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Autore: _f r a n c y_    29/05/2017    0 recensioni
Al momento non ci sarà un "Oltre la neve-parte II". Vorrei provare a trasformare questa fanfic in un'originale e per farlo dovrò mettere tutto in discussione, dal primo capitolo. Grazie a chiunque mi abbia seguito fino a qui. Spero di ritrovarvi in un futuro non troppo lontano.
*Riassunti della storia all'inizio dei capp. 18 e 37*
Un'amazzone residente nelle Terre del Nord ed un ninja proveniente dalla Terra del Fuoco. Due mondi distanti e diversi che si scontrano inaspettatamente. Due persone che non si cercavano, ma che iniziano a rincorrersi, finendo per divenire indispensabili l'una per l'altra.
Il suo odore era diverso. Depurato dalle fragranze dell'incendio, della fuga, dei pasti divorati davanti ad un fuoco mai abbastanza caldo, delle notti mute trascorse al buio con nient'altro che il respiro dell'altra a colmare ogni timore.
Neji emanava un odore nuovo per Tenten, eppure quello, proprio quello, era il suo autentico. Aveva familiarizzato con Neji Hyuuga in circostanze straordinarie; soltanto adesso lo vedeva nel suo ambiente. Un ambiente a cui lei non era mai appartenuta.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanabi Hyuuga, Neji Hyuuga, Nuovo Personaggio, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sulle rive del fiume






Ogni ninja era consapevole di quanto la familiarità con una persona consentisse di ridurre al minimo le informazioni non necessarie. Il timbro della voce, l'andatura, un gesto identificativo, una parola in codice: molti erano gli elementi dai quali potevano riconoscere un compagno sotto copertura. 
Il tratto distintivo di Hoshiko era al contempo la sua migliore dote: il suo talento.
Lo Hyuuga della casata principale che aveva atterrato nei pressi del Palazzo dell'Hokage non aveva potuto vederla, ma fra i cadetti che avrebbero osato aggredirlo solamente due avrebbero potuto riuscirvi con tanta discrezione. Ed uno era braccato dai tre Anziani, quando lui aveva lasciato la Villa.
Quando il mattino del 29 gennaio Hoshiko radunò i suoi allievi più giovani, li dispose in fila indiana e li scortò fuori dalla Villa per una visita guidata al Villaggio, non dovette faticare per avvertire l'attenzione di Haneki Hyuuga su di sé. La fissava da un punto del giardino, dove era riunito in cerchio con alcuni fratelli e cugini. Sapeva che era stata lei ad aggredirlo.
Fino al momento in cui ebbe superato il perimetro della Villa con entrambi i piedi, Hoshiko temette di essere fermata, trattenuta con una delle accuse più pericolose per un cadetto.
Si volse indietro: Haneki la stava ancora fissando. Poi tornò a dedicarsi alla conversazione.
Possibile che non avesse intenzione di denunciarla?



Durante la passeggiata con i bambini, Hoshiko attraversò la piccola piazza speziata dai vapori dell'Ichiraku Ramen. Al banco del chiosco, come da consuetudine nelle liete occasioni, erano Shikamaru Nara, Choji Akimichi e Kiba Inuzuka, chini sui piatti.
Hoshiko si concesse una piccola deviazione e attirò presto l'attenzione degli ultimi due, seduti ai lati del suo obiettivo. Akimichi nascose il rossore audace del viso ritirandosi nello spazio tra le clavicole, come una testuggine. Inuzuka si bloccò a metà di una frase e le parole non dette caddero fuori dalla sua bocca insieme ad un'alga mangiucchiata. Fu dalla sua improvvisa stasi che Nara realizzò l'arrivo di qualcuno. O meglio, di qualcuna.
- Buonasera, shinobi.
Choji rispose rosicchiando la stoffa della sciarpa.
- Buonasera a te, kunoichi Hoshiko. - sorrise invece Kiba. Fece per appoggiarsi al bancone con un gomito, ma prese male le misure e si sbilanciò sullo sgabello. Sventolando gambe e braccia non finì col sedere per terra, ma i bambini risero comunque.
Nara ruotò verso di lei, una mano fra i capelli crespi.
- Ehi, Hoshiko... Per l'altra sera... Ero in allerta da giorni e... c'era uno scenario in cui i miei sospetti su di te avevano una coerenza.
- Lo comprendo, Nara. Inoltre, le circostanze in cui mi hai incontrato non deponevano a mio favore.
Gli altri due lo guardarono interrogativi. Nara non aveva rivelato nulla sulla donna che Hoshiko aveva sottratto alle guardie dell'Hokage. Dopo il racconto di Neji, sapeva che la straniera era innocente.
- Esatto. - fece spallucce. - Coincidenza sfortunata.
- Volevo ringraziarti di persona per il supporto che dai a Neji.
Nara scrollò di nuovo le spalle.
Inuzuka si sporse in avanti.
- Anche noi abbiamo contribuito. Vero, Shikamaru?
L'interpellato roteò verso il bancone e riprese a mangiare.
Hoshiko si congedò con un inchino, imitata dai bambini. Mentre percorrevano la via nel senso opposto, la Hyuuga li udì parlottare e ridere ancora. Con un guizzo di compiacimento, decise di fingere di non averli sentiti e di non rimproverarli.
- L'uomo-insetto, l'uomo-insetto!
Da una traversa, Shino Aburame stava arrivando zoppicante per raggiungere il chiosco di Ichiraku.
Se l'infortunio non gli avesse suggerito di disseminare sentinelle a sei o più zampe su piante e persone, Hoshiko sarebbe stata ancora nella morsa d'ombra di Shikamaru.
Gli rivolse un inchino accennato e, ne era certa, lui comprese che non si trattava soltanto di un segno di saluto.
Aburame rispose con un movimento del capo, appena percettibile mentre rizzava il bavero per ripararsi da un fiato di vento del Nord.
Hoshiko si era da poco lasciata lo shinobi alle spalle, quando notò che il passo dei bambini non offriva più un'eco disordinata al suo. Si volse e li scoprì ad essersi fermati alcuni metri prima, a contemplare Aburame senza un fremito delle palpebre. Le iridi di inverno abbarbicate alle mani di lui, ancora sul colletto, e pronte ad acciuffare qualsiasi zampettare facesse capolino dall'orlo delle maniche.
Non accadde nulla.
Il ninja passò loro accanto, seminando dietro di sé uno strascico di bocche cadenti. Hoshiko concesse loro di seguirlo con lo sguardo ancora un po', prima di richiamarli a sé.
Poi Nanami gridò.
- La tasca! La tasca della giacca!
Un nugolo di falene color carbone si innalzò sopra di loro, per poi sbocciare come la corolla di una camelia.
I bambini presero a danzare sotto il loro battito d'ali, come aspettandosi di essere baciati da una propiziatoria pioggia di fuliggine.
Ad Hoshiko occorse qualche istante per distinguere il volo di una falena bianca dallo sfondo del cielo. Era riconoscibile solo se ardiva accostarsi alle altre, in un insanabile contrasto. Provava ad entrare in sintonia con le falene nere, ma quelle mettevano distanza fra loro e lei, oppure la urtavano nella frenesia della propria danza.
- Poverina, è da sola! - esclamò uno dei bambini e il respiro di Hoshiko si spezzò. Si accorse solo allora di essersi portata anche lei sotto alle farfalle.
Ad un comando muto di Aburame, gli insetti dirottarono verso di lui. Le ali bianche che annegavano fra le onde nere.



Tenten pensava di essersi ormai risparmiata l'umiliazione di nascondersi nell'intercapedine di un muro. Invece ora era rannicchiata sotto le assi del pavimento, ad inghiottire i conati di tosse mentre i nuovi venuti portavano nella stanza la polvere rossa delle strade.
I passi vibrarono sopra la sua testa, poi proseguirono. Verso il letto dove giaceva Sango.
- Devo chiedervi di non avvicinarvi oltre. - disse l'infermiera, sfiorando note persino più acute di quelle consuete.
Tenten fece per scoperchiare le assi con una testata e scagliarsi sulle guardie del capovillaggio. In una notte, aveva dovuto affidare quanto avesse di più caro a due estranee.
Aveva attesa Hoshiko nella casa dell'uomo bizzarro per ore, mentre l'improbabile compagno di viaggio di Sango sedeva nel tunnel, esattamente sotto la botola, con mani e piedi legati.
Quando il Clibrì nella notte si era presentato alla porta, l'alba non era più un segreto tra le fronde. La cadetta aveva scortato Tenten fra botteghe ed abitazioni nei precisi minuti in cui quelle spalancavano i loro occhi sulla strada. "Uno straniero sorpreso nel Villaggio può ritenersi finito. Vi torturerebbero per giorni, per scoprire se abbiato passato informazioni all'esterno e sviscerarvi quelle che portate appresso." l'aveva avvertita Hoshiko. "Il tradimento è l'infamia peggiore fra gli shinobi. Anche se un nemico implorasse di passare sotto la nostra bandiera, sprecherebbe il fiato. La lealtà è la dignità stessa per un ninja."
Tenten non aveva domandato quale fosse la punizione per uno shinobi che, come Hoshiko, venisse colto a tramare alle spalle del suo stesso Villaggio. In parte perché, in quella circostanza, non era la sua prima preoccupazione; in parte perché la risposta era prevedibile.
- Era una sospettata, trattenuta per l'omicidio della Zanna Bianca. - annunciò una delle guardie all'infermiera. - Non dovrebbe trovarsi qui.
- Era in stato di incoscienza quando l'ho prelevata dal Palazzo dell'Hokage. Portare avanti l'interrogatorio sarebbe stato comunque impossibile.
- Non avevate ricevuto l'ordine di intervenire. Avete agito di vostra iniziativa.
- Sono un'infermiera, ho agito assecondando il mio ruolo ed i miei doveri. Mentre mi stavo recando all'ospedale ho sentito l'odore di sangue provenire dal Palazzo dell'Hokage. Troppo forte per lasciarmi indifferente.
Sakura Haruno si intimò di non surriscaldarsi oltre.
Era fra le infermiere più autorevoli della Foglia e l'unica verso cui l'Hokage nutrisse un peculiare debito di riconoscenza. Al Villaggio era conosciuta per la sua diligenza quanto per la sua ardente dedizione, ma in quel contesto un simile attaccamento avrebbe potuto tradirla. Insieme ad Hoshiko Hyuuga aveva convenuto che fosse meglio eliminare ogni traccia della cadetta dalla versione ufficiale. Cercare di spiegare cosa avesse portato la donna più vicina a Neji nei pressi della residenza dell'Hokage sarebbe stato l'equivalente di arrampicarsi su una parete di roccia del Fuoco in un giorno di diluvio. Specialmente considerando che ben tre Hyuuga della casata principale erano stati scovati privi di sensi in due zone distinte del Villaggio e che in un caso l'aggressione aveva portato alla sparizione del secondo sospettato.
- Stando alla vostra dichiarazione, dovremmo attenderci una vostra irruzione a Palazzo ogni qual volta vi venga versato del sangue. Eppure non ci sono dei precedenti.
- È vero, ma mai prima di ieri sera l'odore era stato tanto pregnante. Il sangue proveniente dal ventre di una donna è diverso da quello del ventre di un uomo.
Le guardie si scambiarono un'occhiata nebbiosa. Quando li posarono di nuovo su Haruno, lei si era accostata a loro portando in dono stracci appallottolati. Su cui il rosso non si era ancora seccato completamente.
- Quando parlo del ventre di una donna, mi riferisco alla sua intimità, alla sua...
I due uomini si ritrassero, un avambraccio premuto contro il naso.
- La sospettata non era entrata da sola nella sala degli interrogatori, - insistette Sakura, - ma con una creatura nel grembo. E gli Hyuuga che l'hanno torturata lo sapevano.
Tenten non riuscì a distinguere le parole che seguirono. La voce delle guardie dell'Hokage si era ridotta fin quasi a scomparire, come se temessero di respirare l'aria di quella stanza.
Rimase sospesa nel silenzio per alcuni minuti, fino a quando Haruno non sollevò le assi del pavimento.
- Potete uscire adesso.
Non le offrì un braccio per aiutarla. Da quando il Colibrì nella notte era rientrata alla Villa, Tenten non si era liberata del peso del suo sguardo nemmeno per un istante. L'infermiera la sorvegliava, cercava di studiarla senza usare la parola. Senza osare porle le domande che saltellavano e stridevano nella sua testa come grilli. Non perché temesse Tenten, ma perché riconosceva che indagare non rientrava nei suoi compiti.
L'amazzone riprese il proprio posto per terra, di fianco al letto di Sango. Le strinse la mano marmorea, aggrappandosi all'illusione che un tocco tanto scontato potesse vincere il peso delle sue palpebre. Potesse ricondurla a lei.
Haruno si mosse da una stanza all'altra dell'appartamento per le due ore successive. Tenten catturava ogni suo passaggio, stranita ed al contempo attirata dal suo aspetto non convenzionale. Sotto il fazzoletto color glicine, ammiccavano capelli di una sfumatura innaturale. Un tempo forse color mogano, ma ora di un rosso slavato tendente al rosa.
Quale evento poteva averli schiariti fino a renderla una creatura unica nel suo dolore?
A poco a poco, la luce che si affacciava dalle altre camere si affievolì fino a spegnersi. L'infermiera doveva avviarsi per il proprio turno all'ospedale e nessuna finestra doveva rivelare i suoi ospiti illegittimi. Quando entrò nella stanza di Tenten, posò sul tavolino un piatto di cibo, una candela accesa ed una stecca di scorta, poi inchiodò anche l'ultima finestra.
Le disse di non spostare la fiamma da lì, altrimenti con il calare della sera il riverbero sarebbe filtrato all'esterno. Quanto a lei, non sarebbe rientrata che a notte inoltrata.
Tenten annuì e, dopo un silenzio fin troppo statico, aggiunse un "Grazie". Era la prima parola che le rivolgeva. Lei lasciò scorrere lo sguardo dall'una all'altra straniera.
- Mi auguro che Hoshiko sappia in che guaio si è invischiata.
Fu tutto ciò che Sakura Haruno disse, prima di uscire.
Soltanto quando rimase sola, con l'eco di quella frase che le rimbalzava addosso, Tenten comprese quale debito avesse nei confronti della cadetta. Intercettando i due Hyuga che scortavano l'amico di Sango alle prigioni, Tenten aveva innescato una reazione i cui effetti avrebbero potuto stravolgere la reputazione e la vita di ogni persona coinvolta.
Hoshiko le aveva raccomandato di non prendere alcuna iniziativa e di non abbandonare la casa di Haruno fino a quella sera, quando sarebbe svicolata dalla Villa per tornare da lei con un piano. Un piano per contenere i danni dell'aggressione di tre Hyuuga e la fuga di un sospettato. Ne avrebbe approfittato anche per portarle aggiornamenti su Neji. Nell'aggiungerlo, la fermezza delle sue iridi lattee aveva vacillato. Allora, per la prima volta, Tenten aveva colto quanto il non sapere stesse tormentando anche lei, a dispetto del suo portamento etereo.
Tenten strofinò le mani sul viso. Un gesto che avrebbe dovuto essere passeggero, solo per stropicciare le palpebre, e che tuttavia si prolungò. Nascosto il volto dietro quella maschera, Tenten non riuscì più a calarla.
Aveva sbagliato tutto.
Neji la aveva avvertita, fin da quando le loro schiene si erano sfiorate sulla neve; sul primo terreno di scontro che avevano condiviso. "Questa non è la tua battaglia."
Eppure lei lo aveva ignorato. Dapprima per brama di vendetta contro gli assassini di Hirono. Poi, quando le Amazzoni l'avevano rigurgitata dalla loro società, perché lui era la sola meta conosciuta in un mondo in cui non avrebbe mai più voluto camminare. Anche allora, Neji aveva provato a ristabilire l'equilibrio fra le loro esistenze, e mentre Tenten annaspava, delirava prefigurando una loro fuga congiunta senza destinazione, lui aveva ridonato un obiettivo ad entrambi: tornare a Konoha, per lui, e riunirsi a Sango, per lei.
Dopo settimane di ricerca, l'aveva rintracciata: Neji aveva scovato la sua casa. Ancora però, dopo essere tornata sui suoi passi per salvarlo dal Cacciatore, Tenten aveva riposto in un angolo il nome di Vork.
"E Sango?"
"Potrei farle avere un messaggio. Dirle che andrò a prenderla quando tutto sarà finito."
Non lo aveva mai fatto. Si era lasciata avvinghiare da quella battaglia che non era la sua, cullandosi nell'ottusa certezza che Sango non si sarebbe mai spostata da Vork.
Se soltanto le avesse scritto una lettera...
Prima che Hoshiko la prelevasse dalla casa del sensei di Neji, lei era discesa nel tunnel ed aveva chiesto al fuggitivo lamentoso come si fosse imbattuto in Sango. Le era bastato accarezzare il pugnale con un gesto casuale perché lui sciorinasse ogni dettaglio. Aveva opposto una blanda resistenza solamente sul suo nome, ma dopo un paio di scossoni la risposta gli era scivolata fuori dalla maglia. Un medaglione con l'effigie di un lupo. Identico a quello che Tenten aveva notato tra gli effetti del Cacciatore e che ancora tintinnava nella sua borsa.
Allora aveva compreso. Davanti a lei c'era il vero Chikao, quello a cui Dinwin Xester si era ispirato per guadagnare la sua fiducia.
"Avete già visto questo medaglione? Quindi avete incontrato mio fratello!"
"Fratello...?"
"Quando lo avete incontrato? Dove? Come stava?"
Nella quiete forzata dell'appartamento, il cervello di Tenten si mise in movimento dopo ore. Sango era partita perché convinta che un assassino fosse sulle sue tracce. Tenten contò i giorni sulle dita: quando la rossa aveva ricevuto la notizia, il Cacciatore era già morto.
Trattenne il respiro, le fischiò fra le labbra serrate. Le mani si intrecciarono sulla bocca, mentre lei restituiva un ordine cronologico agli eventi. Se le avesse scritto, se avesse usato una delle dannate pagine bianche del diario per scriverle, Sango non si sarebbe avventurata fuori da mura sicure per un'inutile emergenza.
Una parte di lei supplicò che il rimorso non si alimentasse oltre, ma la sua mente era ormai una volontà separata. Procedeva incontentabile, come un carro lungo un pendio, pur temendo lo schianto nell'atto conclusivo.
Chiuse gli occhi, con l'auspicio che la crescente consapevolezza si estinguesse, invece distinse tutto con maggiore chiarezza. Lungo un sentiero scorgeva il susseguirsi dei giorni condivisi da lei e Neji; lungo quello parallelo, quelli condivisi da Sango e l'aspirante cacciatore.
Gli ultimi due erano passati ad una manciata di chilometri dalla vedetta abbandonata, non più di due giorni dopo la partenza dello Hyuuga per il monastero.
Erano stati ad un soffio da lei.
Sango era stata ad un soffio da lei.



  
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