Fanfic su artisti musicali > Mötley Crüe
Segui la storia  |       
Autore: vincey_strychnine    17/06/2017    1 recensioni
" “E io cosa sono?” mi chiese rigirandosi in mano il tappo della bottiglia.
L’animo poetico. L’Anticristo. Il lato oscuro. Vicious e Rotten racchiusi in una persona sola. Un demone in fiamme.
“Beh… tu scrivi i testi e suoni il basso, no?”
(..)
Mi guardò negli occhi da sotto la frangia. “Wow biondina, grazie mille, non sprecarti.”
“Non lo so rockstar, dimmelo tu cosa sei.”
“Sono quello che vedi, bimba.”
“Ah sì? Vuoi dire che non si nasconde nulla dietro agli strati di trucco, alle birre e alle groupie? Vuoi dirmi che questa non è una maschera, che la tua essenza, i tuoi desideri più profondi, sono visibili a tutti alla luce del sole?” Nikki non rispose per un bel po’.
(..)
“Che cos’è che vuoi davvero, Nikki Sixx?” "
Los Angeles, 1983: Rebecca è scappata di casa, da un'Italia che le va stretta, ed ora, nella città dei suoi sogni e con un nome inventato trovato in una canzone, è pronta a farsi una vita che sia come la vuole lei. L'incontro con una rockstar le cambia la vita ancor più del trasferimento, trascinandola in vortice di eventi da cui uscire sarà difficile.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

III

 

Lasciai subito stare la farsa della voce squillante da commessa servizievole. Chissà perché, ma avevo la netta sensazione che Nikki non volesse chiedere di mettergli da parte il nuovo singolo di Donna Summer.

“Senti, per caso c’è un accendino d’argento lì da qualche parte? Mi sa che l’ho lasciato in negozio..”

Sembrava sinceramente preoccupato. Mi guardai attorno: effettivamente sul bancone c’era uno zippo come quello che aveva usato lui quel pomeriggio.

“..dovrebbe esserci inciso sopra SIXX, su uno dei due lati.”

Mi rigirai l’accendino in mano, avvicinandolo alla finestra per guardare meglio.

“Sì, mi sa che è il tuo.” Lo sentii tirare un sospiro di sollievo dalla parte opposta del ricevitore.

“Meno male.. non è che riusciresti a portarmelo qui allo studio di registrazione a Hollywood?”

Strabuzzai gli occhi: “Oh, ma certo. Perché io posso tranquillamente mollare il negozio e venire al tuo studio di registrazione senza avere un mezzo di trasporto e per di più di sabato pomeriggio mentre Robb dorme beatamente al piano di sopra, come no. Sono a tua disposizione, rockstar.” Mi pentii subito di essere stata così sarcastica. Anzi, ero stata proprio ai limiti del crudele, ma in fondo, pensai, un tizio famoso come Nikki avrebbe potuto mandare tranquillamente qualcuno a ritirare quello stupido gingillo per lui, perciò pretendere che glielo portassi io era semplicemente ridicolo.

“Okay, okay, non c’è bisogno di scaldarsi tanto,” il suo tono di voce pareva quasi più rattristato che seccato dalla mia aggressione verbale. “Passo a prenderlo… uh, quand’è che chiudete?”

Addirittura sarebbe passato lui a riprenderselo? Diamine, quell’accendino doveva proprio essere importante.

“Alle sette. Non un minuto di più, altrimenti dovrai aspettare fino a lunedì.”

Roger,” rispose lui ridacchiando. “Sai, dovresti scioglierti un attimo, bambolina. Sei troppo acida.”

“Grazie mille per questo consiglio utilissimo, Mr. Simpatia, ma se mai dovessi scegliere qualcuno con cui allenarmi a non essere acida, ricordami di chiamarti per mandarti a fanculo.” Adesso se l’era proprio andata a cercare, ma con quale diritto pensava di potermi dire cosa fare? Però non puoi negare che essere chiamata con dei nomignoli irritanti non è mai stato così allettante come ora

“Passo alle sette, allora.”

Gli sbattei il telefono in faccia senza nemmeno salutarlo: in soli trenta secondi di telefonata era riuscito a darmi sui nervi come nessuno mai. A dire il vero, forse il sangue mi bolliva nelle vene anche perché non riuscivo a spiegarmi come mai quella sua arroganza mi sembrasse, in un certo senso, attraente. Certo, forse era il fascino della rockstar, ma sembrava che ci fosse qualcosa in più in quel ragazzo. Quando era entrato in negozio, quel pomeriggio, gli occhi avevano iniziato a brillargli alla vista di tutti quei dischi, e potevo capirlo alla perfezione. Chissà, forse anche le rockstar si emozionano ancora alla vista dei vinili.

Buttai un’occhio all’orologio appeso al muro: erano quasi le sei, e dopo Nikki non avevamo avuto clienti quel pomeriggio, come al solito. Provai all’improvviso un intenso desiderio che fossero già le sette di quella sera per potermene uscire da qual buco angusto ed andarmene al motel… o per vedere Nikki? No, no, di certo per andarmene a casa dopo una noiosa giornata di lavoro… tuttavia non potevo negare a me stessa di essere indubbiamente intrigata da lui. Desideravo sapere cosa ci fosse dietro i riff violenti e i commenti irriverenti su Rolling Stone che passai quella restante ora ad ascoltare e leggere.

Alle sette in punto Robb se n’era già andato a casa da un pezzo e decisi che avrei aspettato Nikki fuori. Il caldo torrido del primo pomeriggio era sparito e al suo posto una brezza decisamente autunnale rinfrescava l’aria. Il sole aveva appena iniziato a calare, e la fascia più alta del cielo era già violacea, mentre le luci delle poche case su Victory Boulevard erano accese. Mi accesi una sigaretta con l’accendino di Nikki ed approfittai della luce del lampione accanto al negozio per guardare da vicino l’incisione: SIXX, in lettere maiuscole e di gusto gotico. Mi chiesi se se lo fosse fatto fare lui, o se fosse stato un regalo, e perché ci tenesse così tanto da non poter aspettare fino alla settimana successiva per riaverlo. Non riuscivo a capire perché volessi sapere così tanto su di lui, non era simpatico e non era il mio tipo, e probabilmente una volta recuperato quel dannato accendino sarebbe sparito e grazie a Dio non l’avrei mai più rivisto, ma forse proprio per questo sentivo un’urgenza simile di conoscerlo. Sei proprio una ragazzina, una rockstar ti fa due smancerie per di più poco raffinate, ti frega una sigaretta e poi pretende che lo aspetti pure oltre l’orario di lavoro e tu vuoi conoscerlo meglio… imbarazzante, puerile e patetica. Che fine ha fatto la ragazza cazzuta che stappava birre con i denti e usciva solo con i maschi? Ale non ti riconoscerebbe, vergognati, tutta tremante di emozione adolescenziale davanti ad un simile..

“..Ciao, biondina.”

Alzai lo sguardo ed eccolo lì, in tutta la sua sfavillante arroganza californiana, appoggiato ad un’altrettanto sfavillante Harley che sembrava gridasse GUARDATEMI

“Ciao,” risposi con voce monotona evitando di guardarlo negli occhi, lanciando invece una rapida occhiata all’orologio da polso: le sette e cinque.

“Sei in ritardo;” gli feci notare, sempre tenendo lo sguardo incollato alle punte dei miei stivali.

“Lo so, scusami.” Sembrava sinceramente dispiaciuto, e mi trovai a pensare che forse ero sembrata troppo arrabbiata per un ritardo minimo come quello. In fondo, pensai, Los Angeles è una città molto trafficata.

“Per farmi perdonare ti porto a casa, dai.” Finalmente lo guardai, ponderando la situazione. Un passaggio sulla Harley di una famosa rockstar dalla brutta reputazione sembrava esattamente il tipo di cosa per cui ero venuta in California, ma allo stesso tempo temevo letteralmente per la mia vita, e Nikki probabilmente si accorse della mia titubanza, perché aggiunse subito “Non andrò troppo veloce.”

“Credevo che tu andassi troppo veloce persino per l’amore*, rockstar.” Mi pentii immediatamente di averlo detto, non appena vidi un’incredibile soddisfazione ravvivargli il volto con un ghigno strafottente.

“Oooh, qualcuno ha fatto i compiti a casa, vedo…”

“Mi annoiavo.” Bugia, sporca e schifosa bugia… o meglio, la noia non era comunque una scusa soddisfacente a giustificare fatto che avessi passato tutto il pomeriggio ad ascoltare le sue canzoni.

“E comunque, non ho un casco in più.”

“Neanch’io. Facciamo senza.” Ed i suoi occhi non ammettevano repliche. Sospirai, rassegnata, e mi avviai verso la moto.

“Ma guarda, la biondina scontrosa dal passato sconosciuto accetta il mio aiuto!” esclamò Nikki salendo a cavallo del mezzo.

“Non mettere il dito nella piaga,” ribattei, accomodandomi dietro di lui, “non mi stai aiutando, semplicemente non mi va di farmela a piedi con questo caldo.”

Anziché partire, Nikki si voltò a guardarmi in modo perplesso.

“Beh?” sbottai.

“Non penserai mica di farcela senza aggrapparti a me, bambolina?”

Oh no, non oserei mai pensare una stronzata del genere.” Vidi le sue spalle sollevarsi in una rapida risata.

“Strychnine?”

“Sì?” sentirlo pronunciare il mio nome mi diede uno strano brivido.

“Perché allora non ti aggrappi?”

Mi appoggiai controvoglia alla sua schiena, constatando che, per quanto dargliela vinta mi pesasse più del dovuto, non farlo sarebbe potuto costarmi un arto poiché, nonostante la sua promessa, Nikki partì immediatamente sfiorando i cento all’ora. In più non era affatto una sensazione spiacevole, dopo due mesi di calma piatta.

 

**

 

Nikki inchiodò davanti al motel per farmi scendere. Ormai era quasi del tutto buio, fatta eccezione per le luci tremolanti che si riflettevano sulla piscina minuscola e quasi impraticabile del complesso.

“E così è qui che vivi?” mi chiese, spegnendo il motore.

“Già, questa è la mia reggia. Anche se vivere è una parola grossa. Diciamo che ci dormo.”

“Sì, lo so.” 

“Insomma sai tutto, tu. Grazie mille per il passaggio e i dieci infarti che mi hai fatto prendere lungo la via,” risposi, frugando nella borsa finché non trovai il suo zippo, “ecco il tuo accendino, grazie e arrivederci. Speriamo che la sua esperienza alla Empire Records sia stata soddisfacente,” dissi, scimmiottando la voce squillante da cassiera. Per qualche motivo ora volevo solo che quell’incontro finisse il prima possibile e che Nikki se ne tornasse all’inferno, da dove era venuto. Detestavo che mi avesse messa in difficoltà così tante volte quel giorno, che volesse sapere da dove venivo, che avesse visto quello stupido motel e detestavo anche aver accettato il suo maledetto passaggio. Mi avviai verso la porta della mia camera sotto al patio con le chiavi già in mano. Mentre trafficavo con la serratura all’improvviso sentii un bruciore noto invadermi gli occhi, ed inutili ed insensate goccioline formarsi agli angoli. Sollevai la testa e cercai di concentrarmi sulla lampada giallastra sopra la porta attorno alla quale ora si erano radunati milioni di moscerini, nel tentativo di reprimere quelle lacrime immotivate. Sei una stupida, stupida, stupida. Dovevi rimanere a casa con quella tossica di tua madre, a fumarti le canne di nascosto sul balcone. Ma cosa ti aspettavi venendo qui? E all’improvviso capii perché Nikki Sixx mi provocasse tanti sentimenti contrastanti e tanta irritazione. Nikki è tutto quello che tu non avrai mai: fama, libertà e sicurezza di sé stessi, perché sono passati mesi e tu vivi ancora qua, e probabilmente ci morirai pure e nessuno verrà a cercarti, nemmeno la vecchia della reception perché…

“Veramente, avrei qualche richiamo formale da fare riguardo al servizio clienti del negozio, se hai tempo.” Nikki non era andato via, evidentemente, o forse erano passati solo pochi secondi e a me, persa nella rabbia e nella disillusione del momento, erano parsi un vita. Cacciai indietro le lacrime e mi voltai a guardarlo da sopra la spalla.

“Ah sì? Beh, mi dispiace ma siamo chiusi. Potrà rivolgersi al direttore in persona lunedì mattina.”

Nikki fece finta di non aver sentito. “Sì, innanzi tutto il personale, per quanto attraente, è estremamente scortese, azzarderei dire stronzo.”

“Ci scusiamo per il disagio, purtroppo il personale è fatto così e di certo non cambierà per lei, signor Sixx.”

“No, ma potresti venire a bere una cosa con me per farti perdonare.”

Tolsi la chiave dalla toppa e lo guardai: se ne stava lì fermo sotto ad un lampione, con il viso in penombra e la luce artificiale irradiava dietro di lui come un alone mistico. 

“Sono al verde,” risposi senza troppa enfasi.

Nikki si guardò rapidamente attorno prima di identificare l’insegna al neon verde e rossa di un minimarket fatiscente cinquanta metri più in giù.

“Aspetta,” mi disse, prima di sparire a piedi nell’oscurità della strada.

Contro ogni mio principio, sedetti su uno dei lettini di plastica che fronteggiavano la piscina ad aspettarlo. Del resto, che cos’hai di meglio da fare?

Pochi minuti dopo Nikki era già di ritorno non con due birre, ma con una intera cassa da sei di Bud in mano e un’espressione tronfia in volto.

Si sedette di fianco a me con malagrazia. “E’ davvero incredibile quanto siano gentili le persone quando la tua faccia comincia vedersi in giro,” disse allegro. “Tranne te, ovviamente, ma non sapevi chi fossi quindi immagino che abbia senso.” Lo guardai, interrogativa.

“Volevo comprarne solo due, ma mi hanno regalato tutta la cassa. Pazzesco.” E mentre lo diceva sembrava davvero sorpreso. Tolse un coltellino svizzero dalla tasca del giubbotto e aprì una bottiglia, e stava per aprire anche la mia ma lo precedetti, togliendo il tappo con i denti con una certa disinvoltura di cui andavo abbastanza fiera, una mossa perfezionata in anni ed anni di amicizie quasi esclusivamente maschili. Era bello sentirmi un po’ di nuovo me stessa.

Nikki mi guardò ammirato. “Cazzo bambolina, non ti facevo una così…” 

“Non ti eccitare, è solo una stupida birra. So fare di meglio,” lo bloccai io, pensando con un misto di orgoglio e nostalgia a tutte le volte che ero saltata su un’auto in corsa sui viali, o che avevo battuto uno dei miei amici a una gara di bevute.

“Del tipo?” si piegò un po’ verso di me, e per la prima volta quel giorno non sembrava avesse secondi fini, ma che volesse semplicemente ascoltarmi meglio.

“Una volta..” mi sistemai sul lettino allontanandomi impercettibilmente da lui. “…una volta ho aperto una bottiglia di vino con un mazzo di chiavi.” Era la cosa più stupida che potessi dire, nemmeno una delle imprese che valeva la pena di raccontare.

“Classico,” rispose lui. “Basta non far cadere il tappo dentro.”

“Beh, allora l’estate scorsa sono entrata in un vecchio hotel abbandonato forzando il lucchetto con una graffetta.”

“Niente che un qualsiasi ragazzino di strada americano non abbia mai fatto.”

“Oh, ma insomma! Da dove vengo non è una cosa così comune!” esplosi io. “Non sono un fottuto ragazzino di strada, sono un’idiota che ha attraversato un oceano intero e non di certo per stare qui a farmi sfottere da te!” 

Nikki si rabbuiò. Per un po’ guardai fisso dentro il collo della bottiglia, vergognandomi di essermi mostrata così alterata e vulnerabile ad un uomo che conoscevo da meno di dodici ore. Sentimmo un certo movimento all’interno del motel, e pochi secondi dopo dalla finestra al suono dei grilli si aggiunse anche quello di un vinile rovinato. Evidentemente la vecchia ha deciso di dare una botta di vita alla serata, mi dissi, mentre la voce profonda di Tom Waits intonava la prima strofa di Downtown Train. Da quella anziana signora così posata mi sarei aspettata più qualcosa di datato come Frank Sinatra, o perfino un buon vecchio Bing Crosby, data la sua età, ma era innegabile che Tom Waits fosse un sottofondo molto migliore.

Ero lì lì per fare qualche commento sulla canzone quando Nikki, che pareva aver ascoltato il mio sfogo con troppa attenzione, ruppe il silenzio.

“E io cosa sono?” mi chiese rigirandosi in mano il tappo della bottiglia.

“Come scusa?”

“Se tu sei un’idiota che non si fa sfottere da me, io cosa sono?”

Aveva un tono di voce diverso, non era insolente o arrogante. Sembrava solo che volesse davvero una risposta.

“Così a caldo?”

Nikki annuì. “Da tutte quelle stupide interviste sui giornali, dalle nostre canzoni… che cosa ti sembra che sia io?” L’animo poetico. L’Anticristo. Il lato oscuro. Vicious e Rotten racchiusi in una persona sola. Un demone in fiamme. Ma non potevo certo dirgli queste cose.

“Un musicista?”

“Dimmi qualcosa che non mi possa dire anche il mio manager.”

“Beh… tu scrivi i testi e suoni il basso, no?”

Gran bella risposta del cazzo, complimenti.

Mi guardò negli occhi da sotto la frangia. “Wow biondina, grazie mille, non sprecarti.”

“Non lo so rockstar, dimmelo tu cosa sei.”

“Sono quello che vedi, bimba.”

“Ah sì? Vuoi dire che non si nasconde nulla dietro agli strati di trucco, alle birre e alle groupie? Vuoi dirmi che questa non è una maschera, che la tua essenza, i tuoi desideri più profondi, sono visibili a tutti alla luce del sole?” Nikki non rispose per un bel po’. Mi stupii della mia stessa audacia e per un attimo desiderai non aver mai detto quelle parole.

“Che cos’è che vuoi davvero, Nikki Sixx?” Eravamo alla seconda birra per me, e la terza per lui. Per quanto fossi abituata a bere, erano mesi che non lo facevo data la simpaticissima legge statunitense che vietava l’acquisto di alcolici ai minori di ventun anni. Probabilmente una domanda del genere era dettata dall’alcol, perché mai mi sarei sognata di chiederglielo da completamente sobria. 

Nikki strinse gli occhi mentre pensava. “Voglio qualcosa di reale. Sì, ecco cosa voglio: gente vera, storie vere. Come la tua, Strychnine. La storia del tuo nome, la storia di quello che hai lasciato a un oceano di distanza. La storia di come hai imparato a stappare le bottiglie con i denti. Del perché mi tratti come se fossi un tuo nemico quando mi conosci solo da mezza giornata. Raccontami la tua storia, ragazzina.”

Durante tutto il discorso non aveva distolto lo sguardo un attimo da me, tanto che sentivo le guance bruciare. Com’era possibile che Nikki fosse riuscito a smascherare tutta la mia farsa accuratamente imbastita di ragazza dura ed indipendente soltanto con le nostre poche conversazioni? Ma soprattutto, perché io gliel’avevo permesso?

Mi alzai dal lettino.

“Magari un’altra volta, Sixx.” 

“Non abbassi la guardia neanche a pregarti, eh?”

“Buonanotte Nikki,” risposi, dirigendomi verso la porta.

“Ti tirerò fuori la tua storia, in un modo o nell’altro… non mi freghi, sai?” lo udii dirmi mentre le nostre strade si separavano.

Mi voltai a guardarlo un’ultima volta mentre saliva sulla sua moto, e sentii quasi come lo sapessi che ci saremmo rivisti, e anche abbastanza presto.

 

Note dell’autrice: Sì, okay, è passato un secolo, lo ammetto, mea culpa. Non ho scuse, tranne il fatto che ho avuto mille pensieri in testa, ma ora è estate e posso ammazzare la noia… cioè, occupare il mio tempo libero scrivendo. Seriamente parlando, ho avuto un blocco creativo di vari mesi causa scuola/vita/viaggi e cose così, però I’m back bitches, con un capitolo che spero ripaghi di tanti (taaaanti) mesi d’attesa.

Ci tengo a ringraziare tantissimo Angie Mars Halen per aver recensito il secondo capitolo di questa storia (sperando che tu legga anche questo anche se arriva un bel po’ in ritardo).

Vincey

 

Tom Waits-Downtown Train

 

*riferimento a Too Fast For Love, ma che ve lo dico a fare? :’)

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Mötley Crüe / Vai alla pagina dell'autore: vincey_strychnine