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Autore: Shippatriceseriale    10/06/2017    0 recensioni
Nina ha quindici anni, frequenta il liceo scientifico, rischia di essere rimandata in matematica ed è circondata da amiche fa fanno stragi di cuori mentre lei, per via del suo carattere altalenante ma tendenzialmente chiuso, non riesce a conquistare nemmeno un ragazzo.
Riccardo ha diciassette anni, è bravo a scuola e negli sport, ama la lettura e la filosofia. Tutti e tutte, a scuola, stravedono per lui, anche se non gli pare importarsene. Anche lui ha i suoi scheletri nell'armadio.
I destini di questi due ragazzi si erano incontrati per caso, per poi ritrovarsi dopo un anno. Ma cosa può legare due ragazzi come loro, così apparentemente diversi e appartenenti a due mondi distinti?
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Era il lunedì successivo a quella festa. Papà mi stava accompagnando a scuola in macchina e alla radio passava una deprimente canzone di Vasco Rossi, non avevo idea di quale, mi sembravano tutte uguali:
-Papà potresti cambiare stazione?
-Siamo quasi arrivati. Non ne vale la pena.
-L'hai voluto tu. Ora mi metto le cuffie!-
Non disse niente. Infilai le cuffie e feci partire "Every breath you take" dei Police.
Uscii dalla macchina, salutando mio padre con la mano. A quell' ora le scale erano colme di studenti e io mi sentivo fuori posto. Come se restassi nel mio mondo fatto di musica e pensieri, mentre la vita mi scorreva davanti, inesorabile e fuggiasca.
Entrai in classe e con mia sorpresa notai che il banco di Caterina era ancora vuoto. Salutai Antonella e Anna e mi incamminai verso la stanza delle macchinette. Niente caffè, volevo tornare alla origini: cappuccino bollente. 
Quando uscii dalla stanza con il bicchiere caldo in mano, finalmente vidi Piero, che tornava dalla sala docenti. Battemmo il cinque:
-Che scusa abbiamo oggi?- mi disse,
-La solitudine è meravigliosa. E poi la professoressa Miao non è ancora arrivata. Arriva sempre tardi.
-Ti deve interrogare?
-Dio spero di no.-
Vidi Andrea entrare in classe, fissandomi per qualche secondo. Mi chiedevo perché il suo sguardo fosse così pungente e il taglio dei suoi occhi così marcato:
-È simpatico Andrea.- mi disse Piero,
-Lo so.
-Lo conosci?
-Sono stata tra le prime a cliccare su quel suo stupido video su Facebook e sono stata anche al suo corso.
-Quello che fece con Riccardo?
-Si.
-Vi ho visti molto in confidenza ultimamente.-
Rimasi sorpresa da quella affermazione:
-No Piero. Ti sbagli. È solo una tua impressione. Abbiamo solo parlato una volta la scorsa settimana!
-Posso sapere di cosa?- mi guardò con aria maliziosa,
-Non sono affari tuoi!
-Allora avete parlato di cose vostre eh..
-Piero!
-Dai dimmelo e non diventare ancora più rossa!
-E va bene hai vinto. L'anno scorso feci una figura di merda in palestra e mi ero messa a piangere in corridoio poi lui mi aveva trovata così e mi ha abbracciata ... abbiamo parlato di questo!- dissi imbarazzata,
-Che cariniii!
-No. Eravamo due stupidi ragazzini estranei e ...
-Guarda c'è Riccardo ... RICCARDOO!-
Riccardo era in procinto di entrare in classe, ma quando Piero lo chiamò corse verso di noi. Roberta aveva ragione, teneva il casco come se fosse una borsetta:
-Ciao Piero!- disse mentre batteva il cinque con il nostro bidello preferito, -Ciao Nina.- mi disse sorridendo,
-Ciao Riccardo ...- dissi,
-Che mi raccontate?- disse simpaticamente, mi sorpresi di quanto potesse essere attivo e felice di prima mattina,
-Io niente.- disse Piero,
-Io aspetto che la Miao entri in classe.- dissi,
-La professoressa Miao? Io la adoravo!- disse Riccardo, 
-Io no ... potrebbe mettermi il debito.
-Però è una tipa molto divertente. A voi racconta la storia della mano del manichino?
-Un giorno si e l'altro pure ...- dissi sorridendo,
-Meglio lei della Ucraino ... fidati.
-Non farmi pensare al triennio ti prego ...
-Sta tutto nella buona volontà.
-La fai facile tu ...
-Sei tu che ti limiti! Non pensarla così.
-Hai ragione. E poi non ha senso parlare ora del triennio. Voglio finire il secondo sana e salva.-
Riccardo mi sorrise, forse perché alimentavo la sua convinzione che io fossi insicura o forse perché dicevo cose stupide .Chissà forse mi trovava semplicemente simpatica. 
Vidi la professoressa Miao uscire dallo ascensore e mi decisi a correre in classe senza neanche salutare Piero e Riccardo. Quando giunsi di fronte alla mia classe vidi Nicola e Caterina baciarsi proprio fuori dall' aula.
Non avevo voglia di "disturbarli" così entrai in classe e mi sedetti al mio posto. Le mie amiche non riuscivano a distogliere lo sguardo da quei due. Io si, anche se con sforzo. Pensai che dovevo smetterla di farmi problemi sulla effettiva sincerità di Nicola. Caterina era felice, non aspettava altro: il suo primo ragazzo dopo che ne aveva rifiutati tanti. Conoscevo Caterina, sceglieva con criterio le persone con cui stava. Questo voleva dire che di Nicola si fidava molto e dovevo accettarlo. Anche se in futuro l'avesse fatta soffrire io ci sarei stata per lei, come sempre. 
Quella mattina non si parlò d'altro che del "pomicia-fidanzamento" di Caterina e Nicola. Cat sosteneva che si stavano semplicemente conoscendo, ed era giusto così. Nessuno dei due si considerava fidanzato, ovviamente. Le nostre amiche erano al settimo cielo e i ragazzi non si facevano mai gli affari loro, quindi giunse anche alle loro orecchie. Nessuno si sorprese. Caterina era una bella ragazza, perfetta per Nicola in quel senso. 
All'uscita da scuola, Nicola aspettava Caterina, che appena lo vide lo abbracciò davanti a tutti:
-Nina, mi accompagna Nicola. Lui ha la moto. Scusa se non te l'ho detto prima. Non è un problema per te vero?- mi disse Cat,
-No. Farò una passeggiata ...- risposi,
-Allora ci vediamo domani!- mi disse Caterina sorridendo. Nel mente indossava il casco.
Nicola e Caterina sparirono veloci come un fulmine. Io restai immobile, sola.
Accesi l'iPhone e infilai le cuffie. I Muse mi avrebbero dato la carica per affrontare tutta quella strada anche da sola. Non era la prima volta. Non avevo alcuna fretta, perciò restai un pò lì. Mi sedetti su una panchina e osservai attentamente la vita davanti a me. Tanti piccoli gruppetti a formarne uno solo, molti fumatori, coppiette intente a sbaciucchiarsi, ragazzi che si scambiavano pacche fraterne e gruppetti di ragazze che si scattavano foto da mettere su snapchat. Osservarli mi fece rendere conto di quanto fosse bello essere a questo mondo. Osservare ciò che mi circondava, ogni minuscola cosa, mi faceva sentire viva. Alzai il volume della musica. 'Showbiz' suonava martellante nelle mie orecchie.
Qualcuno mi toccò la spalla. Lì per lì non ci feci caso e continuai a farmi i fatti miei ma quando fui toccata per la seconda volta capii che era per me e mi girai, togliendo una cuffia dalle orecchie:
-Come mai sei da sola?- mi disse Riccardo, ormai ero convinta che mi stesse perseguitando,
-La mia amica mi ha bidonata per andare a casa accompagnata dal suo principe azzurro. Tu piuttosto non dovresti stare con i tuoi amiconi?
-Sono andati a casa.
-Ah.
-A te va di andare a casa?
-No
-Nemmeno a me.-
Non avevo idea di cosa gli stesse prendendo. Da quando mi ero prestata a fare quell'esercizio strano al suo corso, si era preso il diritto di parlarmi quando voleva, come se fossimo stati amici da sempre. Non avevo idea se potessi considerare Riccardo un amico.
Mi sembrava strano che uno come lui rivolgesse la parola ad una sfigata come me:
-E dove vorresti andare?- gli chiesi dubbiosa,
-Vieni con me.- disse andando verso la sua moto, una Piaggio bianca,
-Ma sei sicuro che possiamo starci in due ... senza morire?
-Mi offendi Nina. Dai monta in sella.- disse mentre montava sulla moto,
-Tu sei pazzo.
-È una virtù.-
Salii sulla moto, nonostante tutta quella confidenza mi sembrasse insolita. Indossò il suo casco arancione:
-Non essere pudica, Nina.- mise le mie mani sui suoi fianchi, lo strinsi. Partimmo. Aveva il suo solito profumo di vaniglia e fumo, il suo giubbotto era soffice, a tal punto che poggiai la guancia sulla sua schiena. Sentivo il calore del suo corpo:
-Non ti addormentare!- mi disse,
-Contaci.
-Sono così lento?
-No ... -
Dopo poco scendemmo dalla moto. Mi aveva portato al molo. Non c'era nessuno, a parte noi. Infondo era sempre un freddo lunedì di febbraio:
-Non ci vengo da quando ero piccola!- dissi,
-Io invece ci vengo spesso. Mi aiuta a scacciare via i pensieri e a scappare dalla realtà.- disse guardando fisso il mare: -Vedi lì, infondo, dove c'è il faro? Dobbiamo andare lì.- continuò,
-Ma perché?
-Non volevi non tornare a casa?- iniziò a correre,
-Si ma ...- corsi anch'io.
Quando finalmente giunsi al faro, ovviamente dopo di lui, non potei che notare il luccichio del mare, causato dal sole dell'una di pomeriggio. Da lì si vedeva tutto il centro della città, persino la nostra scuola. Era surreale e magnifico:
-Ti piace?- mi chiese,
-Certo che mi piace.- lasciai lo zaino vicino al faro e mi sedetti sul bordo, nel punto dove la vista dava sulla città. Riccardo si sedette accanto a me. Avrei voluto tanto che qualcuno in quel momento ci avesse scattato una foto:
-Non mi sembravi una da mare. Mi sembravi una di quelle tipe a cui piacciono le foreste misteriose, magari di notte, con la luna piena, oppure una di quelle che fa le foto al tramonto quando è in montagna.- mi disse,
-Il mare non mi dispiace, le foreste misteriose mi piacciono abbastanza. L' ignoto mi incuriosisce. Ora che ci penso mi è anche capitato di fotografare il tramonto, quando vado in montagna, ad agosto.- dissi sorridendo,
-E così d'estate vai in montagna.
-Già. È fresco rispetto a qui.
-Io vado ogni volta in una località di mare diversa con i miei amici. Quest' anno ancora non sappiamo.- ridacchiò,
-Il mondo in cui viviamo è crudele ma allo stesso tempo magnifico.- dissi continuando il discorso precedente.
Riccardo fu molto colpito dalle mie parole:
-Sei la prima quindicenne che sento parlare così!
-Pensaci. Solo il pensare che domani mattina andrò alle macchinette per prendere il cappuccino e mi metterò a parlare con Piero mi fa stare bene. Potrò ridere delle stronzate che dice la Miao, far riappacificare due mie amiche che litigano ogni giorno, disegnare nei momenti morti. Tutto questo mi fa sentire viva!- dissi, senza paura che mi giudicasse. Mi aveva messo a mio agio:
-Anche per me è lo stesso. Senza le piccole cose di ogni giorno la vita sarebbe ancora più stressante e noiosa allo stesso tempo. Mi piace come ragioni.-
Quella sua affermazione mi fece sentire appezzata. Finalmente qualcuno comprendeva i miei pensieri strampalati. Allo stesso tempo, però, provavo rabbia, perché sentivo che sarebbe nata un' amicizia bellissima tra noi due, se non mi fossi resa conto che man mano che ci parlavo, quel sentimento non meglio identificato in me, cresceva sempre più:
-Riccardo posso chiederti una cosa?
-Dimmi pure.
-L'anno scorso, quando mi hai trovata in quello stato di disperazione totale ... perché non mi hai lasciata lì? Chiunque altro mi avrebbe ignorata, tu invece mi hai presa per mano e mi hai stretta forte ... perché?
-Ti dirò non mi ricordo granché ... come te, immagino. A grandi linee potevo immaginare cosa ti passasse per la testa per stare così. Immaginavo avessi bisogno di qualcuno vicino in quel momento. Tutto qui.- il suo sguardo divenne spento, sembrava che si stesse ricordando di qualche brutto evento passato. Avrei voluto tanto abbracciarlo e chiedergli se qualcosa non andasse, ma non lo feci:
 -A proposito, non mi hai mai detto cosa ti era successo esattamente.- gli ritornò il sorriso,
-Ora ridi. È la più grande stronzata della storia. Eravamo in palestra e stavo correndo una staffetta contro una mia compagna. Avevo le scarpe nuove perciò caddi rovinosamente nel bel mezzo della corsa. Tutti hanno iniziato a ridere. Mi sono sentita dire cose come "mezzasega", "pippa" o simili. Era come se mi fossi resa conto che nessuno credeva in me. Mi faceva anche malissimo il ginocchio. Quando sono tornata a casa avevo un livido grosso così.- mimai la misura con le mani, -E ora ridi pure se vuoi.-
Ridacchiò: -Una caduta! Pensavo peggio sai.
-Guarda che ci stetti molto male!- risi,
-Se posso darti un consiglio, negli anni ho capito che per fare in modo che gli altri credano in te devi credere prima in te stesso.
-Su quale biscotto della fortuna lo hai letto?- dissi sarcastica,
-Dai sono serio! Devi essere convincente. Pensa ad Hitler. Era una testa di cazzo ma infondeva sicurezza ai tedeschi che quindi lo votarono e come penso saprai determinò le sorti della seconda guerra mondiale. Era semplicemente convincente. Era convinto di ciò che diceva e la gente gli credeva. Un pò come Donald Trump ai giorni nostri.
-Tutto chiaro. È un concetto molto interessante.
-Visto? Ti ho convinta.
-Ma non è che queste tue frasi ad effetto le usi solo per fare colpo sulle ragazze?- lo guardai con una faccia sospettosa,
-Se devo dire la verità ... si. Le riciclo anche ai corsi e nei temi di italiano. La storia di Hitler è la prima cosa che ti dicono al corso di autostima.
-Hai fatto un corso di autostima? 
-Già
-Non mi sembravi il tipo.-
Si levò un imbarazzante silenzio. Ci guardammo per un secondo:
-Sto bene con te.- mi disse, sollevai lo sguardo verso di lui, -E non diventare rossa.-
-Anche io sto bene con te ...
-Sei ... tranquilla. Con te riesco a parlare in modo pacifico. Avevo bisogno di una persona come te.- rimasi completamente spiazzata da quelle parole,
-Grazie ... - risposi timidamente. -Ma non stiamo da troppo qui? Non è che i tuoi ...
-No ... vedi, loro lavorano fino al primo pomeriggio quindi dopo scuola ho per così dire ... via libera. Spesso mi ritrovo a dovermi preparare da mangiare da solo e non è il massimo perciò meglio aspettare loro no?
-Decisamente ... non oso immaginarti alle prese con i fornelli.
-Le mie capacità si riducono al toast e al massimo l'uovo al tegamino.- sorrise, facendo formare una fossetta sulla guancia. Detestavo averlo notato:
-E tu? Perché ti stai intrattenendo?- mi chiese,
-Papà ha un ristorante vicino al lungomare, solitamente torna verso le quattro, mamma  è di turno in ufficio e torna stasera. Mangio sempre da sola. 
-Siamo due piccoli vagabondi.- si accese una sigaretta e si alzò in piedi, -Se ti va possiamo vederci ancora ... dico qui.-
Rimasi sorpresa dalla sua richiesta. Mi sembrava assurdo essere diventata sua amica. Era come se il destino, o chissà forse semplicemente il susseguirsi degli eventi, fossero a mio favore. Ero felice del legame che stava nascendo anche se non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro.
Riccardo finì di fumare e mi riportò a scuola con la moto. Da lì le nostre strade si divisero. Infilai le cuffie, feci partire la playlist dedicata ai Muse e sola mi incamminai verso casa. 
   
 
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