Capitolo
uno: la crisi del Quarto Ritorno
Avvertenze:
mi scuso in anticipo per il linguaggio di una certa strega, spero di
non aver esagerato con i termini volgari.
I.
“Quindi
ora quella troietta di Stella ha le guardie del corpo.”
borbottò
Stormy, sbuffando all'ennesima sbavatura del suo smalto nero. Aveva
una pessima mira quando si trattava di unghie.
“Già.”
asserì Darcy, passandole un pezzo di cotone, prima che la
minore si
mettesse a spargere smalto per tutta la loro camera.
“Non
vedo perché dovremmo preoccuparci. Sono solo un gruppo di
insulse
fatine del primo anno, non sanno fare praticamente nulla. Prendere
l'anello sarà più facile che aprire un varco
dimensionale.”
La
voce di Icy arrivò a loro dal soppalco della stanza, dove la
strega
del ghiaccio stava sdraiata a pancia in su, con parecchi libri aperti
a circondarne il corpo ed uno sul volto.
“Io
non lo so neanche fare un varco dimensionale.”
La
mora scosse la testa, rivolgendo uno sguardo di sufficienza alla
minore, che guardava verso la ringhiera del soppalco con un
espressione contrariata e le braccia incrociate.
“Questo
perché non spicchi per la tua intelligenza,
Stormy.”
“Tu
lo sai fare solo perché sei una secchiona del cazzo, Darcy!
Non
rompere!”
La
maggiore si massaggiò le tempie e chiuse il libro con un
colpo
secco, appoggiandosi con i gomiti alla ringhiera.
“Smettetela.
Il coprifuoco è già passato da un pezzo, se ci
beccano ad imparare
incantesimi dai manuali proibiti potrebbero espellerci. E, per quanto
questa scuola sia inutile, ci serve stare qui. Almeno finché
non
troviamo il potere che ci serve.”
Darcy
rivolse lo sguardo verso l'alto, sostenendo per un attimo lo sguardo
della sorella; ma solo per un attimo. Poi tornò verso il suo
letto e
prese il libro che giaceva mezzo aperto sul suo comodino, mormorando
un “non ne vale la pena”, rivolto alla riccia,
appena udibile.
Stormy,
dal canto suo, non aveva finito: e non avrebbe smesso finché
non
l'avesse avuta vinta.
“Mi
ha dato della stupida, cazzo. E poi io non sto facendo niente di
illegale, a differenza vostra.”
La
strega delle illusioni la ignorò bellamente, continuando con
la sua
lettura.
“E'
un dato di fatto, sorellina. -le rispose Icy, in tono estremamente
freddo- E hai ragione: non stai facendo assolutamente niente. Quindi
muoviti e mettiti al lavoro.”
“Vuoi
che faccia qualcosa, eh, stronza? Vedrai, che invece di ammuffire sui
tomi come fate voi, io agisco e ti porto quel tuo cazzo di anello
entro domani mattina. Così la smettete tutte e due di dire
che sono
stupida ed inutile.” detto questo spalancò le ante
del suo armadio
con un movimento piuttosto violento, ci buttò dentro il
pigiama e si
rivestì in fretta. Biascicò qualche imprecazione
rivolta alla
montagna di vestiti che per poco non la seppellì e ne
scalciò
qualcuno, prendendo nervosamente qua e là qualcosa che
potesse
servirle.
Poi,
con un “siete delle sorelle di merda” detto fra i
denti, lasciò
la stanza, preoccupandosi di sbattere con cura la porta una volta
uscita.
Ci
fu qualche attimo di silenzio, poi entrambe le streghe ripresero ad
occuparsi dei fatti loro.
“Questa
volta si fa ammazzare.” disse la mora, rivolta alla strega
del
ghiaccio.
Ma
questa non rispose e si limitò a rivolgere un veloce sguardo
alle
grandi vetrate scure della loro camera.
Stormy
non si era resa conto di cosa avesse osato fare.
II.
Lo
scanner si spense con un sordo rumore elettronico, smettendo di
emettere la sua soffusa luce verde. Tecna seguiva con gli occhi la
veloce moltitudine di numeri zero e uno che man mano occupava lo
schermo, trascrivendola su un pezzo di carta che aveva rubato
(diciamo preso in prestito) dal comodino di Musa.
All'interno
di tali cifre, all'apparenza senza senso, stava, come intrinseca, una
possibile risposta e conseguente soluzione all'eterno ritorno. Un
desiderio a cui il corso degli eventi aveva dato troppo ascolto,
oppure che lei stessa si era permessa di urlare a squarciagola, senza
esserne pienamente consapevole.
Il
suo sguardo schizzava da una parte all'altra del monitor, attenti e
vigili, la mano proseguiva il suo lavoro di copiatura come se stesse
funzionando in automatico; la voglia di porre una fine a tutto
ciò
era troppo forte per permetterle di fermarsi.
Lì,
nero su bianco, c'erano i suoi ricordi. Dal primo all'ultimo.
Quattro
anni di vita, giorno per giorno, riassunti in un enorme codice
binario: qualsiasi avvenimento che avesse un minimo di rilevanza per
essere individuato dalla sua magia tecnologica.
Le
bastava immergersi al loro interno, ed analizzarli uno alla volta.
Poteva volerci parecchio, ma aveva ancora tre anni per lavorarci.
Serviva
un'adeguata preparazione; l'energia che aveva a disposizione doveva
essere sufficiente per viaggiare in un iperspazio riprodotto dai suoi
ricordi, inoltre i calcoli dovevano essere esatti, marginare l'errore
per ottenere un risultato perfetto.
Calcolando
l'apporto di energia elettrica di cui necessitava non c'era alcun
problema che avesse potuto interrompere il suo operato, ma nonostante
ciò si concesse il lusso di controllare i conti
più volte.
Una
volta programmato e ricontrollato tutto, prese con delicatezza il suo
casco della realtà aumentata, facendo attenzione a non
spostare
nulla per non allarmare la sua compagna di stanza, e lo
collegò al
computer con una veloce magia. Quando se lo mise la stanza era
scomparsa; bastarono pochissimi secondi per comporre immediatamente
le forme geometriche di casa sua, la lieve luce del sole artificiale
di Zenith che filtrava dalle tende di un tessuto leggerissimo, ad
illuminare le sgombre pareti della sua camera.
L'aria
era fine, eterea, respirando a pieni polmoni il profumo di casa si
sentì riposata e completamente rigenerata, come se avesse
dormito
per otto ore di fila. Non poteva capitarle punto di partenza
migliore, percepiva le forze e la determinazione salire lungo il suo
corpo.
La
macchinetta del caffè emise un
“beep” appena udibile, segno
che, puntuale come sempre, aveva già preparato la calda
bevanda per
l'intera famiglia. Con una calma che in quel momento non le
apparteneva, Tecna si alzò dal letto, osservando
attentamente come
la sua pelle paresse trasparente se colpita dai raggi. Si
sfiorò le
dita con estrema lentezza, i polpastrelli sfregando fra di loro
scomposero la loro superficie in codici per un minuscolo frame, per
poi tornare solidi all'apparenza. Non c'era da stupirsi, anche lei
stessa si era trasformata in un codice.
La
fata della tecnologia si prese un attimo per catalogare il
funzionamento del suo corpo all'interno dei propri ricordi, prima di
riportarlo sulla stanza; la teoria che andava sviluppandosi nella sua
mente pareva confermarsi davanti a lei.
Nel
letto una piccola figura si mosse, avvolgendosi piano piano nelle
coperte.
C'erano
scarse probabilità che avesse avuto un'esperienza traumatica
da
bambina, la sua era stata un'infanzia ordinaria; niente di
straordinario in entrambi i sensi. Guardò la figura
contorcersi
lievemente, non ricordava essere tanto piccola rispetto al suo enorme
letto; ma i genitori, quando gliel'avevano comprato, avevano pensato
soprattutto all'utilità di esso. Cosicché le
andasse bene anche
quando fosse cresciuta.
Con
un basso suono, la porta si aprì, rivelandole il suo
tranquillo
soggiorno; per quanto fosse felice di essere tornata, non aveva tempo
di godersi i lussi che la sua dimora poteva offrirle. Avanzò
a
grandi passi verso l'esterno, ma una volta aperta la porta, ad
aspettarla vi era solo il nero vuoto.
“Com'è
possibile?!” esclamò nel nulla, stupefatta a tale
visione,
prendendo qualche passo indietro, mentre l'oscurità sembrava
smontare il mondo da lei ricreato. Il tavolo venne assorbito dalla
forza, tornando codice, prima di spegnersi nel nero più
profondo. La
forza di attrazione aumentava esponenzialmente, i numeri schizzavano
verso il buio, esplodendo in una moltitudine di scintille verdi. Le
pareti si deformavano all'inverosimile, cercando di trascinarla con
loro verso il fulcro di tale aumento di gravità. Presto la
sua
pratica ed accogliente casa si era trasformata in un buco nero.
E
lei sostava esattamente sull'orizzonte degli eventi.
Aprì
manualmente la porta di camera sua e la richiuse a fatica,
lasciandola bloccata come, senza corrente, era.
Era
una reazione totalmente inaspettata: i calcoli erano perfetti, le
equazioni con cui aveva programmato il tutto avevano un risultato
accettabile dal campo di esistenza. Allora perché tutto
stava
collassando?
Forse
doveva sistemare i parametri.
Si
svegliò di soprassalto nel suo letto, gocce di sudore le
imperlavano
la fronte. Lo schermo del casco si spense lentamente, così
che lei
potesse toglierselo e riporlo. Neanche la luce del computer
illuminava il muro dietro di lei ora, insolito come comportamento; il
collegamento sarebbe dovuto saltare se ci fosse stato uno sbaglio o
un cortocircuito all'interno del casco. Ma nulla ne comportava lo
spegnimento e l'impedire una nuova accensione.
A
questo punto doveva aver calcolato male l'apporto di energia.
Qualcosa aveva interrotto il circuito della corrente e ciò
aveva
causato il collasso dei suoi apparecchi.
Ma,
anche considerando tale ipotesi, non riusciva a trovare un senso a
tale fenomeno. A meno che lo stesso non fosse stato manomesso da un
estraneo.
III.
Stormy
chiuse con un colpo secco il portello mezzo distrutto che, prima di
essere deformato da una scarica elettrica piuttosto potente, doveva
proteggere gli interruttori che fornivano corrente ad Alfea.
“Pff.
Tanto qualche magia e le sistemano, quelle levette del
cazzo.”
borbottò, chinandosi a raccogliere l'anello di Stella, che
le era
caduto quando aveva urtato con la spalla il quadro elettrico.
Inutile
dire che qualsiasi oggetto avesse provato ad intralciarla sarebbe
finito in cenere.
Però
agire subito non era stata una cattiva idea: nessuno si era accorto
di lei.
Alla
faccia di tutte le seghe mentali delle sue sorelle, ce l'aveva fatta
facendo semplicemente irruzione nella stanza delle fatine e prendendo
l'anello; era stato anche fin troppo facile. Del resto aveva sfogato
la sua rabbia e si era pure divertita.
Si
teletrasportò appena fuori dalla scuola per fate,
rigirandosi
l'anello fra le mani. Non si era mai sentita così viva.
O almeno, tale missione le aveva dato la stessa scarica di adrenalina
che le dava cercare di incenerire una nemica. Di solito la noia
prendeva il sopravvento e non c'era modo di farla sparire; di certo
le sorelle non aiutavano.
Ma,
fare tutto da sola e, a suo modesto parere, così bene,
l'aveva
appagata non poco.
Si
avviò verso Torrenuvola, pensando a come un'emozione
così forte,
simile ad altre che aveva già provato, fosse nuova ed
incredibile
allo stesso tempo.
Come
se non avesse mai vissuto un avvenimento simile.
E
certo non le dispiaceva: avrebbe dovuto agire di propria iniziativa
più spesso, anche senza un piano. Chi ne aveva bisogno,
quando
poteva contare sulla propria forza?
“Icy
e Darcy non le capisco proprio ogni tanto.” si disse,
spezzando un
innocente rametto con le mani per giocherellarci durante il tragitto,
continuando a farlo a pezzi ovviamente.
Non
per niente era una strega.
Si
alzò in volo, tenendo l'anello stretto in un pugno, mentre
il cielo
si rannuvolava velocemente. Un temporale di fine estate ci voleva,
giusto in tempo per celebrare la sua vittoria; la violenza del primo
lampo la esaltò ulteriormente, facendo aumentare la sua
velocità.
Non
si fece domande sulla provenienza di tale tempesta, si
limitò a
godersela.
Forse
avrebbe dovuto.
Spalancò
una delle finestre della propria camera con un gesto violento, e ci
entrò con la grazia di un uragano, facendo svegliare Darcy
di
soprassalto.
“Ho
l'anello, stronze. Ora mi dovete delle cazzo di scuse ed almeno
ringraziatemi per quello che ho fatto.” disse, tutta piena di
sé.
“C'era
bisogno di tutta questa scena?” chiese la sorella di mezzo,
coprendosi la bocca per soffocare uno sbadiglio. Poi si alzò
e si
diresse verso il soppalco, togliendo un'auricolare dall'orecchio di
Icy, ignorando l'occhiataccia di quest'ultima.
Stormy
le si piazzò davanti, dondolandole l'anello davanti agli
occhi con
un'espressione fiera sul viso. Ci fu un attimo, un millesimo di
secondo, in cui la maggiore sgranò gli occhi a quella vista.
“Hm,
ce l'hai fatta. Non ci speravo nemmeno.” riacquistando la sua
freddezza prese l'anello fra le mani e lo osservò con
attenzione.
“E'
ora di mettersi al lavoro, sorelle. Estraiamone il potere.”
Le
altre due si guardarono con un mezzo sorrisetto; anche la minore
aveva avuto la sua piccola vittoria. Non era stata ringraziata, ma
almeno avevano riconosciuto il suo successo.
E,
mentre la forza dell'anello scuoteva Torrenuvola, il temporale
continuava ad imperversare.
Il
cielo pareva rompersi per far posto agli inattesi fulmini, seguiti da
ruggenti tuoni che facevano tremare le finestre delle due scuole di
magia vicine. Il canto appena sussurrato delle streghe per compiere
l'incantesimo non era che un sussurro nell'ululante vento.
Lacerando
la notte, la pioggia si intensificava, portando con sé
l'atto
proibito che era appena stato compiuto.
Il
loop era appena stato compromesso da un'azione non prevista.
Condizioni
per l'uso (le avvertenze si sono scisse per apparire all'inizio del
capitolo): Basta un avvenimento solo per ferire drasticamente
la
meccanica del loop.
Questo
porterà alla distruzione della Dimensione Magica o al
ripristino
dello scorrere normale del tempo? Eh no, niente spoiler.
Comunque
non so bene cosa sia successo, sarà la non voglia di fare la
maturità. Mah.
Ho
intenzione di aggiornare settimanalmente almeno questa long, che non
si protrarrà a lungo, non oltre i dieci capitoli credo
(massimo
quindici, forse. Dipende da come va la stesura), quindi, anche
l'unico lettore che legge questa robaccia, non dovrà
aspettare i
mesi. Ps: pubblico ora invece di aspettare una settimana esatta
perché internet ci sta lasciando, qui fra i monti. Quindi lo
anticipo. Pps: L'ho ricontrollata qualcosa come ventordici volte, ma se
trovate errori/qualcosa da sistemare, qualsiasi cosa, ogni consiglio
è ben accetto.
Mary