Nome
forum \ EFP: Rinalamisteriosa
Fandom scelto (+ship): L’attacco
dei Giganti (+EreMika poco accennata)
Canzone scelta: Lost in you –
Three Days Grace
Avvertimenti:
Spoiler
Rating:
Verde
Note: Ha
partecipato al contest (ormai nullo) “Dillo… con una canzone!” indetto da Shanna_GrifthiterinEvil sul forum di
EFP.
Breve
one-shot introspettiva e con un pizzico di azione di 992 parole (escluse le
citazioni). Il punto di vista è principalmente quello di Mikasa e questo è un
omaggio che le feci verso la fine del 2015. Mi sono decisa soltanto adesso a
concedere alla storiella una seconda possibilità, esatto
>.<
Per
dare alla scena descritta una collocazione all’interno del manga, direi che
viene prima dei capitoli dedicati al ritorno a Shiganshina (che vanno dal 73 in poi, se non ricordo
male).
Ci
sono piccoli spoiler per chi segue solo l’anime, ma nulla di
che.
Spero
che la caratterizzazione sia giusta e che vi piaccia almeno un pochino xD in
verità non ho ancora scritto sui miei personaggi preferiti di SnK, ma vedere la
nuova stagione dell’anime mi sta spronando a provarci, perciò prossimamente
potrei fare un’altra capatina in questo fandom :D
*
{I’ll get lost
If
you want me to
Somehow
I found
A
way to get lost in you}
In
verità era stato Armin a suggerirle un modo avveduto per placare la morbosa
ossessione e la sottile ansia che covava dentro.
Egoisticamente,
Mikasa aveva preso per sé un certo incarico a discapito dei propri sentimenti,
poiché se c’era di mezzo il suo bene
avrebbe fatto qualunque cosa, anche la più riprovevole, pur di proteggerlo,
di saperlo al sicuro.
In
passato si era fidata di Eren, ma era giunta a un momento nella vita in cui la
fiducia da sola non bastava, perciò le occorrevano delle prove concrete e
rassicuranti.
Voleva
semplicemente sincerarsi, essere sicura del fatto che non si sarebbe fatto
ingoiare da quei mostri osceni o – peggio – ammazzare, che riuscisse a
difendersi anche senza di lei. Doveva evitare che dei bastardi traditori lo
rapissero un’altra volta.
Così
gli aveva proposto un allenamento extra, dove confrontarsi non soltanto nel
combattimento corpo a corpo, ma anche nell’uso delle spade. Reclute e superiori
non esageravano affatto quando sostenevano che lei fosse una vera maestra in
entrambe le tecniche, aveva un invidiabile talento innato e padroneggiava alla
perfezione, con indiscutibile fluidità, il movimento
tridimensionale.
Tuttavia,
in questo caso, trattandosi di puro esercizio, avrebbero utilizzato due bastoni
altrimenti inservibili.
Per
fortuna Eren non si era opposto minimamente, non aveva fatto storie come al
solito, ma aveva accettato con serenità di dedicare un po’ del suo tempo libero
a esercitarsi insieme a Mikasa. Tra spedizioni fuori dalle mura, riunioni
strategiche, tentativi di controllare le capacità da titano e ore di sonno,
quello non era poi molto. L’avrebbe impiegato insieme a colei che,
probabilmente, non avrebbe mai finito di sorprenderlo. L’adattamento e le
abilità individuali, notevoli e degne di lode se si considerava la giovane età,
le avevano permesso di andare avanti a testa alta, di non trovarsi quasi mai
impreparata di fronte a nulla. La postura rigida, l’espressione fredda e
apparentemente impassibile, la camminata marziale e la poca femminilità
colpivano profondamente chi la guardava.
Raggiunsero
insieme un ambiente preciso, una cavità abbandonata all’interno di una miniera
usata dall’esercito in casi estremi, con travi di legno a fare da sostegno, con
pareti e pavimento fatti interamente di roccia.
Alla
luce vivida delle torce fissate con dei sostegni in alcuni punti, i due ragazzi
si sfilarono i mantelli con lo stemma emblematico della Legione Esplorativa, li
ripiegarono e li lasciarono a terra, fuori dal perimetro fissato per
loro.
Assunsero
la posizione di guardia, bastoni in mano.
Lei
teneva la consueta posa irremovibile e l’espressione apparentemente distaccata,
era difficile capire da quale angolazione avrebbe iniziato, ma Eren decise di
seguire ugualmente il suo istinto.
Il
ragazzo scattò in avanti e le due spade improvvisate cozzarono l’una contro
l’altra, fino a respingersi.
Mikasa
si mostrò fredda e implacabile, ma era soltanto apparenza, non riusciva a
ignorare il turbinio di emozioni che le scuoteva l’animo. Provava paura,
apprensione, egoismo e non solo.
Era
fiera di lui, ma l’idea di perderlo, di vederlo allontanarsi sempre di più e di
non poter stare al suo fianco sembrava ormai radicata nel suo
essere.
Lo
disarmò in poche mosse e immediatamente lo provocò, gli fece notare che non si
stava impegnando quanto invece avrebbe dovuto.
Allora
Eren raccolse l’arma e riprese lo scontro con più impeto e
determinazione.
Parare,
schivare, affondare, incassare.
Era
una successione continua e rapida di azioni da parte di
entrambi.
Mentre
i due bastoni si incrociavano in una lotta ferrata, lui digrignò i denti, senza
abbandonare quell’espressione ostinata e quello sguardo che bruciava di
determinazione, giustizia e libertà.
Quegli
occhi chiari in passato le avevano permesso di destarsi da un sonno pacifico ed
effimero per spalancare i propri alla crudele realtà.
Quel
fuoco indomito l’aveva spinta a reagire prontamente, in modo istintivo e feroce,
proprio quando era più scossa per la perdita dei suoi genitori, con una tale
forza che non credeva di possedere. Era la forza di chi voleva sopravvivere a
qualunque costo in un mondo spietato e ingiusto, eppure splendido, immenso e
ricco di luoghi sconosciuti da scoprire.
Col
tempo Mikasa aveva imparato a convivere con questo talento naturale e a farne
uso esclusivamente per proteggere la sua nuova famiglia.
Quando
finalmente, in un attimo di distrazione dovuto ai ricordi, la disarmò, Eren
quasi non ci credeva.
Cercò
di capire se l’avesse fatto apposta, però la vide stupita, che non fingeva e che
respirava anche lei con affanno.
Quindi
lui volle esultare per la vittoria, forse la prima dopo anni in cui faceva
confronti e paragoni mentali fra di loro.
La
ragazza era stata sempre un gradino sopra, pertanto il ragazzo poteva benissimo
concedersi l’illusione di aver raggiunto il suo stesso
livello.
«Hai
visto, Mikasa? Ce l’ho fatta! Non hai più motivo di preoccuparti», rassicurò
l’amica d’infanzia, mettendosi seduto.
Questa
piccola sconfitta era una magra consolazione, in realtà.
«Eren,
non finisce qui. Sarò davvero tranquilla se tu non morirai mai», mormorò lei
seria, restando in piedi, la bocca coperta dall’inseparabile sciarpa rossa, il
suo dono, il suo tesoro.
«Te
lo dissi anche quella volta, non morirò», ribatté
convinto.
Per
quel giorno non continuarono più. Il fidato Armin li raggiunse poco dopo,
scusandosi per il disturbo e sostenendo con rammarico che la loro presenza era
richiesta in una riunione con tutta la squadra, per disquisire sulla riconquista
del Wall Maria e sull’utilizzo di una nuova arma, la lancia del
fulmine.
Hai
ragione, Eren.
Non
scomparirai prima di me, sono pronta a giurarlo in nome dei profondi sentimenti
che provo per te.
Una
volta ti sei arrabbiato, mi hai urlato contro che non sei il mio fratellino e
nemmeno mio figlio.
Oggi
ci credo e sai perché?
Tu
sei sempre stato tutto, senza perdermi nei tuoi occhi e nella convinzione delle
tue parole non sarei mai diventata così forte e capace. Senza di te, io non
sarei Mikasa Ackerman, l’orfana cresciuta troppo in fretta, la ragazza a cui non
serve essere femminile per raggiungere i suoi scopi, il soldato impeccabile che
tutti conoscono e stimano.
Io
sono niente senza di te.
{The pain of it all
The
rise and the fall
I
see it all in you
Now
everyday
I
find myself sayin’
I
want to get lost in you
I’m
nothing without you}