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Autore: GHENEA    19/05/2017    2 recensioni
"Pensi davvero di non aver scelta.
Sei convinta al cento per cento che quella sia l’unica possibilità.
E poi scopri che l’inevitabile era evitabile.
Questi sono i momenti più disperati; ti senti morire, perchè in fondo sapevi che le cose potevano andare diversamente, ma non mi sono mai spinta oltre, per paura di sbagliare o di cercare l’inesistente. Mi rendo finalmente conto di tutta la sofferenza che avrei potuto evitare, se solo non avessi avuto paura."
Rachel ha avuto una vita difficile, basata su scelte che forse non erano corrette, ma non sembra rendersene conto finché non incontra quel rompiscatole di Garfield che come un'uragano sconvolgerà lei e la sua traumatica vita.
Lei sarà in grado di accettarlo? la scelta finale la farà bene?
non vi dico altro e vi lasco a questa storia (se così si può definire).
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La sento andarsene, come se fosse l’unico suono che io abbia mai veramente ascoltato. Forte, deciso e terribilmente letale. Sento nella mia testa la mia stessa voce che urla di fermarla, ma la ignoro e lascio la porta chiudersi. L’ho detto io alla fine: “preferisco vivere con il suo odio che saperla in pericolo”; è perfettamente logico che ora non ne voglia più sapere. Il dado è tratto e non sarò di certo io ad impedirle un po’ di tranquillità. Eppure ora mi sento a pezzi: come se avessi corso per tutta la città senza un attimo di respiro;
Ha lasciato il piatto praticamente pieno, non ha neanche bevuto l’aranciata: forse era troppo impegnata ad urlarmi contro. Un peso insopportabile si fa strada sul mio petto, ma tento di cacciarlo indietro come le lacrime. Si lo ammetto sono a un passo dal piangere come una ragazzina, e questo oltre che deludermi mi stupisce. Non piango mai molto e tutte le volte capita quando sono con i miei genitori, al cimitero; ci sono state ovviamente delle altre volte: ad esempio quando Lucian mi ha rigato la moto, ma quelli erano momenti meno seri e ovviamente meno incasinati di ora. Sparecchio, coprendo solo il piatto di Rachel per evitare che le mosche ci volino sopra, sperando che torni indietro. Ha lasciato da me i suoi vestiti. Anche quelli li piego e li ripongo con cura vicino alla porta; magari con qualcuna delle sue doti eccezionali scassinerà la serratura per recuperarli.
La speranza è l’ultima a morire alla fine. A risvegliarmi dai miei pensieri è il suono del telefono fisso; subito credo che sia Rachel, ma poi mi ricordo che lei probabilmente non ha neanche il numero di cellulare. Mi avvicino al comodino e alzo la cornetta.
“pronto?”
“Garfield? Sei tu?”
Quella voce. Quella dannatissima voce. Mi ha perseguitato per anni e risentirla dopo tanto tempo è un colpo al cuore. Resto in silenzio incredulo; no, non può essere lui.
“per favore rispondi; mi ci sono volute settimane per trovare il tuo numero, ho bisogno di palarti”
Ho fatto di tutto per staccarmi da lui e ora eccolo qui; la sua voce mi fa montare dentro di me un grande senso di rabbia. Come può anche solo parlarmi, dopo tutto quello che ha fatto.
“Gar-“
“ha sbagliato numero”
“Mark ti prego, so che sei tu”
Quel nome; no non è possibile.
“non chiamarmi così! Non ne hai il diritto!”
“Garfield ho bisogno di palarti; devi sapere che in questi ultimi tempi mi sono successe … delle cose che mi hanno fatto riflettere; voglio scusarmi, ma non per telefono”
Chiedermi scusa? Bhe dopo tre anni, se la è presa comoda. Come può anche solo pensare che io potrò ascoltarlo, figuriamoci perdonarlo.
“sai perfettamente quale è la mia risposta”
Il mio tono di voce è tremante per la rabbia. Non ce la faccio, non posso di nuovo tornare a parlargli.
“voglio solo vederti per scusarmi come si deve Gar. Solo una volta, poi prometto che scomparirò dalla tua vita, ma ti prego dammi la possibilità di rimediare”
“mai!”
Sto per riagganciare, ma la sua voce mi precede.
“Garfield sto per morire! Ho un tumore e i medici mi hanno dato come massimo due mesi di vita. Non voglio morire sapendo di averti lasciato solo per tutto questo tempo. Non voglio dover andare a dire a tua madre quanto coglione sia stato, non lo sopporterei”
“quando morirai non raggiungerai mai mia madre; finirai all’inferno, dove è giusto che tu stia”
“allora permettimi di andarci con la coscienza più leggera”
Stingo i pugni, sbancando le nocche.
“perché mai dovrei farti questo favore? Tu hai distrutto tutto ciò che avevo, non ti lascerò interferire anche con la mia nuova vita”
“perche io posso aiutarti. Chiedimi qualsiasi cosa in cambio, ma ti prego permettimi di venire da te”
“non voglio niente da te, non voglio neanche più averci a che fare con te; in realtà non so neanche perchè sto continuando a parlarti. Addio”
Non gli d'ho neanche il tempo di rispondere che butto giù il telefono con violenza. Mi porto le mani ai capelli. In neanche un giorno sono riuscito a rovinarmi la vita; si vede che deve essere la mia giornata no. In casi come questi la cura migliore è una lunga sessione di videogame con la compagnia di un pacchetto di patatine e nachos vegetariani, ma (cosa che reputavo perfino io impossibile) mi è passata tutta la voglia di giocare; effettivamente credo che passero la giornata a guardare il soffitto e ha cercare una soluzione per tutto sto pasticcio.  Sto per mettere in atto i miei piani, quando sento bussare alla porta. Lì per lì speravo fosse Rachel, nonostante fossi già a conoscenza del fatto che in realtà non sarebbe più tornata indietro o almeno non così in fretta, apro però la porta con comunque quella convinzione, la figura che mi si presta davanti è molto diversa da Rae. Con un abbigliamento trasandato, con la quale mai l’avevo visto prima, e il sorriso da chi sa di essere colpevole di qualche fattaccio vedo mio zio; le mani in tasca e l’espressione rilassata lo fanno sembrare diverso da come me lo ricordavo: le profonde occhiaie, insieme alla sua figura molto magra ed esile mi fanno capire che la questione del tumore era vera. Non sono particolarmente addolorato, neanche un po’ se devo essere sincero, sapevo che prima o poi tutto il male che aveva causato gli sarebbe ricaduto addosso. lo guardo sbigottito, non capendo come e quando avesse trovato casa mia.
“non mi hai lasciato scelta”
Sorride ancora ed io non accenno nessuno movimento; resto li a guardare quella faccia che mi ha sempre fatto rigare il volto di lacrime; la stessa dell’uomo che mia madre chiamava fratello; la persona che mi ha trascurato per i suoi affari, che mi ha discriminato e che mi ha impedito di vivere la mia infanzia. Ora quel volto, nuovo e più vecchio mi sta guardando.
“allora non vieni a salutare tuo zio?”
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Intanto nel mezzo di una strada deserta, nonostante fosse l’ora di punta, girava Rachel alla ricerca di non si sa bene quale meta, con quei vestiti che la facevano sembrare uno dei soliti barboni che si aggirano per le stazioni. Eppure la stazione era ben lontana. In realtà forse lei sapeva dove steva andando, ma non voleva ammetterlo. Al momento le sembrava la persona migliore da cui andare, quella che le aveva sempre detto che in caso di necessità ci sarebbe stata. Non aveva mai preso molto in considerazione quelle parole: spesso le persone dicono delle cose solo per cortesia e quindi non le era mai saltato in mente di seguirla veramente. Ora però la situazione era diversa; si trovava nello sconforto più totale con da una parte il cuore che le dice di tornare indietro, chiedere scusa a Garfield e poi di picchiarlo brutalmente, mentre dall’altra il cervello che le diceva di non voltarsi e andare per la sua strada. Per tutta la vita le era stato insegnato che in questi casi ha sempre ragione la testa, perché il cuore è sentimentale, cioè soggetto all’influenza della pietà e del perdono, cosa che non doveva succedere. È un bivio che l’uomo si è sempre posto; quale sarà la strada migliore? La risposta è molto soggettiva, và di individuo ad’individuo, forse una unica non esisteva per il semplice fatto che non dovrebbe porsi e che bisognerebbe cercare una via di mezzo, cosa però alquanto complessa. Si ritrovo a fare questi ragionamenti mentre varcava la soglia del portone di un palazzo. Suonò al citofono dell’interno interessato che le aprì senza chiedere niente. Alquanto incauto, pensò mentre saliva le scale fino al terzo piano; appena si trovò davanti alla porta della casa, questa si apri facendo uscire la ragazza dalla foltissima chioma rossa, ora più gonfia del solito per il brusco risveglio.
“Rachel!”
Esclamo stupita con la voce ancora impastata dal sonno.
“che ti è successo? Di chi sono questi vestiti”
Alzò il volto verso l’amica senza proferire parola, ma bastò quello sguardo a far intendere tutto a Kori, la quale capì che qualcosa aveva scosso profondamente l’amica, oltre ovviamente la tragedia di sua madre.
“entra dai; ti preparo un po’ di thè”
Passata la porta si trovo in una casa di medie dimensioni e venne pervasa da un forte odore di rose, inizialmente un po’ fastidioso, ma riscaldava molto l’ambiente insieme ad un arredamento scoordinato ma che dava un forte senso di famiglia e di casa. C’èrano in tutto sei vani e loro si diressero verso quello della cucina, per preparare la bevanda. Durante tutta la preparazione rimasero in silenzio; Rachel osservava ogni dettaglio di quella casa che nell’insieme sembra un uragano di oggetti messi a caso in giro per la stanza, ma che davano l’idea della personalità della padrona. Mentre si guardava intorno l’amica le porta una tazza per poi sedersi sul divano, sempre in silenzio.
“non c’è bisogno che mi spieghi cosa è successo se non vuoi, so che non ti piace farlo. Puoi però sfogarti con me, piangere o anche solo stare così in silenzio se ti fa stare meglio”
Era tentata di usare la terza opzione, ma dentro di se aveva bisogno parlare, di far uscire quello che aveva dentro.
“lo odio”
Così iniziò guardandosi le mani mentre i capelli corvini le coprivano una parte del viso. Kori si sedette comoda e aspettò.
“chi voglio prendere in giro, non sarò mai capace di odiarlo davvero”
Un sorriso di sconforto appare sul volto della corvina.
“vorrei però; renderebbe le cose molto più semplici, ma non riesco; dopo quello che ha fatto non posso di certo perdonarlo e non voglio farlo, non ancora almeno e questo mi fa uno strano effetto: sembra quasi cosa più sbagliata che potrei fare e non sono solo io a dirmelo, mi prenderai per pazza, ma anche mia madre me lo ha detto in sogno.”
Si ferma per qualche secondo, alzando ora lo sguardo verso Kori che ascoltava in silenzio ogni singola parola.
“ oggi sono stata da lui. Mi ha aiutata, mi ha protetta e mi ha anche preparato la colazione; ti rendi conto lui!”
sto quasi ridendo di gusto, ma la nota malinconica è forte e chiara.
“gli ho detto che è una persona orribile e che non avevo più intenzione di vederlo; che il mio odio per lui non smetterà mai di bruciare e che è colpa sua per tutte le cose brutte che mi sono accadute.”
Ora riabbassa lo sguardo; non dimenticherò mai la sua faccia di pietra, e l’ombra che era tornata nei suoi occhi.
“me ne sono andata senza dire altro; mi aspettavo quasi che mi seguisse per farmi cambiare idea, forse ci speravo, ma non lo ha fatto. Venendo in qua mi sono resa conto che finalmente ero riuscita ad allontanare anche lui; da quando ci siamo conosciuti è stata l’unica persona della quale non riuscivo a liberarmi e mi dava fastidio. Non riuscivo a tenere il tono freddo di sempre, facendomi arrabbiare e costringendo far vedere più di quello che sarebbe dovuto uscire”
Kori continua a seguire interessata il discorso, ma sentendola parlare si convinceva sempre di più che la sua teoria era corretta. Tra i due stava nascendo qualcosa di forte e nessuno dei due forse se ne rendeva conto.
“ per tutto questo tempo ho tentano di allontanarlo, convincendomi che fosse la cosa migliore per lui, per non farlo entrare in faccende che non lo riguardavano, per non metterlo in pericolo; ora che finalmente ha capito, forse non capisco più io.”
Sospiro e ricaccio indietro le lacrime; ultimamente ho pianto davvero tanto, forse sto dando sfogo a tutto ciò che ho accumulato negli anni, dove piangere era assolutamente vietato essendo una forma di debolezza. Le lacrime per il dolore sono state le più sofferte; quelle di sfogo, quelle che stanno cercando di uscire adesso invece, sono liberatorie. Un puro concentrato di odio, stress che ti alleggerisce la testa e il cuore. Sono forse le più utili, ma sono pur sempre lacrime.
“non faccio a meno di chiedermi se è veramente quello che voglio o se è frutto del mio smisurato orgoglio. Da quando ho superato la soglia di casa sua, non sentendo la sua voce chiamarmi mi sono resa conto che in realtà è l’ultima cosa che vorrei”
Ora le lacrime escono copiose dai miei occhi. Li sento arrossare per l’ennesima volta e il magone nella gola mi fa parlate con un tono profondo, ma Kori sembra capire benissimo. Lei ha sempre capito tutto di me; mi ha sorpreso quando me ne sono accorta e mi imponevo di non crederci eppure è sempre stato così.
“e mi fa male pensare che devo far finta che non sia così, per il suo bene”
La guardo mentre sorseggia la tazza di te. Si è lentamente avvicinata e ora poggia le mani sulle mie. Mi chino e appoggio la testa sulla sua spalla, bagnandole il maglione verde prato.
“se dovessi descrivere il momento in cui l’ho conosciuto, lo definirei come una minuscola luce apparsa in un mare di oscurità; un faro, in una notte senza stelle. È l’unica cosa buona in questo casino; non riuscirei a descriverlo in alcun modo. Non capisco davvero che cosa mi stia succedendo: sono sempre stata bene da sola e non riesco a credere che un ragazzino sbruffone, infantile e irresponsabile come lui possa avermi cambiato così profondamente”
Sospiro, aspettando di calmarmi, poi Kori, per la prima volta da quando avevo iniziato a parlare, apre bocca.
“credo di aver capito cosa ti stia succedendo sai.”
Alzo il capo e torno a fissarla; mi sorride in modo dolce e non faccio a meno di ammirare la sua positività.
“hai mai considerato l’idea di esserti innamorata?”
Mi guarda con determinazione, cercando di capire la mia risposta leggendomi gli occhi.
“a dire il vero si; me lo sono chiesta tante volte e tutte le volte evitavo di darmi una risposta, forse perche non lo so o perche non voglio saperlo. Se devo essere sincera ho parecchio paura di quel sentimento: è capace di prenderti emotivamente e travolgerti l’esistenza; puoi spezzarti con una facilità inimmaginabile, per non parlare che per amare c’è, per forza, bisogno di una seconda persona per amare, e quello già porta ad una sensibilità emotiva che causa un’aprirsi completamente all’altro. è molto rischioso perché dai a quella persona la possibilità di distruggerti e ti porta ad essere debole e condizionato da una serie di sentimenti che bisognerebbe ignorare e rinchiudere invece”
Mi guarda quasi stupita dalle mie parole e accenna ad un sorriso comprensivo; non capisco che cosa ci si da ridere, tutto quello che ho detto è giusto e non si può controbattere perché anche lei lo sa.
“sai dirmi la definizione di amore?”
Rimango un po’ confusa per quella domanda, ma rispondo senza fare domande.
“è  una dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone, volta ad assicurare reciproca felicità”
“hai detto bene!”
Esulta, portandomi una mano su una spalla.
“l’amore è istintivo e intuitivo; è una cosa che ci viene donata sin da piccolo, e anche se non sembra Rachel tu ne hai ricevuto: da tua madre, da me, da Victor, da Dick. Il fatto che sia così potente, così importante per le persone è dato dal fatto che noi siamo amore. Persino tuo padre ha in se un briciolo di buon’animo; la prima cosa che ti dona la vita è proprio questa meravigliosa possibilità di dare e ricevere affetto per far sentire meglio gli altri, sta a noi scegliere se usarlo o meno e non lo puoi rinnegare. Forse lo puoi nascondere, ma non puoi evitare la semplice essenza della vita.”
Non posso fare a meno di trovare senso alle sue parole e rendermi conto che effettivamente era tutto vero. Ogni singola parola mi entra nell’animo, mi rimbomba nella testa, come se il mio cuore volesse darle ragione e farmi capire che tutto quello che sta dicendo la mia amica è vero.
“nella vita di ogni uno, però, capiterà di incontrare quella persona capace di farti venire la pelle d’oca al solo contatto o di farti aumentare il battito del cuore mentre lo guardi; forse è una versione troppo smielata per te, me ne rendo conto, ma è quello che, quanto meno, accade a me“
Mi guarda sorridente; i suoi occhi verdi, brillando e rivelano la purezza delle sue parole.
“è fatto per dare felicita e riceverne altrettanta, come hai detto tu, e a me non pareva per niente che tu non fossi felice quando stavi con lui”
Abbasso lo sguardo, tentando di non farle capire che avesse ragione.
“anzi, persino al tuo compleanno lo hai dimostrato; te lo stavi praticamente mangiando con gli occhi, e altrettanto faceva lui”
Arrossisco, mentre tiro su di naso per poi alzarmi e appoggiare la testa sulla sua spalla in cerca di conforto. In cambio lei mi dà una carezza sulla testa e quasi mi sembra di risentire il calore materno che mi dava Arella.
“quando lo ammetterai a te stessa sarà più facile accettarlo. Ormai lo abbiamo capito tutti, manchi solo tu”
Ha ragione; infondo forse l’ho sempre saputo. Ad un tratto mi pare tutto quasi più chiaro: ecco perché mi risultava difficile allontanarmi, ma allora quando è successo? E come? Non è mai stato un problema che mi ponevo spesso, quello di iniziare una relazione; pensavo e penso di non avere la pazienza e le capacità richieste per poterne sopportare una. Ammetto però che, in alcuni casi, mi sembrava un’esperienza interessante da fare.
“cosa devo fare Kori?”
Sospiro e aspetto. Ho perso la concezione del tempo; chissà da quanto sono qui?
“penso che dovresti parlargli, quello aiuta sempre; quanto meno dagli la possibilità di parlargli”
“non posso. Tu … tu non sai cosa ha fatto”
Chiudo gli occhi ricacciando i vecchi pensieri.
“invece lo so benissimo”
Mi alzo di scatto, guardandola con stupore misto a delusione; anche lei no.
“lo sappiamo tutti in realtà, Arella ce ne ha parlato qualche settimina prima del tuo compleanno, ma questo Gar non lo sa. Ci ha fatto giurare di non interferire, che era per il tuo bene. Abbiamo tentato chissà quante volte dal dissuaderla dall’idea, ma era convinta che fosse l’unica soluzione”
Continuo a guardarla con sguardo perso. Perché la gente deve farmi stare così male; perché non ho seguito gli insegnamenti di mio padre; se non avessi nessuno ora quantomeno non mi sentirei così tradita.
“ci ha detto anche che immaginava avresti avuto questa reazione e che avresti tentato di staccarti da noi e da Gar. Abbiamo promesso che ti avremmo sempre protetta e che per te ci saremo sempre stati; non vogliamo il tuo perdono, non ne abbiamo bisogno credo, vogliamo solo vederti felice come avrebbe voluto vederti lei.”
Altre lacrime. Sono perfino più amare di prima, ma non sono l’unica a piangere. Ora anche il viso di Kori è solcato da sottili gocce d’acqua, mentre gli occhi verdi accesi sono arrossati. Quando parla si sente il magone alla gola che la costringe a respirare a bocca aperta, uscendo così lievi singhiozzi.
“Rachel io capisco cosa tu stia provando ora, lo sai bene anche io ho perso mia madre e fa male, farà male per sempre, ma se c’è una cosa di cui ho la più assoluta certezza è che lei non avrebbe mai voluto veder soffrire per colpa sua, riversando il mio dolore su mio padre, il quale non aveva colpe. Anche Garfield non ne ha, tua madre ha fatto la sua scelta e ha scelto te, perché voleva che tu vivessi la vita che non ti ha mai potuto dare. Se pensi che odiarlo possa farti stare meglio, allora fallo, ma domandati bene prima se sei davvero disposta a perderlo del tutto”
La risposta mi parve chiara e limpida subito, senza neanche pensarci. Per una volta penso che deciderò di seguire i sentimenti; non posso usare altro che quelli ora. Le prendo le mani e gliele stringo; lei alza lo sguardo su di me e, seppur con le lacrime agli occhi, le sorrido; in quel gesto metto tutto il mio affetto e la mia gratitudine per lei: da quando ci siamo conosciute è sempre stata disponibile e gentile con me eppure non esiste volta in cui non mi abbia rivolto uno dei suoi sguardi solari. La abbraccio e lei mi viene dietro, insieme alla sua stretta soffocante.
“grazie per essere così, Kori”
Le dico, cercando di trattenere le lacrime; la sento sorride e scioglie l’abbraccio mentre tenta di asciugarsi il viso.
“vado a preparare altro thè; ti va di stare a pranzo”
“penso che resterò qui anche per più tempo, se non è un problema per tuo padre”
Sembra esplodere di gioia e annuendo va a mettere a bollire altro thè, mentre io mi sdraio con la testa più leggera.
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Era già tarda mattinata, quando arrivai davanti al luogo dove sarebbe dovuto avvenire il rapimento; nonostante fossi stata chiamata di buon’ora raggiunsi la casa solo adesso. Avevo perso molto tempo nel prepararmi, più del solito devo dire. Mentre ripassavo il piano continuava a tornarmi in mente la conversazione con Rachel avvenuta non troppo tempo fa: mi aveva promesso di non dire nulla a suo padre della mia mancanza di riservatezza, in cambio della protezione dei suoi cari. Mi viene difficile ammetterlo, ma penso che i sensi di colpa stiano avendo la meglio sul mio senso del dovere. Noto subito la costosa auto parcheggiata di fonte alla casa, per cui trovo che sia il caso di attendere che l’ospite del ragazzo se ne vada. Spengo il motore della macchina di servizio, ma lascio il riscaldamento acceso per potermi rilassare nel tepore della vettura. Fuori le strade sono ancora bagnate nonostante non piova più da parecchie ore, forse per via dell’umidità di oggi, che rende questa giornata invernale ancora più gelida; infatti sono poche le persone che attraversano le strade nonostante l’avvicinarsi dell’ora di pranzo. Improvvisamente vedo sbucare da dietro l’angolo una bambina sui cinque/sei anni mano nella mano con quella che credo sia sua madre. La piccola ha un’area così serena e felice mentre chiacchiera allegramente con la donna a suo fianco, ignara del male nel mondo o delle difficoltà che vedrà crescendo; sembra crudele pensare che una bambina così allegra un giorno potrebbe cedere al suo lato più tenebroso iniziando a prendere strade sbagliate una dopo l’altra. Un giorno potrebbe ritrovarsi perfino ad odiare la persona con cui sta passeggiando. Mi chiedo come una persona possa cambiare radicalmente, che cosa possa spingere un umano a rovesciarsi così. Strano che me lo domandi proprio io.
Nello stesso istante mi viene in mente un’altra bambina, però più grande di quella appena passata, anche lei felice e spensierata che camminava con i suoi genitori verso la gelateria che tanto le piaceva. Quella bambina non poteva neanche immaginare che proprio davanti quella gelateria, con ancora in mano il suo cono alla menta e cioccolato, avrebbe perso tutto; tornano le immagine del sangue scarlatto sull’asfalto due corpi inerti stesi a terra e i lamenti di quella bambina che chiamava disperatamente la mamma e il papà. Si ricorda ancora perfettamente del colpo di sparo che le fischiava ancora nelle orecchie e degli occhi penetranti e incuranti dell’uomo armato di quella pistola ancora calda. Il cono che le cade dalle mani non appena si vede puntare addosso la pistola e il visino rigato dalle lacrime che non riesce  produrre altro suono che qualche gemito di dolore tra una lacrima e l’altra, nonostante in realtà volesse urlare. Un altro sparo, altro sangue, ma stavolta non si senti triste per quella morte; l’assassino cade a terra senza più forze e la bambina si volta verso la gelateria. I sottili capelli biondi che le erano davanti al viso, non le impedirono di vedere la figura del suo salvatore: un uomo imponente con occhi neri come pozzi ed una tagliente voce che la chiamava a se. In quel momento non pensò il gelato caduto, alle lacrime che le facevano arrossare gli occhi o alle gocce di pioggia che le facevano appiccicare i capelli al volto, vedeva solo le due persone che più amava al mondo sdraiati su una pozza rossa, immobili e privi di vita. “Era successo tutto così in fretta”, si ritrovo a pensare, “che non ho neanche avuto il tempo di assaggiare quel gelato”.
Cosa stai facendo Tara? Ti eri ripromessa di cancellare quel ricordo, ma come si fa ad eliminare un pezzo di sé. Il dolore che si prova quando ti strappano via qualcosa di tuo è pari alla morte, la parte peggiore è data dal fatto che però non muori; resti lì in mondo che non ti appartiene più, in posto dove l’unica cosa che puoi fare è aspettare che tutto questo dolore finisca; perché allora ho deciso di fare questo lavoro, a volte mi chiedo: forse perché alla fine procurare dolore agli altri, fa sembrare questa attesa meno insopportabile ed è bello pensare che non si è mai gli unici a soffrire così tanto. Ora però non riesco ad affiancare questa idea a ciò che sto per fare. Tradire una promessa; mi hanno sempre insegnato che la parola non vale nulla, per cui non ti puoi mai fidare di nessuno, ma Rachel mi ha protetto, come i miei genitori hanno protetto me quel giorno. Chissà forse anche l’uomo che gli ha uccisi era nelle mie stesse condizioni, forse non voleva sentirsi solo; anche solo pensare di assomigliare a lui mi fa venire i brividi, per cui ho deciso: è momento di tradire e non di fidarsi più.
   
 
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