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Autore: EcateC    25/05/2017    5 recensioni
La vera storia di Harleen Frances Quinzel, la rigida dottoressa newyorkese che si lasciò sedurre da Joker per diventare la famigerata Harley Quinn, la pagliaccetta bella e simpatica che tutti conosciamo.
Ma da lasciarsi alle spalle una vita di privazioni a conquistare il cuore del super criminale di Gotham c'è una bella differenza, ed è qui che riposa la vera inversione dei ruoli. Provare per credere.
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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“The most attractive character in Suicide Squad is definitely Harley Quinn. I think Joker just has his eyes for Harley, the other girls are cute but Harley has that special taste. Harley or Margot are absolutely perfect for the Joker, and for me too.”
Jared Leto

 



 

Super Freak

 

 

Arkham Asylum, ore 11:00

 

 

-Dottoressa Quinzel, ormai vivo per questi momenti insieme a te… Ma cosa mi hai portato?-

Joker quel giorno era particolarmente attraente. Aveva i capelli pettinati all’indietro e le labbra tinte di rosso acceso, ma come si fosse procurato la lacca e il rossetto, per Harleen restava un mistero. Comunque, costei gli mostrò timidamente il suo regalino.

-Un peluche, un gattino- gli disse dolcemente, avvicinandogli il pupazzetto sul tavolo.

-Un gattino! Che bel pensiero!- gli rispose lui, sporgendosi bene sul tavolo. Lei fece lo stesso, ammaliata come sempre dal suo fascino.

-Ora vorrei che facessi un’altra cosa per me-

-Qualsiasi cos… Cioè, sì, dimmi-

-Il mitragliatore- le sussurrò tra i denti, divenendo improvvisamente serio -Voglio il mitragliatore-

Harleen lo guardò scombussolata -Il mitragliatore?- 

Come risposta le fece il sorriso migliore del suo repertorio: alienato, ampio e argentato.

Harleen cercò di fare un sospiro, ma l’ansia e l’entusiasmo glielo ingolfò nel petto. Si portò una ciocca dietro l’orecchio, guardò di sbieco la telecamera e poi osservò di nuovo lui.

-Quando?- gli chiese, coprendosi la bocca con la mano

-Domani- le disse -Tesorino- aggiunse

 

Due ore dopo…

 

-Sentiamo, perché vuole spostare la seduta con Joker a domani?-

-Temo che abbia in mente qualcosa- mentì Harleen, seduta rigidamente di fronte a lui -Ho bisogno di parlargli-

-Giusto la scorsa settimana- iniziò il direttore, massaggiandosi la barba -Giusto qualche giorno fa, quel mostro ha tentato di aggredirla e lei non solo non vuole prendersi qualche giorno di ferie, ma mi chiede perfino di ravvicinare le sedute. Comincio a dubitare della sua integrità mentale, dottoressa-

-Non mi ha aggredito, si è sentito male-

Arkham rise, spiacevolmente -Seh, Joker che si sente male! Questa è bella… Io non so perché lei si ostina a difenderlo così… O meglio, lo so, ormai siamo tutti al corrente della simpatia che c’è fra di voi, ma questo non significa che lei sia autorizzata a fare quello che vuole. Avrà anche un ottimo curriculum ma resta sempre una mia dipendente, e perciò deve sottostare alle mie direttive-

-Non mi sembra di violare nessuna direttiva chiedendo di anticipare una seduta con il mio assistito- gli rispose indignata, guardandolo bene negli occhi -Faccio solo quello che ritengo più opportuno per l’intero percorso di guarigione-

La tensione si tagliava col coltello. Harleen sapeva benissimo quali erano le voci che circolavano su di lei, tutti la ritenevano una gatta morta, la finta santarellina che si approfitta del suo aspetto gradevole per ingraziarsi i pazienti grossi e fare carriera. Il caso Joker ne era l’esempio calzante.

-D’accordo, dottoressa, lo farò presente alle forze di sicurezza e al PM- gli disse stancamente -Adesso mi dia gli ultimi due referti che ha scritto, che devo mostrarli a lei sa chi-

Naturalmente si riferiva alla Waller. Con malavoglia, Harleen gli consegnò due plichi sigillati, contenenti i resoconti scritti delle ultime tre sedute.

-Prega che siano soddisfacenti, dottoressa, altrimenti rivedrà Joker direttamente al telegiornale…-

-Sono certa che la signora ne rimarrà piacevolmente sorpresa-

 

 

The Waller Jet, il giorno seguente alla stessa ora.

 

 

Seduta comodamente sulla poltrona del suo aereo privato, Amanda Waller scartò il dettagliato referto della dottoressa Quinzel e iniziò a leggere con avidità.

 

Dott.ssa H. F. Quinzel
Nono incontro, 30/10/18

 

Come sempre, entro in ambulatorio e trovo il paziente zero già seduto e legato sulla sedia ad aspettarmi. Come vado a ripetere da quasi un mese, ritengo opportuno cambiare questo dettaglio che aumenta inutilmente il sapore terapeutico e il senso di costrizione delle nostre sedute. Se il paziente potesse almeno alzarsi dalla sedia, si sentirebbe più libero di esprimersi: non si può pretendere un sentimento di fiducia reciproca e, quindi, di collaborazione, se una delle parti è trattata alla stregua di una bestia pericolosa.

Inoltre, in mia presenza non ha mai dimostrato manifestazioni di aggressività tali da giustificare un simile eccesso di cautela. 

Fatta questa doverosa premessa, il cd. Joker mi è sembrato sinceramente felice di vedermi. Mi fa il consueto sorriso, il suo sguardo è come sempre vigile e la sua postura leggermente inclinata in avanti. 

Omissis.


La Waller si accese una sigaretta, annoiata. Per fortuna che la traversata Gotham-Metropolis non era lunga…


Parliamo a lungo, si dimostra disponibile e aperto al dialogo. 

Omissis.

Come sempre è molto attento ai dettagli. A titolo di esempio, oggi mi ha rimproverato per non aver messo la gonna più corta che avevo l’ultima volta, ma l’ha fatto senza essere inopportuno o sgradevole. Non è mai parco di complimenti nei miei riguardi.


La Waller alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, le pareva di vedere la dottoressa sorridere mentre scriveva. E chissà quante altre stupidaggini aveva omesso, come se Joker potesse avere un interesse diverso da quello di ucciderla o di portarsela a letto. O magari entrambe le cose, conoscendolo.


Omissis.

Omissis.

Omissis.

Il ricordo di Jeannie lo agita. Sortisce in lui emozioni forti di rabbia e incomprensione. L’unica nota positiva è che lo induce a parlare di sè. Riporto parte di ciò che mi ha detto.

“…Perché mi guardi con quegli occhioni tristi? Hai avuto una giornata storta, Harl? (n.d.r: la sottoscritta). Sai le giornate storte capitano a tutti, e per rimediare c’è chi ammazza le puttane e chi si veste da ‘topo volante’ (lett.). Ma non guardarmi così, io non ho bisogno della tua pietà! (è concitato, io mi alzo dalla sedia per calmarlo, ma il paziente fraintende). Cosa fai lì in piedi? Oh, aspetta, lo so: ti sei tradita da sola. Succede sempre così. La gente si tradisce da sola, fa tutto da sola. Arrivo io e cosa fa? Scappa e grida, dando per scontato il fatto che io non abbia nient’altro di meglio da fare che preoccuparmi di ucciderla. Ti sembra un comportamento intelligente, questo? Secondo me no, francamente mi sembra più un’istigazione a delinquere. Andiamo, scappano e gridano con le zampe all’aria, come faccio a non tirare neanche un colpo? E non guardarmi così… Non siamo forse tutti pazzi qui? Devo esserlo solo io?”

Omissis.

“…E per quanto riguarda Jeannie (calca bene il nome della defunta moglie), non c’è bisogno che inventi degli stratagemmi per parlare di lei. Sono il Joker, mia cara, io attraverso l’inferno a testa alta!”

Ritengo quest’ultima frase una chiave di lettura interessante, vorrei soffermarmi un attimo sullo studio delle sue parole…

 

Ma la Waller smise di leggere e mise da parte con malagrazia il foglio scritto a macchina dalla psichiatra.

No, non erano questi i piani. Non le interessava il fatto che lui ricordasse Jeannie o che si dimostrasse collaborativo, lei voleva sapere che genere di creatura fosse e come diavolo avesse fatto a ridursi così, soprattutto perché sapeva com’era Jack Napier prima di rovinarsi: Un brillante laureato in ingegneria chimica con due occhi angelici e l’aria da bravo ragazzo, esattamente l’opposto di ciò che era Joker adesso. 

Pensierosa, accese il suo portatile privato ed entrò in una cartella segreta, digitando l’apposita password. Visualizzò in grande una delle poche foto rimaste di Jack e Jeannie Napier, ma per quanto si sforzasse a guardarla, per quanto cercasse in quel ragazzo moro e bello qualche dettaglio che rimandasse al Joker di oggi, lei non riusciva a trovarlo.

Eppure, il clown non poteva essere sorto dal nulla… Il dolore gioca brutti scherzi, ma non poteva essere stato il solo e unico fattore determinante di una così incredibile trasformazione. 

All’improvviso, il suo telefono cellulare squillò. La donna rimase sorpresa, non aspettava chiamate.

-Pronto?-

-Amanda, devi tornare subito indietro. All’Arkham è codice rosso-

La Waller chiuse gli occhi -Cosa è successo?- 

-Joker. È scappato-

 

 

 

Tre ore prima, Arkham Asylum

 

-Ci son due coccodrilli e un orangotango, due piccoli serpenti, un’aquila reale…-

-Hai una bella voce Mr. J- ridacchiò Harleen, muovendo sotto il tavolo un piede verso lui -Come mai sei così di buon umore?-

-Batman, il panda e l’elefante, non manca più nessuno…-

Harleen gli accarezzò la caviglia col piede.

-Solo non si vedono…-

-Voglio fare l’amore con te- gli sussurrò appena, arrossendo. Joker la guardò con la bocca dischiusa e piegò il capo di lato.

-I due liocorni- finì la filastrocca, ma lo fece senza cantare -Harley, tu…- poi si bloccò, sembrava indeciso -Tu… Devi metterti sotto al tavolo-

La ragazza alzò le sopracciglia scherzosamente -Signor Joker, le sembra una cosa carina da dire a una ragazza?- 

-Mettiti sotto il tavolo- le ordinò Joker severamente, mentre la luce del neon sopra alle loro teste aveva iniziato a vacillare in maniera inquietante. La dottoressa alzò la testa verso il soffitto, infastidita da quella luce a intermittenza, ma nel momento in cui lo fece, uno sparo da arma da fuoco la fece trasalire.

-Cosa è stat…?-

-GIÙ, ORA!-

All’improvviso, con la stessa irruenza di una secchiata d’acqua gelata, Harleen Quinzel fu travolta dalla consapevolezza. Si gettò a terra, giusto in tempo per evitare uno sparo che colpì proprio lo schienale delle sua sedia.

Dunque, il grande giorno era arrivato. 

Dopotutto non le avevano comunicato quale fosse la data, né cosa sarebbe accaduto di preciso… Lei doveva solo lasciare la borsa piena d’armi nella sua macchina e parcheggiarla nel posteggio più vicino alla porta d’ingresso dell’Arkham, lasciandola possibilmente aperta e con le chiavi attaccate al cruscotto. Il problema infatti non era entrare nell’Arkham Asylum, che bene o male era un luogo aperto al pubblico, il problema era entrarci armati di bombe a mano, mitragliatori e pistole. E gli uomini della security non sottoponevano più Harleen a nessun controllo, la salutavano gentilmente e la facevano entrare con l’auto senza preoccuparsi del resto. Che male poteva fare una ragazza carina e impacciata come lei…?

Senza esitare, Harleen si nascose sotto al tavolo e si coprì le orecchie con le mani per proteggersi da due esplosioni spacca timpani, equiparabili allo scoppio di due grossi petardi, e dalla raffica di spari contro la porta blindata che chiudeva la loro stanza. Gridò istintivamente e si aggrappò forte alle gambe di Joker, che aveva iniziato a ridere come un pazzo. 

L’aria era già satura di polvere e di odore di bruciato, e fuori le grida delle persone erano agghiaccianti.

-MUOVETEVI, IDIOTI!- gridò il clown esagitato, mentre i mercenari fuori continuavano a sparare contro la porta per aprirla. 

Intanto, la sirena dall’allarme dell’Arkham aveva iniziato a suonare, ma ci furono talmente tante esplosioni, grida e spari che il suo suono squillante passò in secondo piano. 

Dopo una serie di spari la porta blindata finalmente crollò, e Harleen da sotto al tavolo vide i piedi e le caviglie di tre uomini correre verso di loro. Accadde tutto in un attimo.

Trascinarono indietro la sedia di Joker fuori dal tavolo e iniziarono a liberarlo, mentre un uomo mascherato da gorilla sollevò Harleen di peso e la immobilizzò per le braccia.

-Capo, sono felice di vederti- gli disse uno vestito da panda, continuando a tagliare con un pugnale i lacci che lo legavano. Fuori intanto imperversavano gli spari, le sirene e le esplosioni.

-Io no. Quanti proiettili mi hai consumato per aprire una cazzo di porta!?- lo rimproverò Joker, alzandosi dalla sedia e afferrando subito il mitragliatore -Jonny, così cominciamo male-

-Era blindata, J…- 

-Capo, cosa faccio con la ragazza? È sopravvissuta- gli chiese l’uomo mascherato da gorilla, riferendosi ad Harleen che continuava a dimenarsi e a scalciare per liberarsi.

-La ragazza?? Oh! La dottoressa Quinzel, vorrai dire!- esclamò Joker, dirigendosi verso di lei col mitragliatore carico in mano -È stato un piacere fare affari con lei, madame, il Joker te ne sarà eternamente grato-

-Che cosa? No, tu… Tu devi portarmi con te!- lo pregò subito lei, angosciata a morte.

-Portami con te, fai l’amore con me, e il gattino qui e il bacetto là…- le disse beffardo -Quante pretese avete voi donne!-

-Ma avevi detto…-

-Ma avevi detto!- imitò la sua voce in falsetto, piegandosi con la schiena per arrivare alla sua altezza -Avevo detto, cosa Pumpkin pie!? I ragazzi come me non dicono, i ragazzi come me scherzano e ci ridono sopra! Non è difficile da capire!-

-Non mi lasciare- continuò Harleen, con gli occhi lucidi

-Oddio, mi si scioglie il cuore…-

-J, non c’è tempo- lo spronò Jonny Frost, confuso dal suo atteggiamento. In altre circostanze così urgenti, Joker le avrebbe sparato direttamente senza fare tutta quella sceneggiata.

-Jonny ha ragione, baby, non c’è tempo…- le disse, allontanandosi da lei e togliendosi la camicia arancione da detenuto -Gorilla, chiudila dentro l’armadio, possibilmente senza fare il pervertito- 

-NO! No, voglio venire con te!- gridò Harleen disperata, scalciando e cercando di liberarsi -Portami con te, ti prego… Joker, portami con te!-

Ma lei non poteva fare nulla contro la forza bruta di quell’uomo, che la sollevò e la trascinò verso l’armadio come se niente fosse.

-Non piangere, dolcezza, dopo paparino ti verrà a prendere!- le disse sbrigativo, ormai fuori dalla porta -Fanno tutte così quando vedono il carro armato- aggiunse più piano, facendo ridacchiare Frost e l’altro compare mascherato da capra.

L’uomo gorilla con una sola manata distrusse i due scaffali dell’armadio e ci spinse dentro Harleen, che mai avrebbe creduto di poterci entrare.

-No, fammi uscire! Ha bisogno di me, fammi uscire!-

Ma l’uomo scosse la testa e rise -il Joker ti ha appena risparmiato la vita e tu hai ancora il coraggio di lamentarti? Resta qui a baciarti il culo, bellezza, non puoi neanche immaginare che cosa hai scampato-

E detto questo, chiuse forte le ante dell’armadio e le bloccò dall’esterno con una spranga.

Harleen passò circa dieci minuti dentro quel cubicolo angusto prima di riuscire a uscire, e li trascorse a tirare pugni, calci e spallate, senza darsi mai per vinta. Ormai aveva male alle mani e a furia di gridare “aiuto” e “fatemi uscire” aveva perso la voce. Ma d’altronde nessuno poteva sentirla, non con il frastuono delle esplosioni e delle urla in sottofondo. Si stava consumando una vera e propria guerra là fuori, e qualche volta le sembrava di sentire la risata inconfondibile di Joker spiccare sopra a tutto e a tutti…

Finalmente, con un calcio ben assortito sui punti di chiusura dell’armadio, la psichiatra riuscì a uscire.

Corse subito fuori, ma ciò che vide la lasciò senza fiato.

Tutto il manicomio era a soqquadro, completamente irriconoscibile. I vetri delle finestre erano infranti, le porte sfasciate, le pareti divelte e l’odore di mentolo e medicine era stato sostituto dall’odore di bruciato, della polvere da sparo e del sangue. Non c’era più nessuna luce, solo penombra e polvere che cadeva dai calcinacci. Ma la cosa peggiore, che quasi indusse Harleen a vomitare, erano i cadaveri disseminati nei corridoi, i lamenti dei sopravvissuti e i pianti agonizzanti.

Sembrava di essere all’inferno.

Iniziò a camminare a passo svelto, e più camminava più le mancava l’aria. Le orecchie le fischiavano a causa del blitz, l’odore era nauseante e il panorama certo non aiutava, ma in cuor suo Harleen sapeva che non doveva demordere, sapeva che Joker era ancora lì. Non poteva essersene già andato…

-Har… leen-

La ragazza si girò e vide Gaggy agonizzante per terra, con una profonda ferita all’altezza dello stomaco. Si chinò su di lui e gli afferrò la mano.

-Accidenti. Perché non sei… Morta?- le chiese

Harleen sorrise -È quello che si stanno chiedendo tutti-

-Ah… Chi lo capisce è bravo. Me lo sentivo che sarebbe finita così-

-Dove si trova adesso?-

-Sicuramente al piano -2 a vendicarsi contro gli infermieri dell’elettroshock… Ma tu scappa finché puoi, se non vuoi fare una brutta fine-

Harleen ammutolì, non sapeva né che esistesse un piano -2, né tanto meno che i pazienti venissero sottoposti alla pratica brutale e illegale dell’elettroshock. Ma non era quello il momento per pensarci, tanto Joker ormai era libero.

-Non posso, non più ormai-

-Ah, tesoro…Tutto tempo sprecato. Lui non ti amerà mai, fidati di me, so quello che dico- 

-Voglio almeno provarci-

-Sarà la fine-

-O un nuovo inizio- gli disse Harleen, più dolcemente

-Sei matta da legare-

 

________________________________

 

Trovare il piano -2 non fu difficile come pensava. La luce non era ancora saltata e l’ascensore funzionava, ma l’atmosfera era lugubre e simile a quella di un garage sotterraneo: l’aria era stantia e c’era puzza di chiuso. In lontananza, però, riecheggiava chiaramente la voce multitonale di Joker, e con essa degli inquietanti schiocchi di frusta.

Harleen fece solo qualche passo prima di essere assalita nuovamente. Un uomo la colse alle spalle e la tappò la bocca con una mano, e con l’aiuto di un altro la trascinò dentro una stanza e la legò sopra a un lettino di costrizione stretto e spoglio, ben diverso dai letti che si usano ai piani alti. A poco valsero le sue grida e le sue proteste, perché gli uomini del Joker erano troppo forti e troppo numerosi. 

Un panico feroce cominciò ad assalirla. A sinistra notò una vecchia macchina per l’elettroshock, a destra un paziente dell’Arkham ancora in pigiama, tutto tremebondo. 

-Oh, ma che cosa abbiamo qui!- 

Harleen capovolse la testa sul lettino: Joker era dietro di lei, a torso nudo, senza scarpe e con un guanto di lattice viola nella mano destra. Costui prese la lampada e gliela puntò malamente sul viso, abbagliandola.

-Ho fatto tutto quello che mi hai detto- gli disse subito, spaventata -Ti ho aiutato-

Joker le sorrise follemente -Tu mi hai aiutato… CANCELLANDOMI LA MENTE E SFRUTTANDO TUTTI I RICORDI LATENTI CHE AVEVO!- esclamò in un crescendo schizofrenico, dando tre furiosi e improvvisi pugni ai lati della testa di Harleen -Tu mi hai lasciato in un buco nero di rabbia e confusione! È così che pratichi la medicina, dottoressa Quinzel!?- A ogni pugno che scagliava il suo viso si faceva sempre più vicino, tanto che il suo ciuffo verde arrivò a solleticarle la fronte.

-Che cosa vuoi fare? Vuoi uccidermi, Mr. J?- gli chiese Harleen con voce ferma 

-Oh, no, non ti ucciderò- le disse, con lo sguardo spiritato -Voglio solo farti male, molto, molto male…-

-Mi hai convinto. Io so resistere-

E detto questo, lui le ficcò una cinghia di cuoio in bocca.

-Non voglio che si spezzino quelle magnifiche capsule di porcellana quando la corrente ti arriverà in testa!- le disse esagitato, applicandole sulle tempie due elettrodi. Senza smetterla di guardarla, roteò la manovella, e subito una violenta scossa elettrica le trapassò per pochi secondi il cervello.

In quegli istanti di dolore, una raffica di immagini incoerenti e psichedeliche aggredì il cervello imbizzarrito di Harleen. Sogni, ricordi, desideri e fantasie, tutti mescolati insieme per dare una forma e un nome alla felicità. L’ultima scena che vide in quel momento di incoscienza fu ciò che aveva sognato neanche una settimana fa: Se stessa con un ridicolo vestitino da giullare nero e rosso mentre ballava un lento con Joker, elegantissimo nel suo smoking bianco e nero. Dopo quell’immagine, Harleen perse i sensi col sorriso sulle labbra, davanti al viso attento di Joker. Quest’ultimo le tolse delicatamente la cinghia dalla bocca e le sfiorò appena una tempia, leggermente bruciata a causa dei due elettrodi dell’elettroshock.

-È morta?- gli domandò un tizio alle sue spalle, che il clown naturalmente ignorò. 

-Vuoi che la uccida io, capo?-

Ma come l’uomo gli propose così Joker, senza nemmeno girarsi a prendere la mira, sparò e lo freddò. 

-Qualcun altro ha una domanda?- domandò con voce inespressiva, girandosi verso i suoi uomini -Tu!- puntò il mitra contro uno di loro -Hai per caso una domanda da fare?-

-No, J, nessuna- balbettò costui, scuotendo la testa in preda al panico, mentre Joker fingeva di mirarlo col laser.

-Sicuro, Freddy? Hai tanto la faccia di uno che ha una domanda…-

-No, capo, c-cioè, sì, sì, sono sicuro di non avere d-domande!- affermò il poveretto, senza specificare di non chiamarsi Freddy.

-Bene, bravo Freddy- gli disse dolcemente Joker, dandogli due schiaffetti affettuosi sul il viso -Ora leviamo le tende, hm? Ho proprio voglia di tornare a casa-

Il falso Freddy annuì vigorosamente e si avviò verso l'uscita, in procinto di avere un infarto. Con lui tutti gli uomini cominciarono ad allontanarsi rumorosamente, tutti fuorché Jonny Frost, che guardò perplesso Joker mentre si piegava a baciare la fronte della psichiatra.

Ma, come era intuibile, Jonny seguì il suo capo super pazzo, senza fare domande. 

 

 

 

 
Note
Ce l’ho fatta, scusate il ritardo ma oltre a essere disgraziatamente impedita nelle scene di azione (azione? Quale azione?) pure il mio amore si è messo a farmi degli scherzi, e ho dovuto portarlo dal dottore. Pare non sia niente di grave, un problemino curabile alla tastiera. 
Comunque, di questo capitolo mi sono rifatta molto su Suicide Squad. Come avrete notato nel film, gli scagnozzi che arrivano a liberare Joker sono mascherati da animali, e il tizio che si vede durante la scena dell’elettroschok (quell’omarello strano che nessuno sa chi è), ho pensato che fosse un matto dell’Arkham Asylum, che i medici avevano portato lì proprio per sottoporlo alla brutale pratica.
Detto questo vi saluto e se avete qualsiasi cosa da dirmi, anche una boiata pour parlè, io sono contenta. A presto :)

P.S Sotto trovate una foto di Jack e Jeannie Napier... Non è proprio quella che guardava la Waller, però, per farvi un'idea la trovo perfetta...
                                                                         

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