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Autore: Najara    11/06/2017    5 recensioni
Un cappio si sta stringendo attorno al collo di Lena, il destino della Luthor Corporation, ora, è nelle sue mani, la sua libertà è finita, il suo destino tracciato. Kara sente quel cappio come se il collo fosse il suo, perché e com'è possibile?
Kara e Lena: due persone, due menti, due entità distinte, destinate, però, a vedere il loro destino intrecciarsi, così come a intrecciarsi sono le loro menti.
Un'avventura SuperCorp.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’errore

 

Lena lasciò che l’alcool scendesse nel suo stomaco bruciando. Quello, almeno, lo sentiva ancora. Si rialzò  posò il bicchiere e tornò alla sua scrivania. Il lavoro non riempiva il vuoto dentro di lei, ma lo rendeva sopportabile. La L-Corp, perché finalmente aveva potuto cambiare nome alla Luthor Corporation, era reale, tangibile, i problemi erano risolvibili con la giusta dedizione e il necessario tempo.

Il sole tramontò e Jess fu sostituita da Alana, ma Lena se ne accorse appena. Gli occhi le bruciavano, ma vi erano rapporti da leggere, bilanci da approvare e decisioni da prendere.

“C’è una chiamata per lei, miss Luthor.” Lena sbatté gli occhi e sollevò lo sguardo osservando la segretaria che indicava il telefono che squillò ancora. Non si era resa conto che stava suonando, era davvero stanca.

Sollevò la cornetta e per un folle istante pensò che avrebbe potuto essere lei.

“Buonasera, mi fa piacere trovarti in ufficio.” Il tono arrogante e saccente di sua madre la colpì quasi fisicamente.

“Cosa vuoi, madre? Forse desideri consegnarti, finalmente?” Alex… l’agente Danvers, si corresse mentalmente, l’aveva tenuta aggiornata sugli sviluppi della sua indagine che era diventata l’indagine su sua madre. Avrebbe dovuto capire che sua madre era il leader di Cadmus, chi meglio di lei aveva libero accesso alla tecnologia delle Luthor Corporation? Lo avrebbe intuito subito nel vedere la bomba se non fosse stato che… si interruppe perché quel filo di pensieri l’avrebbe attirata, come un vortice a lei. Kara.

Lena chiuse gli occhi cercando di concentrarsi sulla telefonata e non sul vuoto abisso in cui le sembrava di precipitare.

“Non dire sciocchezze. Ho saputo che quei barbari ti hanno trattenuto per giorni e volevo assicurarmi sul tuo stato di salute, perché so che sei stata male.” Lena sbatté le palpebre, sorpresa. Vi era davvero della preoccupazione nel tono di sua madre o era solo frutto della sua immaginazione?

“Sto bene.” Affermò, lo aveva detto talmente tante volte ormai, guardandosi allo specchio, mentendosi persino quando era sola, che suonò quasi convincente.

“Vedrai che tutto andrà meglio, mi occuperò io di ogni cosa.”

“Cosa stai progettando?” Domandò, un brivido di paura che le irrigidiva i muscoli.

“Il cugino si è preso la sanità mentale di mio figlio, non permetterò che quella sciocchina si porti via la tua.”

“Madre, di cosa stai parlando?” Lena si aggrappò alla cornetta del telefono, il panico che le si attorcigliava nel ventre.

“Non ti preoccupare.” Asserì ancora la donna e poi la chiamata fu interrotta.

Alana!” Chiamò, alzandosi in piedi.

“Sì, miss Luthor?” La ragazza entrò, guardandola con aria preoccupata.

“Rintraccia il numero che ha appena chiamato, subito.” La donna annuì e tornò al suo computer mettendosi all’opera.

Intanto Lena digitò il numero personale di Alex Danvers, lo aveva appreso a memoria proprio per usarlo in una situazione simile.

“Pronto?” La voce di Alex conteneva della perplessità. Forse l’aveva svegliata, dopo tutto erano le tre di notte.

“Sono Lena, Lena Luthor.” Finì per dire ricordando che tra loro due non vi era il rapporto che sentiva, quello falso che le aveva dato lei.

“Sì, cosa succede?” Ora il suo tono era allarmato. Era folle quanto conoscesse la donna senza conoscerla davvero… avrebbe dovuto capire che… si morse il labbro, concentrandosi.

“Mi ha chiamato mia madre. Deve avere un piano, sapeva quello che mi è successo e… vuole farle del male.” Non disse il suo nome, non riusciva neppure a pensarlo senza affogare tra i ricordi e il bisogno di averla vicino, figurarsi pronunciarlo ad alta voce.

“Sai che non posso parlare delle indagini, ma posso assicurarti che le stiamo con il fiato sul collo, non riuscirà a scapparci ancora a lungo e dubito che possa organizzare qualcosa contro…” Si fermò a sua volta.

“Chi è?” Chiese una voce addormentata e Lena sentì un piccolo tuffo al cuore nell’immaginare Maggie e Alex assieme, addormentate, il suo letto era così vuoto e freddo…

“Lena.” Sentì borbottare. In quel momento Alana entrò nel suo ufficio e le consegnò un foglio con delle coordinate.

“Alex.” La chiamò lei, in un sussulto di fastidio, dimenticando la decisione di riferirsi a lei sempre e solo come agente Danvers.

“Sì.”

“Ho le coordinate del luogo da cui proveniva la chiamata. Se non ci vai tu sarò io a farlo.”

“No, dammi le coordinate.” Ordinò decisa e Lena percepì fastidio e al contempo sollievo, non era sicura di essere nello stato emotivo adatto ad affrontare sua madre.

Le diede le indicazioni e poi le augurò buona fortuna. Per un istante fu sul punto di dirle di fare attenzione, ma era lei a farlo e così tacque e riattaccò.

 

Kara si rigirò nel letto con uno sbuffo. Le avevano detto che per lei sarebbe stato più facile il distacco, perché il suo corpo era più forte e stava eliminando l’XV-439 molto lentamente e solo grazie alle inalazioni che Eliza le aveva preparato. Ma non avevano nessuna idea del dolore che provava, non avevano idea di quanto Lena le mancasse. Forse non era fisico il suo bisogno, come lo era per Lena, ma era, di certo, dannatamente intenso.

Avrebbe voluto urlare, perché la città non faceva silenzio? Perché il mondo continuava a vivere quando lei soffriva così tanto? Perché il sole sorgeva?

Strinse gli occhi e i pugni, frustrata. Quando il telefono suonò fu una specie di liberazione. Lo afferrò e per un istante sperò che fosse lei, che l’avesse perdonata, che la chiamasse per dirle che le mancava. Ma era il numero di Alex.

“Cosa succede?” Chiese di getto, erano le tre di notte e Alex aveva avuto la serata libera assieme a Maggie, se la chiamava era per un’emergenza.

“Abbiamo avuto una soffiata, forse sappiamo dove si nasconde Lillian Luthor.”

“Dimmi.” Saltò su dal letto e indossò il costume di Supergirl prima ancora che Alex avesse il tempo di risponderle.

“Si tratta di capannoni abbandonati, vicino al porto. Sto andando al DEO, preparo una squadra e interveniamo.”

“Non serve una squadra, vado io.” Affermò lei, decisa.

“Kara…” Iniziò la sorella.

“No, sto bene e questa storia deve finire. Sono settimane che la inseguite di laboratorio in laboratorio, capannone abbandonato dopo capannone abbandonato. Adesso basta. Lena ha bisogno…” Si bloccò. Dire il suo nome le aveva provocato un’acuta fitta di nostalgia. Assaporò quel dolore perché era l’unica cosa che le rimaneva di lei, l’unica cosa che le era concessa. “Lena merita che la vera colpevole venga messa in carcere.” Riuscì a dire. “Solo così il suo nome sarà completamente ripulito dal sospetto.” Sapeva che non era del tutto vero, ma aveva bisogno di crederci. Voleva che Lena avesse la possibilità di ricominciare per davvero.

“Va bene.” Accettò la sorella e le diede l’indirizzo. Kara annuì soddisfatta e si spinse fuori dalla finestra, dirigendosi verso il porto.

Malgrado l’ora tarda l’aria era tiepida, come sempre a National City. Kara volò rapida sopra la città percorsa da un perenne brusio, anche in quel momento, quando la maggior parte dei suoi abitanti dormiva.

I suoi occhi corsero traditori al palazzo della L-Corp, aveva osservato da lontano mentre le gru montavano la nuova insegna e aveva sorvegliato la cerimonia di cambio del nome. Lontana dagli occhi di Lena, ma pronta ad intervenire se fosse successo qualcosa. Era stato difficile vederla lì, bella come non mai, gli occhi fieri e la voce piena di sincerità e di forza, e non poterla raggiungere, non poterle dire quanto fosse orgogliosa di lei.

Malgrado fosse lontana, ora, poteva vederla, seduta alla sua scrivania, intenta, ancora una volta, a lavorare fino a tardi. Sentì una fitta di vergogna nel pensare a come l’aveva obbligata ad andarsene a casa. A lasciare il suo lavoro per fare altro. Ora che era libera di agire e di pensare era evidentemente diverso il suo impiego del tempo, un’altra prova di come si era imposta a lei.

Scosse la testa e tornò a concentrarsi sulla sua meta, spinse i pugni in avanti e rapidamente si ritrovò sul porto, non le fu difficile orientarsi e scendere veloce attraversando il leggero tetto in lamiere, fino ad atterrare tra un gruppo di uomini in nero.

Kara fu investita da un fiotto di proiettili che non le fecero nulla, si mosse veloce e i soldati di Cadmus si ritrovarono legati, mentre lei piegava le loro armi come se fossero state di gomma.

“Dov’è Lillian Luthor?” Chiese con voce decisa.

Un uomo si diresse verso di lei, uscendo dall’ombra e Kara lo riconobbe subito.

J’onn? Sei venuto anche tu? Potevo gestire la cosa da…” Il pugno la raggiunge in pieno petto e la scaraventò lontano. Kara sbatté contro il muro di cemento e cadde a terra con un gemito di dolore. Rialzò la testa e osservò l’uomo sconvolta. “Hank Henshaw.” Comprese, ma l’uomo scosse la testa.

“Non sono più quell’uomo, ora sono Cyborg Superman.” La afferrò e le diede un pugno, lei questa volta parò il colpo, cercando di sottrarsi alla sua presa, ma si ritrovò di nuovo scagliata a terra. La forza di quell’essere era, di certo, sovraumana. Strinse i denti e si scagliò in avanti. Colpì Henshaw al viso e sentì del dolore riverberare tra le sue dita, lo colpì ancora, ma l’uomo catturò il suo pugno e strinse facendola urlare.

“Non sei abbastanza forte, ragazza.” Le disse e poi la colpì con violenza facendola stramazzare al suolo.

Supergirl, mi fa piacere vedere che sei venuta.” Kara alzò il viso con sofferenza e incrociò lo sguardo divertito di Lillian Luthor. “Mia figlia ha fatto esattamente quello che mi aspettavo da lei.” Kara strinse i denti e cercò di alzarsi in piedi, ma la colpirono dietro alla testa e la sua coscienza scivolò nel buio.

 

“Il trasmettitore di posizione è appena stato spento.” Comunicò Winn con agitazione.

“Cosa?” Chiese Alex tirandosi avanti e osservando lei stessa lo schermo.

Winn digitava rapido, ma il risultato era sempre una scritta rossa che diceva ‘perso’.

“Prepara una squadra, subito.” Ordinò J’onn e lei annuì scattando verso l’armeria.

Una decina di minuti dopo faceva irruzione nel capannone verso il quale si era diretta Kara, il posto era vuoto.

“Agente Danvers, venga a vedere.” La chiamò un agente DEO, per terra vi erano numerosi bossoli, ma, più tipico ancora, vi erano le punte dei proiettili, schiacciati.

Supergirl ha affrontato uno scontro a fuoco.” Comunicò alla base. Alex si guardò attorno con ansia crescente, aveva forse lanciato sua sorella in una trappola?

 

Lena guardò il telefono con aria tesa, poi controllò il suo cellulare. Perché non erano ancora arrivate notizie? Alex doveva sapere che era in attesa!

Si alzò e si versò altro whiskey ambrato nel bicchiere. Guardando la città e si chiese dove fosse lei. Stava volando libera nel vento oppure dormiva? Stava salvando qualcuno, con il suo sorriso soddisfatto e fiero?

Scosse la testa e bevve un lungo sorso, reagendo appena al bruciore. Si voltò e afferrò il telefono, avrebbe chiamato solo per essere sicura che avessero preso sua madre, dopo tutto meritava di sapere, no? Era lei che aveva avuto l’informazione vincente, dopo settimane di caccia sua madre aveva fatto un errore… Lena corrugò la fronte osservando il proprio cellulare e il telefono dell’ufficio.

Perché sua madre aveva chiamato lì? Conosceva benissimo il suo numero privato. Sentì una stretta al ventre quando intuì che l’errore lo aveva fatto lei.

Questa volta non esitò nel comporre il numero di Alex Danvers. Il telefono ebbe il tempo di fare un solo squillo, poi la donna rispose.

“È una trappola!” Quasi le urlò, il cuore che batteva veloce.

“Lo sappiamo.” L’istante di sollievo fu subito sostituito da un altro brivido, nel tono di Alex c’era qualcosa che non andava.

“Come fate a saperlo?” Chiese, mentre chiudeva gli occhi in attesa della risposta, sperando con tutta se stessa di essere in errore.

“Vai a dormire, Lena. Ci pensiamo noi.” Riaprì gli occhi e li fissò verso il panorama, il sole stava sorgendo e i palazzi assumevano colori rosa e gialli.

“Dimmelo.” Ordinò, con tono duro. “Dimmi cos’è successo a…” Strinse i denti. “Dimmi cos’è successo a Kara.” Con rabbia scacciò la lacrima che traditrice le era sfuggita dagli occhi, non sapeva quando quel dolore sarebbe scomparso, ma di certo non sarebbe stato a breve.

“Presumiamo che tua madre l’abbia presa.”

“Ha preparato ogni cosa: la telefonata sul numero dell’ufficio proprio perché abbiamo un modo per tracciare tutte le chiamate che arrivano così e poi mi ha detto quelle precise parole perché sapeva che avrei agito d’impulso senza riflettere, solo perché era coinvolta lei. Mia madre sa. Sa quello che ci ha legate e ha saputo sfruttarlo, mi ha usata, come sempre, e io, scioccamente, ci sono cascata, ancora una volta.”

“Non biasimarti. Io ho dato l’indirizzo a mia sorella, io l’ho mandata lì, da sola.” Nella voce di Alex ora non era più nascosta la paura e la preoccupazione.

“Cosa…” Si interruppe. Cosa poteva fare? Non aveva già fatto sufficiente danno?

“La troveremo. Lei… Kara se la cava sempre, vedrai.”

“Sì.” Cercò di convincersi. “Lei è Supergirl, dopo tutto.” Annuì cercando di soffocare i sentimenti di paura per la ragazza, quello che sentiva non era vero!

Afferrò il bicchiere e lo gettò a schiantarsi lontano.

 

Lena osservò il cielo infuocato. Rosso, lo stesso rosso che si rifletteva sugli alti palazzi.

“Casa…” Mormorò una voce accanto a lei. Lena si voltò a guardarla e vide il suo viso rigato dalle lacrime, non guardava la città, non guardava il pianeta morente, guardava lei. “Non pensavo di rivederti.” Disse ancora la giovane donna, i capelli biondi che ondeggiavano sulle sue spalle, morbidi nel leggero vento.

“Dove sei?” Le domandò. Perché sentiva che quella domanda era importante, la più importante di tutte, il resto poteva aspettare.

“Con te.” Affermò però lei e sorrise, senza smettere di piangere.

Lena sbatté le palpebre. Qualcosa non andava, quel sogno era sbagliato o…

“Siamo già state qui…” Mormorò.

“Sì. Assieme.” Confermò la ragazza voltandosi verso la città. “Krypton.”

“Perché è importante?” Domandò, confusa. Perché quel sogno era così importante? Sogno?

 

Lena aprì gli occhi sobbalzando, una mano delicata si era posata su di lei.

“Scusi, miss, ma c’è un agente della polizia che ha chiesto di vederla. Ha detto che se non la svegliavo io sarebbe venuta lei.”

“Catherine?” Domandò lei, confusa nel vedere l’anziana domestica.

“Sì, miss. Mi dispiace, aveva così tanto bisogno di dormire… non dovrebbe fare così tardi, miss.” Per una volta Lena sorrise nel sentire il tono materno che la donna aveva assunto spesso quando lei era più piccola.

“Hai ragione, Catherine.” Ammise, alzandosi.

“Dirò all’agente Sawyer di aspettare che…” Lena era sobbalzata.

“Maggie Sawyer?” Domandò, scendendo dal letto in fretta.

“Sì, miss.” La giovane Luthor afferrò la vestaglia e la infilò in fretta, uscendo dalla stanza a piedi nudi e scendendo le scale quasi correndo.

“Maggie.” Chiamò e la detective si voltò sorpresa nel sentirsi apostrofare in modo tanto famigliare.

“Oh… giusto, immagino che tu mi conosca.” La donna abbozzò un sorriso, ma si vedeva che era tesa.

“Kara?” Domandò lei, il cuore che batteva veloce.

“Non abbiamo ancora novità su di lei, ma… sì, sono qua per questo.” Prese un profondo respiro e la guardò dritta negli occhi. “Io e te dobbiamo parlare.”

 

 

 

Note: Ed eccoci passati all’azione! Mamma Luthor è, effettivamente, a capo di Cadmus e ha un piano preciso di cui non sappiamo molto, se non che le serve Kara. Lillian, come al solito, ha usato la figlia per giungere ai suoi fini e, al suo fianco, ha un alleato tanto forte da stendere Supergirl, il cyborg.

Maggie, però, il nostro allegro jolly, salta di nuovo fuori. Vuole parlare con Lena, per dirle cosa? E come reagirà Lena alla conversazione?

Idee?

Ultimo, ma non ultimo… il sogno… vi ricorda qualcosa? ;-)

Fatemi sapere!

  
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