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Autore: Lady Five    07/06/2017    4 recensioni
Dopo la fine della brutta faccenda di Noo, l'equipaggio dell'Arcadia, finalmente riunito, riprende la solita vita vagabonda nello spazio. Con qualche piccolo cambiamento.
Ma la “routine”, per quanto piratesca, non si addice proprio ad Harlock e alla sua ciurma. Così, un po' per caso, un po' per scelta, si lasciano trascinare in una nuova avventura, sulle tracce di un antichissimo mistero e di un'oscura profezia. Con esiti assolutamente imprevedibili.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente, dopo la colazione servita direttamente nelle camere (non è dato sapere se Harlock avesse o meno già lasciato quella di Kei...per non compromettere la sua reputazione), si recarono tutti nei locali dell'archivio storico, scortati dal solito maggiordomo.
Qui trovarono l'equipe di esperti convocati da Zenobia, che si dimostrarono subito molto cordiali. Probabilmente erano curiosi quanto loro e desiderosi di accrescere le loro conoscenze. Clarice li tempestò subito di domande, soprattutto relative alle origini della loro civiltà, nella speranza di chiarire il ruolo avuto dal Voynich e da Castel del Monte o da qualche altro suo gemello sparso nell'universo. Gli studiosi fanauriaani avevano portato anche una copia del Libro della Vita, preciso identico al codice Voynich, tranne per l'ultima parte.
Emerse che, secondo le antiche cronache, da Mazone erano fuggite poco meno di un migliaio di persone, che, non si sapeva dopo quanto tempo, erano giunte su Fanauraa. Il pianeta non era disabitato, ma la popolazione locale, divisa in piccoli gruppi, era piuttosto primitiva, soprattutto rispetto ai molto più evoluti Mazoniani, e li accolse come semidei.
Questa storia mi pare di averla già sentita... commentò Harlock tra sé, ricordando alcuni fatti storici terrestri.
La colonizzazione quindi era avvenuta senza violenza e senza traumi, il pianeta aveva risorse in abbondanza per tutti e le due popolazioni avevano convissuto senza problemi, anzi, a un certo punto si erano anche fuse e avevano occupato tutte le aree abitabili.
Il palazzo che loro chiamavano Whare Koura era stato costruito molto tempo dopo l'arrivo dei Mazoniani, sulla base della copia del Libro della Vita sottratta alla madrepatria, ma non si sapeva esattamente quando. La parte del codice relativa alla costruzione, però, era andata perduta, e con essa probabilmente molte altre informazioni riguardanti la sua vera funzione.
“Certo che è curioso che a tutte le copie manchino esattamente quelle pagine - osservò Harlock - tranne a quella terrestre.”
“Sì, è strano, ma non è casuale, secondo me - rifletté Clarice a voce alta - Ci ho pensato a lungo e la mia ipotesi è che i costruttori, una volta portata a termine l'opera, avessero l'ordine di distruggere quella parte. Perché questo non sia avvenuto per il Voynich, lo ignoro. Però è stato nascosto con molta cura, tanto che non è stato ritrovato per millenni! Un altro fatto per me di difficile spiegazione è la perfetta corrispondenza dei due edifici, malgrado siano stati costruiti su due pianeti diversi, in condizioni astronomiche differenti... tanto che mi è venuto il sospetto che chi ha progettato questo avesse visto e studiato quello di Castel del Monte, così bene da riuscire a replicarlo esattamente... Ma senza sapere l'esatta datazione di Whare Koura sarà difficile stabilirlo.”
“È strano anche che entrambi gli edifici siano stati costruiti molto tempo dopo la stesura dei due libri, no?” osservò Raflesia.
“Sì, anche questo è strano... se scoprissimo che i due edifici sono contemporanei, significherebbe che non è un caso, ma una precisa scelta... ma perché? Sappiamo che l'epoca in cui regnò Federico fu contrassegnata da frequenti fenomeni celesti, soprattutto apparizione di comete ed eclissi di sole e di luna.1 Fu per questo che si decise di iniziare a costruire Castel del Monte? Come se i tempi fossero finalmente maturi... E lo stesso può essere accaduto qui?”
Clarice sembrava piuttosto frustrata dal fatto di non riuscire ad avere le risposte a tutte le sue domande.
“Ma com'è possibile che non ci sia nessuna testimonianza, nessuna ipotesi, sulla costruzione di Whare Koura? Nemmeno una datazione approssimativa?” proseguì la donna.
“ È così, purtroppo - intervenne uno degli studiosi di Fanauraa - Non c'è alcuna fonte storica su Whare Koura... Si è dedotto da alcuni particolari geomorfologici che è di molto posteriore alla colonizzazione di Fanauraa, ma a parte questo non si sa altro. Infatti si ipotizza che tutti i documenti siano stati deliberatamente distrutti...”
“In effetti, anche le testimonianze contemporanee su Castel del Monte sono piuttosto scarse... Però si sa esattamente quando si iniziò a costruirlo. Bisognerebbe forse fare dei saggi di scavo, ma purtroppo non ne abbiamo il tempo...” sospirò Clarice.
“In fondo, questo palazzo è abusivo - notò Kei - Forse hanno voluto far sparire le prove, e infatti non ci sono più nemmeno le pagine del codice relative.”
“Giusta osservazione, cara - approvò Clarice - Ora propongo di andare tutti insieme al castello e proseguire là le nostre discussioni.”
Harlock esultò dentro di sé. Non aveva manifestato alcun segno di insofferenza, per educazione, ma riteneva che tutte quelle diatribe fossero oziose e fondamentalmente ininfluenti ai fini della loro missione. Ma sapeva che in fondo era stato lui a trascinare la sua vecchia amica in quell'assurda avventura, con la promessa che avrebbe potuto approfondire le sue conoscenze. Forse però qualcosa di utile alla fine sarebbe saltato fuori. Dopotutto, loro non sapevano nulla di quello che li aspettava... quindi, più informazioni avessero avuto, meglio avrebbero saputo come agire.
Due auto volanti accompagnarono il gruppo fino a Whare Koura. La giornata, con loro grande sollievo, sembrava meno calda della precedente.
Questa volta Clarice si concesse una visita più approfondita, con la guida dei due studiosi che li accompagnavano. Harlock e Kei, non sapendo bene che cosa fare, si aggregarono e trovarono tutto sommato interessanti le spiegazioni che venivano date.
“Ma... a che cosa serviva questo edificio? Non mi pare che qualcuno l'abbia detto...” chiese Kei.
“Ci sono molte ipotesi - disse uno dei due esperti - Un edificio termale, un osservatorio astronomico, la sede di una setta segreta...”
“... o un mezzo per trovare l'aleph...” concluse Harlock.
“Ma la verità è che non si sa... - proseguì l'uomo - non si sa se sia mai stato usato per qualcuno di questi scopi. Si sa che a un certo punto è rimasto abbandonato per decenni... finché il governo lo ha dichiarato monumento di interesse artistico.”
“Esattamente come Castel del Monte! - esclamò Clarice - La differenza è che qua il bellissimo apparato decorativo è rimasto intatto, mentre laggiù è stato depredato quasi subito... A proposito, andiamo a vedere le iscrizioni e i bassorilievi in cortile!”
Era abbastanza inquietante, considerò Harlock, che della gente, su Fanauraa come sulla Terra, avesse messo tante energie e risorse per costruire un palazzo che poi forse non aveva mai utilizzato... tanti, troppo misteri aleggiavano ancora su quella vicenda, e sembrava che loro fossero ancora ben lontani da sciogliere l'enigma.
Si trasferirono in cortile, davanti al muro che avevano già esaminato il giorno prima.
Clarice tolse dalla sua borsa alcuni fogli.
“Avevo ragione! Guardate questi disegni, presi dal Voynich, e guardate quei bassorilievi. Sono identici! Le iscrizioni, invece, mi risultano nuove... Voi sapete che cosa significano?” chiese Clarice.
“No. Nessuno è mai riuscito a decifrarle. I caratteri sono mazoniani, ma le parole non corrispondono alla nostra lingua, nemmeno nella versione più arcaica.”
Clarice parve riflettere, colpita sicuramente da qualcuna delle sue intuizioni.
“Dopo vorrei che mi convertiste le lettere in caratteri terrestri... vorrei verificare un'ipotesi...”
Harlock guardò Clarice con sincera ammirazione. Quella donna valeva da sola più di tutti quegli esperti messi insieme! Ma forse non era tutta colpa loro... avendo vissuto così isolati e senza alcun rapporto con la civiltà terrestre.
Tornarono a palazzo. Clarice, Werner e gli altri studiosi si chiusero di nuovo nell'archivio a proseguire le loro elucubrazioni.
Raflesia, che in tutto quel tempo non aveva parlato granché, limitandosi a osservare e ascoltare, si rivolse ad Harlock.
“Che cosa pensi?”
“Di che cosa?”
“Di tutto questo. Castelli, iscrizioni, disegni... Mi è venuto il mal di testa a star dietro ai discorsi di quelli... che non mi sembrano saperne molto più di noi!”
“Nemmeno io ci ho capito molto, se devo essere sincero. Ma dobbiamo apprezzare gli sforzi che i Fanauriaani stanno facendo per aiutarci.”
“E aiutare se stessi...” concluse Raflesia.
“Sì, certo, ovviamente. Mancano pochi giorni a quel... fenomeno. Poi sarà tutto finito, in un modo o nell'altro.”
Raflesia e Ipazia si ritirarono nelle loro stanze. Kei e Harlock si guardarono.
“Vuoi andare a riposare anche tu?” le chiese.
“No. Preferirei fare un giro in città, se possibile.”
“Buona idea. Non credo ci siano limitazioni ai nostri movimenti, ma è meglio informarci prima.”
Cercarono il maggiordomo, come lo chiamavano loro, ma questi rispose gentilmente che loro erano ospiti e non prigionieri, quindi potevano andare dove volevano.
Prima di lasciare il palazzo, Harlock contattò l'Arcadia e riferì a Yattaran le novità.
“Lì come va? Avete qualche notizia dalla Dorcas?”
“Qua tutto bene, capitano. Le comunicazioni con la Dorcas sono difficoltose, visto che siamo lontanissimi, ma abbiamo ricevuto un messaggio del dottor Zero: lui e Mayu stanno alla grande, non ti preoccupare!”
I due uscirono e iniziarono a passeggiare senza una meta precisa. Harlock osservava e annotava mentalmente ogni particolare. Ataahua non era molto diversa da qualsiasi città terrestre, a parte il fatto che era pulita e ordinata. Le strade erano ampie, ombreggiate da grandi alberi, e i palazzi ben tenuti. I Fanauriaani erano simili ai Mazoniani, alti e slanciati, con la differenza che avevano quasi tutti la pelle chiara e parecchi erano biondi o rossi di capelli, mentre gli altri erano tendenzialmente mori. Non sembravano preoccupati della catastrofe incombente su di loro. Ma, d'altro canto, che cosa avrebbero potuto fare?
Kei invece camminava con il naso all'insù, godendo della luce e dell'aria aperta. Harlock indugiò a guardarla con tenerezza mentre si fermava davanti alle vetrine dei numerosi negozi. Dopo tanto tempo, ancora non si capacitava di come una ragazza come lei, che avrebbe potuto essere tutto ciò che voleva, avere qualunque uomo desiderasse, avesse scelto una vita raminga e precaria, accanto a un fuorilegge, con ben poche occasioni di indulgere a una legittima vanità.
“Perché non ti compri qualcosa di carino?” le chiese.
Kei scoppiò a ridere.
“E per farci cosa? No, ho smesso da tempo di riempire l'armadio di cose inutili! Mi piace guardare, tutto qua.”
“Ma adesso siamo ben introdotti in ambienti di un certo livello... Magari Raflesia, quando avrà trovato il suo nuovo pianeta, ci inviterà a corte...”
“Quando questa storia sarà finita, non voglio più vedere Raflesia in vita mia! Piuttosto, cerchiamo un posto dove mangiare qualcosa... ho una fame da lupi!”
Scelsero una specie di ristorante in cui sembravano servire cibi commestibili anche per loro e trascorsero il resto della giornata come una qualunque coppia in vacanza. In fondo, se l'erano meritato. L'apprensione e la diffidenza con cui erano sbarcati su quel pianeta stavando lasciando il posto a una moderata tranquillità. Nessuno lì sembrava intenzionato a far loro del male.
La mattina dopo, Harlock decise di cercare Clarice per sentire se ci fossero novità. Convinse Kei a poltrire ancora un po'.
“Approfittane, no? Quando ti ricapita, di essere servita e riverita come una principessa, senza doverti preoccupare di niente!”
“Eh sì, in effetti il mio capo è un vero schiavista, mi costringe sempre a dei turni massacranti... per non parlare degli straordinari notturni...non pagati!” disse la ragazza con voce piagnucolosa.
Harlock la colpì con un cuscino.
“Ma sentila! Come se la cosa ti dispiacesse...!”
Kei si riavvolse nelle coperte, ridendo, e il capitano si diresse all'archivio, dove era sicuro di trovare Clarice e i suoi colleghi.
Infatti. Come lo vide, la donna gli corse incontro.
“Harlock! Ma dove ti eri cacciato ieri? Abbiamo fatto una scoperta straordinaria! Sai le iscrizioni del muro interno del palazzo? Ecco, abbiamo applicato lo stesso metodo usato per il Voynich, e ... indovina? Sono le stesse frasi! Si parla di Federico II e del suo discendente, il praedo aëris! Oh, caro, tutto torna! Sento che siamo sulla buona strada, che riusciremo nel nostro intento! Oh, tranquillo, non ho detto a nessuno che il praedo aëris probabilmente sei tu...”
Harlock era un po' frastornato.
“Ma... come sono arrivate fin qui quelle iscrizioni?”
“Quasi sicuramente erano nelle pagine perdute della loro copia. O forse si può ipotizzare che davvero qualcuno dei Fanauriaani abbia visto personalmente Castel del Monte, in un'epoca imprecisata. Forse non lo scopriremo mai... Adesso non ci resta che attendere il giorno giusto! Abbiamo chiesto la collaborazione di un astronomo esperto, per controllare ancora i calendari e non rischiare di sbagliare. ”
“Ottimo. Tenetemi informato.”
Il capitano si trovò a pensare che, in tutto questo, nessuno sembrava preoccuparsi di come si sentisse lui. Per la verità, non lo capiva nemmeno lui stesso. Essere l'elemento catalizzatore di un fenomeno sconosciuto non era mai stata la sua aspirazione. Avrebbe dovuto sentirsi eccitato? Lusingato? In realtà, era piuttosto preoccupato. Gli tornarono in mente ancora una volta le parole che Raflesia aveva detto la prima volta che gli aveva parlato dell'aleph... “si dice anche che chi lo vede rischia di perdere la ragione.
Un'idea cominciò a farsi strada nella sua mente.

I giorni che seguirono furono molto strani per il capitano dell'Arcadia. Tutto era come sospeso, come la calma prima della tempesta. Gli mancava la sua astronave, ma non osava allontanarsi dal pianeta. Di fatto, però, lì si sentiva inutile. Non era abituato all'inattività. Raflesia e Ipazia si incontravano spesso con Zenobia e i suoi collaboratori... quasi di sicuro per organizzare il probabile esodo futuro. Clarice e il dottor Werner stavano sempre immersi nei loro studi, da soli o con i colleghi fanauriaani. Qualche volta, con Kei e Meeme, Harlock li accompagnava al castello, ma senza un vero scopo, se non quello di ammazzare il tempo.
Si diceva che doveva prendere quel periodo come una vacanza e cercare di rilassarsi, ma proprio non ci riusciva. In città non mancavano gli svaghi, volendo: c'erano piscine, palestre, sale da gioco, centri commerciali... ma lui non era più tipo da frequentare quegli ambienti. Forse non lo era mai stato.
Alla fine decise di chiedere in prestito un mezzo veloce per spostarsi ed esplorare altre zone di Fanauraa. A volte andando solo con Kei, a volte anche con Meeme, scoprì che il pianeta aveva ancora delle bellezze naturali notevoli: fitte foreste, laghi dalle acque cristalline, montagne, ampie pianure... Un vero peccato dover abbandonare tutto questo, e a tratti ci si poteva dimenticare quale fosse la reale situazione. In alcuni giorni, però, lo stesso vento soffocante che li aveva accolti al loro arrivo ricordava loro che la fine si avvicinava inesorabile.

Due giorni prima dell'evento, Harlock chiese un colloquio blindato a Zenobia e Raflesia.
Le due regine lo ricevettero nello studio privato di Zenobia.
“È tutto pronto, capitano” volle rassicurarlo la sovrana di Fanauraa.
“Lo so. Abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre mani, ora possiamo soltanto attendere. Ma avrei una richiesta, maestà. Visto che non sappiamo che cosa succederà davvero e se ci saranno pericoli o meno, ritengo che sia inutile esporsi tutti. Basterò io.”
Le due donne si guardarono e si scambiarono un cenno d'intesa.
“No, capitano. Dobbiamo essere presenti anche noi due. In fondo, la cosa ci riguarda molto da vicino, ed è giusto che ce ne assumiamo i rischi. I nostri collaboratori sanno già come agire in caso... succeda qualcosa di irreparabile.”
Harlock annuì. Se quelle due incoscienti volevano finire nei guai, non era affar suo.
“Sta bene. Vi chiedo però di fare in modo che... le persone che sono venute con me non ci accompagnino al castello quel giorno. Credo che sarà necessario usare... diciamo dei metodi forti per trattenerle.”
Zenobia sorrise.
“Capisco. Darò ordine alle mie guardie di non lasciare uscire nessuno dal palazzo fino al nostro ritorno.”
“Vi ringrazio.”
Harlock sapeva che quella decisione gli sarebbe costata una litigata furibonda con Kei e forse avrebbe compromesso la sua amicizia con Clarice... ma non aveva alcuna intenzione di tornare sui suoi passi.

La mattina dell'ottavo giorno del mese di Urria2, dunque, Harlock si alzò molto prima dell'alba. La sera prima, a cena con gli altri nella sala da pranzo a disposizione degli ospiti, era stato più taciturno del solito, e Kei aveva subodorato che stava rimuginando qualcosa. Forse per questo aveva tutti i sensi all'erta e, quando sentì Harlock muoversi nella semioscurità, fece per alzarsi anche lei.
“Tu non vieni” disse lui con il solito tono di quando dava un ordine che non poteva essere discusso nemmeno da lei.
La ragazza scattò in piedi.
“Cosa?!? Non se ne parla!”
“Infatti. Ci andremo soltanto io, Raflesia e Zenobia...”
“Non erano questi i patti!” sussurrò con rabbia.
“I patti erano che tu e Meeme mi avreste accompagnato su Fanauraa e così è stato. Ma questa... questa cosa che deve succedere potrebbe essere pericolosa. Non voglio che altri corrano rischi inutili. Se non dovessimo fare ritorno, sarete riaccompagnati sull'Arcadia e ve ne andrete da qui.”
“Ma... non puoi farmi questo...” bisbigliò Kei con le lacrime agli occhi. Sapeva che in quei casi nulla avrebbe fatto cambiare idea ad Harlock.
Il quale, già vestito, le prese il viso tra le mani e la guardò intensamente negli occhi.
“Andrà tutto bene. Ma, se così non fosse, sappi che gli anni che ho trascorso con te sono stati i più belli della mia vita.”
“Harlock... io...” balbettò la ragazza commossa.
Lui la baciò sulla bocca e se ne andò senza voltarsi.
Fuori da un'uscita secondaria lo attendeva una navetta, su cui erano già salite le due regine. Non aveva avuto il tempo di avvertire anche gli altri. Era sicuro che ci avrebbe pensato Kei. Ovviamente anche Clarice si sarebbe risentita non poco...
Giunsero sul posto prima del sorgere del sole, anzi, dei soli, e andarono subito nel cortile interno, la cui parete avrebbe dovuto essere colpita dal raggio rivelatore. Non sapevano a che ora sarebbe successo, quindi per sicurezza erano partiti con così grande anticipo.
Le due regine si erano fatte consegnare tutti i risultati degli studi compiuti da Clarice, Werner e dagli altri esperti, i quali naturalmente non avevano potuto rifiutarsi. Li lessero ancora una volta, nell'attesa, anche se ormai non potevano fare altro che aspettare. Era difficile per tutti e tre mascherare il nervosismo.
I due soli sorsero lentamente dall'orizzonte. Era un fenomeno affascinante e insolito, a cui Harlock non aveva mai assistito. Per circa un'ora non accadde nulla. Poi, videro che la luce nell'ottava sala stava lentamene aumentando.
“Ci siamo, credo!” esclamò Harlock indicando la porta finestra.
In quel momento, esattamente come si aspettavano, un raggio la attraversò e andò a illuminare la parete opposta, ma, in apparenza, senza colpire alcuno dei bassorilievi e delle iscrizioni, lasciandoli in un primo momento molto delusi. Finché una pietra liscia e apparentemente insignificante cominciò ad arrossarsi, fino a diventare quasi incandescente.
Harlock agì per puro istinto. Prese le due donne per un braccio e le spostò violentemente di lato, proprio un istante prima che un altro raggio di luce, bianca e accecante, partisse dalla pietra, andando a rimbalzare, più volte e in diverse direzioni, sui muri del castello e del cortile, creando una sorta di reticolo... I tre assistevano attoniti alla scena, cercando di capire le traiettorie di quelle lame luminose, per evitare di esserne colpiti. Ma non accadde nulla di tutto ciò.
Finché lo videro...
Al centro del cortile e di quella specie di ragnatela si materializzò una minuscola sfera luminescente, che si ingrandì a poco a poco, diventando traslucida, fino a esplodere come una bolla di sapone.
Harlock, Raflesia e Zenobia si sentirono trascinati in una specie di vortice. Furono investiti da miliardi di immagini e suoni, provenienti da tutti i punti e da tutte le epoche dell'universo, indistinti eppure chiarissimi, in una sequenza così rapida da togliere loro il fiato.3
L'aleph... Non poteva che essere lui... quell'incredibile esperienza, impossibile da raccontare a parole, corrispondeva alla descrizione che ne avevano dato Raflesia e Clarice. Davvero la ragione umana, incapace di contenere e comprendere una simile immensità, poteva smarrirsi.
Non avrebbero saputo dire dire quanto tempo fosse durato quella specie di folle viaggio, se pochi minuti o ore. In modo repentino, come era cominciato, finì. Si ritrovarono nel cortile del castello, da cui in realtà non si erano mai mossi, e davanti a loro c'era ancora quella piccola sfera luminosa, che ora sembrava galleggiare nell'aria.
“Ma... non è servito a niente! Non ci ha indicato nessun pianeta...” gridò Raflesia con una vena di disperazione nella voce.
Harlock si sentì in colpa. Doveva fare qualcosa... sì, ma cosa?
Si avvicinò alla piccola sfera, titubante, allungò una mano verso di essa e la sfiorò. Nello stesso momento, si concentrò mentalmente su se stesso, sulla sua identità, su chi fosse il suo illustre antenato secondo l'ipotesi di Clarice, su quello che avevano bisogno di sapere... e funzionò.
La sfera ricominciò a ingrandirsi e a cambiare colore... Diventò di un bel colore azzurro... apparvero oceani e continenti... forme e paesaggi che lui conosceva molto bene.
Per averli visti milioni di volte dalle vetrate dell'Arcadia.

 







 

 

 

1 Vero. Per approfondire, “Federico II: il Governo, la Scienza e l'Astronomia” di Adriano Gaspani (Osservatorio Astronomico di Brera), su www.duepassinelmistero.com.

2 Ottobre, questa volta in basco, perché in maori suonava malissimo!

3 Per sapere come un VERO scrittore descrive l'aleph, rimando all'omonimo racconto di Borges (http://www.criticaletteraria.org/2012/11/pillole-dautore-l-aleph-jorge-luis.html).

 

  
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