a consolarlo. 

Regulus non si sarebbe più seduto accanto a lui tentando di essere solidale.

Perché Regulus Black era Morto

Per la prima volta collegò quella parola al fratello, e gli risuonò in testa, con un' eco che rimbombava in tutto il corpo. 

Sentiva incredibilmente caldo, e si scostò il ciuffo ribelle di capelli leggermente sudato che gli ricadeva sulla fronte. 
Gli sembrava, sicuramente per effetto dell’alcool, che il caldo che sentiva fosse causato dall’eccessiva quantità di roba sulla scrivania davanti a lui. Quell’ammasso di fogli lo soffocava. Prese a manciate le lettere e le scaraventò in un cestino che aveva a fianco. Ne rimase un qualcuna sul tavolo. 
Una era stropicciata e sbiadita e, non riuscendo a leggerla, l’accartocciò e se la gettò alle spalle.
Poi c’era un cartoncino dove era appuntato l’orario e il luogo della successiva riunione dell’Ordine;  lo lasciò dov’era.
Nelle mani poi si ritrovò due lettere: una composta da due fogli di pergamena, e un’altra da metà foglio.
La prima era di James, una lettera che parlava di stronzate assurde come il fatto che aveva tirato i capelli a Lily per scherzo e lei in risposta gli aveva dato un calcio nel di dietro.

L’altra, era la lettera che lo aveva ridotto in quello stato pietoso.

Se non fosse stato per quella breve missiva, con molta probabilità avrebbe saputo dalla Gazzetta del Profeta della scomparsa dell’ultimo erede dei Black.

Tutti in famiglia lo disprezzavano, e dunque era rimasto sorpreso nel vedere chi fosse la mittente della lettera: si trattava di sua cugina, Narcissa Black. Anzi no, Narcissa Malfoy, come gli ricordava la firma, a suo parere troppo presuntuosa e piena di sé con tutti quegli svolazzi. 

Eppure, anche se non capiva perché quella reginetta di ghiaccio gli avesse scritto, non poteva non notare che la lettera era scolorita in alcuni punti, come se delle lacrime avessero sciolto l’inchiostro. 
Sirius sapeva che Narcissa era molto legata a Regulus: forse gli aveva scritto per condividere con lui quel dolore che gli altri membri della famiglia non avrebbero espresso a pieno?

O magari, si disse, voleva solo per farlo sentire di schifo? Voleva gettare tutta la sofferenza sulle sue spalle, come una macigno che cade da un precipizio e distrugge tutto ciò che trova nel suo passaggio? Di certo, con quelle sue fredde parole, era riuscita a ricordargli che lui non aveva mai sostenuto il fratello, che lo aveva lasciato da solo ad intraprendere una strada tortuosa, poco più che ragazzino.

Sirius si sentiva come una mela dilaniata da un verme solitario, il suo senso di colpa. Non poteva certo scordare che l’ultima frase in assoluto che aveva detto a Regulus tempo addietro era stata “Vai all’inferno”. 

Vai all’inferno, vai all’inferno, vai all’inferno… avrebbe voluto esserci Sirius all’inferno.

Tirò rumorosamente su col naso.

Proprio Lui, Lui che non faceva altro che ripetere quanto fosse marcia la vecchia Grimmuald Place e quelli che ci abitavano, aveva rovinato l’unica cosa di quel luogo che invece sarebbe valsa la pena salvare... 

D’un tratto vedeva ogni azione compiuta in vita sua come il riflesso della sua dilagante superficialità. 

Avrebbe dovuto portarlo via con sé quella sera, quando aveva detto addio alla sua vita da Black, perché Regulus non apparteneva a quel posto. 

Sirius l’aveva sempre considerato per certi versi debole, ma da ragazzo non era mai riuscito ad interpretare quella debolezza come una richiesta di appoggio, come invece gli sembrava in quel momento. 

All’improvviso gli parve di comprendere appieno suo fratello come mai in vita sua. Un quadro nitido gli si formò davanti agli occhi.  

Non era mancanza di spina dorsale o di coraggio, quella di Regulus, era solo bisogno di sentire sicurezza accanto a sé, di sentirsi parte di qualcosa di più grande: ma Sirius se n’era andato, l’unico che potesse aprirgli gli occhi sulla cruda realtà che stavano vivendo, l’unico che potesse aiutarlo a plasmare il suo carattere in modo indipendente.

Sì, se n’era andato. E si odiava per questo. E odiava i suoi genitori per aver sfruttato quel lato del carattere di Regulus e aver fatto di una marionetta nelle loro mani.

Sirius sapeva fin troppo bene come funzionavano le cose con loro: la naturale sicurezza di sé che mostravano li rendevano forti agli occhi delle persone, degli alleati praticamente invincibili, ma per poterli considerare tali si doveva fare il loro gioco. 
E Regulus l’aveva fatto. Sirius, il solo che gli avesse mai mostrato un minimo d’affetto, era sparito, e quindi aveva cercato un barlume d’amore negli sguardi orgogliosi dei genitori per il suo brillante futuro di Mangiamorte. 
Sì, perché in quel momento, preso da un senso di nausea, con le tempie che minacciavano di scoppiare da un momento all’altro, col fegato avvelenato, Sirius voleva almeno autoconvincersi che suo fratello fosse diventato Mangiamorte solo per compiacere Walburga ed Orion, per tenere alto quello stupido cognome Black, e non perché ammirasse davvero la malvagità di Lord Voldemort.  

Dopo qualche minuto, non solo tenere la testa dritta, ma anche pensare divenne per Sirius difficoltoso e troppo faticoso. 
Il dolore che provava era una sensazione mai immaginata prima di quel momento, ma che, ancora non lo sapeva, non lo avrebbe più lasciato. 

Si alzò di scatto e scagliò un pugno contro un armadio, con il solo risultato di sbucciarsi le nocche. Cercava di scaricare l’angoscia, perché sapeva che se si fosse trattenuto ne sarebbe stato avvelenato.

Non riusciva neanche a provare nostalgia vera e propria. D’altra parte non poteva sentire la mancanza di qualcuno che di fatto era stato lontano da lui e dalla sua vita per molti anni. Ma avrebbe così terribilmente voluto sentire quella nostalgia! Avrebbe così tanto voluto ricordare tutti i bei momenti trascorsi con lui! 
La sua raccolta di ricordi risaliva fino agli undici anni: da quando aveva iniziato Hogwarts ed era stato smistato tra i Grifondoro i loro avvenire si erano divisi in modo irreversibile. 

Tutti gli altri ricordi che aveva di lui e Regulus da quel momento in poi erano piuttosto spiacevoli, non voleva pensarci. 

Si sentiva impazzire. Si sentiva imprigionato, come gli capitava sempre quando pensava alla casata dei Black. 
Non gli bastava uscire dalla stanza, uscire di casa, iniziare a correre come un pazzo, sentiva che si sarebbe sentito come un carcerato del mondo. E se anche avesse preso la moto, fosse arrivato fino alle stelle, nello spazio, avrebbe ancora avuto la sensazione di non poter uscire da un incubo. 
Sì, perché era il suo incubo. Un incubo che col passare del tempo era diventato sempre più insistente, e che man mano che la guerra continuava e si ingrandiva diventava sempre più presente.

In quel momento pensò che non c’era davvero nulla peggiore di un incubo reale. 

Mentre si sogna qualcosa di brutto a volte si ha un lampo di genio che fa capire che si tratta di finzione, e per lui era così. Era certo che fosse solo una triste fantasia. 

Ormai del tutto ubriaco, decise di fare il contrario di quel che serve di solito per liberarsi degli incubi, ovvero svegliarsi, e si gettò sul suo letto augurandosi che il sonno portasse via con sé le tragiche tracce del suo dolore, annullandolo. 

Mentre gli occhi gli si chiudevano pesantemente da soli, per la prima e l’ultima volta in vita sua provò il desiderio di risvegliarsi nel suo letto a Grimmuald Place, col piccolo Regulus al suo fianco.



Angolo autrice

Salve a tutti i lettori, e grazie se siete arrivati a leggere fino a questo punto! La fic che appena avete letto è nata come one - shot singola, totalmente slegata da altro, ma mentre la scrivevo mi sono resa conto di quanto fosse limitata la sua prospettiva e di come non rendesse giustizia a Regulus e al resto del famiglia Black. Da qui è nata l'idea di creare una raccolta di shots, ognuna narrata dal punto di vista di un membro diverso del Casato. Di certo un capitolo sarà dedicato a Narcissa ed uno a Walburga, e sto ancora riflettendo su quali saranno gli altri personaggi che inserirò nella raccolta. 

Quanto alla shot vera e propria: ho sempre trovato profondamente evocative le parole che usa Sirius con Harry quando gli parla della sua famiglia. Definisce suo fratello un piccolo idiota per essersi fatto coinvolgere nella setta dei Mangiamorte, ma non posso fare a meno di leggere la sua come una costatazione amara e sofferta, che lo lega a Regulus in modo ineluttabile. Da qui nasce la descrizione del mio Sirius, che in questo frangente, come ho scritto chiaramente, è debole. Davanti a una perdita così tragica, assoluta e disarmante come quella del fratello minore non esiste il suo tanto ostentato disprezzo per la famiglia Black, e se c'è non è disgiunto da quello verso se stesso. Ma soprattutto, il dolore di Sirius per la morte del fratello è assolutamente unico: lui non si dispera per l'ultimo erede dei Black e perché con la sua morte il casato di estinguerà, ma piange il singolo. Piange solo Regulus, non Regulus Arcturus Black. E forse questo rende la sua sofferenza la più sincera.

Grazie a chi spenderà qualche parola su questa fanfiction malinconica, e avrà voglia di farmi sapere cosa pensa del rapporto dei fratelli Black, e anche naturalmente ai lettori silenziosi! 

A presto,

Prongs4
  
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