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Autore: Lory221B    10/06/2017    5 recensioni
Una misteriosa sparizione costringe Sherlock Holmes ad indagare sotto le mentite spoglie di baby-sitter a casa del ricco vedovo John Watson. Riuscirà a tenere a bada la piccola Rosie, carpire la fiducia di John e dei suoi amici e tutto soltanto per risolvere il caso, senza farsi coinvolgere?
[johnlock!AU]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt, Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento e spero che non ne ricordi altre, in tal caso non sarebbe voluto, ma fatemelo sapere!

Ciao a tutti!
Questa storia nasce dal meraviglioso prompt di Koa_ su twitter e spero di aver reso giustizia all’idea: John è un ricco vedovo e un giorno la tata di sua figlia sparisce nel nulla. Dopo più di un mese di ricerche e denunce si arrende e mette un annuncio per cercare una nuova tata. Al colloquio si presenta Sherlock, che sta indagando sulla scomparsa della tata e si infiltra nella famiglia e nelle amicizie di Watson per capire cosa può esserle accaduto. Ovviamente comicità e Johnlock a pacchi!


***** * ****

Prologo


Sherlock Holmes era disteso sul divano del suo appartamento di Baker Street, annoiato, indeciso se alzarsi e andare a supplicare Scotland Yard per un caso o mantenere un briciolo di amor proprio e resistere dall’impulso di pregare per qualcosa che lo distraesse dalla solita routine.

Attorno a lui si sentivano soltanto i rumori di una città che si preparava a svegliarsi. Era l’alba e nonostante l’assenza di casi, Sherlock era sveglio come un grillo, in fermento, forse un sentore di quello che sarebbe successo di lì a breve.

Il suono del campanello, deciso, sicuro, come lo squillo di una tromba prima della carica lo fece scattare in piedi e correre alla porta con una nuova prospettiva: c’era un cliente.

Le sue aspettative furono presto rimodulate perché si trattava di una cliente femmine: alta, castana, dallo sguardo vivace.

La donna, che appena aprì bocca tradì un evidente accento americano, fu invitata ad entrare nel salotto di Baker Street e prese presto posto sulla sedia, senza timore ma anzi con un piglio che stupì non poco Sherlock, facendogli subito supporre che si trattasse di qualcosa di urgente e che la donna non si sarebbe rassegnata  finché non avesse ricevuto risposta.

« Mi racconti il suo problema »

« Signor Holmes, mi chiamo Denise O’Connel e sono venuta da lei perché nessuno mi crede, nemmeno Scotland Yard, ma io sono sicura e so che lei aiuta le persone nei casi impossibili »

« Si spieghi »

« Mia sorella è scomparsa già da un mese ma non vogliono cercarla. Dicono che si è suicidata ma non hanno trovato il corpo e hanno rinunciato a cercarlo! » rispose con fervore, guadagnandosi un’occhiata infastidita di Sherlock Holmes, unico consulente investigativo al mondo, che mal digeriva i racconti confusionari dei clienti.

« Si spieghi meglio e con ordine. Sua sorella è scomparsa un mese fa. Deve essere più precisa, partiamo dal giorno della sparizione »

« Mia sorella svolgeva il lavoro di baby-sitter da quando aveva 18 anni. Gli ultimi due anni ha lavorato per il signor John Watson. Avrà sentito parlare di lui, possiede una casa editrice molto conosciuta »

Sherlock annuì e con un gesto invitò la donna a proseguire.

« Il signor Watson è vedovo e mia sorella Alice si occupava della figlia di sei anni, Rosie. Il signor Watson le offriva vitto, alloggio e una paga ben più che dignitosa ed Alice mi raccontava sempre di quanto Rosie fosse una bambina magnifica e di quanto fosse contenta di lavorare lì.  Qualche mese fa ad una festa ha incontrato un uomo, Robert Simon si è innamorata e hanno deciso di sposarsi. Era tutto prenotato e lei era raggiante. Poi, il giorno prima della cena di prova è sparita, nessuno aveva idea di dove fosse finita, finché non hanno trovato nella sua camera un biglietto di addio. Nei giorni seguenti è stato rinvenuto il suo scialle vicino al Tamigi e la polizia ha deciso che si trattava sicuramente di un suicidio »

« Lei non lo ritiene possibile  »

« No, era felice, non lo avrebbe fatto, non aveva senso »

« Cosa diceva il biglietto? » chiese pacatamente.

 « Grazie di tutto, addio »

« Non mi sembra necessariamente un addio definitivo, ma immagino che Scotland Yard possa essere stata tratta in inganno » commentò sarcasticamente Sherlock, immaginando le peggiori menti al lavoro sul caso.

« Deve esserle successo qualcosa, ne sono sicura. Lei deve aiutarmi » fece la donna, ora con tono più supplichevole e meno deciso.

Sherlock si alzò in piedi e iniziò a passeggiare meditabondo per la stanza. Effettivamente la donna sembrava troppo convinta perché davvero potesse trattarsi di un suicidio e il ritrovamento dello scialle appariva troppo fortuito per non sospettare qualcos’altro.

« Signora O’Connel, lei ha la fortuna che sono disperatamente alla ricerca di un caso, altrimenti non mi sognerei mai di fare quello che sto per fare. Mi dica, il signor Watson ha già trovato un’altra tata? »

« Che io sappia no. Rosie era molto sconvolta ed è rimasto a casa per starle vicino ma credo che presto dovrà cercarla. Perché me lo chiede? »

« Immagino si rivolgerà all’Agenzia più famosa di Londra. Sua sorella l’ha trovata lì? »

« Alla Old London Nannies »

« Ottimo. Avrà presto mie notizie »

Sherlock accompagnò la donna alla porta e subito digitò un messaggio per il fratello, con scarso entusiasmo per dover chiedere un favore, ma era la strada più semplice.

Fratellone, ho bisogno di referenze come baby-sitter. Non ridere è per un caso
S


***** * *****

Era una bella giornata, limpida, di quelle che raramente benediva Londra in Dicembre. John Watson, vedevo di trentasei anni, rimasto provvisoriamente senza tata, era abituato ad occuparsi della figlia in mancanza di qualcuno che lo aiutasse con le incombenze come scuola, compiti e attività sportiva. Lo faceva molto volentieri ma ormai era già da un mese che aveva lasciato la casa editrice in mano alla sua vice e alcuni importanti contratti richiedevano la sua presenza in azienda.

Quel sabato mattina senza scuola, fortunatamente, aveva potuto godere più a lungo del caldo del piumone e attardarsi un po’ prima di scendere in cucina dove la governante, la signora Hudson, stava giocando a fare il tè per i pupazzi della piccola Rosie.

John sorrise alla figlia, la parte più luminosa della sua vita, che allegra ricambiò il sorriso e corse ad abbracciarlo prima di trascinarlo in un improbabile tè con un coniglio e un panda.

Il signor Watson non aveva mai più cercato una storia sentimentale dopo la morte della moglie Mary Morstan avvenuta tre anni prima. Aveva messo davanti a tutto il benessere della figlia e non aveva intenzione di far entrare una nuova persona nelle loro vite per poi perderla nuovamente causando un altro trauma a Rosie.

Purtroppo era appena successo con Alice, la tata che li aveva abbandonati in maniera così brusca e drammatica che John aveva davvero temuto per la salute della figlia, ma la piccola era molto più forte di quello che il padre credeva e apparentemente sembrava aver compreso il fatto, anche grazie alla presenza della signora Hudson, una specie di nonna più che una governante.

John era ancora in pigiama e vestaglia quando suonarono alla porta. Sorpreso si diresse ad aprire, aspettandosi il postino o l’inizio delle collette per Natale, invece si trovò davanti un uomo alto, dai capelli neri ricci e indomabili, gli occhi azzurri penetranti e un aspetto aristocratico. Sembrava un Lord, forse qualche nuovo vicino trasferitosi da poco.

John istintivamente si passò la mano nei capelli in un improbabile tentativo di darsi una sistemata, prima di chiedere con chi avesse il piacere di parlare.

« Buongiorno, sono William Scott » rispose lo sconosciuto, senza aggiungere altre informazioni e lasciando John ancora più perplesso.

« Cercava? »

« Sono stato mandato dall’agenzia, sono il nuovo baby-sitter » rispose semplicemente, mentre l’altro fece un involontario passo indietro, come per osservare meglio la figura che aveva davanti, l’uomo che aveva appena dichiarato di essere una tata.

« Ma lei è un uomo » riuscì soltanto a balbettare.

« Non si può nasconderle niente» rispose sarcasticamente, pentendosene però immediatamente; doveva ricordarsi che doveva fare bella figura e mettere da parte i suoi pessimi modi. Sfoggiando il sorriso più affascinante di cui disponeva, allungò il curriculum e la lettera di presentazione dell’agenzia di baby-sitter che il fratello aveva contribuito a rendere realtà.

«Emh, veramente… » balbettò nuovamente John, ancora stupito nel trovarsi davanti un affascinante uomo e non una rassicurante tata.

Sherlock si avvicinò a John, occhi negli occhi, come a cercare di leggerlo, studiarlo, capire anche se potesse essere coinvolto nella sparizione di Alice, ma quello che ne dedusse fu soltanto che era molto annoiato e che aveva una sorella con cui non andava d’accordo.

« Non è di molte parole, credo andremo d’accordo. Posso entrare? » fece il consulente investigativo, approfittando dello stupore dell’uomo per entrare nella villa senza attendere l’assenso del padrone di casa, ancora appoggiato allo stipite della porta, chiedendosi perplesso cosa fosse appena accaduto.

Sherlock osservava frenetico l’ingresso, certo che avrebbe trovato qualche dettaglio fuori posto che sarebbe stato utile per il suo caso, quando si accorse di essere osservato da due donne, una anziana e una in miniatura.

« Tu chi sei? » chiese Rosie, avvicinandosi cautamente al nuovo arrivato « Sei un collega di papà? »

« No, sono William, il nuovo baby-sitter »

« Wow » esclamò la bambina che per la prima volta incontrava qualcuno con un aspetto molto simile al principe azzurro delle fiabe.

« Oh buon Dio » commentò soltanto la signora Hudson mentre John si schiaffeggiava sonoramente la fronte, ormai la frittata era fatta: non poteva accompagnarlo alla porta ora che la figlia lo aveva incontrato, doveva almeno concedergli il beneficio del dubbio che un uomo potesse essere un buon baby-sitter.

« Sì, se ci scusate dovremmo discutere qualche dettaglio » fece John, prendendo Sherlock sotto al braccio e trascinandolo educatamente nel suo studio.

Il primo pensiero che lasciò stranamente colpito il detective fu la strana scelta di colore per le pareti dello studio di Watson. Erano rosse, un rosso vivo, quello che per qualunque arredatore sarebbe stato “un pugno in un occhio”, eppure lui le trovava stranamente affascinanti.

« Sta guardando le pareti, vero? »

« Insolita scelta di colore, uno studio rosso non capita tutti giorni »

« Mia figlia due anni fa ha avuto un periodo piuttosto vivace e aveva deciso che usare il pennarello rosso sulle pareti dello studio era un buon modo di attirare l’attenzione. Alla fine per non perdere troppo tempo ho fatto ridipingere tutto di rosso »

« E’ un uomo pratico »

John sorrise « Parliamo di lei. Un po’ brusco annunciare a mia figlia che sarà il suo nuovo baby-sitter, non ha ancora il posto »

« Sono sicuro che il mio curriculum la soddisferà e poi la Old London Nannies è un’agenzia degna di fiducia »

John era d’accordo e non poté ribattere sul punto « Qui dice che conosce quattro lingue: francese, tedesco, italiano e russo »

« Confermo »

« Corsi di soccorso pediatrico, ottima conoscenza delle materie scientifiche, filosofia, astronomia… »

Sherlock alzò gli occhi al cielo, pensando che avrebbe dovuto leggere il curriculum e le referenze che il fratello gli aveva preparato prima di presentarle, perché di astronomia era già tanto se sapeva che la Terra ruotava attorno al Sole.

« Suona anche il violino » continuò John ammirato, chiedendosi come un soggetto con un simile curriculum avesse optato per una carriera come baby-sitter « Scusi la franchezza, ma non mi aspettavo un baby-sitter uomo e ora che ho visto tutte le sue conoscenze sono ancora più stupito »

« Ritengo che educare le giovani menti sia un lavoro di grande responsabilità che permetta di ricevere anche grandi soddisfazioni personali » rispose Sherlock, recitando la frase che aveva impegnato a memoria « E credo di andare molto bene per lei » aggiunse.

« Cosa la fa essere così sicuro? » chiese John, con voce un po’ malferma ora che si trovava a fissare quell’uomo, così enigmatico e misterioso che aveva appena dichiarato di andare molto bene per lui.

«Lei ha bisogno di uscire, vuole bene a sua figlia ma comincia a sentirsi prigioniero di queste quattro pareti. Non è fatto per la vita domestica, altrimenti non avrebbe così tante foto di viaggi per il mondo appesi alle pareti. Ne approfitta ogni volta che può, non è vero? Zoppica leggermente, credo sia psicosomatico perché non è continuo, è come un fastidio e credo che anche questo dipenda dal sentirsi un leone in gabbia. Ha una sorella, l’ho letto in internet e il fatto che non le abbia chiesto alcun aiuto con sua figlia significa che non andate d’accordo, quindi le rimango solo io come possibilità di uscire di casa »

John lo fissò a bocca aperta, sembrava che quell’uomo non avesse ma preso fiato mentre aveva analizzato così spudoratamente la sua vita e decretato che era “un leone in gabbia”, metafora che si sentiva cucita addosso.

Sherlock per un attimo temette di aver rovinato tutto, i “normali” di solito gli avrebbero urlato di andare via, invece John, dopo lo stupore, non batté ciglio ma continuò a guardare il curriculum perplesso. Erano indicate importanti famiglie con entusiaste referenze e davanti aveva un uomo dai modi spicci che tutto sembrava fuorché qualcuno che si occupasse di bambini per lavoro, ma la settimana seguente avrebbe avuto davvero bisogno che qualcuno si occupasse della figlia e non poteva continuare a lasciare l’incombente alla signora Hudson.

« Facciamo così, due settimane di prova, cosa ne dice? Poi sarà comunque Natale e non voglio tenerla in ostaggio, avrà una famiglia, una fidanzata… » commentò, cercando di scoprire qualcosa di  più.

« Due settimane basteranno » rispose, pensando alla risoluzione del caso e ignorando il commento sul Natale in famiglia  « per farmi apprezzare e assumere » aggiunse, certo che gli sarebbe bastato anche meno tempo.

« D’accordo » rispose John, ancora stranito, alzandosi dalla scrivania.

Come Sherlock ebbe subito modo di osservare, lo studio era piuttosto scarno, fatto che evidenziò ancora una volta la natura pratica dell’uomo che aveva davanti. La libreria attirò particolarmente la sua attenzione. C’erano diversi libri, alcuni antichi e probabilmente prime edizioni, altri più moderni ovviamente della Casa Editrice Watson di cui era proprietario l’uomo, ma una collana lo indusse ad avvicinarsi, ignorando completamente le chiacchiere di John, che aveva iniziato a spiegare gli orari di Rosie.

« Problemi? » chiese John, osservando l’elegante figura del nuovo baby-sitter, perso nella lettura dei titoli del libri riposti nella libreria.

« Ha diversi libri, ma solo di questo autore possiede tutta la collezione. Solo di questo Arthur Conan Hamish. Scrive libri su un medico detective, giusto? »

« Sì » rispose, tossendo in leggero, curioso, imbarazzo.

« Le piacciono le storie di detective, quindi! » commentò pavoneggiandosi leggermente, sfoggiando un sorriso compiaciuto come se avesse appena ricevuto un complimento.

« Sì, in effetti » rispose, guardandosi le scarpe dei piedi « Stavo per presentarle per bene mia figlia e farle conoscere la governante » riprese, evitando l’argomento.

Sherlock annuì, segnandosi a mente di indagare meglio su quello scrittore. Era curioso, tutto in quel John così ordinario destava curiosità. Bella casa, graziosa figlia, un lavoro ereditato dalla famiglia, eppure nascondeva qualcosa in quegli occhi, come di qualcuno che vedeva interi mondi dove chiunque altro riusciva a vedere soltanto banalità. Sherlock si basava sempre su dati di fatto, sulle prove, mai su sensazioni, ma John aveva qualcosa, ma non sapeva nemmeno lui dire esattamente cosa.

« Resta…anzi resti a pranzo con noi? Possiamo iniziare con un pranzo per conoscerci meglio » chiese John, facendosi meno formale.

« Mi sembra una buona idea »

« Bene, mia figlia avrà sicuramente origliato tutto da fuori la porta, è piuttosto curiosa. Rosie entra pure » concluse,  alzando
appena il tono della voce  perché la figlia, effettivamente nascosta dietro la porta, potesse sentirlo.

La bambina spinse piano la porta ed entrò nello studio del padre, un po’ in colpa per essersi fatta beccare così facilmente un po' in imbarazzo per la presenza dello sconosciuto. Lo squillo del cellulare riportò John nel suo caotico mondo dell’editoria e con un « Fate conoscenza, torno subito » lasciò l’improbabile bambinaio e la curiosa Rosie ad osservarsi in quello studio in rosso.

Per la prima volta da quando aveva avuto la brillante idea di fingersi un baby-sitter, Sherlock aveva l’impressione di essersi cacciato in qualcosa di cui non aveva alcuna, nemmeno remota, esperienza. Aveva davanti un essere umano di sei anni: capelli biondi e ricci, occhi blu come il padre e un’espressione vivace, di quelle bambine che probabilmente non si accontentavano di guardare la tv tutto il pomeriggio. Forse la sua copertura non avrebbe retto abbastanza come credeva.

« Così ti chiami Rosie » esordì, impacciato, dondolando leggermente sul posto. Sherlock Holmes non era mai palesemente in imbarazzo ma questa versione William Scott si stava facendo “spaventare” da una bambina di sei anni.

« Assomigli all’eroe di un mio fumetto »

« Chi? »

« Doctor Strange »

« Non sei piccola per quel genere di fumetti? »

« Io non sono piccola e so una cosa che tu non sai »

Uno sguardo di stupore si dipinse sulla faccia del detective, forse Rosie sapeva qualcosa della sua baby-sitter. Doveva saperlo per forza, era sempre con lei e se era davvero sveglia come sembrava magari gli avrebbe rivelato qualcosa.

« Dimmi »

« E’ un segreto, papà non vuole che ne parli »

« Giuro che non dirò niente »

« So chi è Arthur Conan Hamish » rispose e lo stupore prima dipinto sul volto del detective si trasformò in delusione « Dovresti leggerlo » continuò la bambina strizzando l’occhio e non aggiungendo alcun dettaglio, anche se ormai Sherlock credette di aver aggiunto un altro tassello riguardo la personalità dell’editore.

Fortunatamente per Sherlock il pranzo fu presto pronto e non dovette intrattenersi troppo tempo da solo con la bambina. Non parlò tantissimo, Rosie era una gran chiacchierona e questo diede modo al detective di limitarsi a ridere ai racconti della bambina o a chiedere qualcosa sul lavoro di John. Era troppo presto per porre ulteriori domande su Alice, avrebbe attirato l’attenzione e non sarebbe riuscito a raggiungere l’obbiettivo: carpire la fiducia di John e di chiunque gli stesse attorno, per risolvere il mistero.

Si congedò dopo il dolce, con l’intesa che lunedì mattina si sarebbe presentato puntuale a casa Watson per accompagnare Rosie a scuola.

« Strano tipo quel William, vero? » fece la signora Hudson, rimettendo a posto i piatti, aiutata come sempre da John che si sentiva quasi in colpa a trattarla da governante dopo tanti anni insieme.

« Dice che dovrei preoccuparmi? »

« Oh, no mi sembra a posto. E poi Rosie ha già una cotta, non ha fatto che parlare di lui quando lo hai accompagnato al taxi. E’ molto affascinante » rispose ridendo.

« Già, affascinante e particolare direi » commentò John tra sé, mente la signora Hudson intercettava uno strano sorriso, che non vedeva da tempo, almeno da quando c’era ancora la moglie o forse addirittura prima, perché John non lo avrebbe mai ammesso ma l’amore per Mary era andato scemando negli ultimi mesi prima della morte, fatto di cui sembrava non essersi mai perdonato.

La signora Hudson pensò che forse, quel Willim Scott, poteva essere la ventata di novità che avrebbe dato la giusta sveglia a John.

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Angolo autrice
Intanto grazie a chiunque sia arrivato fino a qui e welcome alla mia nuova, tradizionale, storia leggera estiva (ok, non so in effetti se le altre commedie le ho scritte durante l'estate ma mi piace l'idea della rilassatezza di una storia con il minor angst possibile).
Per chi fosse un esperto del canone di A.C.Doyle, la parte gialla potrebbe ricordargli prepotentemente un racconto della raccolta, ma non dirò quale per non fare spoiler a chi non lo ha letto/non ne ha memoria. Alla fine lo metterò in nota ovviamente.
Grazie a Koa_ per questo prompt per cui ho urlato I'm a Volunteer su twitter.
Sperando di avervi incuriositi, grazie ancora e alla prossima.



   
 
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