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Autore: AgrifoglioOro    13/06/2017    4 recensioni
Ci sono certe storie che vale la pena di raccontare, ancora e ancora.
Ce ne sono altrettante per cui, invece, per renderle al meglio, bisogna trovare l'atmosfera e il momento giusti.
E ce ne sono altre che, semplicemente, meritano di essere ricordate.
Ma, secondo voi, in quale categoria rientrano Kushina Uzumaki e Minato Namikaze?
Esatto.
Esiste anche un quarto tipo: quelle storie che sono degne di essere chiamate leggende.
***
C'era una volta, una bambina dai rossi capelli e gli occhi grigi. Questa bambina era molto triste perché, appena qualche giorno prima, il suo Villaggio era stato distrutto. Costretta a trasferirsi in un altro Paese, la bimba non conosceva il vero motivo per cui se n'era dovuta andare: infatti, la piccola era speciale.
***
C'era, infatti, questo bimbetto – dai capelli biondi come l'oro e gli occhi più azzurri del cielo – che, al contrario di tutti gli altri, trovava Kushina Uzumaki estremamente interessante. [...] Il fatto che poi si era anche dimostrata essere una kunoichi molto abile per la sua età – e, a dirla tutta, spaventosa – aveva reso tutto ancora più divertente.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Kushina Uzumaki, Minato Namikaze, Naruto Uzumaki | Coppie: Minato/Kushina
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio, Dopo la serie
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Leggènda.
 




«Too-chan!»
«Dimmi.»
«Mi racconti una storia?»
«E quale storia vuoi?»
«Quella del nonno e della nonna!»
 



Non ha un inizio o una fine, la storia che sto per raccontarti. Semplicemente, è nata così com'è terminata. Con una nascita.

C'era una volta, una bambina dai rossi capelli e gli occhi grigi. Questa bambina era molto triste perché, appena qualche giorno prima, il suo Villaggio era stato distrutto. Costretta a trasferirsi in un altro Paese, la bimba non conosceva il vero motivo per cui se n'era dovuta andare: infatti, la piccola era speciale.

Speciale?, diresti. E perché era speciale?

Be', perché questa bambina – per sua fortuna o sfortuna, ancora non si sa – possedeva un chakra speciale, unico nel suo genere. Era un chakra che era in grado di incatenare, letteralmente, i mostri.

Per questa sua innata capacità, la bambina era stata portata in un altro Villaggio. Questo Villaggio lo chiameremo Konoha e questa bambina, che invece chiameremo Kushina Uzumaki, è ritenuta tuttora una delle migliori kunoichi di tutti i tempi.

Sai, per questo suo particolare aspetto – un'enorme massa di capelli rosso fuoco indomabili e il viso paffuto – la bambina era stata fin da subito messa a confronto con un pomodoro e lei si arrabbiava ogni volta, nonostante ci assomigliasse per davvero! Ma questo non li autorizzava a fare i bulli con lei: così, ogni volta che se ne presentava l'occasione, Kushina Uzumaki picchiava tutti quei bambini che pensavano di esserle superiori.

Ma in questo modo la sua fama divenne persino peggiore: ecco spuntare il soprannome di "Rossa Sanguinaria Habanero". Devi sapere, bambina mia, che l'habanero è un tipo di peperoncino – quindi, in un certo senso, era più che azzeccato!

Però dovete anche sapere che non tutti i bambini facevano i bulli con lei. C'era, infatti, questo bimbetto – dai capelli biondi come l'oro e gli occhi più azzurri del cielo – che, al contrario di tutti gli altri, trovava Kushina Uzumaki estremamente interessante. Insomma, la nuova arrivata si era permessa di dire in giro che sarebbe diventata la prima Hokage donna! Non poteva di certo lasciarsi scappare un'occasione del genere. Il fatto che poi si era anche dimostrata essere una kunoichi molto abile per la sua età – e, a dirla tutta, spaventosa – aveva reso tutto ancora più divertente.

Ma non fu più divertente quando una banda di bracconieri osò rapire Kushina Uzumaki. Infatti, per questo suo chakra speciale, la bambina fu presa di mira e portata quasi fino al confine del Paese del Fuoco, oltrepassato il quale non ci sarebbe stata più alcuna speranza per lei.

E devi sapere anche un'altra cosa su Kushina Uzumaki, luce: lei, da piccola, odiava a morte i suoi capelli rossi. Dopotutto, la maggior parte delle volte era per colpa loro se tutti gli altri ragazzini la prendevano in giro.

Ma quel giorno, la bambina, dimostrando un sangue freddo pazzesco nonostante la situazione, riuscì a trarre vantaggio da quel loro colore così insolito e assurdo: piano piano, senza farsi notare, Kushina Uzumaki permise al biondo bambino che non la temeva – che, da ora in poi, chiameremo Minato Namikaze – di trovarla tramite i suoi capelli, strappandoseli e buttandoli per terra.

Quando ormai tutta Konoha aveva rinunciato a trovare la bambina, solo Minato Namikaze non si diede per vinto e, così, lui riuscì a mandare a tappeto i rapitori della Rossa Sanguinaria e a scappare. Si dice che sia in uno dei momenti di quel mirabolante salvataggio che Kushina Uzumaki si è innamorata di Minato Namizake – precisamente, erano sulla cima di un albero e il bambino riusciva a tenere in braccio quella giovane spaventosa, tanto che potevano guardarsi negli occhi, e Minato Namikaze le aveva detto, per la prima volta in tutta la vita della bambina, che i suoi capelli rossi erano belli. Si dice che sia stato proprio quello, l'attimo.

Dopo quell'avvenimento, Kushina Uzumaki e Minato Namikaze divennero inseparabili.


 

«Namikaze! Appena ti prendo giuro che finisci all'ospedale-ttebane!»

Minato Namikaze sapeva perfettamente che quella volta aveva esagerato. Sapeva perfettamente che non avrebbe dovuto farsi trascinare da Jiraiya-sensei: dopotutto, quell'uomo portava solo guai. Ma lui, essendo il suo studente preferito da sempre, non poteva deluderlo in una cosa così semplice.
C'era in ballo il suo orgoglio di uomo – di quindici anni – e… be', Kushina probabilmente nuda alle terme.

Per quello sì che valeva la pena di finire in un letto d'ospedale con qualche osso rotto. Sempre che Kushina non intendesse mandarlo all'obitorio, ma quello era un altro conto.

Minato riusciva a sentire i passi rabbiosi della sua migliore amica, una specie di rimbombo nelle orecchie che non poteva far altro che paragonare ai secondi che scandivano il suo necrologio. Sudava freddo e Jiraiya-sensei – quel maledetto furbacchione! – se l'era svignata da un bel po', ormai. Solo lui era rimasto lì come un fesso, credendo, ingenuamente, che se avesse provato a spiegare a Kushina la situazione allora tutto si sarebbe sistemato.

Ma era difficile anche solo pensare a una scusa plausibile quando un terremoto dai capelli rosso fuoco  – e potenzialmente letale – voleva marciare sul suo cadavere. E poi, probabilmente, non sarebbe riuscito a trovare una scappatoia accettabile nemmeno in una situazione normale: come spieghi alla tua migliore amica che stavi cercando di sbirciare nel bagno delle donne, in cui, casualmente, c'era pure lei, per un motivo più che valido?

«Namikaze! Mi stai sentendo bene-ttebane?»

Dannazione dannazione dannazionedannazione sono morto!

«Jiraya-sensei, mi avrai sulla coscienza!» mormorò non appena vide un ciuffo di capelli rossi spuntare da oltre la porta. Il ciuffo si portava dietro anche l'intera massa di capelli a cui era attaccato, per immensa sfortuna di Minato, e subito Kushina Uzumaki era davanti a lui in tutta la sua gloriosa presenza – peccato che fosse praticamente nuda.

Come poteva pretendere che Minato pregasse per la sua vita in ginocchio se si presentava davanti a lui con una semplice canotta bianca e dei pantaloncini sportivi rosa? Okay, forse non era esattamente così scoperta, ma, diamine, avevano pur sempre quindici anni e Minato aveva iniziato a notare cose come il corpo pressoché perfetto di Kushina e il suo sorriso sempre più luminoso di quello degli altri.

Peccato che sembrava che lei non lo vedesse affatto. E Minato non sapeva se esserne contento o no.

«Ti ho trovato, brutto pezzo di…»

«Kushina!» urlò Minato, utilizzando l'unico mezzo che aveva per sovrastare la voce arrabbiata della sua migliore amica: urlare ancora più forte.

Kushina rimase interdetta per qualche secondo, guardandolo con un misto di confusione e quello che sembrava a tutti gli effetti lo sguardo che si rivolge a una persona completamente stupida. «Cosa?» disse, la voce cupa. «Le tue ultime parole?»

«Kushina! Carissima, bellissima Kushina!» Quella precisa parole gli uscì spontanea, tanto che neanche Minato riuscì a capire perché l'aveva pronunciata. «Che ne dici se discutiamo di questa cosa davanti a una bella ciotola fumante di ramen, eh?»

Lo sguardo letale ritornò sul viso della ragazza.

Minato aveva anche iniziato a trovare molto più affascinanti del solito quei due occhi grigi. Li aveva osservati di nascosto così tante volte che ormai era arrivato alla conclusione certa che non li avrebbe potuti classificare né chiari né scuri. L'unico aggettivo che calzava perfettamente a quel paio di occhi era limpido, anche se di limpido, in un grigio tempesta, non c'era nulla – forse, era solo la brillantezza. Ma in realtà, tutto in Kushina si stava facendo più attraente e, di certo, stare in un'innocua canotta bianca e in pantaloncini corti davanti a lui non lo aiutavano a mantenere regolare il flusso di sangue al cervello.

Ma la ragazza si stava davvero incazzando e, di certo, quello non era un buon segno. Minato ricordava perfettamente come la sua migliore amica poteva stendere in poche e semplici mosse avversari anche il doppio di lei, con quella sua incredibile e assurda forza.

«Cerchi di risolverla con poco, eh, dattebane? Pensi forse che una ciotola di ramen possa davvero ripagarmi del fatto che tu mi abbia vista nuda, Minato Namikaze?»

Minato si morse l'interno della guancia, incapace ormai di razionalizzare un pensiero coerente. Già l'aveva fatta grossa – anche se, effettivamente, non aveva visto Kushina nuda – e più parlava, più peggiorava la situazione.

C'erano state solo altre due volte in cui Minato ne aveva combinata una così grave che Kushina era stata sul punto di non rivolgergli più la parola. La prima quando, a tredici anni, Minato aveva fatto finta di prenderla in giro per i suoi capelli – un tabù di cui sapeva benissimo l'esistenza – e Kushina era rimasta talmente tanto spiazzata, ferita, da quell'improvvisa burla che non era riuscita a controllarsi. Lo aveva mandato a tappeto nel giro di due secondi e gli aveva tirato un pugno dritto sul naso, rompendoglielo; dopo erano riusciti a riappacificarsi, ma da quel momento Minato imparò a non prendere mai alla leggera i capelli di Kushina, nemmeno per scherzo. La seconda fu poco dopo la prima: Minato non aveva ancora imparato che, per una ragazzina come Kushina, praticamente sola al mondo, l'amore familiare era il tasto più dolente che poteva toccare. L'aveva invitata a pranzare da lui, così che Minato la potesse presentare finalmente ai suoi genitori come "la forza della natura con cui sto sempre". Kushina non prese bene quella notizia, ma, al contrario della prima volta in cui aveva perso le staffe, scoppiò semplicemente in lacrime e scappò. A Minato ci vollero quattro ore per trovarla e due per convincerla che non voleva che si sentisse esclusa o ferita, che il suo era stato un invito sincero e completamente innocuo.

Ora erano passati due anni e il ragazzo sperava solo che l'amica non decidesse che la terza sarebbe stata l'ultima – magari mandarlo all'ospedale con un paio di costole rotte l'avrebbe aiutata a calmarsi.

E Minato si sarebbe anche lasciato picchiare, se questo significava che la loro amicizia avrebbe continuato a essere reale. Perché Minato era terrorizzato, inconsciamente, dal fatto che Kushina se ne potesse andare così, da un momento all'altro.

Per questo si diede mentalmente dell'imbecille non appena aveva pronunciato quella frase – quella cretinata di andarsi a fare una ciotola di ramen. Ci credeva che Kushina pensasse che stava cercando di farla franca con poco: sembrava che stesse minimalizzando l'incidente, quando non era così. Proprio per niente. Minato era il primo ad essere in una crisi isterica per ciò che era successo.

«Non ci posso credere» mormorò la ragazza. Lo guardava… e Minato sentì distintamente tutte le pugnalate che quello sguardo gli stava inferendo. Non era come le altre volte; ora erano più grandi. Anche Kushina cominciava a rendersi di come il suo corpo poteva essere visto, oltre al contenitore umano che già era. Fattore di cui Minato non sarebbe mai dovuto venire a conoscenza.

E trovava semplicemente disgustoso come persino il suo migliore amico si era abbassato a una schifezza del genere.

Minato riusciva a leggere tutto questo nell'espressione ferita della ragazza, di come sembrava frustrata e, semplicemente, nervosa. Perché Kushina era nervosa, e quando Kushina è nervosa di solito non succede nulla di buono.

Il ragazzo deglutì. Kushina iniziò ad avvicinarsi, Minato che cercava di non far cadere lo sguardo su quelle gambe flessuose e dannatamente scoperte. Se avesse osato dare un qualche segno di debolezza, Kushina lo avrebbe pestato a sangue e, probabilmente, avrebbe smesso di essergli amica.

E questo Minato non poteva permetterlo. Perciò, decise di mettere da parte il suo orgoglio di uomo quindicenne e, prima che Kushina potesse avvicinarsi troppo, quasi urlò: «Mi dispiace! Non hai idea di quanto! Jiraiya-sensei aveva detto che sarebbe stata una cosa veloce e che gli serviva qualcuno e me l'ha chiesto e io ho detto di sì ma non sapevo che ci saresti stata pure tu e quando ti ho visto me ne sono subito scappato e…»

«Respira, Namikaze.»

Minato aveva istintivamente chiuso gli occhi quando aveva sentito la voce di Kushina parlare, ma li riaprì quando sentì le parole che aveva pronunciato. Lentamente, si ritrovò davanti il viso della sua migliore amica. Letteralmente.

Riusciva a vedere con chiarezza tutte le lunghe ciglia che adornavano quegli occhi limpidi, la curvatura un po' diversa delle sopracciglia, l'attaccatura di quei capelli rosso fuoco e quelle labbra che erano pressoché perfette – e da quando aveva iniziato a fantasticare su quanto la sua migliore amica stesse diventando bella? Anche se bella lo era sempre stata, fin da bambina, fin dal primo momento che l'aveva vista…

«Mi stai almeno ascoltando, cretino-ttebane?» Le parole arrivarono solo dopo la ginocchiata.

Minato si piegò in due, tenendosi lo stomaco con le mani. Faceva fatica a respirare e gli lacrimavano gli occhi, ma riuscì comunque a lanciare uno sguardo alla ragazza: su quelle belle labbra su cui stava fantasticando due secondi prima ora c'era un sorriso tronfio e orgoglioso.

«Me lo sono meritato, eh?»

«Decisamente.»

Ma entrambi sapevano che Minato avrebbe potuto evitare più che facilmente quel colpo.

  

 
«Too-chan!»
«Sì?»
«Mi racconti una storia?»
«Quale?»
«Quella del nonno e della nonna!»
«Anche tu? »
«Kaa-chan ha detto che è una storia bellissima!»
 
 


Kushina Uzumaki e Minato Namikaze crebbero. Arrivò il tempo degli Esami per diventare Chuunin, periodo che mise di nuovo a dura prova la loro amicizia: Kushina Uzumaki aveva scoperto, infatti, che Minato Namikaze era effettivamente interessato in una ragazza.

Non sapendo ancora di essere innamorata di lui, Kushina Uzumaki divenne gelosa e, sentendosi tradita dal migliore amico, quasi decise di partire da Konoha. Ma, di nuovo, Minato Namikaze la salvò: devi sapere che l'amore è la forza più potente di sempre. Anche se non sai di provarlo.

Ma in poco tempo arrivò la guerra.

Lo stesso tipo di guerra che anni prima aveva distrutto il Villaggio di Kushina Uzumaki. Minato Namikaze, suo migliore amico, si era distinto all'Accademia per le sue abilità prodigiose e divenne presto uno shinobi di riferimento per tutte le generazioni. Ma, nonostante ora avesse quasi tutta la popolazione femminile di Konoha a fargli la corte, il ragazzo aveva comunque deciso di rimanere al fianco della Rossa Sanguinaria.

Kushina Uzumaki gli era estremamente grata per ciò e, non considerando affatto i suoi pretendenti, fece una promessa a se stessa: non avrebbe iniziato a uscire con nessuno finché non avesse trovato una ragazza degna di Minato Namikaze.

Ma quello che ancora non sapevano è che la guerra ti porta via quasi tutto, persino i tuoi pensieri. Ricordatene: di' le cose quando è il tempo di dirle, non aspettare l'ultimo secondo. Potrebbe essere sempre troppo tardi.

Eppure, per fortuna, per Kushina Uzumaki e Minato Namikaze non fu troppo tardi: la ragazza era rimasta ferita in una imboscata e Minato Namikaze, disobbedendo agli ordini del Terzo Hokage, lasciò la sua postazione per starle accanto. Le strinse la mano mentre la operavano, costringendola a guardarlo negli occhi piuttosto che concentrarsi nel dolore in cui annegava.

Si dice che fu in quel momento che Kushina Uzumaki si rese conto di essersi innamorata di Minato Namikaze. E, contemporaneamente, fu in quel momento che decise che non sarebbe mai stata la donna giusta per lui: ingoiò i suoi sentimenti e cercò di non farli uscire, nonostante durante l'operazione aveva avuto l'incessante bisogno di esprimerli ad alta voce.

Minato Namikaze fu costretto a tornare in battaglia, anche se, ogni qual volta che ne aveva l'opportunità, andava a trovare la ragazza nella tenda che fungeva da ospedale. Solo che cominciò a insospettirsi: sembrava, infatti, che Kushina Uzumaki non stesse affatto male, anzi. Sembrava più sana di lui, che non era stato sfiorato nemmeno da un kunai nemico.

Per questo, alla fine, Kushina Uzumaki fu costretta a rivelare a Minato Namikaze il suo più sporco segreto.



 
«Kushina» la chiamò Minato.

Kushina non si girò. Si portò invece le braccia sulla pancia, stringendosi inconsciamente le dita. Riusciva a percepire l'inquietudine del ragazzo steso accanto a lei e, vagamente, cominciava a capire il motivo di quel nervosismo. Non rispose.

«Penso che tu debba dirmi una cosa» continuò il ragazzo.

Kushina non lo stava ignorando, anzi. Si trovavano in una di quelle tende che fungevano da ospedali improvvisati, lì, in mezzo alla guerra. Kushina era stata colpita da una fila di kunai, ferendole la parte sinistra del corpo – esattamente dove si trovava Minato, alla sua sinistra. Aveva il braccio e il petto fasciati, ma mentre tutti si sarebbero aspettati bende sporche di sangue… la ragazza sembrava in perfetta forma.

E Kushina sapeva che Minato era intelligente.

«Vuoi dirmela?»

Era sempre stato fin troppo intelligente.

Kushina sospirò. Poi disse, in un sussurro che solo Minato poté capire in quella cacofonia di rumori che era l'ospedale da campo: «No, non voglio dirtela.» Minato aspettò. «Però penso che tu debba saperla. Dovrei dirtela comunque?»

Kushina girò la testa e si ritrovò davanti agli occhi un ciuffo di capelli biondi. Il ragazzo steso accanto a lei non la guardava, fissava il soffitto; sembrava stesse pensando a qualcosa – qualcosa che Kushina non poteva capire.

Per questo, la kunoichi iniziò ad osservarlo. Avevano quasi vent'anni, ma Minato era già una leggenda vivente, eleggibile per diventare Hokage: il Lampo Giallo di Konoha aveva portato a termine tante di quelle missioni che nessun addetto agli archivi voleva passare un'eternità a contarle. Kushina se le era sempre fatte raccontare, tutte, e mai Minato le sembrava così vivo… e felice. Sembrava proprio che il suo migliore amico fosse nato per combattere, per uccidere, e per infondere speranza e coraggio a chi lo guardava e ascoltava.

Kushina non sapeva bene quando pensare a lui come 'migliore amico' avesse iniziato a fare così male. Certo, ricordava tutte le volte in cui aveva desiderato ammazzarlo – volte in cui poi doveva rimanere costretta a letto per improvvisi febbri e dolori –, ma mai quando aveva iniziato a pensare a lui come a una specie di… Sole.

Perché Minato, con quei dannati, grandi occhi azzurri e i suoi sparati capelli più gialli del grano, assomigliava più a un cielo limpido senza nuvole. Per non parlare del sorriso, delle spalle larghe e del corpo allenato e scattante, della sua intelligenza e spensieratezza. Sembrava perfetto.

«Penso» iniziò Minato. Kushina, senza accorgersene, trattenne il respiro. «Penso, ovviamente, che io debba sapere. Voglio dire, sono il tuo migliore amico, no?»

La ragazza non notò il tremolio nella voce dell'amico steso accanto a lei e si irrigidì. Minato non vide come Kushina arrossì, troppo impegnato a fissare il soffitto – perché se l'avesse guardata avrebbe voluto baciarla e non smettere più e non era decisamente il momento di rovinare tutto.

«Solo perché sei il mio migliore amico-ttebane?»

Calò il gelo. Uno di quelli che si possono tagliare persino con un coltello smussato.

Minato spalancò gli occhi, Kushina lo vide bene. Anche se lei stessa stava cominciando a non ragionare più.

«Solo per questo?» ripeté.

Kushina vide il ragazzo boccheggiare per un secondo, per poi voltarsi verso di lei e sollevarsi su un gomito, così che potesse vederla bene in viso. La kunoichi rimase stesa, guardandolo dal basso, ma non si può dire che era intimorita.

«Come solo questo?» Minato sembrò ferito. Estremamente ferito. Kushina se ne accorse e, per un malato secondo, volle fargli ancora più male. Sentì un chakra non suo approfittarsi della situazione, condizionandola.

Faceva così male reprimerlo. Il Kyuubi era forte e, forse, in quel momento, lo era più di lei. Kushina stava attraversando un momento di instabilità psicologica e fisica, con il corpo in guarigione rapida e la mente impegnata in un litigio. Sentiva le sue catene assottigliarsi e il chakra del Bijuu che le forzava per scappare.

Kushina ebbe paura. Senza considerare quell'allucinante dolore, si trovava in un'enorme tenda piena di shinobi già feriti e ninja medici. Con Minato steso sul suo letto, accanto a lei: se il chakra del Kyuubi avesse deciso di esplodere, il ragazzo sarebbe stato di certo spazzato via, senza che la sua Tecnica di Dislocazione Istantanea potesse fare alcunché. Era più doloroso immaginare di aver ucciso Minato rispetto al suo Bijuu che si ribellava.

«Kushina!»

La ragazza si riconnetté alla realtà.

Percepì come un'ondata di piacere la frescura sulla sua pelle rovente. Di certo, non si trovava più all'ospedale da campo: c'era un odore completamente differente, particolare e, soprattutto, familiare. Di foresta. Quello era l'odore dei piccoli animali che la abitavano, degli alberi, dell'erba selvatica. Respirò a pieni polmoni e, finalmente, aprì gli occhi. Quando focalizzò bene ciò che aveva davanti…

Perché lì c'era Minato. Sopra di lei, con i gomiti ai lati della sua testa e le ginocchia all'altezza della sua vita. Kushina riuscì a pensare solo a una cosa: Minato era davvero più bello del sole.

La luce che riusciva a filtrare attraverso le folte chiome degli alberi giocava con i capelli biondi del ragazzo, tanto che qualche volta sembravano davvero più luminosi della luce stessa. Kushina sapeva benissimo che i loro corpi non si toccavano – Minato si teneva sollevato sulle braccia e sulle gambe per non gravarle sopra –, ma riusciva comunque a percepire il suo calore con l'esatta precisione con cui avrebbe potuto schivare uno shuriken.

Ma ciò che le fece davvero bloccare il respiro nei polmoni e le fece battere il cuore all'impazzata furono i suoi occhi. Occhi più blu del cielo, che la tenevano incollata lì dov'era, nonostante la terra le stesse sporcando i lunghi capelli rossi e i vestiti. Sembrava che quegli occhi le stessero scavando dentro per quanto la fissavano intensamente.

Ma quell'istante di beatitudine finì presto: Kushina capì immediatamente che c'era qualcosa che non andava.

Minato era furioso.

La ragazza non ricordava l'ultima volta che lo aveva visto furioso. Avevano quasi vent'anni e si conoscevano da quando ne avevano otto, eppure Kushina non aveva mai visto Minato essere così infuriato con lei. Non le aveva mai rivolto lo sguardo duro con cui la stava fissando in quel momento.

All'improvviso, la frescura della foresta le fece venire i brividi e la vicinanza di Minato non era più così mozzafiato come prima.

«Perché non me l'hai detto?» Kushina sbarrò gli occhi. Fece per rispondere, ma l'altro non gliene diede il tempo. «Non ti fidi di me?»

Ecco.

L'aveva detto. Ciò che stava per chiederle nella tenda, prima che Kushina iniziasse a perdere il controllo.

Ed era tornato anche quello sguardo ferito.

Con un moto di rabbia cieca, Kushina incatenò dolorosamente il Kyuubi lì dov'era. Lo sentì imprecare da qualche parte dentro di lei e giurare vendetta, ma lo ignorò. Kushina era forte. Non aveva nemmeno vent'anni, eppure già era una donna forte, più forte delle sue coetanee – coetanee che, si ricordò con stizza, avevano tutte una cotta per il Lampo Giallo di Konoha.

Per questo si accorse delle lacrime solo quando non fu più in grado di vedere con chiarezza il viso di Minato, sopra di lei. Con la vista appannata, non riuscì a vedere come tutta la rabbia del ragazzo scomparve quasi all'istante e fu sostituita da un'espressione completamente… innamorata.

Perché Kushina era sempre stata splendida, ma era in momenti come quello – in cui si apriva senza vergognarsi – che Minato la trovava semplicemente bellissima.

«Kushina» la chiamò. La ragazza continuò a singhiozzare e non rispose. «Già lo sapevo.»

La kunoichi spalancò quegli occhi scuri pieni di lacrime e, nonostante non vedesse perfettamente, le sembrò di distinguere un sorriso sul viso di Minato.

Fu come liberarsi di un peso più grosso di lei. Pianse come non aveva mai fatto, con Minato ancora sopra di lei e che la guardava sorridendo. Passarono i minuti e Kushina, alla fine, scoppiò a ridere.

«Non ci credo-ttebane» riuscì a dire. «Tu mi stai prendendo per il culo, dattebane!»

Minato continuò a sorriderle e, con un pollice, le asciugò l'ultima lacrima rimastole sulla guancia. Kushina si azzittì e arrossì, le guancie più ardenti di una brace.

Ci fu un momento in cui nessuno dei due disse niente né si mosse, la mano di Minato ancora sulla guancia della ragazza e i loro sguardi incatenati. Poi Kushina fece qualcosa: un movimento fulmineo, ma che il Lampo Giallo avrebbe potuto evitare facilmente in ogni caso.

Con le mani di Kushina sulle guancie e la consapevolezza che sì, stava accadendo per davvero, Minato si sporse e la baciò.  
 



 
«Too-chan!»
«Che c'è, bambini?»
«Ci racconti la storia del nonno e della nonna?»
«Non oggi.»
«E perché?»
«L'anno prossimo.»
 


 
Minato Namikaze e la sua squadra avevano portato a termine una difficile missione che fu decisiva per decretare la pace. Ma ad un caro prezzo: purtroppo, un giovane e talentuoso shinobi perse la vita per salvare quella dei suoi due compagni. Né Minato Namikaze né Kushina Uzumaki lo avrebbero mai dimenticato.

Intanto, passarono gli anni.

Kushina Uzumaki era ormai riuscita a farsi rispettare e volere bene da tutti, complice anche la relazione ufficiale con Minato Namikaze. Infatti, sembrava proprio che quei due riuscissero a completarsi a vicenda: se Kushina Uzumaki era, come dice il nome, un vortice di emozioni e confusione, Minato Namikaze le faceva da bilancia, con il suo temperamento calmo e riflessivo.

Continuarono a completare le missioni che il Kage di Konoha dava loro: non ce ne fu una che rimase incompleta. Così, un giorno, il Terzo Hokage dichiarò pubblicamente il nome del Quarto Hokage, che lo avrebbe sostituito: Minato Namikaze fu acclamato dalla folla come mai era successo.

Nonostante Kushina Uzumaki, da bambina, avesse detto che lei sarebbe diventata la prima Hokage donna, fu lei stessa ad aiutare Minato Namikaze a diventare ciò per cui era nato. Ci furono i preparativi e il giorno dell'investitura fu un giorno che nessuno, a Konoha, potrà mai dimenticare.

Minato Namikaze, appena nominato Quarto Hokage, con la sua toga bianca e la scritta 'Yondaime' sulla schiena, si piegò su un ginocchio e chiese a Kushina Uzumaki di sposarlo. Fu un giorno che nessuno scorderà mai.

Così, Kushina Uzumaki e Minato Namikaze divennero marito e moglie. Vivevano insieme già da un po' di tempo e nessuno si sorprese quando si scoprì che la donna era incinta: tutti a Konoha amavano la coppia e, per principio, avrebbero amato anche il loro figlio.

Ma, anche se non tutti lo potevano sapere, quella situazione era in realtà un problema. Essendo infatti una Jinchuuriki, Kushina Uzumaki si sarebbe ritrovata in estremo pericolo una volta iniziato il travaglio: le catene che tenevano legato il Bijuu che conteneva si sarebbero assottigliate per permettere al bambino di nascere.

I mesi di gestazione passarono e arrivò il momento del parto: andò tutto per il meglio, infatti il bambino era sano come un pesce e non sembrava ci fossero state delle complicazioni. Solo che nessuno aveva previsto un uomo mascherato rapire il loro neonato e minacciare di ucciderlo davanti ai loro occhi.

Minato Namikaze riuscì a salvare il loro bambino, ma dovette lasciare sola Kushina Uzumaki: il Kyuubi venne estratto dal suo corpo e la kunoichi non morì grazie al suo chakra speciale e alla sua incredibile tenacia.

Minato Namikaze salvò anche lei, ma ormai il Bijuu era senza controllo. Grazie ad un sigillo appreso proprio dalla moglie, il Quarto Hokage riuscì a sigillare dentro di sé una parte del chakra del Demone. Solo che il Kyuubi non era contento: cercò quindi di uccidere il loro bambino, ma sia Kushina Uzumaki che Minato Namikaze si sacrificarono per salvarlo.

Il Kyuubi venne di nuovo sigillato e dell'uomo mascherato non si trovarono più tracce.

Finisce così il peggior giorno nella storia di Konoha.


 

Era una giornata fresca. Un leggero venticello faceva frusciare le foglie che già stavano iniziando a ingiallirsi per l'arrivo dell'autunno. Le strade erano gremite di persone, come al solito, ma le vie assomigliavano più a un oceano di acqua nera.

Perché nessuno dimenticava.

Camminava tra la folla, rispondendo a monosillabi ed evitando qualsiasi conversazione più lunga di due battute.

Era così tutti gli anni da molto tempo.

Naruto Uzumaki era solare, gentile e disponibile. Non c'era una persona che dubitasse di questa constatazione. Ma c'era un giorno all'anno in cui non era possibile avvicinarlo.

Arrivato alla sua meta, Naruto si fermò. Si sedette sul marmo freddo che faceva da pavimento. Appoggiò la schiena su un marmo altrettanto freddo. E guardò malinconico il resto del paesaggio: i caduti in guerra quasi brillavano, sotto la luce di quel sole gelido, e i parenti in visita vestiti a lutto risaltavano come delle stelle in un cielo senza luna.

Il dieci ottobre di ogni anno, Naruto Uzumaki dava il suo saluto a chi era morto prima di lui. Con la schiena appoggiata alla tomba dei suoi genitori, guardava quel cielo limpido e quelle pietre senza vita.

Era ancora mattina e se ne sarebbe andato solo a notte inoltrata. Presto il caldo di mezzogiorno lo avrebbe investito senza pietà, ma lui non si sarebbe mosso.

Stava lì, semplicemente, per intere ore, e non faceva nulla. Aspettava.

Sentiva il freddo del marmo arrivargli fin dentro il corpo e i dettagli elaborati scavati nella pietra che gli marchiavano la schiena. Non poteva dire che era scomodo, ma neanche che fosse la più comoda delle posizioni.

In lontananza, all'entrata del cimitero, vide altre figure farsi largo fra le tombe. Ma andarono da tutt'altra parte, a salutare qualcuno che sicuramente lui non conosceva ma che era morto nella Quarta Guerra. E di cui, probabilmente, non sapeva nemmeno dell'esistenza. Seguì quelle figure per qualche secondo, poi distolse lo sguardo. Ritornò a concentrarsi sul nulla.

Passò così la sua mattinata. Il caldo, nonostante fosse ottobre, era quasi insopportabile, ma Naruto non fiatò. Arrivò l'ora di pranzo e, ormai, non si stupì quando vide una testolina dai capelli neri correre verso di lui con un cestino in mano. Come previsto, quella bambina fermò la sua corsa solo quando gli fu di fronte, il respiro un po' affannoso e un enorme sorriso sulle labbra.

«Too-chan! Scusa il ritardo!» esclamò la bambina. Appoggiò il cestino sul pavimento di pietra e gli si gettò sopra. Naruto sentì i bassorilievi della tomba che gli si conficcavano nella pelle, ma non ci fece caso: la sua bambina lo stava abbracciando con tutta la sua forza. Era una di quelle situazioni per cui un padre avrebbe pagato tutto l'oro del mondo per fare in modo che non terminasse mai.

«Non ti preoccupare, Himawari» le rispose. Sorrideva lievemente e accarezzò i morbidi capelli neri della figlia. Erano come quelli di Hinata: lucenti, puliti e talmente scuri da sembrare blu.

«Guarda cos'ho portato di buono quest'anno!» Himawari si precipitò sul cestino e iniziò a tirare fuori posate, piatti e bicchieri, sistemando per terra una piccola tovaglia. «Aiutami, too-chan!»

«Subito, subito.» Il tono di Naruto era tranquillo. Il suo corpo non era più in tensione come nelle ore precedenti, i muscoli rilassati. Gli occhi di quel blu più blu del cielo stesso che mostravano al mondo il più innamorato degli sguardi: Himawari era la sua piccola luce, dopotutto.

Dopo aver finito di preparare il pranzo, padre e figlia iniziarono a mangiare. Aveva cucinato tutto Hinata, ovviamente, ma la bambina aveva fatto assaggiare all'uomo anche ciò che, a quanto pare, aveva preparato lei, con le sue piccole mani.

Ma in realtà non parlarono molto. Naruto mangiava silenziosamente e Himawari ormai non faceva più domande; solo una, che sarebbe arrivata a pasto finito.

Finito di mangiare, misero a posto tutte le stoviglie nel cestino e la bambina si sistemò sulle gambe del padre. Stettero per qualche minuto in silenzio, a godersi il momento. La giornata si era visibilmente riscaldata, con il sole che batteva forte sulle loro teste, ed erano gli unici nel cimitero.

Himawari pensò che fosse arrivato il tempo per la domanda. «Me la racconti, la storia, too-chan?»

«Anche quest'anno?»

«Sì, anche quest'anno!» Himawari rise e si accoccolò meglio sul petto di Naruto: era ancora abbastanza piccola e minuta per riuscire ad accucciarsi comodamente per entrambi. «E anche l'anno prossimo!»

Naruto sorrise. E iniziò a raccontare.

Passarono le ore e passò il pomeriggio. Altre persone erano venute al cimitero e altre se n'erano andate da un bel po', dandosi appuntamento per l'anno successivo.

Himawari aveva, come al suo solito, ascoltato con una concentrazione incredibile tutto ciò che Naruto le aveva detto. Come ogni anno, si ritrovò a sognare di quanto bella e unica fosse quella storia.

Se n'era andata da un po' ormai, la sua piccola luce. Al suo posto c'era Boruto, seduto accanto al padre. Non faceva altro che parlare da quando era arrivato, in realtà, ma Naruto non era minimamente infastidito.

«Capito, no? E poi Shikadai ha fatto questa cosa – tipo baaaammm! – e Inojin è rimasto con gli occhi spalancati così!» Imitò con le sue dita la possibile grandezza assunta dagli occhi dell'amico. «Ma poi è arrivata Sarada e Chocho ha iniziato a blaterare e a blaterare e a blaterare, con quell'altra lì che le dava corda. Che fastidio, davvero, dattebasa! Non la sopporto, quell'Uchiha-ttebasa!»

Naruto si ritrovò a ridere. Era proprio vero che Boruto era suo figlio: una incredibile passione per i guai e le ramanzine che, sicuramente, aveva ereditato da lui. «Non essere così duro con lei, Boruto, dattebayo.»

«E come potrei fare, scusa? Quella lì si crede chissà chi solo perché ha quel maledetto ventaglio sulla schiena, dattebasa!»

«E allora tu controbatti che sei il figlio dell'Hokage, no?»

Boruto stette in silenzio per qualche secondo. Naruto nascose un sorriso, pronto alla battuta successiva.

«Ma così non c'è gusto, dattebasa!»

Naruto sospirò. Ma era felice.

«Ohi, too-chan.»

«Dimmi.»

Boruto non parlò e il padre aspettò.

C'era una differenza sostanzialmente enorme tra i due fratelli Uzumaki: se Himawari riusciva a comandarti a bacchetta con quei suoi occhioni chiari e le parole dolci e gentili, Boruto non accettava di essere aiutato dagli altri. Nemmeno di avere degli ipotetici servitori. Per questo Naruto aspettò finché il figlio non gli fece la domanda.

«Allora… quella storia... me la racconti?»

«Ancora che ti vergogni, eh?»

«Zitto e parla-ttebasa!»

Naruto rise e iniziò a parlare.
 



[Leggènda: dal latino medioevale legenda, "cose che devono essere lette", "cose che sono degne di essere lette"]







Angoletto che mi ritaglio perché sì:
Ma buonsalve! O buonanotte?
Perché, non so voi, ma qui è l'una di notte XD
Allora, allora, che dire? Non ne ho la più pallida idea [lol]
Come mi è venuta in mente questa luuuuuuuuuuunghissima one-shot?, potrebbe chiedersi qualcuno. So che a nessuno interessa, ma ecco qui la risposta: all'inizio doveva essere una NaruHina, con la fedela presenza di Boruto e Himawari, ma - complice il rewatch di Naruto Shippuden senza filler perché io può - semplicemente mi sono ricordata di quanto sono innamorata di questa coppia.
Perché la MinaKushi merita.
Un'altra domanda? Ah, boh, fatemele voi X'D 
No, parlando sinceramente: così ve l'ho data e così ve la tenete, ma se avete dubbi sapete dove trovarmi ^^
E intanto spero che la mia connessione non sia scomparsa mentre scrivevo queste super long note, perché altrimenti vado a buttarmi giù dal balcone - perché semplicemente non posso fare tutto daccapo. Capito, EFP? Vedi di fare il bravo, mh
Vi giuro che avevo in mente delle note sensate, ma poi ho iniziato a scriverle e il trash ha preso possesso delle mie dita. Mi dispiace. 
Però sappiate che sto rosicando pure io, quindi siamo tutti scontenti.
Che dire? Lasciate tante belle recensioni e aggiungete questa storiella tra le vostre liste! ^^
Devo aggiungere che mi aspetto un sacco di critiche e non dovete essere timidi: #vivalaspietatezza

Evaporo,
Agri :3
   
 
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