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Autore: MoonlightSophi3    16/06/2017    2 recensioni
Dal testo:
- “Tu sei tutto ciò che io vorrei, ma lui è tutto ciò che tu non potrai mai essere. Tu sei fra tutto ciò che avrei potuto fare e ciò che potevo realmente fare. Tu sei Sherlock Holmes, ed io non smetterò mai di amarti, perché ti amerei anche in un’altra vita. Esattamente così come sei. Ma tu non mi ami, ed io devo solo accettarlo...” abbassò lo sguardo per non incrociare i suoi occhi affilati. -
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera a tutti, mi scuso per la mia assenza ma purtroppo ho veramente poco tempo per scrivere e questo influenzerà molto lo stato di questa storia.
Volevo ringraziare coloro che hanno letto questa storia in silenzio, coloro che hanno inserito questa fanfiction fra le seguite, preferite, e BorderCollie e LadyStark per aver recensito.   
G R A Z I E !
Spero di non deludervi con questo nuovo capitolo, aspetto con ansia un vostro parere. Buona lettura.
Un saluto a tutti gli autori e lettori di EFP! 
-Sophie.






I passi lenti di chi non vuole disturbare, i piedi scalzi, e la maxi t-shirt che copriva solo in parte le sue curve. Lui si soffermò a guardarla con attenzione, per concentrarsi su dettagli che in un altro momento non avrebbe potuto cogliere. I seni piccoli e sodi che gli facevano venire il bisogno di torturarli con le labbra, la rotondità del suo sedere tanto bello e morbido da volerlo prendere a morsi, le gambe lisce che voleva stringere con presa sicura sotto le sue mani, le sue grandi mani, lo corresse la patologa nella penombra del suo palazzo mentale. 
Lei si dirigeva verso di lui, aveva i capelli sciolti che cadevano lungo le spalle, lui attendeva in silenzio con le braccia tese lungo i fianchi.
In questi anni l'aveva umiliata, ridicolizzata, sottovalutata, sfruttata, e lei non gli aveva mai rinnegato la sua amicizia o il suo aiuto, neanche quando le aveva mostrato il suo lato peggiore
"Ma dov'è il tuo, Molly Hooper?"  chiese il moro, sentendosi destabilizzato davanti alla grande bontà d'animo della sua amica. Lei sorrise, ma non rispose. 
Molly sa che il suo peggio è lui, ma è anche il meglio di sè. 
Lui viveva di logica, e lei si accontentava di essere usata, come uno strumento, come il suo violino, il suo iPhone, o come la sua pistola. 
Erano uno difronte all'altro, lui voleva stringerla fra le sue braccia, le sue forti braccia lo corresse di nuovo lei con un sorriso
malizioso sottolineando le sue fantasie. 
Voleva stringerla forte fino ad indossarla. Come un vestito. 
"Una donna deve sentire che la desideri" gli disse la voce John -e lei non voleva altro.
Il consulente investigativo, infastidito dal fatto che lui potesse vederlo in quella situazione così intima con Molly, cacciò l'amico con un gesto della mano
"Vattene, John" disse Sherlock e la figura del dottor Watson si dissolse come fumo. 
Con un sorriso gentile, di quelli riservati solo a lui, la ragazza gli prese le mani e scacciò i suoi demoni. Si sentì liberato dalle sue preoccupazioni. Sherlock le prese il volto fra le mani e si chinò su di lei per baciarla. Chiuse gli occhi. 
Finalmente.
Un bacio che era solo per lui -e solo per lei, con le labbra che si cercavano, si volevano, si mordevano, si modellavano con lentezza straziante. 
Quando si distaccò, lui sentì un respiro leggero, era lei che si riposava sul suo petto. 
Io non so fare a meno di te e tu cerchi di fare a meno di me, Molly.
Rimasero così, abbracciati l'uno all'altro fra le stanze segrete del suo palazzo mentale. Lì non c'era un uomo che avrebbe potuto portargliela via.
"Ma che cosa pateticamente romantica, dovrei ricordarti ciò che le hai fatto, Sherlock" gli disse la voce di Eurus. 
All'improvviso non sentì più il calore del suo esile corpo premuto contro il suo petto e la serenità che sembrava esistere solo con Molly lo abbandonò, si trovò in balia di una profonda inquietudine. Le iridi celesti si incupirono 
"Benvenuto nella stanza dei mostri" gli disse la voce pacata di Mycroft "qui farai i conti con le cose che nessuno sa, con i tuoi segreti, con le cose che più temi. Questi sono i tuoi mostri fratello...salutali, perché sei stato tu a crearli", appena suo fratello finì di pronunciare queste parole, il detective la sentì piangere dietro una porta che provò ad aprire, ma era bloccata
"E questo sei tu che hai distrutto la dottoressa Hooper, i sentimenti non sono un vantaggio" continuò il maggiore degli Holmes. 
Sherlock guardò con occhi sgranati la porta che lo separava dalla patologa. 
"Molly!" gridò mentre tentava di buttare giù la porta, "Molly, apri questa porta!", ma lei non rispondeva, piangeva, e gli diceva cose orribili, che lo odiava, che l'aveva distrutta, che avrebbe preferito saltare in aria e non sentirsi dire quelle parole, non da lui perché lei non conta, perché lui non la amava. Non come lei.
Molly non solo piangeva, ma gridava. 
Gridava per il dolore che non riusciva più a sopportare. Il consulente sentì le unghia della ragazza grattare contro la porta e la sua voce spezzata dal pianto 
"Perché mi hai fatto questo?", e ancora "Perché a me?"
Sherlock allora si allontanò dalla porta di legno e strinse la sua testa fra le mani, era disperato. Poi vide uno degli oggetti che tormentavano le sue notti prive di sogni ma ricche di incubi. La bara.
Mentre Hooper piangeva lui distrusse la cassa con tutte le forze che aveva, digrignò i denti per la rabbia, sentiva le mani bruciare per i colpi troppi forti, ma destinati ad essere sempre più violenti. 
Voleva morire, e questa volta per davvero.
Ancora con il respiro irregolare piegato su quei pezzi di legno, con i graffi sulle mani e l'adrenalina che pulsava nelle vene per aver distrutto quell'oggetto che gli ricordava la morte  di Molly, si maledisse.
Perdonami, non ho saputo proteggerti.  

Sherlock tirò un lungo sospiro come se avesse ripreso a respirare dopo una lunga apnea, gli scappò un gemito roco, le mani erano artigliate ai braccioli della poltrona, e il suo cuore batteva veloce. Troppo veloce.
Impiegò qualche secondo prima di riuscire a stare al passo con la sua mente, ma le sue capacità deduttive erano ancora troppo lente per rendersi conto di non essere solo nel suo appartamento.
"Ben svegliato" gli disse la voce familiare di John che fece il suo ingresso dalla cucina, soffiava dentro una tazza bianca e stava comodamente appoggiato sullo stipite della porta "come ti senti?", il consulente investigativo fece per rispondere, ma Watson alzò una mano per zittirlo "prima vorrei che tu mi spiegassi cosa ci faceva questa ai tuoi piedi" disse mostrandogli una siringa "e magari dirmi perché la tua cucina è un laboratorio di metanfetamina, oppure perché è da giorni che eviti di rispondere al telefono, perché non mi hai più fatto visita dall'ultima volta che sei piombato in casa mia nel cuore della notte, perché c'è più droga nel tuo appartamento che in qualsiasi altro posto nel mondo? Direi che la lista è molto lunga, amico. Ti conviene cominciare" Sherlock tese le labbra, e il dottor Watson si sedette sulla sua poltrona. 
Holmes non rispose, fissava il vuoto.  John posò la tazza di caffè sul tavolino e con un tono apparentemente calmo continuò
"Allora?" 
"È per un caso" rispose asciutto Holmes
"Sta mentendo" intervenne la voce di Mary, era appoggiata alla scrivania "salvalo, John. Salva Sherlock Holmes"
 
 
Molly era davanti la lapide di Mary, le aveva portato dei fiori, lo faceva piuttosto spesso e anche con una certa regolarità. Sapeva che lei avrebbe apprezzato, come sapeva che non avrebbe trovato stupido parlarle di cose che stavano accadendo o di metterla al corrente di tutto. Lei non era mai andata via. Almeno le piaceva pensare che fosse così. 
Mentre stava fumando una sigaretta ormai consumata, cercò le parole adatte per trovare una risposta al suo problema 
"Edward è un uomo fantastico, Mary. È gentile, simpatico, di bell'aspetto...credo ti sarebbe piaciuto. Ci tengo a lui" fece una pausa per buttare il mozzicone della sigaretta. Guardò il nome sulla lapide e le sembrò di sentire la risposta "lo so che lui non ha i capelli neri, gli occhi azzurri e un carattere piuttosto particolare. So che non è Sherlock, e so anche che io non riuscirò mai a trovare qualcuno come lui" si tirò giù le maniche del giaccone per coprire le mani, guardò le sue escoriazioni "so che non sei fiera di me, ma ho tutto sotto controllo. Non sono in pericolo per ora. Per colpa di Sherlock, mi ritrovo sempre in situazioni che non so gestire..." fece una pausa "Mary non sai quanto vorrei che tu fossi qui. È tutto così maledettamente difficile..." la voce venne rotta da un principio di pianto. 
Squillò il telefono, lei prima di rispondere tirò su col naso 
"Pronto?", l'espressione addolorata si trasformò in rassegnazione "arrivo subito"


"Perché invece di darmi quello che voglio, mi stai facendo giocare alla caccia al tesoro?" chiese Sherlock, che stava frugando fra le apparecchiature sul tavolo della cucina, il suo sguardo era come quello di un animale affamato in cerca della preda perfetta
"Se ricordo bene volevi essere un pirata e i pirati cercano i tesori, Sherlock" rispose l'amico con tono pacato mentre leggeva distrattamente una rivista. Holmes stava dritto come un fuso al centro della stanza 
"John Hamish Watson, il tuo pessimo umorismo non è appropriato. Ho bisogno di una dose, e sai bene che devo averla al più presto perché in questo momento sono un soggetto emotivamente instabile, potrei diventare pericoloso", un leggero bussare alla porta, "e adesso chi diavolo è?" urlò con un tono esasperato 
"Sei sempre stato un soggetto emotivamente instabile e pericoloso, forse la droga ti rende meno eccessivo" commentò John che aprì la porta e salutò Molly con un ampio sorriso, lei entrò in casa lentamente. Sherlock camminava avanti e indietro per il suo salotto e borbottava cose sulla seconda guerra mondiale, sulla chimica, sul patriottismo, la guardò e le disse che lei era solo un allucinazione, per poi allontanarsi e cercare i biscotti della signora Hudson.
"Adesso capisci perché ti ho chiamato?" chiese John a braccia conserte sul petto, la ragazza scosse il capo 
"Mi dispiace, John. È evidente che sta avendo una crisi, ha bisogno di un'altra dose.. tu sei un medico, dovresti saperlo meglio di me. Non capisco perché mi hai chiamato"
"Non posso farcela da solo, Molly. So che lui è un bastardo, la maggior parte del tempo, ma senza di noi sarebbe perso. So che nonostante tutto gli vuoi bene, perciò ti chiedo di aiutarmi"
"John, non -"
"Fallo per me, fallo per Rosie, fallo per Mary"
"Questo è un colpo basso"
"Lei avrebbe voluto il suo bene, e mi avrebbe fatto dormire settimane intere sul divano se non lo avessi aiutato" le cinse le spalle con le mani "ti prego, Molly" 
"È solo per voi Watson che lo faccio, non per altro"
La dottoressa Hooper per occuparsi di Sherlock quella notte rinunciò ai propri impegni con Edward, gli disse che aveva accettato di sostituire un collega, e che non sarebbe rientrata a casa prima della colazione. Cercò di ricordare l'ultima volta che aveva consumato un pasto decente, ma in quell'ultimo periodo mangiava poco e niente, era sempre troppo impegnata a fare qualcosa che il pensiero di mangiare le passava di mente. Edward le raccomandava di mangiare qualcosa durante la giornata, ma non sembrava preoccuparsi più di tanto. 
Sei una persona adulta, le aveva detto.
Holmes dopo aver avuto la sua dose, era curvo sul suo laptop, impegnato a rispondere alle email dei suoi clienti, gli scrivevano da ogni parte del mondo per il suo aiuto. Per Sherlock non potevano considerarsi dei veri e propri casi 
Anche Grant e i suoi imbecilli di Scotland Yard sarebbero capaci di risolverli, aveva borbottato, ma John lo aveva convinto a rispondere alle sue email, per far allenare la mente e per tenerlo occupato. 
Almeno non farà troppi danni, le aveva detto il dottor Watson prima di andar via.
Molly si lasciò cadere sul comodo divano, sentendo tutti i muscoli del suo corpo rilassarsi. Che magnifica sensazione. 
Il consulente investigativo era incollato con la faccia allo schermo del computer e non sembrava curarsi della sua presenza, per lui era invisibile. Nulla di nuovo, pensò lei.
Passarono delle ore, prima che le rivolgesse la parola. La dottoressa Hooper era era impegnata a distribuire il tabacco sulla cartina, e quando cominciò a rollare la sigaretta il detective parlò 
"Da quanto va avanti questa storia?", la voce baritonale fece sussultare la ragazza che per poco non fece cadere il tabacco sul pavimento 
"Quale storia?"
"Non sei un'allucinazione, vero? Un prodotto della mia immaginazione" continuò con tono dubbioso lui, la patologa chiuse la sigaretta e l'accese 
"No, non direi" si sistemò vicino la finestra del 221b di Baker Street, il suo telefono vibrò. Un messaggio di Edward. Molly lo ignorò 
"Non sono geloso, puoi rispondere", lei lo guardò accigliata 
"Credi che io non risponda per colpa tua?" 
"Naturalmente" 
"Non sei il centro del mio mondo, Sherlock. Non più, e non farmi essere ripetitiva. So che non lo sopporti", diede una boccata alla sigaretta 
"Cerco solo di capire perché ti ostini a stare con un uomo che non ami"
"Perché l'uomo che amo è un bastardo, saccente, arrogante, presuntuoso e manipolatore!" rispose d'un fiato la patologa, vide Holmes alzarsi e camminare verso di lei. L'aria trasandata e quegli occhi arrossati lo rendevano più affascinante, la dottoressa Hooper aveva una predilezione per le cose strane. 
"Io non sono quello che immagini, Molly" fece una pausa, le sue pupille dilatate le fecero venire i brividi "sono molto peggio" le disse in un soffio 
"Tu, invece, non puoi neanche immaginare il dolore che porto dentro. Il dolore di un amore che cresce da anni senza di te, di un umiliazione senza precedenti, dell'ennesima prova dei miei maledettissimi sentimenti per te, del ricordo di quelle parole che per un attimo ho creduto fossero vere. Ma sappiamo tutti e due che non è così, quindi sto cercando di andare avanti"
Sherlock si fece più vicino e lei indietreggiò
"Allora tu ci fai sesso solo perché hai paura di restare da sola?", Hooper aggrottò le sopracciglia arrabbiata 
"Io non ti permetto di -"
"Sei tu che offendi te stessa perché vai a letto con un uomo che non vuoi" rispose lui prima ancora che la patologa potesse finire la frase 
"Edward è un uomo magnifico" 
"Non sei felice"
"Mi tratta benissimo, e lui non mi sfrutta come se fossi un oggetto. Non è un egoista bastardo come te!" 
"Trovo che sei un po' confusa, prima dici di amarmi e poi mi dai del bastardo. E poi mi pare che non sia questo trionfo di educazione e premura, dato che dopo due doppi turni non si è degnato nemmeno di passare al Bart's per portarti un caffè, o per vedere come stavi. Non si accorge che sei dimagrita e che dormi due tre ore a notte. È un bravo professore ma lui non è interessato a te, andrà con qualche studentessa più giovane appena gli capiterà l'occasione" 
Non voleva farlo.
Era stato tutto così veloce che lei stessa si ammutolì per la sorpresa.
Lo aveva schiaffeggiato con violenza, uno schiaffo così forte che gli lasciò il segno delle dita sulla guancia. Mentre il detective si massaggiava il lato destro del viso, guardò gli occhi di Molly pieni di lacrime 
"Questo è il tuo problema, non sai quando fermati... e io sono una stupida perché continuo ad amarti" fece una pausa "non sarei dovuta venire, scusami" la ragazza, uscì dall'appartamento di corsa, senza voltarsi indietro. 
Stava per cedere allo stress degli ultimi mesi,stava per cadere davanti a quel dolore e quella solitudine che si portava dentro da anni.
Molly Hooper era una di quelle straordinarie ordinarie persone che non si lamentano mai, che trovano sempre una ragione per sorridere, anche se la vita è carogna. 
Quel giorno no, Molly Hooper venne avvolta da un dolore così forte che, come fiamma su bicchiere, la spense.
   
 
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