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Autore: lady lina 77    10/06/2017    1 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Partirò e starò via per qualche settimana. Ho degli affari da sbrigare a Londra e porterò con me i bambini per lasciarti tranquillo".

Era bastata questa semplice frase a gettarlo nel panico e nello sconforto e non capiva il perché...

Ross si aggirava per la casa deserta, rimuginando su se stesso e sui suoi sentimenti tanto confusi e contradditori da stordirlo. Erano partiti, tutti, da tre giorni e ancora non si era abituato alla loro assenza.

Jud e Prudie lo servivano come meglio potevano, anche se non gli sembravano granché come lavoranti, ma per la maggior parte del tempo era solo. Non c'erano il vociare allegro dei bambini, le urla e le risate di Bella o il tono dolce della voce di Demelza a ravvivare la casa. C'era silenzio... E gli metteva angoscia.

Ma non era questo a metterlo così tanto in agitazione e in soggezione...

No...

Era il fatto che lei fosse partita e il fatto che la sua destinazione fosse Londra... Perché era tanto terrorizzato per questa cosa? Che cosa c'era di male in un viaggio di lavoro di sua moglie nella capitale? Era una cosa che, gli avevano spiegato, Demelza faceva spesso. Era una donna importante a Londra, gestiva giri d'affari immensi e spesso era partita per motivi di lavoro. O almeno, così gli era stato spiegato sia da lei che dai due servi.

Eppure, che LEI fosse a Londra lo terrorizzava. Perché?

Si era risvegliato in quella casa sconosciuta mesi prima, senza memoria né di se stesso né del suo passato. Si sentiva come un libro bianco su cui doveva essere scritta nuovamente una storia, in balìa degli eventi e costretto a fidarsi di persone che non conosceva ma che erano la sua famiglia.

Aveva trovato una donna bellissima dai lunghi capelli rossi che lo affascinava e lo lasciava senza fiato, una donna che aveva sposato in quel suo passato tanto oscuro e di cui non serbava ricordi e con cui aveva sempre avuto un matrimonio felice e appassionato. O almeno, così gli aveva raccontato Demelza.

E poi c'erano i tre bambini che gli erano stati presentati come suoi figli: Jeremy, dolce sensibile e giudizioso come la madre, la piccola ribelle Clowance, dai capelli rossi come Demelza, con cui non riusciva a legare e a capirsi e infine Bella, un folletto dai capelli neri e ricci come i suoi che gattonava incessantemente per tutta la casa col sorriso perennamente sulle labbra, seguita passo passo dal cucciolo di famiglia che non la lasciava un attimo.

Erano la sua famiglia e nessuno avrebbe potuto negare che erano una bella famiglia, sicuramente invidiata e ammirata. Una famiglia perfetta e armoniosa in passato, composta da una donna bellissima e da tre meravigliosi bambini, una famiglia che lui stesso aveva costruito e di cui cercava costantemente frammenti di quel passato tanto felice che aveva scordato a causa dell'incidente in quella che, sempre a detta degli altri, era la sua miniera.

La sua vita e i suoi ricordi passati li rivedeva attraverso di loro e attraverso i loro racconti... Era come se la sua persona fosse raccontata da altri e lui fosse uno spettatore inerme di un passato che gli apparteneva ma che non riusciva ad afferrare. Era come non essere più una persona ma un oggetto costruito attraverso i ricordi altrui ed era una sensazione orribile che non riusciva a gestire e che lo spingeva ad isolarsi da tutto e tutti.

Ross si guardò allo specchio, confuso e con un gran mal di testa. Si fissò intensamente, cercando di imprimersi in testa le sue fattezze. Chi era lui? Cosa faceva prima dell'incidente? Quali erano state le sue passioni e i suoi interessi? Cosa faceva con la sua famiglia, cosa aveva reso il suo matrimonio tanto speciale? Perché non riusciva più a capire Clowance che, a detta di sua moglie, era la sua pupilla e che invece ora aveva fatto scappare di casa, tanto da decidere di prendere le distanze da lei per evitare altri incidenti? Quanto aveva amato quelle persone? Com'era con Demelza nell'intimità, cosa provava quando la baciava o quando faceva l'amore con lei?

Si toccò la tempia che pulsava dolorosamente. Voleva guarire e voleva ricordare! Voleva tornare ad essere l'uomo che era stato, il Ross Poldark fiero e scavezzacollo di cui tutti gli parlavano, voleva tornare a provare sentimenti veri per le persone che aveva accanto e non voleva più sentirsi l'involucro vuoto che era diventato dal suo risveglio dall'incidente.

Sapeva di essere stato un peso e un pessimo elemento, dal giorno del crollo alla miniera. Aveva vagato per quella casa per mesi senza uno scopo preciso, osservando senza quasi mai intervenire, se non con scarsi risultati, la gestione della vita famigliare, studiando le persone che vivevano accanto a lui, cercando di capire chi fossero ma di fatto senza sforzarsi di conoscerle veramente.

Eppure, anche senza ricordi, sorpattutto accanto a Demelza, riaffioravano di tanto in tanto sensazioni forti che lo stordivano. Era affascinato da lei, dalla sua bellezza, dalla sua dolcezza e dalla sua incredibile forza e non faticava a credere di averla amata furiosamente. Era un'attrazione fisica fortissima che sentiva per lei, unita a una sorta di rispetto profondo che gli aveva impedito di possederla intimamente quando ne aveva avuto l'occasione. La desiderava ma i sentimenti che provava per lei erano ancora molto confusi e per impostazione di carattere non se l'era sentita di farci l'amore per soddisfare un semplice bisogno fisico. Eppure, da quel giorno, aveva provato nostalgia nel non averla accanto alla notte, era stato geloso di quell'uomo che la corteggiava davanti ai suoi occhi senza ritegno, aveva sofferto nel vederla uscire da sola per delle passeggiate a cavallo dove non era gradito e che sospettava fossero in compagnia di quel dannato poeta che gli aveva fatto saltare i gangheri e che, gli avevano detto, aveva salvato durante la guerra in Francia. E ora si sentiva sperso senza di lei. Era la luce di quella casa, la SUA luce. Era strano, ma quando pensava a lei era questo che gli veniva in mente, la luce... E ora era a Londra... Londra! Era partita stanca, sfinita. Era da settimane che non la vedeva più ridere nemmeno coi loro figli, sempre tirata e sempre nervosa, sempre pronta a scattare per un nonnulla, lontana e sfuggente soprattutto con lui.

Ed ora era lontana, davvero. Londra... Di nuovo, pensare a quella città gli contorse lo stomaco.

Perché il fatto che lei fosse lì lo terrorizzava così tanto?

C'era qualcosa, lo sentiva, lo sapeva! Qualcosa che gli sfuggiva e che gli era stato celato e che riguardava Demelza e quella città. Ma cosa?

Aveva sempre avuto la sensazione che i racconti circa il suo matrimonio fossero molto edulcorati e probabilmente Demelza gli aveva raccontato solo cose belle di loro per non turbarlo e perché lo riteneva troppo fragile a causa dell'incidente. Era difficile pensare a un matrimonio tanto idilliaco come quello che lei gli aveva raccontato, dove non c'erano mai state tensioni o liti... Sicuramente il loro era un grande amore ma altrettanto sicuramente avevano avuto alti e bassi come tutti.

D'istinto, guidato da quei pensieri, salì le scale fino a giungere a quella che era stata la sua camera matrimoniale. Era da settimane che non ci andava, da quando aveva deciso di dormire separato da Demelza.

Quella stanza doveva essere stato il loro mondo, il loro luogo magico dove si erano amati, dove avevano riso e scherzato insieme, dove avevano concepito i loro figli e dove lei li aveva messi al mondo. Doveva essere piena di ricordi per lui, prima dell'incidente. E forse, rovistando in armadi e scaffali, avrebbe trovato un appiglio per ricordare chi era e ciò che lo legava a Demelza.

Era strano, per la prima volta si sentiva spinto a cercare e non era soffocato dall'apatìa. Lo faceva per se stesso, certo. Ma, si rese conto, soprattutto lo voleva fare per lei. Voleva ritrovare ciò che erano perché si sentiva che era importante e che aveva oziato fin troppo, lasciando che la situazione gli sfuggisse di mano e logorasse il rapporto con sua moglie.

Entrò nella stanza, trovando tutto in ordine e pulito. Si sedette sul letto, accarezzò le coperte ed i cuscini, si guardò attorno alla ricerca di chissà cosa. Era una stanza modesta, niente di troppo elegante o ricercato, ma aveva in sé qualcosa di dolce, famigliare e rassicurante. Era stato felice fra quelle quattro pareti, se lo sentiva. Si chiese come si fosse sentito quando erano nati i suoi figli o la prima volta che lui e Demelza si erano amati e si sentì stupido a non aver mai voluto chiedere niente a sua moglie. L'aveva trascurata e allontanata, si era chiuso in se stesso senza riuscire più a vedere quanto lei soffrisse e solo ora che Demelza non c'era si stava rendendo conto di quanto fosse fragile e stanca.

Aveva pianto fra le sue braccia pochi giorni prima, per chissà quale motivo che non gli aveva voluto rivelare. L'aveva stretta a se, sentendola tremare, aveva toccato quei suoi lunghi capelli rossi che lo inebriavano e aveva lasciato che si sfogasse in silenzio, senza forzarla a dire cose che evidentemente non voleva raccontare ma che la facevano stare male, sperando dentro di se che la causa non fosse qualcosa di troppo grave.

Si alzò dal letto, aprendo i cassetti dell'armadio. Gli abiti di Demelza erano piegati ordinatamente, profumavano di sapone e tutto era piegato con cura e attenzione. Aveva abiti modesti, ma sapeva anche che ne aveva di più eleganti nell'armadio a parete, abiti che probabilmente usava quando partiva per lavoro verso Londra.

Aprì gli altri cassetti, trovando anche i suoi abiti. Anche quelli erano piegati in ordine e messi via con cura e questo lo fece sorridere. Era davvero uno stupido a non notare quanto lei facesse per lui per farlo stare bene...

Rovistò, trovando sul fondo del cassetto alcune mappe della miniera piegate, dei piccoli pezzi di rame e delle scartoffie legali che probabilmente riguardavano vecchi affari conclusi. Poi, con suo sommo stupore, fra le sue cose trovò un nastrino per capelli da bambina perfettamente piegato e legato con un filo di seta. Lo osservò, chiedendosi che cosa ci facesse lì. Probabilmente era finito fra le sue cose per sbaglio, pensò, e apparteneva a Clowance. Lo osservò accarezzandolo, sentendo una fitta al cuore.

Era davvero fra le sue cose per sbaglio? O aveva qualche significato particolare per lui? Pensò a Clowance, a quanto gli risultasse difficile avere a che fare con lei e ai racconti di Demelza su quello che era stato il loro rapporto prima dell'incidente. Era una bambina difficile, complicata e viziata, eppure era stata la sua prediletta. Perché? E perché quel nastrino sembrava raccontargli una storia che sfuggiva alla sua mente?

Scosse la testa, rimettendolo al suo posto. Poi continuò a rovistare fra le carte sul fondo del cassetto, finché non venne catturato da un foglio anonimo e piegato in maniera frettolosa, messo sotto tutti gli altri documenti. La carta sembrava spiegazzata e logora, come se fosse stato letto e riletto molte volte. Incuriosito lo prese e lo lesse... E dopo poche righe si accorse che no, c'era un lato del suo matrimonio non certo idilliaco e che Demelza doveva avergli nascosto molte cose. Sentì come il cuore fermarsi e perdere qualche colpo, mentre leggeva quella lettera che in un passato a lui imprecisato Demelza doveva avergli scritto.


"Ross, ti scrivo questa lettera per informarti che sto partendo con Jeremy. Non ha importanza né dove andrò, né quello che farò ma ti rassicuro che farò di tutto perché nostro figlio stia bene, su questo puoi dormire sonni tranquilli. Sono la figlia di un minatore dopo tutto, una donna del popolo. E le donne del popolo sanno cavarsela anche senza avere un uomo accanto, sanno lavorare ed arrangiarsi da sole. Le donne del popolo non hanno bisogno né di aiuto né di attenzioni, come giustamente avevi detto ad Elizabeth durante una vostra vecchia conversazione che avevo ascoltato per errore, a Trenwith.

Non cercarmi, sarebbe una inutile perdita di tempo perché non tornerò. Non hai responsabilità verso di me, sentiti libero di vivere come vuoi, accanto alla donna che hai sempre desiderato. In fondo ho sempre saputo che sarebbe successo, che era lei che volevi, che ero solo una seconda scelta. Non è una bella sensazione vedere, giorno dopo giorno, che l'uomo che ami non ti considera abbastanza per lui. E non voglio che mio figlio provi quello che provo io crescendo, vedendo suo padre che sogna una vita e una famiglia altrove. Lo so, l'ho sempre saputo che era Elizabeth che volevi, che né io, né Julia, né Jeremy saremmo mai stati alla sua altezza, che quella perfetta per te era lei. Non me ne vado per il tradimento di una notte ma per tutti quelli avvenuti prima, ogni volta che diventavamo invisibili e tu correvi da lei, senza curarti del fatto che ne potessimo soffrire. Mi hai tradita in mille modi Ross e forse l'ultimo non è nemmeno stato il peggiore.

Ora non avrai più bisogno di accampare scuse, ora potrai vivere con lei alla luce del sole. Tu ed Elizabeth.

Il vostro amore supererà ogni ostacolo, come non è riuscito a fare il nostro. Siete perfetti e fatti per stare insieme, come le avevi detto sempre in quella famosa conversazione che ho sentito, mio malgrado.

Ora potrete farlo, potrete vivere il vostro amore, mi faccio da parte e me ne vado. Ti auguro di essere felice con lei, sul serio. L'unica cosa che ti chiedo, per me e per Jeremy, è di non cercarci più. Vivi la tua vita e permetti a noi di vivere la nostra, serenamente, senza sentire il peso del confronto con altre persone. Non sentirti in obbligo, mai, non ne abbiamo bisogno.

Demelza


Si sentì cedere le gambe. Che significava? CHE SIGNIFICAVA? Cosa aveva fatto, cosa le aveva fatto soffrire? E perché aveva tenuto quella lettera tanto terribile e tanto piena di dolore? Per fare ammenda? Per ricordarsi per sempre dei suoi errori?

Si sentì la testa girargli, si sentì in colpa per quel qualcosa che non ricordava ma di cui quella lettera era stata testimone. Che uomo era stato davvero, lui? Le parole di Demelza, messe nero su bianco, erano eloquenti... Era stato un marito che aveva tradito, che aveva trascurato la moglie e suo figlio e che aveva avuto un'amante per la quale aveva messo da parte la sua famiglia. Cosa significava quella lettera? Demelza aveva avuto intenzione di andarsene e lasciarlo? E poi che era successo? Aveva cambiato idea ed era rimasta?

Scosse la testa, sedendosi di nuovo sul letto. Aveva tradito... Aveva tradito LEI, quella donna che vedeva come la sua luce e che lo affascinava in ogni cosa che faceva. Come aveva potuto?

E chi era Elizabeth? Che fine aveva fatto? Non gli sembrava che nessuno l'avesse mai nominata in sua presenza...

Rilesse la lettera e più la leggeva, meno ci capiva. Eccetto che le cose che gli aveva raccontato Demelza su loro due erano solo finzioni probabilmente dette nel tentativo di non turbarlo, viste le sue condizioni. Non era vero niente! Non erano stati una coppia felice, non era stato un matrimonio sereno il loro...

Lui le aveva fatto del male, tanto male da spingerla ad andarsene di casa. Rilesse ancora, intuendo che quella lettera probabilmente risaliva a prima della nascita di Clowance, visto che la bimba non era nemmeno citata nello scritto e che Demelza parlava solo di Jeremy. E Julia.

Chi era Julia? Sentì la testa dolergli ancora più forte davanti a quei nomi...

Elizabeth, Julia... Tradimento...

Che uomo pessimo era stato? Quanto dolore aveva portato Demelza sulle sue spalle a causa sua?

Crollò sul cuscino, rimanendo per ore a fissare il soffitto senza pensieri e senza forze, con la lettera fra le mani.

Improvvisamente però, dopo quel lungo silenzio, la porta si aprì.

"Giuda! Signore, mi stavo preoccupando, non vedendovi! E' ora di cena!" - tuonò Prudie, entrando nella stanza come una furia.

Ross si alzò, guardandola con gli occhi che sentiva arrossati. "Prudie, da quanto lavori qui?".

La domestica si accigliò, asciugandosi il sudore dalla fronte. "Da quando eravate poco più che un poppante che succhiava il latte dal seno della madre".

"Quindi, hai assistito a tutta la storia fra me e Demelza?".

"Altro che! L'ho cresciuta io, quella ragazzina! Io e Jud l'abbiamo resa la donna di cui poi vi siete innamorato" – rispose, con un pizzico di orgoglio nel tono di voce.

Ross la guardò storto, faticando molto a crederle. "Beh... Ecco, questo non è importante ma è un'altra la cosa che dovrei chiederti".

"Cosa?".

Ross la guardò negli occhi, serio. "Chi sono Elizabeth e Julia?".

All'udire quei nomi, Prudie spalancò gli occhi con terrore, indietreggiando. E Ross capì di aver aperto un capitolo rovente della sua vita. "E allora?" - insistette, mostrandogli la lettera di Demelza.

Prudie scosse la testa. "Queste sono cose che dovete chiedere a vostra moglie. Solo lei conosce il modo giusto per rispondervi" – disse, sparendo dietro l'uscio.




  
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