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Autore: jst_dreamer    12/06/2017    1 recensioni
Dal testo: "In quei momenti, nei brevi e pesanti sorrisi che si scambiavano, nello sfiorarsi delle loro dita durante un brindisi e nel rispetto che avevano l'uno del silenzio dell'altro, Daichi si sentiva svestito, denudato di quella veste di solitudine che lui stesso si era cucito addosso.
In quel piccolo spazio di tempo lungo un'ora, Daichi vedeva la luce e tornava libero."
Genere: Angst, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Daichi Sawamura, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Hunter/Demon '
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Damned



L'orologio continua imperterrito a ticchettare riempiendo i secondi all'interno della stanza.

Il vuoto da cui di solito Daichi si lascia cullare, sembra ora mozzargli il fiato.

E, nel buio, si chiede per quanto ancora il tempo continuerà a scorrere linearmente prima di avvolgerlo, costringerlo in forti, indissolubili catene e trascinarlo giù.

Giù.

Dove merita di stare.

Giù.

In un luogo dal quale non uscirà mai, mai più.

 

Tic toc tic toc...

Si deve concentrare su qualcos'altro, ha bisogno di pensare, di sentire altri rumori: passi, pioggia, vento, un phon, un cellulare, il muoversi sinuoso delle lenzuola.

Basta un suono, un suono che non sia il ticchettìo distorto di un vecchio orologio.

Tutto ciò di cui ha bisogno è un altro suono che copra il silenzio.

 

'La persona accanto a me sta respirando.

Sta inalando ampie boccate d'aria, e lentamente le sta espellendo, come tutte le persone normali.

Come un'ordinaria persona che dorme.'

 

E probabilmente questa storia che si sta raccontando funzionerebbe, se solo arrivasse un suono.

Se solo dopo un po' la realtà non pretenda di essere guardata in faccia, per quanto brutta, orribile e sfregiata.

 

E la verità è che Kuroo non sta respirando.

Kuroo non è umano e non è mai stato umano.

Kuroo era tutto ciò che Daichi aveva promesso di rinnegare.

Kuroo era tutto quello che lui e la sua squadra avevano sempre ricercato, cacciato ed ucciso.

 

Lo sa?

Lo sa che io mi sono messo in ginocchio davanti ad un altare, proprio come poco prima mi sono messo in ginocchio di fronte a lui, ed ho giurato con il mio sangue, quello stesso sangue che prima ha leccato via dal mio collo, di proteggere l'umanità da quello che lui rappresenta?

 

Lo sa che mai, neanche di fronte al visto distorto e sfregiato di mia madre, quindi prima ancora di essere un cacciatore, ho mancato di rispettare il mio giuramento?

Sa che ho ucciso la mia stessa madre, come il mio migliore amico e fratello?

 

Sa che lo devo uccidere?

 

 

Una fitta percorre interamente il suo corpo e finisce per percuotergli la testa con una forza inaudita, incatenandolo nella sua posizione per un tempo imprecisato.

La sua vista si oscura ed un conato di vomito gli sale alla gola come accade ogni volta che pensa a Suga.

Suga, suo fratello, parte del suo cuore.

Suga, cacciatore come lui e come lui maledetto fin da bambino.

Suga, il suo sangue vischioso sulle mani di Daichi, le stesse mani che lo avevano stretto a sé fino a quella mattina.

 

La mattina del giorno in cui Daichi, con l'espressione più spenta e vuota che mai, gli ha staccato la testa dal collo di fronte al resto della loro squadra.

Da quel giorno niente è più stato lo stesso e Daichi è diventato solo.

Daichi è costantemente vestito della propria solitudine: è una veste che indossato il giorno dopo la morte di Suga e che non si è più tolto.

 

Poi, un giorno, qualche anno più tardi, mentre sedeva su di uno sgabello all'interno del suo usuale pulcioso bar di periferia, si è accesa una luce.

Una luce accecante, della stessa intensità dello sguardo di uno sconosciuto seduto in un angolo scuro del locale.

Occhi fieri, occhi feroci.

Meravigliosi, tormentati, malinconici, occhi scuri.

Daichi si è sentito davanti a quei pozzi di oscurità come si sente un malcapitato che finisce nelle sabbie mobili.

 

Non poteva immaginare che sarebbe finita così quando ha offerto un drink al proprietario di quegli occhi.

O quando sera dopo sera ha continuato ad offrirglieli per poi guardarlo bere da lontano.

O quando l'altro si è avvicinato e hanno cominciato ad avere fugaci scambi verbali.

O quando sono passati a chiamarsi per nome e lasciare che le loro ginocchia si sfiorassero.

 

In quei momenti, nei brevi e pesanti sorrisi che si scambiavano, nello sfiorarsi delle loro dita durante un brindisi e nel rispetto che avevano l'uno del silenzio dell'altro, Daichi si sentiva svestito, denudato di quella veste di solitudine che lui stesso si era cucito addosso.

In quel piccolo spazio di tempo lungo un'ora, Daichi vedeva la luce e tornava libero.

 

Libero.

 

Se solo non avesse il terrore di svegliare l'altro, probabilmente riderebbe di se stesso.

Riderebbe nel vedersi alzare dal letto con calma e calcolata leggerezza, nel mettere un passo avanti all'altro e camminare per la casa alla ricerca della propria spada.

Riderebbe di se stesso nel vedersi estrarla dall'elsa e poggiarla sul collo sottile dell'altro, lo stesso collo che aveva costellato di segni nello sporco, irrazionale bisogno che aveva di fare sua una luce.

Una luce che potesse finalmente illuminare la sua vita.

 

Riderebbe di sé se solo non fosse ad un passo dalla persona che nell'ultimo mese ha imparato ad amare e non gli stesse puntando un'arma alla gola.

Riderebbe di sé nel vedere la propria espressione mentre pensa di poter prendere la propria vita, invece che quella dell'altro.

 

Ma non può.

Non può farlo.

Ha fatto un giuramento.

Lo ha fatto in ginocchio di fronte ad un altare.

Lo ha fatto, prima ancora, in ginocchio accanto al corpo massacrato della sua stessa madre.

E lo ha ripetuto con in faccia il sangue della persona per lui più importante.

Li avrebbe uccisi tutti, tutti.

 

I suoi occhi sono spenti, vuoti, vitrei come quelli di un morto, ma la sua mano trema finché delle dita lunghe e sottili non gli stringono il polso in una morsa gentile, ma salda.

 

Non ci sono parole tra di loro e Daichi glien'è grato perché non ha mai sentito la propria gola bruciare così tanto.

Eppure il silenzio pesa come un macigno.

Il buio è rischiarato dalla luce che filtra tra le persiane e Daichi può vedere la bocca dell'altro allungarsi in un sorriso stanco e sarcastico allo stesso tempo.

La mano di Kuroo lo spinge giù verso il letto e lo porta a mettersi a cavalcioni su di sé.

La lama sempre sulla sua gola.

 

Perché non scappa?

Perché sorride?

Cosa c'è che non so?

 

Maledetta, maledetta speranza!

Maledetto, maledetto destino!

 

Si china e poggia le sue labbra su quelle dell'altro.

È un bacio morbido, è lento, è carico.

È ricco di cose in sospeso, di dolore, di cose non dette.

È tutto quello che prima, presi dalla violenza del loro desiderio, non si sono dati.

È un bacio struggente, nel quale entrambi vorrebbero perdersi, se solo fossero capaci di ritrovarsi.

 

Perché non rispondi al mio fuoco col fuoco?

Perché non mi minacci?

Credi forse che non lo farei? Che non ti ucciderei?

 

Daichi piega la nuca e lascia riposare la sua fronte su quella dell'altro, guardandolo in faccia, scrutando i suoi occhi, desiderando di nuovo quelle labbra arrossate.

E lo vede.

È lì, è palese, è chiaro: Kuroo non solo pensa che lui sia capace di ucciderlo, ma lo vuole.

Vuole la morte e la vuole per mano sua.

Quella mano che ancora stringe la spada e la tiene sul suo collo.

 

Non c'è altra scelta, non si torna indietro, questo Daichi lo sa.

Eppure mentre guarda Tetsurou chiudere gli occhi e prepararsi alla fine, non può far a meno di chiedersi se sia veramente così.









Note dell'autore:

Questa è una cosetta che ho scritto in un quarto d'ora, quindi chiedo pietà e ringrazio chiunque sia giunto sino a qua per la pazienza.
Ci tengo a precisare che MI DISPIACE, loro sono adorabili ed io li amo con tutta la forza ed il trasporto che ho (sto lavorando tra l'altro ad una storia più lunghetta che sarà tutta carina è fluffosa) però questo sputo di idea malvagia e crudele mi è giunta alla mente in un momento di debolezza e nonostante mi sia fatta della violenza psicologica per evitare di scriverla, non sono riuscita ad estirpare la cosa alla radice eeeee... eccomi qua.
Quindi nulla, vi ringrazio ancora, vi chiedo ancora scusa e vi saluto con il finale che ognuno ha pensato per la mia storia.
SE MI SCRIVESTE NEI COMMENTI IL FINALE CHE VI SIETE IMMAGINATI/E MI FARESTE FELICE FELICE FELICE!
Detto questo vi saluto.
Che bello essere tornati!

jst_dreamer

  
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