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Autore: yuki rain    14/06/2017    0 recensioni
Al destino piace scherza, specialmente quando ti ritrovi a New York senza uno straccio di amico, un padre assente e una madre estremamente giovane e famosa. Ovviamente tutto si complica se vivi in un attico nel Upper East Side con un patrigno discografico e un fratellastro modello di cui sei fottutamente innamorato. ma si sa la vita non è mai facile quando si è adolescenti.
(TEMATICHE OMOSESSUALI)
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Tomas era a New York da meno di un mese e già odiava quell'ammasso di cemento abitato da persone simili a robot che camminavano tutte insieme lungo i marciapiedi nei loro vestiti da lavoro. Ogni giorno. Come se la vita dipendesse da esso. Una città in bianco e nero, fredda, senza anima, non si sarebbe mai abituato a quel clima, il cielo grigio coperto da grattacieli, il rumore dei taxi e del traffico, l'odore delle auto che passavano.

Tomas era seduto in auto, quella mattina sua madre gli aveva chiesto di accompagnarlo a lavoro ad Upper East Side, lei si occupa dell'immagine di molti vip, è molto conosciuta nel suo settore, ha partecipato anche a molte sfilate di alto livello.

Lei è la sua versione al femminile, gli stessi cappelli color carota mossi, gli stessi occhi verdi lo stesso pallore della pelle, l'unica differenza erano le lentiggini di Tomas che aveva preso dal padre, probabilmente era anche l'unico tratto che gli aveva passato.

Lei aveva solo quindici anni quando rimase incinta di Tomas, una vera ragazza-madre ma questo non le fece fermare gli studi, anzi nonostante il suo lavoro possedeva una laurea in economia e commercio più un master. Si erano trasferiti nella grande mele dopo il divorzio, Elsa ne uscì distrutta e decise di concentrarsi solo sul suo lavoro, per la prima volta nella sua vita Tomas odiò sua madre per aver preso quella decisione.

La Florida gli mancava ogni giorno, svegliarsi al mattino con la luce del solo che illuminava la stanza insieme all'odore del mare, il cielo che si confondeva col mare all'orizzonte. Le lunghe camminate sulla spiaggia senza scarpe, sentendo la sensazione della sabbia calda sotto i piedi.

Buttarsi in acqua facendosi investire dalle prime onde della giornata, tornando a casa sentendo il sole asciugarti col suo colore, un solo completamente diverso da quello di New York, molto più caldo. Tomas adorava il sole, anche se non se la sua pelle era sempre pallida, passava giornate con indosso un semplice costume a volte con una maglia a mezze maniche, massimo una felpa.

Quando era arrivato infatti riempì l'armadio di felpe pesanti e pure un paio di giubbotti, decisamente scomodi a detta sua.

Guardava fuori, le persone camminare lungo la strada, sembrava che andassero quasi a ritmo della canzone che stava ascoltando con gli auricolari.

 

I walk this empty street
On the boulevard of broken dreams

 

Sospirò, quando arrivarono sua madre gli disse che aveva solo bisogno di tempo per abituarsi allo stile di vita di New York, dopo due mesi però si sentiva come un pesce fuor d'acqua, chissà ancora quanto tempo ci sarebbe voluto?

“Tomas siamo arrivati levati il cappuccio” disse scendendo lungo la rampa del parcheggio di un palazzo.

Indossava sempre il cappuccio della felpa, era come uno scudo per lui, non voleva farsi notare dalle persone, odiava essere al centro dell'attenzione.

Con una mana lo fece scivolare dietro, facendolo ricadere sulle spalle, si tolse le cuffie spettinandosi i capelli non troppo lunghi praticamente arancioni.

Mise il telefono in tasca appena sua madre parcheggiò, aprì la portiera della macchina e scese sospirando, avrebbe dovuto ascoltare per ore stilisti e sarti che litigavano su quali accessori fossero i migliori, la scelta delle scarpe ecc … o peggio, qualche ereditiera senza cervello che non voleva seguire la moda, voleva essere la moda.

“A che piano è?”

“All'attico” “Comportati bene, queste persone sono molto importanti”

“Pezzi grossi nella moda?”

“Non solo … capirai una volta lì”

“Va bene”

“Fatti vedere” disse la madre mettendosi davanti.

Tomas indossava una felpa col cappuccio e le maniche nere, mentre davanti sembrava un finto jeans, i pantaloni aderenti neri strappati sulle ginocchia lasciavano intravedere i tatuaggi, le scarpe erano nere e oro.

“Puoi andare” era un impresa vestirsi per andare a lavoro con lei, non poteva certo vestirsi male con guru della moda come madre, per andare a scuola metteva le prime cose che trovava nell'armadio ricevendo commenti non troppo positivi.

Calò il silenzio, Tomas guardò fuori tramite la colonna di vetro, gli alberi di Central Park si facevano sempre più piccoli e lontani, gli piaceva stare in alto, lo faceva sentire come se fosse il re del mondo, tutti i problemi erano laggiù e lui era a metri di distanza da essi; beccato che non posso vivere in alto, non si può scappare dalla realtà.

L'ascensore si aprì in un ingesso di un appartamento di lusso, si trovava sempre nella zona dei vip ricordiamolo, il pavimento era in legno chiaro, i mobili erano moderni tutti tra il bianco e il nero con qualche arredo colorato, illuminato dalle vetrate.

“Benvenuti” disse un uomo sulla quarantina vestito elegante, dai capelli corvini tenuti all'indietro col gel, gli occhi erano scuri e il sorriso era bianchissimo.

Di solito gli stilisti erano esagerati, sfarzosi nella maggior parte dei casi, lui non aveva nulla dello stilista.

“Tomas lui è Jonas”

“E' un piacere” disse stringendogli la mano.

“Il piacere è mio”

“Wow siete due gocce d'acqua” disse osservando i due sorridendo, sembrava nervoso.

“Alexander sta arrivando, è di sopra a cambiarsi, venite non state nell'atrio”

Tomas guardò il soggiorno arredato con mobili moderni, il tappeti-moquette, un divano grande e un tavolino in cristallo, contro la parte c'era una talevisione incastrata in una libreria piena di libri e oggetti vari.

L'angolo cottura era a vista ed era diviso dal soggiorno tramite il bancone bianco collegato ai piani cottura.

“Eccoti Alexander” dalle scale scese un ragazzo sui diciott'anni dai capelli leggermente lunghi tirati indietro corvini, gli occhi grigi chiari con delle sfumature azzurre, era alto e robusto al punto giusto. Indossava un maglione nero leggero, dei jeans senape e delle scarpe sportive. Teneva le mani in tasca con un espressione insicura.

Tomas pesò che fosse un modello, il suo volto era affascinante con un neo sotto l'occhio destro poi.

Emanava un aura strana, non riusciva a togliergli occhi di dosso come per ogni modello o modella possedevano un fascino nascosto.

Si morse il labbro per il nervoso quando i suoi occhi si puntarono su di lui per la prima volta.

“Buongiorno a tutti” disse chiaramente confuso.

“Sediamoci” disse Jonas.

Si accomodarono sui due grandi divani bianchi.

“Vi starete chiedendo perché sarete qui” iniziò l'uomo riferito ai due ragazzi guardando Elsa.

“Questo non sarà solo un progetto di lavoro...”

“Perché lei non sarà solo la tua consulente di immagine ...”

No … Tomas iniziò a gridare mentalmente, aveva già capito ma voleva sbagliarsi, NO, NO, NO. CAZZO NO.

“Da oggi la mia compagna e suo figlio verranno a vivere con noi, in questo appartamento”

se fosse stato un film si sarebbe sentito un tuono, i due giovani si guardarono increduli.

“C-cosa?” chiese Alexander.

“Elsa e Tomas si uniranno alla famiglia, hai sempre voluto un fratello no?”
“E a te Tomas farebbe bene avere vicino qualcuno della tua età”

Il ragazzo dalla chioma arancione stava per parlare ma venne preceduto.

“Quando avevi intenzione di dirmi che ti eri fidanzato?” chiese Alezander alzandosi in piedi.

“Abbiamo voluto essere sicuri e abbiamo voluto dirvelo nello stesso momento, tu e Tomas andrete daccordissimo”

Elsa si voltò verso il figlio che non aveva ancora detto parola.

“Tu Tomas? Non la trovi una bella notizia?”
“Non li conosco, sono degli estranei! Io dovrei vivere con degli estranei?”

“Vi conoscerete meglio, vivendo sotto lo stesso tetto”

I due adulti erano il volto della tranquillità, sorridevano tenendosi per mano guardando ognuno il rispettivo figlio che nelle loro menti stavano urlando e lanciando tutto quello che c'era in quella stanza in preda alla rabbia.

“Avresti dovuto dirmelo …” si incamminò per le scale da cui era comparso “... E COMUNQUE LUI NON SARA' MAI MIO FRATELLO!”

Jason seguì in figlio sulle scale, lasciando i due da soli ancora seduti sul divano.

“Tomas senti ...”

“Non dire nulla, come … come mai non mi hai detto nulla?” era arrabbiato, avrebbe voluto scappare dall'attico ma non riusciva a compire un passo per lo shock.

“Jonas è un ottima persona, abbiamo preso questa decisione sia per noi che per voi”
“E come potrebbe uno sconosciuto aiutarmi? Vuoi trovarmi un sostituto di papà per caso?”

“Sto cercando di rifarmi una vita, sia per me, ma sopratutto per te. Voglio che tu sia felice”
“Allora riportami a casa” calò il silenzio, Elsa sapeva bene che 'casa' per suo figlio era Miami, si ricordava bene le lacrime che aveva versato quando l'aereo era in viaggio e anche il sorriso che aveva quel giorno prima di ricevere la notizia del trasloco, fu l'ultimo che vide, fu l'ultima volta che suo ebbe un espressione felice in volto.

Vederlo così era un duro colpo, ma aveva bisogno di ricominciare da zero, entrmabi ne avevano bisogno, Tomas aveva bisogno di una figura maschile e Jonas faceva al caso suo, come Alexander aveva bisogno di una figura femminile.

“Non sei tu a decidere, ora andiamo a casa, facciamo le valigie, prendiamo le cose importanti e poi torniamo qui e stasera tutti a cena per festeggiare” il suo tono non era ne gioioso ne arrabbiato, semplicemente calmo. Gli accarezzò una guancia per poi abbracciarla, ovviamente venne ricambiata.

Tomas non era affatto felice, ma aveva ragione non era lui a decidere, tanto New York faceva schifo sia dal basso che dall'alto, non avrebbe sentito la differenza.

 

   
 
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