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Autore: Zoe__    15/06/2017    1 recensioni
Il giorno seguente Kate si recò a lavoro con delle occhiaie spaventose, che aveva velocemente coperto applicando strati di correttore ed indossando un paio di occhiali da sole sufficientemente grandi da lasciar intravedere a malapena le sue guance rosee. Con i ricci sfuggenti raccolti in una coda alta sembrava quasi minacciosa ed emanava una tale sicurezza di sé da far spostare chiunque le si parasse davanti. Era così stanca, nervosa, che perfino il ticchettio delle sue stesse scarpe le dava ai nervi. Avrebbe voluto chiudersi nel suo studio e non parlare con nessuno, per tutto il giorno. Invece doveva rimanere bloccata alla sua scrivania, per otto ore, a rispondere a stupide email di scrittori scadenti che la imploravano di recensire qualche loro sciocco libro che nessuno aveva intenzione di comprare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«If we never learn, we been here before
Why are we always stuck and running from the bullets?»

 

 
«Sono ubriaco» biascicò «sono un po' ubriaco» rise appena, si passò una mano fra i capelli «dove sei? Ti vengo a prendere, vieni a dormire da me, ti prego» tirò su col naso, sì coprì il viso con una mano «non» fu interrotto da un risolino «non faremo l'amore, giuro!» e portò una mano sul cuore, come a sigillare quella promessa che, sapeva, avrebbe sicuramente infranto se lei si fosse recata a casa sua. 
Kate sospirò, sapeva che sarebbe finita così. Harry a Los Angeles rappresentava una distrazione che lei non poteva assolutamente permettersi. Deglutì non appena il suo sguardo si posò sul vestito bianco posto sul manichino davanti a lei, proprio ai piedi del suo letto. Il matrimonio era imminente, in poco più di una settimana avrebbe sposato Thomas Gam ed ancora non capiva come avesse potuto accettare la sua proposta. 
«Harry» si morse il labbro «non posso venire da te, sai che devo sposarmi.» Lui scoppiò in un fragorosa risata e scosse il capo.
«Ancora con lui! Hai detto che non lo amavi, quando sei venuta in Giamaica da me. Me l'hai detto» si soffermò a ricordare «sì, mentre eri nel mio letto» sussurrò «ed eri bellissima. Kate vieni qui, ti prometto che sarò bravo. Dormiremo insieme, come… ehm… come...»
«Non dormiamo mai insieme, io e te» lo interruppe bruscamente «soprattutto se sei ridotto in queste condizioni.» Si alzò dal letto, controllò l'ora e vide che era troppo tardi per tornare a dormire, ma anche fin troppo presto per alzarsi. 
«Hai ragione» rise appena «sono ubriaco» ripeté nuovamente «vieni qui» sussurrò «dormiremo insieme, prometto di non toccarti, te lo prometto» passò le mani sulle tasche dei pantaloni «non ho i preservativi» affermò, provando ad essere lucido «non ti porto a letto.» disse infine.
Kate chiuse gli occhi, poggiata al davanzale della finestra e con lo sguardo rivolto alla luna. Harry, dall'altro lato del telefono, era in silenzio, circondato dal silenzio, nella sua silenziosa villa Californiana.  
Kate deglutì, con gli occhi lucidi, stretta nella sua felpa blu. Harry era probabilmente l'unica cosa capace di tenerla sveglia fino a così tardi, che fossero insieme o meno. 
«Kate dove sei?» sussurrò «vengo io da te.» 
Scosse piano il capo «No, Harry, non possiamo» cerco di essere convincente, la voce le si spezzò «devo sposarmi.» concluse, quando qualche lacrima iniziò a scorrerle sulle guance.
«Io non ti faccio piangere, non é colpa mia, vero?» sorrise «Kate, sono ubriaco, però non ho bevuto tanto. Kate io ti amo» sussurrò flebilmente, poi chiuse gli occhi «hai capito?» non sentì più niente. 
Kate chiuse la chiamata.
 
Il giorno seguente Kate si recò a lavoro con delle occhiaie spaventose, che aveva velocemente coperto applicando strati di correttore ed indossando un paio di occhiali da sole sufficientemente grandi da lasciar intravedere a malapena le sue guance rosee. Con i ricci sfuggenti raccolti in una coda alta sembrava quasi minacciosa ed emanava una tale sicurezza di sé da far spostare chiunque le si parasse davanti. Era così stanca, nervosa, che perfino il ticchettio delle sue stesse scarpe le dava ai nervi. Avrebbe voluto chiudersi nel suo studio e non parlare con nessuno, per tutto il giorno. Invece doveva rimanere bloccata alla sua scrivania, per otto ore, a rispondere a stupide email di scrittori scadenti che la imploravano di recensire qualche loro sciocco libro che nessuno aveva intenzione di comprare. Quella mattina poteva affermare con sicurezza di odiare il suo lavoro, ma sapeva che il giorno dopo avrebbe, nuovamente, cambiato idea. La camicia azzurra le scendeva morbida sul busto ed i pantaloni a vita alta la fermavano appena sui fianchi, quella mattina odiava anche quelli e nulla, anche nei giorni seguenti, le avrebbe fatto cambiare idea. 
La sua scrivania, ciliegio, era la più ordinata del dipartimento: manoscritti da leggere e letti erano raccolti in due pile differenti, una accanto all'altra, al centro il grande schermo del PC, delle piante grasse attorno ad una cornice che la ritraeva insieme a sua sorella, il giorno del suo matrimonio. Non appena le cadde lo sguardo su quella foto rabbrividì, pensando che, in poco meno di una settimana, anche lei si sarebbe trovata stretta in un abito bianco, all'altare, sicuramente reduce da un attacco di panico. Sapeva che sarebbe andata in quel modo, immaginava già le foto del matrimonio rovinate dalla sua faccia stravolta mentre Thomas le stringeva i fianchi. Scosse il capo, ricordandosi proprio in quel momento di dovergli rispondere al messaggio in cui le chiedeva se potessero vedersi durante la pausa pranzo per mangiare insieme. Gli disse che andava bene, ma era senza ombra di dubbio la cosa meno indicata per lei in quel momento. Non fece in tempo a poggiare il telefono sulla scrivania che questo inizio a squillare a tutto volume per la telefonata della sorella. Quando lesse il suo nome sullo schermo tirò un sospiro di sollievo e rispose senza esitare. 
«Zoe» gettò gli occhiali su una pila di giornali «buongiorno!»
«No, buongiorno un bel niente! Harry Styles é a Los Angeles, Kate.» dall'altro capo del telefono la castana gesticolava già animatamente, mentre si affrettava a raggiungere la scuola. 
«Possiamo non parlarne?» disse quasi implorandola. 
«No!» urlò, forse a voce troppo alta, e fu costretta a guardarsi attorno per la reazione dei passanti «mi ha chiamata! Ha chiamato me e Liam, indovina come mai.»
«Zoe sai che»
«Vuole venire al tuo matrimonio» sentenziò duramente «quel ragazzo é pazzo di te tanto da farmi pena! Perché gli hai parlato ancora del matrimonio? Siamo ancora in tempo per annullare tutto, lo sai benissimo.» Kate roteò gli occhi, esasperata all'odio infinito che la sorella provava nei confronti del suo futuro marito.
«Dovresti sapere ancora meglio che non posso rinviare il mio matrimonio per una distrazione!» sì alzò dalla sedia, massaggiandosi le tempie.
«Una distrazione che ti turba» la provocò «e che ti ha portata a letto l'ultima volta mezzo mese fa!» scosse il capo.
«É acqua passata» deglutì «devo sposarmi, non posso aspettarlo tutta la vita.» La penna fra le sue mani aveva rischiato di cadere già un paio di volte mentre lei continuava a giocare con la sua molla, continuamente su e giù. 
«Kate, sveglia! Hai ventisette anni, un lavoro che non ti crea alcun problema, e sei maledettamente indipendente. Nessuno ti costringe a sposare una persona che non ami.»
«Io amo Tom» si morse il labbro «non… non ho ripensamenti.»
«Kate, hai fatto più volte sesso con Harry che con quell'idiota in cinque anni di relazione, ne sono certa anche ad occhi chiusi.» Kate fu tentata per un momento di sbatterle il telefono in faccia, proprio non la sopportava quando… aveva così ragione.
«Ma Tom é sempre via per lavoro.» Disse debolmente.
«Ed Harry sta a Los Angeles molto meno di lui! Sorpresa!» Scosse il capo, la riccia, e socchiuse gli occhi. 
«Zoe, ha chiamato anche me, stanotte» sospirò «sai quanto sia difficile per me, non… non continuare a sottolinearlo.» Concluse debolmente.
La sorella maggiore, dall'altro capo del telefono, sentì il proprio cuore stretto in una morsa così forte che quasi le mancò il respiro. Forse aveva esagerato, ma lei teneva alla felicità di Kate molto più di lei stessa. Da quando avevano perso i genitori e si era presa cura di lei, aveva sempre desiderato il meglio, ed in quel momento sapeva bene che Thomas non era affatto la scelta giusta per la sorella. Riconosceva, forse meglio di lei, quanto bene Harry potesse farle, quanto fosse in grado di dimostrarle, senza mai volere nulla in cambio. Era una testa matta, sì, indubbiamente Harry lo era, ma Zoe era sicura che Kate avrebbe saputo assecondare ogni suo momento, solo se l'avesse voluto. 
Deglutì «Tesoro, io… mi dispiace, okay? Sono davvero... scusa. Voglio solo che tu sia felice, okay?» 
«Sì.» Mormorò, con un labbro stretto fra i denti.
«Oggi vieni a cena da me? Liam ha detto che gli manchi.» rise flebilmente, come la sorella dall'altra parte.
«Liam vuole più me in casa che te!» 
«Ti aspettiamo per le otto, non tardare. Porta del vino! Ora devo scappare, a stasera!» Chiuse velocemente la telefonata e corse a timbrare il cartellino - era in ritardo, come al solito.
Kate non fece in tempo a rispondere che sentì il nulla dall'altro capo del telefono, sorrise, intenerita, ed accese il PC. 
 
Solamente Harry adorava quegli occhiali bianchi di Saint Laurent che aveva deciso di indossare quella mattina, uscendo per pranzare. L'intera popolazione mondiale li reputava ridicoli, bizzarri, senza un perché, ma faceva parte del suo stile e, se nello stile di ognuno si riflette la propria personalità, quelli erano gli occhiali giusti per Harry. Insoliti, stravaganti. Passò una mano fra i capelli, lavati la sera prima in una doccia fredda con la quale tentava di rimediare alla sbronza ed alla telefonata con Kate. Solo a pensarci, salendo in macchina, gli vennero i brividi: si sentiva maledettamente in colpa, come aveva potuto chiamarla a pochi giorni dal suo matrimonio? 
La voleva, la voleva maledettamente, in un modo quasi malsano, quasi da… impazzire. E la voleva vicino, piccola com'era, anche per piccoli attimi a respirargli accanto. Quei mesi insieme, in Giamaica, gli avevano dato nuove consapevolezze, certezze che non lo lasciavano dormire. Lei era lei ciò di cui aveva bisogno più di ogni altra cosa. Averla accanto gli impediva di concentrarsi, riusciva a scrivere solo vedendola dormire nel suo letto, diventato il loro dopo i primi giorni a seguito del suo arrivo in quella casa che aveva deciso di affittare per staccare la spina. Voleva solamente disintossicarsi da una vita che sembrava mettergli fretta, qualsiasi cosa facesse. Avere Kate - che era scappata da una Los Angeles troppo affollata, opprimente, a seguito della proposta di matrimonio - con lui, durante la stesura e la registrazione del suo album aveva contribuito alla sua calma interiore, alla bellezza delle sue nuove canzoni ed alla delicatezza delle parole. Kate era per lui tutto questo, calma, bellezza e delicatezza. Gli infondeva pace e tranquillità ogni volta che, stretta fra le sue braccia e poggiata sul suo petto, dormiva sonni tranquilli ed era così irresistibilmente bella che non poteva non accarezzarla. Temeva sempre di svegliarla, quindi la sfiorava teneramente, con i polpastrelli che aleggiavano sulle sue guance, indugiando sulle sue labbra. Le pupille verdi di Harry non riuscivano a staccarsi dal suo volto angelico, e trascorreva notti insonni nel tentativo di imprimere ogni suo dettaglio perché sapeva che, prima o poi, il suo atteggiamento, l'avrebbe fatta scappare. 
 
Erano le sette e trentatré minuti, per arrivare a casa di Zoe e Liam avrebbe impiegato venti minuti in taxi ed ancora doveva prendere il vino ed i fiori per sua sorella, era in ritardo, decisamente. Chiuse la porta del suo appartamento e scese a piedi, senza attendere l'ascensore, i cinque piani di scale che la separavano dalla porta principale. Ne aveva bisogno, sentiva ancora le parole di Harry nella mente ed era così tesa da percorrere le scale velocemente, con il ticchettio delle sue Loubountin - regalo di lui, come dimenticarlo - a riempirle la testa. Scostò una ciocca di capelli dalla fronte, aprì il portone e si affrettò ad uscire, premurandosi di chiuderlo. Voltò il capo verso la strada, sollevò il lembo della sciarpa che toccava quasi terra, alzò lo sguardo. Deglutì. Sbatté le palpebre. Mise a fuoco la figura davanti ai suoi occhi, increduli, e lasciò che un sospiro flebile rantolasse fuori dalle sue labbra schiuse. 
Harry stava davanti al marciapiede, poggiato alla sua Range Rover nera, con le braccia incrociate al petto, la gamba destra su quella sinistra e lo sguardo fisso sulla figura di Kate. La squadrò, interamente, non sollevando neanche per un secondo gli occhi da lei. La giacca nera di pelle che aveva deciso di indossare quella sera le conferiva serietà, ma anche un'irresistibile autorevolezza che suscitò in Harry l'immediata bisogno di afferrarla per i fianchi, caricarla in macchina e portarla a casa. Il vestitino rosso svolazzava ovunque per leggere folate di vento, lasciando intravedere parte delle sue cosce ed al solo ricordo della sua pelle stretta sotto i suoi palmi, Harry sbatté le palpebre. 
Nello stesso frangente temporale Kate aveva percorso con lo sguardo l'intera figura del ragazzo davanti a lei. Indossava una semplice t-shirt bianca, dei jeans neri e quegli odiosi stivaletti scamosciati. Dio, se li odiava, avrebbe voluto cancellarli dalla sua vista, come la figura di Harry stesso. Osservò il suo viso abbronzato, le braccia più scure e si soffermò su alcuni suoi nuovi tatuaggi. Quando lo sguardo le cadde sui suoi occhi, quasi si sentì mancare. Il verde emanava una tale intensità da farla sentire stretta, premuta contro il muro dietro di lei. Sbatté più volte le palpebre, si morse il labbro e scese le scale. 
Harry, vedendola avanzare, le andò contro. Non appena si rese conto della sua presenza sempre più vicina, Kate, si allontanò, ma lui l'afferrò prontamente per il fianco destro e la portò davanti a lui, ad un palmo dal suo viso. 
«Ciao» sussurrò «dobbiamo parlare.» Il cuore batteva così veloce nei loro petti che ad entrambi sembrava di udire il solo quel suono ripetersi. 
«No» deglutì «non abbiamo niente da dirci.»
«Devo parlarti» sentenziò duramente «per favore.» Aggiunse più delicatamente, poi deglutì. Teneva ancora la mano sinistra stretta sul suo fianco e non sembrava essere intenzionato a volerla togliere. Kate posò lo sguardo sulla macchina alle sue spalle, poi nuovamente su di lui. In mente aveva solamente il profumo di Harry, così spaventosamente vicino. 
«Liam e Zoe…» sospirò «okay, io… d'accordo, ma» sollevò l'indice destro «non deve succedere niente.»
Harry sorrise, evidentemente più rilassato, ed annuì. I denti erano in netto contrasto con le sue labbra rosse e piene e a Kate era impossibile non fissarle. Alternava lo sguardo fra quelle ed i suoi occhi, come in un circolo vizioso, le sembrava impossibile uscirne fuori. 
Le aprì la portiera della macchina e solo in quel momento si rese conto di dover avvertire la sorella. Si allontanò «Arrivo fra un attimo.» avvertendolo e le scrisse un messaggio veloce.
 
Zoe, ho avuto un contrattempo, scusami e scusati da parte mia anche con Liam. Domani ti chiamo, un bacio ai bambini! 
 
Inviò, si voltò verso di Harry e quando lo vide in macchina lo raggiunse. 
«Possiamo andare.» 
E non se lo fece ripetere due volte: mise in moto e sfrecciò verso casa. Kate teneva lo sguardo fisso sulla strada, Harry alternava il suo fra il corpo della ragazza al suo fianco e l'esterno. Fu improvvisamente colto dalla voglia di prenderle la mano, stringerla nella sua, come avrebbe fatto se fra di loro non ci fosse stata tutta quella distanza. Non sapeva cosa dire, a tratti poteva ammettere di essere in imbarazzo. Finirono per trascorrere il viaggio in silenzio e quando arrivarono davanti alla villa dello scapolo più sognato dall'intera popolazione femminile - e maschile, perché no? - Kate fu la prima a scendere. 
Harry la seguì e le indicò - inutilmente - la via. 
 
«Vuoi qualcosa?» le domandò, quando lei prese posto sul divano. Kate scosse il capo «No, grazie. Non dovevamo parlare?»
«Stavo semplicemente facendo gli onori di casa!» Sorrise, lei fece lo stesso.
«Allora se hai del succo d'arancia voglio quello» alzò un sopracciglio, lui titubò «allora?» Controllò nel frigorifero, si voltò e le mostrò un'espressione triste.
«Negativo.» Si avvicinò a lei, piegando le ginocchia e incatenando lo sguardo al suo. Kate si soffermò sui suoi occhi, dimenticando per un momento che erano lì per parlare, non per il succo d'arancia, non per gli onori di casa, con lei non ce n'era alcun bisogno.
Il pensiero di Harry ondeggiava fra le sue belle labbra e la sua pelle soffice, mentre rimaneva fermo a fissarle le pupille scure dov'è gli sembrava tanto di perdersi. 
Le pagliuzze sottili degli occhi verdi si diramavano attorno all'iride, sembravano dipinti dal più bravo dei pittori e a Kate mancò totalmente la razionalità. Si avvicinò al viso di Harry, gli carezzò una guancia. Il ragazzo fece sfiorare appena i loro nasi, posò una mano dietro la nuca di lei e, prima che potesse pronunciare un debole «no», la baciò. 
La baciò piano, con gli occhi socchiusi, accarezzandole il viso, sentendo finalmente sotto i suoi polpastrelli la sua pelle soffice. Si alzò in piedi, lei lo imitò e si fece più vicina al suo corpo. Emanava un calore tale da attrarla, tale da farle desiderare di rimanere stretta fra le sue braccia. Con il solo schiocco delle loro bocche in sottofondo si spostarono in camera, a metà strada Harry la prese in braccio e finalmente entrambi sentirono la tensione sciogliersi, si sentirono finalmente a casa. 
Entrati nella grande stanza dai colori tenui, si liberarono velocemente delle scarpe, Kate gettò la giacca a terra e tornò a baciare Harry con le braccia attorno al suo collo. Quello che stavamo facendo era maledettamente sbagliato, se solo Tom l'avesse scoperto per lei sarebbe finita, l'unica persona contenta sarebbe stata la sorella e questo non la rincuorava affatto. Non riusciva a fermarsi, però, e sempre più velocemente iniziò a spogliarlo dei vestiti. Gli carezzò gli addominali lasciati scoperti dalla t-shirt bianca, tenendo la fronte contro la sua. Deglutì, passando le mani sul suo basso ventre e, slacciandogli frettolosamente la cintura, la gettò a terra e liberò il bottone dall'asola. Harry ansimò lievemente sulle labbra di lei, iniziando a liberarla di quel vestito che marcava le sue curve così piacevoli da mandarlo in estasi. Appena rimase in intimo la portò sul letto, rimanendo su di lei. Kate lo liberò dai jeans ormai opprimenti, fermandosi per un istante. 
«Cosa stiamo facendo?» Mormorò, passando una mano fra i suoi capelli corti. 
«Quello che ci riesce meglio.» Deglutì. Il suo sguardo percorse velocemente l'intera figura della ragazza. Le carezzò il viso con i polpastrelli, curvò il viso per osservarla meglio nella penombra, respirandole contro. Kate rimase con gli occhi fermi in quelli di Harry, mentre lui le sfiorava il corpo con estrema delicatezza, come se fra le mani tenesse una pregiata bambola di porcellana. Lei era fragile e preziosa allo stesso modo. 
«Harry» lo richiamò «Harry» spostò il suo viso sul suo.
«Sì?» Sorrise. Lo fece anche lei.
«Cerca di convincermi che magari l'amore esiste davvero, Harry.» Il cuore di lei batteva tanto forte da farla tremare, era percettibile alla stoffa del reggiseno che si posava leggera sul suo petto. 
«Tu rimani con me» disse con voce roca «non sposarlo, sai che con lui non sarai mai felice. L'amore vero é essere felici, e la felicità va perseguita ovunque. Tu sei il mio amore, la mia felicità, per favore non andare.» Fece scontrare le loro fronti e gli scese una lacrima. Si sentiva così vulnerabile, accanto a lei, nudo in ogni maniera. 
Kate, con gli occhi lucidi ed un pesante groppo in gola, prese coraggio. 
«Ti amo» disse timidamente, ma fu comunque in maniera percettibile ad Harry «io ti amo, ti amo... scusami» le scese una lacrima «ti amo, non ti lascio.» Impresse le labbra sulle sue e si spostò sul suo corpo, sedendosi cavalcioni sul suo bacino. Harry le morse il labbro, sorridendo, e poggiò la schiena alla testiera del letto. Mise una mano sulla sua guancia, col pollice le accarezzò lo zigomo sinistro. I ricci le cadevano disordinati sul viso, Harry era estasiato da una simile vista, ed alcuni gli sfioravano il polso. Kate piegò il capo sul palmo del ragazzo, sorrise teneramente e fece intrecciare le loro dita. Lui la strinse a sé «Ti amo anch'io, Dio se ti amo» mormorò, accanto al suo orecchio. Lei gli mostrò un gran sorriso, per poi baciarlo.  Passò una mano sulla sua schiena e le slacciò il reggiseno, lasciandolo cadere a lato del letto. 
 
Harry premeva sul corpo di lei, coperto solamente dal lenzuolo, con gli avambracci ai lati del suo volto. Le braccia di Kate erano legate dietro al collo di lui, mentre le loro labbra continuavano a sfiorarsi ininterrottamente. I movimenti di Harry erano sempre più irregolari, le gambe di lei gli stringevano il bacino in una presa forte. Erano legati, indissolubilmente, dal piacere, dalla felicità, dall'amore. 
 
We don't talk enough
We should open up
Before it's all too much
Will we ever learn?
We've been here before
It's just what we know
 
Con gli occhi leggermente socchiusi il riccio muoveva la mano sul materasso, vuoto, accanto a lui. Aprì immediatamente gli occhi accorgendosi che lei non era più stesa vicino a lui, sussultò e sollevò il busto dalle coperte. Senza pensarci troppo a lungo scese dal letto, scalzo, in cerca di lei come un pazzo.
Kate sedeva sul quel divano blu dove ad inizio serata aveva cercato in tutti i modi di sfuggire da Harry, inutilmente. La t-shirt del ragazzo le copriva a malapena le cosce e agli occhi di lui appariva semplicemente stupenda, naturale così com’era, in ogni suo aspetto. Teneva lo sguardo fisso sul muro difronte a lei, nella sua testa i pensieri si susseguivano velocemente, rincorrendosi, numerosi. Harry poteva percepire la confusione nella mente di lei, nonostante attorno alla sua figura aleggiavano calma e tranquillità. Si avvicinò a lei, temendo ancora ripensamenti da parte sua, temendo che lei lo scansasse nuovamente - l’avrebbe comunque perdonata. Sarebbe stato ad ogni sua decisione perché l’amava decisamente troppo ed ogni giorno acquisiva maggiore sicurezza dei suoi sentimenti nei confronti della ragazza a gambe incrociate davanti a lui. Si sedette accanto a lei, cercando di essere il più trasparente possibile e fu istintivo, per Kate, poggiarsi alla sua spalla. Era la sua casa.
Le prese delicatamente il viso dolce fra le mani e fece scontrare per un istante le sue labbra con quelle soffici e piene della ragazza.
«Sei così bella.» Le scansò un riccio dal volto, lei arrossì. 
«Tu mi rendi così» sussurrò timidamente. 
Harry sorrise: quella ragazza, fra le sue braccia, in quel momento, era il suo mondo «ti ho già detto che ti amo?» Kate sorrise, lui rise.
«Sì, ma puoi ripetermelo quante volte vuoi» si spostò sul suo corpo «quando vuoi, quanto vuoi» fissò lo sguardo nel suo «ti amo anch'io.» 


Salve a tutti! It's been a while, but I'm finally back, con questa one shot scritta in quel di Aprile. Hope you like it :) Zoe. 



 
   
 
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