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Autore: http__diletta    31/05/2017    0 recensioni
Bum.
I suoi occhi.
Quelli della bambina.
Un sorriso.
Perché mi fai questo?
Lacrime.
La mente mi torna a quell’incidente, anni prima ormai, quando il destino mi aveva fatto conoscere la persona che sarebbe stata il mio ossigeno e il mio gas. Il mio veleno e il mio antidoto. La mia vita e la mia rovina.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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In macchina per arrivare a casa, dopo qualche secondo di silenzio, Harry mi disse:
«Ho diciotto anni, almeno quasi, li compio domani»
«Interessante.» non era la risposta che sperava, perché subito dopo chiese:
«Tu?»
«Sedici…» mentre parlavo notai che mi fissava in modo strano:
«Perché mi guardi in questo modo?» si scosse.
«Perché sei bellissima…» il mio viso assunse la tonalità di un pomodoro.
«G-grazie.»
«Hai visto che avevo ragione sull’accompagnarti a casa?» feci un sorriso da ebete.
«Beh, si! Se non fossi arrivato tu domani mi avresti trovata sulla copertina di “Chi l’ha visto”.» nonostante la mia battuta fosse di uno squallore unico, lui rise.
«Bene, la casa è questa.»
«Ok, ci sentiamo Alison.»
«Ci sentiamo riccio.» scherzai, e lui mi infilò in mano un pezzo di carta. Lo aprii. Sopra c’era un numero di telefono, con scarabocchiato un nome: Harry Blake. Oddio, lui intendeva davvero continuare a sentirci, non lo aveva detto come una stupida e obbligatoria formalità.
«È Hale.»
«Che?»
«Il mio cognome, è Hale» gli comunicai.
«Arrivederci Harry Blake»
«Arrivederci Alison Hale» mi girai e mi diressi verso casa.
Quella notte mi misi a letto con il cuore leggero e sognai tanti piccoli Cupido che scagliavano minuscole freccette rosa su me e su H… ma che cazzate sto dicendo?!
L’indomani aprii gli occhi e mi trovai davanti dei riccioli castani. Presi ad accarezzarli:
«Che bei capelli che hai Harry…» poi mi accorsi che stavo accarezzando il sedere del mio cane:
«Oh cazzo Ares scendi subito dal mio letto.» borbottai seccata, e una voce mi chiese:
«Ammettilo, ti piace Harry.» io commentai:
«Zitta stupida coscienza.»
«Ma che coscienza e coscienza? Sono tua madre Alison!» alzai lo sguardo. Mia madre mi fissava in modo strano: sì, ero davvero nel mondo dei sogni.
«Ma se non sai nemmeno chi è Harry!» fece spallucce e se ne andò.
Io mi avvicinai all’enorme specchio che avevo appeso alla parete e cominciai a pettinarmi. Il braccio mi bruciava un po’, ma era un dolore… agrodolce! Nel senso che faceva male, ma mi ricordava anche l’incontro con il riccio. Scossi la lunga e liscia chioma bionda, mi girai e vidi un aereoplanino di carta verde. Avevo dimenticato la finestra aperta quella notte e qualcuno si era divertito a giocare a basket. Aggrottando la fronte lo aprii e lessi:
Ciao piccola,
sei invitata alla megafesta che organizzo questa notte per il mio compleanno.
-HB
Stracciai l’invito. Non ci andrò, pensai.
Quel giorno lo persi interamente a rimuginare sulla festa. Mi aveva chiamata piccola? Chissà quante altre troie Harry chiama giornalmente “piccola”. Mi chiedevo. Tante probabilmente, era il tipo.
Alle otto di sera avevo ancora la testa al riccio.
«A cosa pensi tesoro?» domandò mia madre. Ero seduta pensierosa sul divano, con addosso una larga felpa di mio fratello che mi stava a dir poco enorme.
«Niente ma’»
«Secondi me dovresti andare a quella festa.»
«Che?» sobbalzai girandomi di scatto e fissando i pezzi dell’invito stracciato in mano a mia madre.
«Lei non va da nessuna parte.» sorpresa fissai mio fratello che era appena entrato nella stanza.
«Su Nick, non essere così protettivo con tua sorella.» lui sbuffò ma io borbottai:
«Può anche esserlo, tanto io non ci vado.»
«Fai come vuoi, ma secondo me dovresti andare.» sì esatto, mia madre non è proprio la classica madre convenzionale. Mia madre mi fece l’occhiolino e lasciò la stanza canticchiando in modo molto stonato “Jingle Bells” e “dieci renne” (da notare che eravamo a Luglio).
La prima ora passò alla velocità di una tartaruga zoppa, ogni santo minuto fissavo con i miei grandi occhi azzurri il quadrante dell’orologio. Alle 11:30 pensai “sono ancora in tempo per andare!”. Poi scossi la testa e tuffai il viso nella felpa di Nick che avevo addosso.
Fu così che comparvero i due fatidici “angioletto e diavoletto” sulle mie spalle. Avete presente quelli di Tom & Jerry? La buona coscienza e la cattiva coscienza? Comunque comparvero sulle mie spalle. Il diavoletto mi intimava di andare alla festa di Harry, l’angioletto mi consigliava di non farlo. Sarà perché sono un tipo ribelle, un tipo guerriero, il tipo di ragazza che da bambina non rifiutava certamente la corona, ma sotto l’ampia gonna da principessa indossava le converse e pretendeva l’arco dalle frecce a ventosa, ma scelsi il diavoletto. (Che poesia in questo rigo).
Corsi in camera mia chiudendomi la porta alle spalle, mi poggiai su di essa con la schiena e tirai un profondo sospiro.
 
   
 
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