Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Lady Five    14/06/2017    5 recensioni
Dopo la fine della brutta faccenda di Noo, l'equipaggio dell'Arcadia, finalmente riunito, riprende la solita vita vagabonda nello spazio. Con qualche piccolo cambiamento.
Ma la “routine”, per quanto piratesca, non si addice proprio ad Harlock e alla sua ciurma. Così, un po' per caso, un po' per scelta, si lasciano trascinare in una nuova avventura, sulle tracce di un antichissimo mistero e di un'oscura profezia. Con esiti assolutamente imprevedibili.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non appena Kei fu sicura che Harlock si fosse allontanato abbastanza, corse in camera di Meeme e, visibilmente alterata, la mise al corrente della decisione del capitano.
“Ma tu non l'avevi capito, che cosa aveva in mente di fare?” le chiese in tono leggermente accusatorio.
L'aliena non si scompose.
“No. Percepivo la sua preoccupazione e la sua ansia di proteggerci, nient'altro...”
“Beh, io non ho intenzione di mollare! Ora vado a svegliare Clarice, ci prendiamo una navetta o qualsiasi altro mezzo e andiamo a Whare Koura... tanto, ci siamo state abbastanza volte da ritrovare la strada!”
“Ma Harlock si arrabbierà...” obiettò Meeme.
“E allora? È stato lui a venir meno alla parola data!”
Kei andò a bussare alla stanza di Clarice, che era già sveglia e si stava preparando per la spedizione. Rimase così costernata quando Kei le raccontò tutto da non riuscire quasi a parlare.
“Ma... Harlock non può farci questo! Ci aveva promesso di portarci con lui...”
“A sentire lui, no! Ma non preoccuparti, Clarice, finisci di prepararti e poi raggiungimi alla solita uscita. Cerchiamo di prenderci la macchina volante che usavamo di solito... non credo che l'avranno usata loro, avranno sicuramente scelto un mezzo più... regale!”
“Vado a chiamare anche Werner...”
“Sì, ma fai in fretta!”
Poco dopo, Kei, Clarice, Meeme e Werner si ritrovarono nel piccolo vestibolo dove si davano solitamente appuntamento per andare a Whare Koura o in giro per il pianeta. Ma si accorsero con disappunto che il portone questa volta era presidiato da quattro guardie armate. Harlock aveva pensato proprio a tutto, pensò Kei con rabbia.
La piratessa non si lasciò spaventare e si diresse verso di loro con passo deciso.
“Dobbiamo uscire” asserì perentoria.
“Non potete. La regina Zenobia ha disposto che nessuno lasci il palazzo fino al suo ritorno.”
“Ma non capite! - si alterò la ragazza - Noi...”
“Ci dispiace, signorina, ma questo sono gli ordini.”
Kei era frustrata. In altre situazioni, avrebbe estratto la cosmo-gun e messo fuori combattimento le guardie senza tanti complimenti, ma lì non era proprio il caso. C'era il rischio che qualcuno si facesse male sul serio... e poi chi l'avrebbe sentito, Harlock?
Ritornò verso il gruppetto, che aveva assistito alla scena con una certa apprensione.
“Andiamocene da qua. Ostentiamo rassegnazione e cerchiamo un'altra via di fuga.”
Ma la loro ricerca fu infruttosa. Ogni uscita del palazzo, anche la più piccola e insignificante, era o guardata a vista o chiusa da pesanti catenacci, che resistettero a ogni tentativo di effrazione.
Mentre, sempre più esasperati, meditavano il da farsi, si resero conto che i loro movimenti non erano passati inosservati. Il comandante della guarnigione reale, infatti, si parò loro davanti quasi all'improvviso, accompagnato da un manipolo di soldati. Evidentemente Zenobia (e Harlock!) aveva previsto anche questo.
“Signori - li ammonì severamente - Devo chiedervi di tornare nei vostri appartamenti e non uscirne fino a nuovo ordine!”
“Perché, se no, cosa succede?” li apostrofò la bionda con aria di sfida.
“Dovremo rinchiudervi nelle segrete del palazzo.”
“Cosa?!? Questa poi...!”
I quattro erano sempre più spiazzati. Ma non c'era molto che potessero fare e, scortati dai nuovi arrivati, se ne dovettero tornare mogi mogi alle loro stanze.
In realtà, Kei era furiosa.
“Harlock, questa me la paghi, brutto figlio di....” si lasciò andare appena entrata nella sala studio. Si trattenne soltanto perché incrociò lo sguardo di Clarice. La donna, più che arrabbiata, pareva disperata. Sembrava addirittura sul punto di piangere.
“Perché l'ha fatto?” si chiedeva sconsolata scuotendo la testa.
Meeme si sentì in dovere di rincuorarla.
Si sedette accanto a lei e le mise un braccio intorno alle spalle.
“Lui è così. Si preoccupa sempre di proteggere le persone che ama...”
“Ma io gli avevo detto che non avevo paura, che non m'importava di correre rischi... data anche la mia età. Ma volevo conoscere la verità, ci tenevo tanto, e lui lo sapeva!”
“Harlock ha perso tante persone a cui voleva bene, in passato. E ha giurato a se stesso che non sarebbe dovuto più accadere.”
“Vieni Clarice - intervenne Werner premuroso - Ti preparo una delle mie tisane, vedrai che ti farà bene ...”
“Grazie, Werner, sei tanto caro, ma... ma sì, va bene, accetto volentieri.”
La donna si alzò stancamente e seguì il professore mazoniano fuori dalla stanza.
Rimaste sole, le due ragazze si guardarono. Kei si rese conto che, per qualche strana ragione, le parole di Meeme avevano fatto bene anche a lei.
“Mi sono procurata un liquore locale... ce l'ho di là, in camera mia - disse la yurana - È un po'... strano, ma non è male, alla fine...”
“D'accordo... beviamoci su” acconsentì Kei, sorvolando sul fatto che stava quasi albeggiando e quella era una ben strana colazione.

Sulla navetta che riportava Harlock, Raflesia e Zenobia a palazzo nessuno parlò. Tutti sembravano immersi in cupi pensieri.
Avevano atteso che la sfera dell'aleph cambiasse colore e aspetto... che desse un'alternativa, indicasse un altro pianeta... Invano. Quello che avevano davanti agli occhi era inequivocabilmente l'unico luogo che non avevano mai preso in considerazione. La Terra!
La sfera lentamente aveva assunto di nuovo la sua luminosità lattescente ed era rimpicciolita via via fino a dissolversi. I fasci di luce nel centro del cortile erano scomparsi e le pietre dei muri erano tornate grigie e fredde. Lasciandoli increduli e sgomenti. Per un secondo Harlock aveva sperato che le due regine non avessero visto... non si chiese che cosa avrebbe fatto, in quel caso, se sarebbe stato capace di mentire... ma lo sguardo preoccupato di Raflesia gli aveva tolto ogni illusione.
“Andiamocene - aveva detto il capitano dopo un po' - Non abbiamo più niente da fare qui.”
E ora? si chiedeva con angoscia. Che cosa avrebbero fatto Raflesia e Zenobia? Entrambe avevano detto di non essere in grado di intraprendere una guerra. Ma lo erano prima di incontrarsi. Adesso avrebbero potuto benissimo unire le loro forze e tentare un'altra volta di conquistare la Terra.
E lui, loro, i pirati dell'Arcadia, che cosa avrebbero fatto?
Si sentiva beffato dal destino. Aveva deciso, in assoluta buona fede, di aiutare la sua antica nemica... ed ecco cosa era successo! Si era reso complice di una potenziale catastrofe. Non poteva nemmeno partirsene abbandonando Raflesia su Fanauraa... il suo senso dell'onore non glielo avrebbe permesso. Oltre al fatto che sulla Dorcas c'erano ancora Mayu e Zero, in mano alle Mazoniane. Che non avrebbero preso bene il fatto che la loro regina fosse stata lasciata su un pianeta lontano milioni di miglia spaziali.
Anche Zenobia, e soprattutto Raflesia, non gli sembravano affatto entusiaste del responso dell'aleph. Ma probabilmente si rendevano conto di non avere altra scelta. Non si poteva sfuggire a certe verità, pensò amaramente il capitano: la Terra era l'unica vera seconda patria di Mazone. Avrebbe cercato di dissuadere Raflesia, appellandosi alla parola data dopo il loro duello... Ma lo sapeva anche lui, che questa volta le cose sarebbero andate diversamente. La regina era a capo di un popolo disperato, che non sapeva dove altro andare.
Arrivati a palazzo, fu Harlock a rompere l'imbarazzo.
“Dobbiamo parlare” disse rivolto a Raflesia. Era chiaro che sarebbe stata lei a prendere la decisione. Zenobia si sarebbe adeguata.
“Lo so - sospirò la Mazoniana - Lasciami prima parlare con Zenobia e Ipazia.”
Il capitano assentì con un cenno del capo. Anche lui doveva parlare prima con Kei, Meeme e Clarice. E non sarebbe stato facile.
Trovò le prime due nella stanza di Meeme. La bionda piratessa gli corse incontro. Pensava che lo avrebbe preso a male parole, invece lo abbracciò.
“Harlock! Tutto bene?”
“Sì, stiamo bene...” rispose Harlock, un po' interdetto. La ragazza emanava inequivocabilmente un forte odore di alcol... che cosa avevano combinato quelle due, in sua assenza?
Kei, nonostante fosse un po' brilla, notò la sua faccia tirata.
“È... è successo qualcosa?”
Il capitano non poté fare altro che raccontare l'accaduto.
“Ma non è possibile! Non può ricominciare tutto da capo! Tu non lo permetterai, vero?” esclamò fuori di sé.
“Ci proverò. Ma non credo che ci riuscirò...”
“Ma lei ti aveva dato la sua parola!”
“Ma questo è stato prima. Prima che trascinasse per anni la sua gente a patire fame e privazioni in giro per lo spazio.”
“Avevi detto - intervenne Meeme - che loro non sono più in grado materialmente di sostenere una guerra e che il popolo di Zenobia non ha esperienza...”
“Infatti. Ma se si mettono a collaborare... Fanauraa ha ancora le risorse per ricostituire un esercito e le Mazoniane hanno le conoscenze militari e strategiche... Non sarà né domani né tra un mese... magari ci vorranno alcuni anni, ma ... questa volta ci saranno non uno, ma due popoli, a viaggiare alla conquista della Terra.”
“Lo sapevo che non dovevamo aiutarli!” si lasciò sfuggire Kei in preda alla rabbia.
“Abbiamo impedito che dei civili morissero di fame e malattie, e di questo non mi pentirò mai. Quanto al resto... chi se lo poteva immaginare? Io ero convinto che l'aleph fosse solo una leggenda!”
“E noi? Che cosa faremo?” chiese di nuovo Meeme.
Il comlink cominciò a squillare, togliendolo d'impiccio.
“È Raflesia. Vado a parlare con lei. Teniamoci pronti a partire. La nostra presenza qui è ormai inutile. Come sta Clarice?”
“Beh, ci è rimasta parecchio male quando ha scoperto che l'avevi esclusa... come tutti noi, del resto!” sottolineò la bionda.
Povera Clarice! Ecco come l'aveva ripagata per la sua dedizione e il suo aiuto! Si sarebbe scusato con lei più tardi. Ora lo attendeva un colloquio che si prospettava lungo e difficile.

Raflesia lo stava aspettando in un piccolo studio attiguo alla sala del trono, seduta rigidamente a una scrivania di legno scuro. Gli indicò una sedia davanti a lei, ma Harlock preferì restare in piedi, a braccia conserte. Lei andò subito al punto.
“Sappiamo entrambi che cosa significa quello che abbiamo visto... Naturalmente, sarà il Consiglio Supremo a decidere, quindi per ora...”
Il capitano la interruppe.
“Andiamo, Raflesia, lo sappiamo benissimo già adesso che cosa deciderà il Consiglio Supremo! Ma noi due avevamo stretto un patto!”
La donna scattò in piedi.
“Che io ho rispettato! L'ho rispettato, sì, anche se mi è costato la perdita di quasi metà della mia gente! Ma adesso le cose sono cambiate: l'hai visto con i tuoi occhi. Anzi, è proprio grazie a te che ora sappiamo la verità: non c'è un'altra patria per Mazone, se non la Terra! Non possiamo farci niente!”
Harlock avrebbe voluto replicare, ma nel profondo di sé sapeva che Raflesia aveva ragione. Tuttavia non si arrese.
“Eppure ci deve essere un modo...”
Raflesia cominciò a camminare nrvosamente per la piccola stanza.
“Credi che mi renda felice ritrovarmi al punto di partenza, dopo tutto quello che abbiamo patito? Ricominciare tutto da capo? Ne farei volentieri a meno, credimi!”
Seguì un lungo silenzio. Del resto, non c'era molto altro da dire. Dopo tanti anni, si ritrovavano di nuovo su due fronti opposti.
“Anch'io - proseguì la sovrana - non avevo minimamente messo in conto che avrebbe potuto esserci quella possibilità. Avevo davvero sperato che l'aleph ci indicasse un altro posto, dove saremmo potuti andare senza guerre e senza altro sangue...”
“Quand'è così, non c'è null'altro da dire. Ritorneremo sulla Dorcas, dopodiché riprenderò con me Mayu e il dottor Zero e poi... ognuno per la sua strada... Ho solo una richiesta.”
“Ti ascolto.”
“Il Voynich... vorrei che la lasciassi a Clarice. Ormai non ci sono più pericoli e lei... direi che se l'è meritato. Voi avete comunque le copie digitali.”
Raflesia rifletté un istante.
“Sia. La professoressa Jones è stata un aiuto prezioso per noi. È... una persona davvero speciale.”
“Grazie” rispose semplicemente il capitano, dirigendosi verso la porta.
Ma la voce della regina lo fermò poco prima che uscisse.
“Harlock!”
Lui si girò a metà e la guardò con aria interrogativa.
La donna sembrò esitare.
“Perché... perché non ti unisci a noi questa volta? O almeno non ti fai da parte. Insomma, è qualcosa che non ho mai compreso... che cosa ti importa dei terrestri? Non vi hanno mai dimostrato gratitudine, vi hanno sempre trattato come dei reietti, se vi catturano vi ammazzano... Con noi... sarebbe diverso! Potreste andare e venire sulla Terra a vostro piacimento, stabilirvi lì, insomma... fare quello che volete! Voi ci avete aiutato quando eravamo in difficoltà e io questo non lo dimenticherò mai. Ma se cercherete ancora di ostacolarci... noi vi combatteremo con tutte le nostre forze e senza pietà, lo sai!”
“Lo so. Ma vedi, Raflesia, noi siamo pirati, fuorilegge, anarchici... ma non siamo traditori. Quella è la nostra gente, quello è il nostro pianeta natale... non permetteremo che diventino schiavi di nessuno!”
Raflesia scosse la testa. Come aveva potuto illudersi di tirarlo dalla sua parte?
“C'è una cosa che invece tu non capisci. Noi amiamo la Terra. Non vogliamo distruggerla. Vogliamo anzi che ritorni a essere il pianeta meraviglioso che era quando i nostri progenitori lo elessero a loro seconda patria!”
“Quel pianeta non esiste più da un pezzo, Raflesia. Il passato non può tornare. Rischi di inseguire un sogno e di avere un risveglio molto amaro... Intendo andarmene il prima possibile, quindi, se devi prendere degli accordi con Zenobia, fallo in fretta!”
Detto questo, Harlock uscì risoluto. Ora doveva occuparsi di Clarice, e poi avrebbe contattato Yattaran per comunicargli che presto sarebbero tornati sull'Arcadia.

Clarice era nell'archivio, insieme a Werner. Appena lo vide, gli venne incontro.
“Harlock! Grazie al Cielo stai bene!” esclamò sollevata.
Il capitano le prese le mani tra le sue.
“Sì, Clarice, stiamo tutti bene... Ti chiedo scusa per non avervi portato con me, ma... l'ho fatto per proteggervi.”
La donna scosse la testa. Se si era arrabbiata, ora le era passata.
“Non pensarci più... Dimmi, piuttosto... Com'è stato? E avete avuto le risposte che cercavate?”
Harlock lanciò un'occhiata al dottor Werner, che, per discrezione, era rimasto in disparte. Come poteva dire a Clarice che presto sarebbe diventato un loro nemico?
“Sì, le abbiamo avute... Ti racconterò ogni cosa a suo tempo, ma ora dobbiamo prepararci a partire. Però ho delle buone notizie per te: Raflesia ti ringrazia per il tuo aiuto e ha deciso di lasciarti il Voynich. E poi non corri più pericoli, potrai tornare a casa tua, nessuno ti minaccerà più.”
“Oh, bene! Mi dispiace un po' lasciare questo pianeta. Il castello... mi sarebbe piaciuto studiarlo ancora... Ma sono contenta per il Voynich! Immagino ci sia dietro il tuo zampino...”
“No no, io gliel'ho soltanto domandato. Quanto al castello... chiederemo a Zenobia che tu possa recarti ancora là, finché non partiamo.”

Dopo aver parlato con Yattaran, Harlock decise che entro due giorni al massimo avrebbero lasciato Fanauraa. Il ritorno sarebbe stato un viaggio molto più difficile e pesante dell'andata.
Il capitano aveva poi raccontato tutto l'accaduto anche a Clarice, lasciandola sgomenta e preoccupata. Nondimeno, l'archeologa occupò quei due giorni a fare altri sopralluoghi sul sito del castello, insieme a Werner. Harlock non seppe mai se anche lui sapesse e se tra loro avessero parlato della nuova situazione. Forse, si disse, gli scienziati - beati loro - si sentono al di sopra di queste cose. Ed era giusto così.
Prima di partire, il capitano andò a congedarsi da Zenobia. In fondo, li aveva ospitati con tutti gli onori, e anche dopo il responso dell'aleph il suo atteggiamento non era mutato. Ma non ci fu nessuna festa o cena d'addio... non c'era nulla da festeggiare, purtroppo...
Durante quelle tre settimane sull'Arcadia i contatti tra i Mazoniani e l'equipaggio furono praticamente inesistenti. Harlock raccontò per il momento soltanto a Yattaran l'esito della loro missione. Il primo ufficiale non fece commenti, ma il capitano sapeva benissimo che cosa stava pensando... che cosa avrebbero pensato tutti, una volta saputa la verità: dalle Mazoniane non potevano venire altro che guai! Eppure, malgrado tutto, come aveva detto anche a Kei, non era pentito di averle aiutate.
Il suo pensiero andò anche a Mayu e a Darragh. Il loro allontanamento sarebbe stato in ogni caso inevitabile, ma, con la nuova situazione, mantenere dei contatti in futuro sarebbe stato impossibile. E Mayu ne avrebbe sofferto.
Il capitano dava per scontata la decisione del Consiglio Supremo. Non avevano altra scelta.
Quindi stabilì che avrebbero fatto subito rotta verso la Terra. Prima che Raflesia cambiasse idea e decidesse di rendere loro impossibile intralciare i suoi piani. Sarebbe stato un gioco da ragazzi per lei farli prigionieri. O peggio.
“Che cosa faranno adesso, secondo te?” gli chiese Kei.
“Credo che andranno tutti su Fanauraa per un po'. Si rimetteranno in forze, ricostituiranno la flotta, addestreranno i Fanaauriani alla guerra... e poi partiranno alla volta del pianeta azzurro.”
“Mi chiedo come farà Fanauraa, un pianeta morente, di fatto, a reggere l'urto di tutta quella gente. Insomma, a sentire Zenobia non hanno quasi da mangiare per loro... come faranno a sfamare il doppio della popolazione, se non di più?”
“Ma ora hanno un obiettivo. Hanno detto di avere risorse per 8 anni al massimo. Dimezzeranno i tempi. Tanto sanno che appena saranno pronti potranno lasciare Fanauraa.”
“Pensi di avvertire le autorità terrestri del nuovo tentativo di invasione?” gli chiese ancora la ragazza.
Harlock fece roteare il vino nel bicchiere panciuto e osservò per qualche istante gli archetti formati dal liquido scuro.
“La prima volta non è servito a nulla.Tu credi che ne valga la pena?”
“Ma... il governo ora è cambiato. Sono sicuramente più stronzi, ma anche più seri. Ed efficienti, nel bene e nel male.”
Harlock si portò il bicchiere alle labbra.
“Già... Allora faremo un tentativo. Forse saranno interessati a sapere che sulla Terra si aggirano ancora delle Mazoniane, da anni” concluse, prima di vuotarlo d'un fiato.
“Delle Mazoniane? Ma come è possibile?”
Harlock le raccontò quello che gli aveva rivelato Raflesia a proposito dei loro contatti. Con una nuova guerra alle porte, questo sarebbe stato un bel problema.
“E noi...? Che cosa faremo?” chiese ancora la ragazza, esitante. Forse questa volta la risposta non era così scontata.
Lui fece una smorfia.
“Raflesia mi ha chiesto perché non ci alleiamo con loro...”
“Cosa?!? Ma... per chi ci ha preso? Per mercenari?”
“Beh, da un punto di vista razionale non ha torto. Laggiù ci odiano a morte... perché dovremmo aiutarli? Anzi, sarebbe un'ottima occasione per vendicarci di tutto il male che ci hanno fatto in tanti anni.”
Kei era perplessa.
“E tu... che cosa le hai detto?”
“Che non siamo traditori.”
La ragazza tirò un sospiro di sollievo. Non le sorrideva l'idea di ricominciare una guerra contro le Mazoniane, ma ancora meno la prospettiva di combattere al loro fianco, contro i loro compatrioti. Anche se questi ultimi non se lo meritavano affatto, il loro aiuto.

  
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