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Autore: matisse91    21/05/2017    6 recensioni
Sakura Haruno è una normale ragazza di Konoha, allegra, vivace , spensierata e bella. Una ragazza innamorata e fidanzata sin dai tempi dei banchi di scuola. Ma la vita non sempre procede come vorremo, e l'amore della giovane viene messo alla prova dalla lontananza del college e sopratutto dalla presenza di un bel moro. Riuscirà Sakura a salvare il suo vecchio amore? O soccomberà alla tentazione di ampliare nuovi orizzonti!
Tratto dal prologo:
Guardo l’uomo che mi sta di fronte, la sua espressione facciale rimane composta davanti al mio dolore, alla mia distruzione.Mi tende una lettera dai bordi stropicciati e macchiati d’inchiostro.
“Cos'è?”, gli chiedo sussurrando con un’esile filo di voce.
Ma lui non mi risponde, rimane fermo, immobile, davanti l’uscio del mio appartamento, sotto quel temporale che imperversa sull'intera città.
Cerca di farmi afferrare quella dannata lettera, ma non voglio.
[...]
“però è strano che non ti piacciano le storie d’amore”, borbotta leggermente infastidito.
“E perché? Non è che debbano piacer a tutte le ragazze”, gli rispondo acida.
“Lo so, ma sei così rosa!”, continua imperterrito.
“Baka!”, lo riprendo per poi girarmi offesa dall’altra parte.
“E dai Sakura-chan! Non possiamo litigare il primo giorno
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Prologo.

Gennaio 2015, Suna.

Il tempo è qualcosa a cui non ho mai prestato troppa attenzione, non sempre per lo meno. Qualcosa che, come quasi tutti gli altri esseri che popolano questa terra, ho dato per scontato.  Il tempo ha i suoi flussi e riflussi, ma, sostanzialmente, non cambia mai. Non posso fermarlo, non importa quanto lo desideri. È impossibile far scorrere all’indietro o bloccare le lancette dell’orologio.
Eppure è questo che desidero, che voglio. In questo momento, voglio solo che il mondo si fermi e torni al momento in cui ero felice e pronta ad affrontarlo. Il tempo è il banco di prova di ogni cosa: mostra ciò che si è realmente, le nostre indoli, svela i nostri più temuti segreti e le più ingannevoli bugie. Nulla sfugge al tempo. Ma è infido, ci priva della vividezza delle nostre passate emozioni, del colore della nostra vissuta spensieratezza. Il cuore mi batte all’impazzata mentre comincio finalmente a capire cosa sta succedendo.
Guardo l’uomo che mi sta di fronte, la sua espressione facciale rimane composta davanti al mio dolore, alla mia distruzione.
Mi tende una lettera dai bordi stropicciati e macchiati d’inchiostro.
“Cos’è?”, gli chiedo sussurrando con un’esile filo di voce.
Ma lui non mi risponde, rimane fermo, immobile, davanti l’uscio del mio appartamento, sotto quel temporale che imperversa sull’intera città.
Cerca di farmi afferrare quella dannata lettera, ma non voglio. So già chi è il mittente. So già quale sarà il suo contenuto, ma non voglio averne la certezza, non voglio leggere quelle parole scritte per mano sua, con quella calligrafia incomprensibile, che fino a qualche mese fa mi irritava.
Non voglio perché non posso più tornare indietro, non posso più cancellare i miei sbagli. Perché ormai lui non è più qui per potermi perdonare.
Per questo sfuggo a quella lettera, per questo faccio un passo indietro e cerco di chiudere la porta in faccia a quel passato così doloroso da impedirmi di respirare. Ma lui non mi accontenta, non si china di fronte alla mia miseria, non rispetta la mia disperazione, non fa attenzione a non calpestare i frammenti del mio cuore.
No, lui rientra prepotente nella mia vita, ne calpesta le macerie, profana il mio dolore con l’irriverenza del suo silenzio e della sua compostezza.
“NO… fermo lì. Non ti avvicinare… non la voglio quella!”, singhiozzo cercando di ingoiare l’amarezza e il pentimento.
Sordo al mio diniego, alla mia disperazione, allunga una mano costringendomi ad afferrare il pezzo di carta.
Anche con gli occhi pieni lacrime posso individuare quei tratti calligrafici disordinati, le tipiche sbavature d’inchiostro che accompagnano l’ordine errato di scrittura dei kanji. E il mio cuore ricomincia a sanguinare.
Alzo lo sguardo all’uomo che sto imparando ad odiare, colui che si fa ambasciatore dei disastri della mia vita, ma non c’è. Compio un passo incerto fuori dal mio appartamento.  La pioggia mi investe in tutta la sua potenza. Rimango lì, sotto quelle gelide gocce d’acqua che coprono le mie calde lacrime.
Anche il cielo la piange la tua morte amore, penso tristamente.
Guardo la lettera, ora zuppa d’acqua, l’inchiostro che inizia a scolare lungo la carta, e un senso d’impazienza mi pervade.
Rientro dentro, le spalle scosse dalle forti emozioni contrasti che mi infuriano dentro.
Mi accascio sul gelido linoleum del pavimento, e inizio a leggere le tue ultime parole.
Amore mio,
non so perché abbia deciso di scriverti questa lettera. Forse perché un senso di ineluttabilità mi perseguita da settimane. Fatto sta che, un giorno, rientrando da lavoro, ho avvertito l’urgenza di mettere per iscritto i sentimenti che da una vita nutro per te.
Ti amo Sakura Haruno, ti ho amato da quando ho memoria. Sin dal primo giorno d’asilo quando, con quei buffi codini rosa e quegli occhioni verdi come i vasti prati nei quali desideravamo correre, sei caduta per terra davanti a me scoppiando a piangere. Credo che ho cominciato ad amarti da quel momento, quando aiutandoti a rialzarti mi hai ripagato con il più dolce dei sorrisi.
So che suona patetico, ma è andata proprio così.
Non hai mai smesso di meravigliarmi, e non parlo solo della tua bellezza, anche se non è da poco, no…. Parlo della tua forza d’animo e della tua bontà e della tua lealtà.
Sono a conoscenza di tutti i tuoi segreti Sakura. Tutti, compreso l’ultimo.
Non nego che non mi sia sentito tradito e ferito a morte. Non nascondo che ho provato ad odiarti e a maledirti, ma non ci sono riuscito.
Non riesco ad andare contro la mia natura. Sono nato per amarti e l’ho fatto fino all’ultimo mio respiro. Quando ho appreso di
 
Getto di lato quella missiva.
Lui sapeva tutto, eppure mi ha perdonato. Come ha potuto?
Non sono degna di alcun perdono, non io, non una come me.
Con dita tremanti riafferro il pezzo di carta e mi costringo a leggere i suoi ultimi pensieri.
Una volta finito di leggere quel pezzo di carta, intriso delle mie amare lacrime, giacie in mille pezzi sul pavimento, in mezzo agli ultimi cocci del mio misero cuore.
Mi rannicchio in posizione fetale tra le macerie della mia vita, pregando che sia solo un brutto sogno. Ma l’orologio a parete, con le sue lunghe lancette e il suo insiste ticchettio, mi ricorda che il tempo non si ferma, che va avanti inesorabile, spietato per i deboli, beffardo per i forti.
Il tempo non si arresta, ma per stanotte mi fermo io. Mi fermo sul ricordo dell’uomo che amo, ma che non potrò più avere al fianco, mi soffermo sul suo perdono, sulle sue ultime parole. Mi rinchiudo tra i ricordi di un passato felice e spensierato. Al di fuori il tempo scorre, scorre come la pioggia che defluisce nei canali di scolo, purtroppo non porta via con sé tutto questo dolore, né il marciume che macchia la mia anima. No, il tempo scorre spietato e beffardo mi lascia lì, sul pavimento del mio appartamento, rotta, guasta, mal funzionante.

 
 
   
 
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