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Autore: lady lina 77    27/05/2017    1 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Amavo andare a cavallo?".

La domanda di Ross ruppe il silenzio che accompagnava quel pranzo domenicale. Demelza alzò il viso dal piatto, guardandolo di sottecchi. Erano giorni strani quelli, tutto era strano. Ross che se ne stava defilato, lei che sembrava aver perso l'entusiasmo di stare a cercarlo, i bambini che se ne stavano nel loro mondo e il dolore di Caroline e Dwight, che andava a trovare ogni mattina, erano le sue costanti.

Ognuno sembrava essersi rintanato in un suo mondo, lontano da tutto e da tutti e se un tempo avrebbe lottato per rimettere a posto i cocci, ora si sentiva senza forze, spossata e vinta dal destino. "Sì, amavi cavalcare" – rispose fiaccamente.

"Vorrei fare un giro a cavallo allora. Sono stanco di stare chiuso in casa e ho bisogno d'aria".

Avrebbe dovuto ricordargli che doveva fare attenzione, che era convalescente e che ancora non conosceva abbastanza i luoghi attorno a Nampara, ma non disse nulla. Si limitò ad alzare le spalle e a riprendere a sorseggiare il brodo che aveva nel piatto. "Fa come preferisci". Non riusciva a guardarlo in faccia, a parlargli, a confrontarsi con lui dal giorno in cui l'aveva rifiutata e aveva deciso di dormire separato da lei. Era come avere a che fare con un estraneo, quello non era più il suo Ross. E anche lei si sentiva diversa.

"Papà, posso venire con te?" - chiese Jeremy improvvisamente.

Ross annuì, sorridendogli. "Sai cavalcare?".

Il bimbo annuì. "Certo, me lo hai insegnato tu".

Demelza sospirò rinfrancata. Bene, quanto meno con Jeremy a fianco, non si sarebbe perso. "Beh, a questo punto Jeremy potrebbe montare sul suo pony, così Clowance potrebbe venire con voi col suo".

A quella proposta, Ross non parve troppo entusiasta. "Beh, ma coi pony rallenterei la mia andatura a cavallo".

"Ma renderesti felici entrambi i tuoi figli" – rispose lei, a tono. Lo irritava il suo modo di fare, quel suo lasciare da parte sempre Clowance.

"Lascia stare!". Clowance si alzò dal tavolo, col piatto ancora pieno. Era silenziosa in quei giorni, sfuggente e stranamente tranquilla. "Fa niente mamma, non ho voglia di montare i pony".

"Ti è sempre piaciuto andare sul pony con papà" – ribatté Demelza.

Clowance scosse la testa, abbassando lo sguardo. "Sì, ma non ne ho voglia ora. Magari un'altra volta. Va pure a cavallo con Jeremy, papà".

Ross si asciugò le labbra col tovagliolo. "Bene, visto che non ci sono problemi, domani usciremo io e te a cavallo, Jeremy".

Il bambino annuì, guardando preoccupato la sorella. Era decisamente meno entusiasta rispetto a pochi minuti prima... "Va bene..." - sussurrò col tono di chi si sente in colpa, osservando la sorellina.

Demelza si sentì furiosa. Come faceva Ross a non accorgersi di quanto la loro bambina fosse ferita? Di quanto si fosse allontanata da lui? Di come non cercasse più attenzioni da nessuno? "Fate come vi pare..." - disse con rabbia, guardando negli occhi suo marito.

"Posso alzarmi e andare in camera mia?" - chiese Clowance.

Demelza osservò il piatto ancora pieno e poi lei. Era preoccupata, sua figlia si comportava in modo strano ed era sempre più sfuggente. "Non hai ancora finito di mangiare".

"Sì ma non ho fame. Mi fa male la testa".

A quelle parole, Demelza le si avvicinò, mettendole una mano sulla fronte. "Non hai la febbre, sei fresca".

"Ma la testa mi fa male lo stesso".

Le annuì, capendo quanto in realtà fosse il suo stato d'animo a soffrire. "Va bene, vai a stenderti un po'. Ma ricorda che oggi pomeriggio abbiamo un ospite che mi piacerebbe presentarti".

"Si lo so, il signore che hai incontrato a casa di Caroline e Dwight" – disse la bimba, scendendo dalla sedia e dirigendosi in camera sua.

Demelza la guardò chiudere la porta, poi tornò a sedersi lanciando occhiatacce al marito e finendo di mangiare nervosamente. Non aprì bocca e probabilmente sia Ross che Jeremy e Bella avevano capito che era il caso di lasciarla in pace. Pure Artù, timidamente, si era rannicchiato nel suo cesto a mangiucchiare un osso.

Se non fosse stato per la visita di Hugh Armitage nel pomeriggio, probabilmente avrebbe preso il cavallo e sarebbe uscita per una lunga passeggiata. Aveva voglia di galoppare uno dei suoi purosangue, di sentirsi per un momento il vento freddo sul viso e la sensazione di libertà che sapeva donare, voleva allontanarsi da quella casa che amava ma che non era più un rifugio sicuro ma un ricettacolo di problemi, arrabbiature ed ansie. Voleva fuggire da quel marito che amava ma che non comprendeva più e da cui si era allontanata molto... Voleva essere forse un'altra persona, con un'altra vita, con un altro destino...

Pensò a Hugh, mentre silenziosamente ordinava con Prudie la cucina, al termine del pranzo. Quel giovane dai modi gentili e delicati, galante e romantico, aveva come toccato la sua anima ferita. Era stato un incontro di pochi minuti il loro, dettato da un fortuito caso del destino, ma era stato capace di metterla di buon umore in una giornata che per lei era stata terribile. Era come essere stata rapita dal suo mondo fatto di ansie e problemi ed essere stata trasporta verso un luogo utopistico e perfetto dove si era sentita una principessa.

In realtà non era molto fiera di se stessa, di come si era rapportata a lui. Era la donna sposata di un uomo che amava, aveva tre figli piccoli e di certo non era il tipo di donna che cercava le attenzioni di un uomo.

Sicuramente, durante la visita del pomeriggio, avrebbe avuto un contegno diverso e più signorile con Hugh. Aveva detto a Ross che sarebbe arrivato a trovarlo un suo vecchio compagno d'arme che aveva incontrato per caso da Dwight e Caroline e aveva cercato di apparire il più neutra possibile per non far trasparire le sue emozioni. Ross aveva annuito con fare assente, per lui non era che un estraneo, però aveva detto che andava bene.

E andava bene anche per lei, era felice di vederlo di nuovo... La faceva stare bene e ancora, come al loro primo incontro, aveva bisogno di qualcuno che sapesse farla sorridere.

Finì di sistemare la casa e dopo che Prudie si fu ritirata nella sua camera, andò nella stanza dei bambini. Mancava poco all'arrivo di Hugh ed era ora di andare a svegliare Clowance.

Quando entrò, la bimba era stesa sul letto, rannicchiata contro la parete. Era sola, Jeremy giocava nell'aia e Bella dormiva nella camera matrimoniale, nella sua culla. Si sedette vicino, accarezzandole i lunghi capelli rossi. Capiva sua figlia, in quel momento i loro sentimenti erano simili in tutto e per tutto. "Come ti senti?".

"Così così".

"Hai davvero mal di testa?".

Clowance annuì. "Sì, un po'. Ora però mi è quasi passato".

Demelza sorrise tristemente. Era così cambiata, così diversa dalla bambina che era stata fino a pochi mesi prima, dalla sua principessina che voleva sempre essere al centro dell'attenzione. Ora invece era come se cercasse di essere invisibile, di sfuggire a ciò che la faceva soffrire rintanandosi nel suo mondo... E lei non sapeva cosa fare, sentendosi incredibilmente impotente. "Clowance, lo sai che ti vogliamo bene, vero?".

"Sì, certo" – rispose la bimba con poca convinzione. "Tu sì. E anche Jeremy e Artù...".

"Anche Bella e papà".

Clowance, a quella frase, si voltò verso di lei. "Certamente..." – rispose, con un tono di voce di chi finge per far piacere al suo interlocutore.

La abbracciò, non sapeva che altro fare se non farle sentire che lei c'era e che non l'avrebbe mai lasciata sola. Poi la aiutò ad alzarsi, a pettinarsi e a mettersi uno di quei suoi vestitini da principessina che amava tanto.

"Grazie mamma".

"Di nulla, mi piace fare le cose con te".

Clowance sorrise, poi le saltò in braccio. Se ne stupì, era una cosa che non faceva da tantissimo tempo. "Ti voglio bene mamma".

"Anche io. Vuoi stare in braccio?".

"Sì".

Non obiettò, anche se era pesante. Tornò nel salotto, si sedette su una sedia con Clowance sulle ginocchia, dondolandola leggermente, restando a cullarla mentre le cantava una canzone sotto voce. Giunsero anche Ross e Jeremy che, parlottando fra loro, organizzavano la cavalcata per il giorno successivo. Jeremy sembrava a disagio a discuterne davanti alla sorella, mentre Ross era assolutamente tranquillo. Era furiosa con lui e con la sua indifferenza verso Clowance e verso le ferite che le infieriva. Cosa passava nella testa di suo marito? Possibile che non amasse davvero più la sua bambina e che per lui averci a che fare fosse un peso? Se solo gli avesse parlato, se solo si fosse aperto con lei, forse discutendone avrebbero comunque potuto risolvere molte cose, ma Ross era testardo anche nella malattia. Si teneva tutto dentro, come tante volte gli aveva visto fare in passato, e diventava imperscrutabile. Strinse a se la sua bambina, baciandola sulla nuca. E in quel momento qualcuno bussò alla porta.

Jud corse ad aprire e Hugh Armitage comparve davanti ai suoi occhi, puntuale come un orologio svizzero. Era curato ed elegante come la volta precedente, con un soprabito di velluto verde scuro, pantaloni che nel risaltavano la figura slanciata e col consueto sguardo gentile. "Ben arrivato" – gli sussurrò.

Appena la vide, il ragazzo fece un inchino. E poi si avvicinò a Ross per stringergli la mano. "Per me è un piacere essere qui e rivedervi, capitano Poldark".

Ross annuì, confuso. "Purtroppo, a causa di un incidente, la mia memoria mi crea problemi. Ma è comunque un piacere anche per me la vostra visita, signor Armitage". La indicò, sorridendogli timidamente. "Conoscete già mia moglie, da quello che so".

Hugh si avvicinò, annuendo. "Certamente" – disse, inchinandosi a baciarle la mano. "E' un piacere rivedervi, signora Poldark".

"Anche per me" – rispose, sentendosi emozionata come se fosse stata una ragazzina. "Questa è mia figlia Clowance".

Hugh sorrise alla bambina. "Bellissima, come la madre".

Clowance lo guardò storto, annuendo timidamente per poi rifugiarsi col viso contro il suo petto.

Demelza rimase stupita da quel comportamento ma non disse nulla, presentando a Hugh anche Jeremy che, compostamente, si era seduto accanto a suo padre. "Ho anche una figlia più piccola che ora dorme nella sua culla".

"Scommetto che è affascinante anche lei come sua madre" – disse Hugh, mentre Ross, a quell'ennesimo commento, gli lanciava occhiate furtive.

Lei arrossì. Era bello essere adulata, vezzeggiata a ammirata. Non le era mai capitato, neppure con Ross che l'amava.

Hugh si intrattenne un'ora abbondante, raccontando le avventure occorse in guerra, del cibo scadente dato alle truppe, delle serate passate a giocare a carte e del coraggio con cui Ross aveva salvato lui e Dwight che erano stati presi prigionieri assieme ad altri compagni di reggimento.

Demelza rimase in silenzio ad ascoltare. Ross le aveva raccontato molto poco di quel periodo passato al fronte mentre erano separati e per lei era tutto nuovo, era come scoprire un lato di suo marito che le era sconosciuto. Doveva essere stato coraggioso, immaginava. E assieme al coraggio doveva averci messo una buona dose di avventatezza e spavalderia. Tipico suo! E questo la rendeva orgogliosa, certo, ma anche vagamente arrabbiata con lui per il modo in cui più volte aveva messo a repentaglio la sua vita. Ross le aveva solo detto che quando era partito, dopo che lei l'aveva lasciato, per lui non aveva avuto molta importanza se vivere o morire, che non gli interessava di nulla e che tutto quello che cercava erano emozioni forti che gli facessero dimenticare la miseria che era diventata la sua vita.

Pure Jeremy sembrava colpito da quel racconto che doveva apparirgli come estremamente affascinante e avventuroso, mentre Clowance non si era mossa dalle sue braccia, rannicchiata in un ostinato mutismo.

Mentre parlava, osservava Hugh. Aveva una voce calda e allo stesso tempo gentile. Parlava con Ross ma non le erano sfuggite le occhiate che continuava a lanciare a lei che la facevano arrossire senza motivo. Era come se quel racconto fosse per lei, era come se Ross fosse stata una scusa per rivederla di nuovo. Non sapeva perché, ma se lo sentiva... Hugh parlava e in certi momenti, quando la guardava, era come se le altre persone nella stanza scomparissero e fossero solo loro due.

Queste sensazioni la turbavano e la confondevano. Non voleva provarle ma le avvertiva e nell'avvertirle provava piacere. Hugh la guardava come Ross non faceva da tanto, con dolcezza e allo stesso tempo con una strana passione nello sguardo. Era come se la mangiasse con gli occhi, era come se fra loro ci fosse un gioco di seduzione nascosto fatto di sguardi e sorrisi appena accennati. Era come se fra loro scorresse una strana e indecifrabile energia...

A un certo punto però, qualcosa cambiò nella strana atmosfera che si era creata.

Ross si alzò di scatto dal tavolo, in un modo talmente frettoloso che per un attimo temette che stesse male. La guardò con uno strano sguardo cupo che poi riservò a Hugh... Di tutta risposta, senza che avesse fatto qualcosa di male, si sentì in imbarazzo e abbassò gli occhi a guardare il pavimento.

Ross si scostò dalla sedia, ogni traccia di rilassatezza sparita dal suo viso. "Credo che mi stia venendo un forte mal di testa, ho bisogno di riposare".

"Ma...". Rimase allibita da quel comportamento. Poteva benissimo essere che stesse male, ma non era da Ross comportarsi a quel modo con un ospite venuto a trovarlo.

Hugh annuì, quasi fosse sollevato da quell'interruzione. "Capitano, nelle vostre condizioni è normale. Mi sono comunque intrattenuto troppo e andrò via fra qualche istante".

Ross lanciò a Demelza uno sguardo freddo. "Bene, vi lascio allora alla compagnia di mia moglie che, da quel che vedo, saprà intrattenervi più che bene durante il vostro commiato. Buona giornata signor Armitage". E così dicendo, si diresse senza aggiungere altro, verso la libreria.

Rimase interdetta, gelata. Non credeva che se ne fosse accorto ma evidentemente Ross aveva captato lo strano gioco di sguardi fra lei e Hugh. Si sentì imbarazzata ed irritata. Perché suo marito aveva reagito così? Non stava facendo niente di male e Hugh non era altro che un giovane ospite che si stava dimostrando gentile con lei, cosa che Ross non faceva da molto. Era suo compagno d'arme, dopo tutto, era venuto lì per trovare lui e non lei che era praticamente una sconosciuta per il giovane! Deglutì, immaginando che a breve avrebbe avuto un'altra discussione con suo marito e che non sarebbe stata per niente piacevole. "Mi dispiace, a volte è un po' brusco e per lui è un momento difficile" – disse, arrossendo.

Hugh sorrise, per nulla turbato dal fatto che Ross se ne fosse andato. "Non importa, stavo comunque andando".

Demelza annuì, alzandosi dalla sedia e costringendo Clowance a fare altrettanto. "Vi accompagno al vostro cavallo, visto che mio marito mi ha lasciato questa incombenza". Arrossì, di nuovo. Stare vicino a Hugh la confondeva e la emozionava come se fosse stata una bambina.

"Sarà un piacere rimanere ancora qualche istante in vostra compagnia, allora" – rispose Hugh.

"Pure per me". Dannazione a lei, aveva usato di nuovo lo stesso tono civettuolo del loro primo incontro e si era ripromessa di non farlo! D'un tratto si sentì osservata e, abbassando lo sguardo, si trovò puntati contro gli occhi dei suoi due figli che la scrutavano, indagatori.

Finse di ignorarli, facendo segno a Hugh di seguirla verso l'uscita.

Fuori, il sole di primavera dava un tiepido calore a ogni cosa. Camminò accanto a Hugh con i figli vicino a lei che non la perdevano di vista un attimo, ignorando le loro occhiatacce e i loro musi lunghi. Voleva salutarlo da sola, voleva che si allontanassero due istanti per dirgli addio. O forse, per dirgli che gli avrebbe fatto piacere rivederlo... Ma sentiva che doveva allontanare Clowance e Jeremy che, come il padre, parevano contrariati dalla presenza del giovane. Beh, per una volta decise di essere egoista, di pensare a se stessa. Era sola, piena di problemi, disperata e senza appigli, stanca e bisognosa di una parola buona. Che male c'era a essere amica di Hugh Armitage? Che male c'era avere un piccolo angolo di mondo dove era ammirata e dove non c'erano problemi e tutto era pulito e semplice? "Bambini, mi andreste a raccogliere un po' di fiori per il vaso della mia stanza?". Per la prima volta in vita sua, si rese conto che non voleva avere vicini i suoi figli... Ed era terribile, si sentiva sporca e cattiva a desiderarlo ma in quel momento non riusciva ad essere la madre di sempre, non con Hugh accanto.

Jeremy e Clowance annuirono poco convinti, continuando a studiare lei e Hugh. "Va bene, ma stiamo qui vicini" – disse Jeremy, guardingo.

I bimbi corsero, allontanandosi di una decina di metri. Hugh ne approfittò per rovistare nella tasca dei suoi pantaloni, tirandone fuori un foglio di carta piegato. Poi con un gesto veloce le prese la mano, la strinse fra le sue e glielo diede. "Per voi, ve lo avevo promesso".

"Cosa?" - domandò, mentre il cuore le balzava nel petto per quel contatto che le faceva come bruciare la mano.

"La poesia. Una donna come voi non puo' che essere una musa per un poeta".

Arrossì, di nuovo. Nessuno aveva mai scritto una poesia per lei... Lei, la figlia di un minatore, una donna di estrazione sociale bassissima... E Hugh, un giovane e romantico aristocratico che scriveva per donne bellissime i suoi pezzi. E ora ne aveva scritto uno anche per lei... "Grazie!".

"Sono io che devo ringraziare voi per il bene che la vostra persona fa alla mia creatività poetica".

"Mi piacerebbe rivedervi" – sussurrò Demelza, stupendosi della sua sfacciataggine. Voleva rivederlo, non voleva che quello fosse un addio. La faceva stare bene e lei ne aveva bisogno!

A quelle parole, il volto di Hugh si illuminò. "Anche io. Dove? Quando?".

Demelza osservò i suoi bambini, sentendosi vagamente in colpa verso di loro, di nuovo. "Non qui, non con Ross e i miei figli presenti".

"Solo noi?".

Annuì. "Solo noi. Vi scriverò un biglietto e ve lo farò recapitare... Al mattino i bimbi sono a scuola e Ross non presta molta attenzione a quello che faccio... In fondo una cavalcata o una passeggiata lontano da Nampara non mi farà male".

Hugh sorrise, baciandole la mano, indugiando sulle sue dita, sfiorandole una ad una con le labbra mentre lei lo lasciava fare, completamente rapita dalla sua figura. "Aspetto il vostro messaggio, allora. E spero che la poesia vi possa piacere".

"Mi piacerà, ne sono sicura. La leggerò stasera e ne parleremo quando ci vedremo".

"Non vedo l'ora, Demelza".

"Anche io".

Hugh montò a cavallo e lei rimase ad osservarlo sparire all'orizzonte mentre sentiva che le mancava già. Furtivamente mise il foglietto in tasca, stupendosi del fatto che, di nascosto, era come se si fossero dati un appuntamento. Era solo un nuovo amico, giusto? Non c'era niente di male, non doveva sentirsi tanto turbata...

Una forte pacca alla mano, la risvegliò dal suo mondo dei sogni. "Clowance, mi hai fatto male!" - sbottò contro la figlia, tornata al suo fianco.

"Non mi piace!" - urlò la bimba, calciando la sabbia dell'aia.

"Neanche a me!" - aggiunse Jeremy.

"Cosa?". Era sconcertata dal comportamento dei suoi figli... "Parlate di Hugh?".

"Anche!" - rispose Clowance. "Ma soprattutto non mi piace come fai tu con lui".

"E come faccio con lui, io?".

La bimba la guardò furente. "Fai la stupida!" - gridò, correndo poi verso la porta di casa.

Rimase attonita per un momento, chiedendosi cosa volesse dire. E al tempo stesso contenta per il fatto che avrebbe visto Hugh lontana da tutto e tutti...

Beh, forse era vero, stava facendo la stupida. Ma questo la faceva sentire incredibilmente bene.


  
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